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5P.7/2000
II CORTE CIVILE
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29 febbraio 2000
Composizione della Corte: giudici federali Reeb, presidente,
Bianchi e Nordmann.
Cancelliere: Steffen.
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Visto il ricorso di diritto pubblico del 7 gennaio 2000 presentato da A.A.________ e B.A.________, patrocinati dall'avv. Andrea Bersani, Bellinzona, contro la sentenza emanata il 7 dicembre 1999 dalla Camera di cassazione civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino nella causa che oppone i ricorrenti a C.________, patrocinata dall'avv. Francesco Adami, studio legale Cotti Spiess Brunoni Pedrazzini Molino, Locarno, in materia di rapporti di vicinato;
Ritenuto in fatto :
A.- A.A.________ e B.A.________ sono proprietari del mappale n. XXX del registro fondiario definitivo (RFD) di H.________. C.________ è proprietaria della contigua particella n. YYY RFD di H.________. Il 13 dicembre 1993 le parti, allo scopo di definire le loro divergenze in materia di rapporti di vicinato, hanno concluso una transazione con la quale si impegnavano a eliminare determinate fonti di turbativa dalle loro rispettive proprietà.
B.- In data 22 febbraio 1999 A.A.________ e B.A.________ hanno convenuto in giudizio C.________ dinanzi al Giudice di pace del circolo del Ticino. Essi chiedevano in particolare che fosse fatto obbligo alla convenuta di rispettare gli impegni assunti e oggetto della citata transazione, nonché di eliminare dal suo fondo un pino d'alto fusto che sarebbe stato piantato ad una distanza inferiore a quella prevista dalla legge ticinese di applicazione e complemento del Codice civile svizzero del 18 aprile 1911 (LAC). In corso di causa hanno poi domandato la rimozione, per lo stesso motivo, di altri tre pini, di una pianta da "definire", di un'edera e di un gelsomino. La convenuta si è opposta alla domanda; essa, riferendosi ad una sentenza del 14 aprile 1999 della Pretura del Distretto di Bellinzona che accerta il rispetto da parte sua degli impegni assunti con la transazione del 13 dicembre 1993, ha sollevato l'eccezione di cosa giudicata.
Con decisione del 20 settembre 1999 il Giudice di pace del circolo del Ticino ha respinto l'istanza. Ha considerato che la forza di cosa giudicata si opponeva ad un esame delle conclusioni concernenti gli impegni assunti il 13 dicembre 1993 e che tutte le piante e siepi situate sulla proprietà della convenuta rispettavano le distanze legali.
C.- Il 7 dicembre 1999 la Camera di cassazione civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, adita dagli istanti, ha respinto il gravame. Dei motivi, se necessario, si dirà in seguito.
D.- Con ricorso di diritto pubblico del 7 gennaio 2000 al Tribunale federale, A.A.________ e B.A.________ chiedono, con protesta di spese e ripetibili di tutte le sedi, l'annullamento della predetta decisione. La convenuta propone che il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, sia respinto.
Considerando in diritto :
1.- Presentato tempestivamente contro una decisione finale emanata in ultima istanza cantonale, il ricorso è ammissibile dal profilo degli art. 89 cpv. 1 e 87 OG . Lo è parimenti ai sensi dell'art. 84 cpv. 2 OG, poiché il valore litigioso necessario per formare un ricorso per riforma nelle cause civili di carattere pecuniario, ai sensi dell' art. 46 OG, non è manifestamente raggiunto.
2.- a) La Corte cantonale ha anzitutto stabilito di non poter entrare nel merito dell'asserito mancato rispetto da parte della convenuta degli impegni da lei assunti con la transazione del 13 dicembre 1993. Infatti, con sentenza 14 aprile 1999, non impugnata e cresciuta in giudicato, il Segretario assessore della Pretura del Distretto di Bellinzona ha già accertato che i citati impegni sono da lei stati rispettati.
b) I ricorrenti rimproverano all'autorità cantonale di aver dimenticato che la decisione del 14 aprile 1999 è stata emanata nell'ambito di una procedura di esecuzione forzata, fondata esclusivamente sulla verosimiglianza.
Inoltre, fanno valere che il Segretario assessore della Pretura del Distretto di Bellinzona ha accertato il rispetto degli impegni assunti dalla convenuta con la citata transazione sulla base di un verbale di "costatazione", allestito nell'ambito di una procedura a carattere conciliativo, senza che venisse eseguita un'istruttoria. Essi sostengono che le questioni litigiose avrebbero invece dovuto essere decise con l'introduzione di un'istanza ai sensi degli art. 291 segg. CPC ticinese.
c) Dagli atti di causa risulta che la decisione del 14 aprile 1999 è stata emanata nell'ambito di un procedimento esecutivo, avente quale scopo di far eseguire la transazione giudiziaria (ai sensi dell'art. 352 cpv. 1 CPC ticinese) del 13 dicembre 1993. Statuendo sull'opposizione della convenuta al precetto esecutivo civile 3 marzo 1999 (cfr. art. 489 segg. CPC ticinese), il Segretario assessore della Pretura del Distretto di Bellinzona ha ammesso l'opposizione.
Egli ha ritenuto, sulla base di un verbale allestito il 15 febbraio 1999 dal giudice di pace del circolo del Ticino in una procedura conciliativa, che la convenuta ha eseguito gli impegni assunti.
Ora, una transazione giudiziaria pone fine alla lite e ha forza di cosa giudicata (art. 352 cpv. 1 CPC ticinese).
Non è pertanto arbitrario considerare che tale circostanza si oppone al riesame dei punti disciplinati dal citato accordo (cfr. anche Poudret/Wurzburger/Haldy, Procédure civile vaudoise, 2a ed., 1996, n. 1 e 2 ad art. 475 CPC vodese). Inoltre le questioni inerenti alla sua esecuzione potevano unicamente essere oggetto di una procedura esecutiva, il cui risultato non poteva essere rivisto nell' ambito di una nuova azione nel merito. La censura dei ricorrenti si rivela pertanto infondata.
3.- a) Per quanto concerne le altre richieste degli istanti tendenti alla rimozione di svariate piante e rampicanti situate sulla proprietà della convenuta, l'autorità cantonale ha ritenuto che incombeva ai ricorrenti, in virtù dell'art. 8 CC, provare la violazione delle distanze dal confine. Questo presupponeva in particolare la corretta qualifica delle piante dal profilo degli art. 155 segg. LAC, che prevedono delle distanze differenti