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Informationen zum Dokument  BGer 6S.135/2003  Materielle Begründung
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BGer 6S.135/2003 vom 19.06.2003
 
Tribunale federale
 
{T 0/2}
 
6S.135/2003 /viz
 
Sentenza del 19 giugno 2003
 
Corte di cassazione penale
 
Composizione
 
Giudici federali Schneider, presidente,
 
Kolly e Pont Veuthey, giudice supplente,
 
cancelliere Garré.
 
Parti
 
A.________,
 
ricorrente, patrocinato dall'avv. dott. Elio Brunetti,
 
via Curti 19, casella postale 2206, 6901 Lugano,
 
contro
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
 
Oggetto
 
Violazione del dovere di assistenza o educazione,
 
art. 219 CP; commisurazione della pena, art. 63 e 64 CP,
 
ricorso per cassazione contro la sentenza del
 
28 marzo 2003 del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, Corte di cassazione e di revisione penale.
 
Fatti:
 
A.
 
Nel corso del 1997 sino al giugno 2001 A.________ ha ripetutamente costretto a subire atti sessuali la figlia B.________, minore di sedici anni, nata il 12 giugno 1985, arrivando anche alla ripetuta congiunzione carnale dal novembre 1999 all'ottobre 2001. Dall'inizio del 2000 fino al mese di novembre del 2001 egli ha costretto a subire atti sessuali anche la figlia C.________, minore di sedici anni, nata il 14 febbraio 1990. Inoltre ha ripetutamente reso accessibile e mostrato a B.________ cassette video con rappresentazioni pornografiche, nonché reso accessibile a C.________ materiale della stessa natura. Mediante ripetute violenze fisiche e psicologiche nei confronti delle due figlie e del figlio minorenne D.________, nato il 23 gennaio 1993, egli ha non da ultimo creato un ambiente famigliare autoritario, violento ed intimidatorio, mettendo in grave pericolo lo sviluppo psico-fisico dei suoi figli.
 
B.
 
Con sentenza del 16 gennaio 2003 la Corte delle assise criminali in Lugano ha riconosciuto A.________ autore colpevole di ripetuti atti sessuali con fanciulli, ripetuta coazione sessuale, ripetuta violenza carnale, ripetuto incesto, ripetuta pornografia e ripetuta violazione del dovere d'assistenza o educazione e lo ha condannato ad una pena di 8 anni e 3 mesi di reclusione. Al condannato è stato riconosciuto uno stato di lieve scemata responsabilità al momento dei fatti. Egli è stato inoltre condannato alla privazione dell'autorità di genitore ed al versamento di svariati importi alla moglie ed ai figli a titolo di risarcimento del danno, di torto morale e di rifusione delle spese legali. Infine è stato ordinato un trattamento ambulatoriale da iniziarsi già durante l'espiazione della pena.
 
C.
 
Il 28 marzo 2003 la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CCRP) respingeva il ricorso interposto dal condannato, con cui egli chiedeva di essere prosciolto dall'imputazione di ripetuta violazione del dovere di assistenza o di educazione e, in ogni modo, una riduzione della pena inflitta.
 
D.
 
Mediante tempestivo ricorso per cassazione al Tribunale federale il condannato insorge contro la sentenza dell'ultima istanza cantonale domandando l'annullamento della sentenza impugnata ed il rinvio della causa all'autorità cantonale per una nuova decisione che tenga conto di quanto sviluppato nei motivi del gravame.
 
E.
 
La CCRP ha rinunciato a presentare osservazioni al ricorso. Non sono state chieste altre osservazioni.
 
Diritto:
 
1.
 
Il ricorso per cassazione può essere proposto unicamente per violazione del diritto federale (art. 269 cpv. 1 PP). La Corte di cassazione penale del Tribunale federale è vincolata dagli accertamenti di fatto dell'autorità cantonale (art. 277bis cpv. 1 seconda e terza frase PP). Essa deve pertanto fondare il proprio giudizio sui fatti accertati dal l'ultima istanza cantonale oppure dall'autorità inferiore, ma solo nella misura in cui quest'ultimi siano ripresi perlomeno implicitamente nella decisione impugnata (DTF 118 IV 122 consid. 1). Il ricorrente non deve criticare accertamenti di fatto né proporre eccezioni ed impugnazioni nuove (art. 273 cpv. 1 lett. b PP).
 
2.
 
Il ricorrente contesta anzitutto l'applicabilità dell'art. 219 CP in concorso ideale con le fattispecie di atti sessuali con fanciulli, coazione sessuale, violenza carnale e incesto (ricorso pag. 4 e segg.).
 
3.
 
Si rende colpevole di violazione del dovere d'assistenza o educazione ai sensi dell'art. 219 CP chiunque viola o trascura il suo dovere d'assistenza o educazione verso un minorenne e in tal modo ne espone a pericolo lo sviluppo fisico o psichico. L'art. 219 CP protegge lo sviluppo fisico e psichico delle persone di età inferiore ai 18 anni (DTF 126 IV 136 consid. 1b). Si tratta di un reato di messa in pericolo concreta, per cui non è necessario che il comportamento del reo sfoci in un risultato, ovvero in una lesione dell'integrità fisica o psichica del minore. Tuttavia non è sufficiente che si verifichi solamente la possibilità astratta di una lesione, ma è necessario che la stessa sia perlomeno verosimile nel caso concreto (DTF 125 IV 64 consid. 1a pag. 68 s.).
 
3.1 La questione del concorso ideale tra l'art. 219 CP e le fattispecie riguardanti la protezione dell'integrità sessuale ha dato luogo ad un dibattito dottrinale su cui il Tribunale federale ha avuto occasione di chinarsi recentemente in DTF 126 IV 136 consid. 1c. In quella sede si è stabilito che laddove l'atto di ordine sessuale costituisce un reato di coazione sessuale (art. 189 CP) o di violenza carnale (art. 190 CP) il concorso con l'art. 219 CP è imperfetto, per cui l'art. 219 CP viene assorbito dalle fattispecie a protezione dell'integrità sessuale.
 
3.2 Il ricorrente sostiene che questa giurisprudenza debba applicarsi anche nel caso di specie (ricorso pag. 6). A torto. La CCRP ha infatti ribadito come egli non sia stato riconosciuto colpevole di ripetuta violazione del dovere d'assistenza o educazione per i reati di natura sessuale in quanto tali, ma per i suoi metodi educativi autoritari, brutali ed intimidatori (sentenza impugnata pag. 3). Si configura dunque concorso reale, e non ideale come erroneamente sostenuto nel ricorso, visto che il ricorrente ha posto in essere più reati con più azioni. Egli aveva creato un clima di vero e proprio terrore all'interno della sua famiglia, di cui hanno gravemente patito non solamente le due figlie vittime dei reati di natura sessuale, ma anche il piccolo D.________ che è stato risparmiato dalle violenze sessuali ma non da quelle fisiche e psichiche lungamente imposte ai suoi famigliari. In questo senso l'autorità cantonale ha giustamente ammesso il concorso fra queste fattispecie.
 
3.3 La questione dell'eventuale concorso fra l'art. 219 CP ed il reato di incesto ai sensi dell'art. 213 CP - che non era nemmeno in discussione in DTF 126 IV 136 - può essere lasciata aperta. Il ricorrente ha infatti omesso di motivare questo punto, limitandosi ad un fugace richiamo all'art. 213 CP (ricorso pag. 4 n. 4), che non ottempera in alcun modo all'obbligo di giustificazione delle conclusioni previsto all'art. 273 cpv. 1 lett. b PP. In ambito di ricorso per cassazione non è quindi possibile entrare nel merito della questione.
 
3.4 Per quanto riguarda le censure relative alle circostanze di fatto che hanno dato luogo alla contestata condanna (ricorso pag. 5 e seg.), si rileva trattarsi di considerazioni appellatorie sulle quali, per i già esposti motivi di ordine formale (cfr. supra consid. 1), non si può entrare nel merito a fronte di un ricorso per cassazione (art. 273 cpv. 1 lett. b PP e art. 277bis cpv. 1 PP).
 
3.5 Condannando il ricorrente anche in base all'art. 219 CP l'autorità cantonale non ha dunque violato il diritto federale per cui su questo punto il gravame è da respingere nella misura in cui è ammissibile.
 
4.
 
Secondo il ricorrente la sentenza impugnata dev'essere annullata anche perché la commisurazione della pena non è conforme ai dettami dell'art. 63 CP e si rivela arbitrariamente rigorosa ed eccessivamente severa se raffrontata a casi analoghi giudicati dalle Corti ticinesi (ricorso pag. 8 e segg. nonché pag. 15 e segg.). Contesta inoltre la mancata applicazione della circostanza attenuante prevista all'art. 64 cpv. 7 CP in caso di sincero pentimento (ricorso pag. 12 e segg.).
 
4.1 In base all'art. 63 CP il giudice commisura la pena essenzialmente in funzione della colpevolezza del reo. Tale disposizione non elenca in modo dettagliato ed esauriente gli elementi pertinenti per la commisurazione della stessa. Essi sono tuttavia oggetto di una consolidata giurisprudenza, da ultimo illustrata in DTF 129 IV 6 consid. 6.1, alla quale si rinvia. In questa sede è sufficiente rilevare che il giudice di merito, più vicino ai fatti, fruisce di un'ampia autonomia. Il Tribunale federale interviene solo quando egli cade nell'eccesso o nell'abuso del suo potere di apprezzamento, ossia laddove la pena fuoriesca dal quadro edittale, sia valutata in base a elementi estranei all'art. 63 CP o appaia eccessivamente severa o clemente.
 
4.2 Giusta l'art. 68 n. 1 CP quando per uno o più atti un delinquente incorre in più pene privative della libertà personale, il giudice lo condanna alla pena prevista per il reato più grave aumentandola in misura adeguata. L'aumento non può tuttavia essere superiore alla metà della pena massima comminata. Il giudice è in ogni modo vincolato dal massimo legale della specie di pena.
 
Nella fattispecie, la pena irrogata al ricorrente - 8 anni e 3 mesi di reclusione - si situa all'interno dell'ampio quadro legale previsto in caso di concorso fra i reati ai sensi degli art. 187, 189, 190, 213 cpv. 1, 197 n. 1 e 219 CP. L'autorità cantonale, alle cui pertinenti considerazioni in fatto e in diritto si può rinviare, ha d'altronde perfettamente tenuto conto degli elementi oggettivi e soggettivi determinanti ai sensi dell'art. 63 CP. In tal senso, essa ha preso in considerazione l'alto grado di colpevolezza del reo, il quale ha ripetutamente delinquito al solo fine di soddisfare una sessualità aberrante, non curandosi minimamente del fatto che così facendo trasformava l'infanzia e l'adolescenza delle figlie in un percorso di degrado fisico e psichico, privandole del loro inalienabile diritto ad una crescita sana ed al riparo dalla violenza. Contrariamente a quanto sostenuto nel gravame i giudici cantonali non hanno mancato di tenere conto delle pur contenute circostanze attenuanti, ovvero l'incensuratezza, la rinuncia a favore dei figli della sua spettanza in liquidazione del regime matrimoniale e la parziale collaborazione con le autorità inquirenti già a partire dall'arresto. Solo parziale collaborazione nella misura in cui i fatti non sono stati subito ammessi nella loro interezza ed il ricorrente ha persistito in sgradevoli tattiche manipolatorie. A suo favore è stata inoltre riconosciuta la presenza al momento dei fatti di una lieve responsabilità scemata ai sensi dell'art. 11 CP, originariamente da porre in relazione con gli abusi sessuali patiti dal ricorrente nell'infanzia e più ampiamente con le privazioni affettive che hanno caratterizzato il periodo della sua crescita. Giustamente i giudici cantonali hanno considerato questi elementi favorevoli solo in ambito di responsabilità scemata, e quindi non più nel contesto dell'art. 63 CP, per evitare di duplicarne senza motivo la portata. Altrettanto giustamente essi non hanno preso in considerazione il preteso influsso esercitato dalla frequentazione dei corsi della scuola X.________ diretta dal signor E.________. Si tratta infatti di illazioni a sostegno delle quali non viene prodotto alcun riscontro (cfr. ricorso pag. 10) e che rappresentano l'ennesimo tentativo del ricorrente di scaricare sugli altri la responsabilità dei propri atti. Il Tribunale federale è altresì vincolato agli accertamenti di fatto dell'autorità cantonale (art. 277bis cpv. 1 PP), che su questo punto, a fronte della relativa istruttoria (v. atti istruttori nn. 75.23-75.32; verbali testi B3; verbale delle assise criminali pag. 3), ha deciso di escludere l'esistenza di influssi di sorta.
 
Riassumendo i giudici cantonali hanno tenuto in debita considerazione tutti gli elementi soggettivi ed oggettivi del caso, applicando correttamente quanto previsto all'art. 63 CP in ambito di commisurazione della pena.
 
4.3 Per quanto riguarda i copiosi richiami comparativi del ricorrente alla prassi ticinese in presunti casi analoghi (ricorso pag. 16 e segg.) va sottolineato che in base alla dottrina ed alla giurisprudenza puntualmente richiamate dai giudici della CCRP (sentenza impugnata pag. 6) una certa disuguaglianza nell'ambito della commisurazione della pena si spiega normalmente con il principio dell'individualizzazione, voluto dal legislatore. Tale disuguaglianza non è di per sé sufficiente per ammettere la sussistenza di un abuso del potere d'apprezzamento (DTF 123 IV 150 consid. 2a pag. 153). Il Tribunale federale non deve vegliare a che le singole pene corrispondano tra loro scrupolosamente, ma deve bensì unicamente badare a che il diritto federale sia applicato in modo corretto, segnatamente che non sia stato violato quanto predisposto all'art. 63 CP (cfr. Hans Wiprächtiger, Commentario basilese, n. 129 all'art. 63 CP, e rinvii giurisprudenziali). In questo senso, come del resto già rilevato da parte della CCRP (sentenza impugnata pag. 7), i giudici di prime cure hanno certo dato prova di rigore, ma non per questo hanno ecceduto o abusato nell'esercizio del loro potere di apprezzamento. Anche sotto questo aspetto non vi è dunque violazione del diritto federale. Va per altro fatto notare che nella misura in cui nel gravame più che la violazione dell'art. 63 CP viene implicitamente fatta valere la violazione di diritti costituzionali quali il divieto dell'arbitrio ai sensi dell'art. 9 Cost. e l'uguaglianza giuridica ai sensi dell'art. 8 Cost. (cfr. ricorso pagg. 2, 11, 15, 17-20, 22), tali censure sono irricevibili in ambito di ricorso per cassazione (art. 269 PP).
 
4.4 In base all'art. 64 cpv. 7 CP il giudice può attenuare la pena se il reo ha dimostrato con fatti sincero pentimento, se specialmente ha risarcito il danno, per quanto si potesse pretendere da lui. Secondo dottrina e giurisprudenza il risarcimento del danno non è di per sé sufficiente perché si ammetta questa circostanza attenuante. Mediante il richiamo esplicito alle possibilità concrete del reo, il legislatore ha in effetti voluto sottolineare come sia necessario uno sforzo particolare da parte sua: esso deve risultare un gesto spontaneo e disinteres sato, slegato dalle conseguenze contingenti del procedimento penale. Il requisito dello sforzo particolare è tanto più significativo nel caso di delitti di natura sessuale nell'ambito della sfera domestica (sentenza 6S.267/1997 del 30 giugno 1997, consid. 2c). Il reo deve dimostrare di essersi pentito, cercando di riparare il torto cagionato a prezzo di sacrifici (v. sentenza 6S.146/1999 del 26 aprile 1999, consid. 3a; DTF 107 IV 98 consid. 1). Si richiedono dunque cumulativamente due condizioni: il sincero pentimento ed il risarcimento del danno.
 
4.5 I giudici cantonali non hanno considerato adempiuti i requisiti del sincero pentimento giusta l'art. 64 cpv. 7 CP in quanto il ricorrente ha sempre cercato di ridimensionare le proprie responsabilità, scaricandole senza motivo sulle figlie, le quali - a suo dire - lo avrebbero addirittura incitato agli abusi. La collaborazione prestata agli inquirenti ed il risarcimento a favore dei figli sono stati nondimeno presi in considerazione nel quadro della regola generale di commisurazione della pena giusta l'art. 63 CP (sentenza impugnata pag. 5).
 
Tale conclusione è conforme al diritto federale e rientra nel potere d'apprezzamento di cui gode il giudice di merito. Il mero risarcimento del danno non è infatti sufficiente perché si ammetta la circostanza attenuante specifica dell'art. 64 cpv. 7 CP. Laddove il risarcimento finanziario non è suffragato anche da un effettivo ravvedimento interiore - che nella fattispecie, date talune preoccupanti affermazioni del ricorrente accertate dai giudici cantonali nel corso di tutto il procedimento penale, non è certamente realizzato -, esso potrà comunque venire preso in considerazione nella commisurazione della pena ai sensi dell'art. 63 CP, come ha correttamente fatto l'autorità cantonale.
 
Anche su questo punto il ricorso va dunque disatteso poiché infondato.
 
5.
 
Da tutto quanto esposto discende che la CCRP non ha violato il diritto federale, per cui il gravame deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità.
 
Le spese processuali seguono la soccombenza (art. 278 cpv. 1 PP).
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
 
1.
 
Nella misura in cui è ammissibile il ricorso è respinto.
 
2.
 
La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico del ricorrente.
 
3.
 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
 
Losanna, 19 giugno 2003
 
In nome della Corte di cassazione penale
 
del Tribunale federale svizzero
 
Il presidente: Il cancelliere:
 
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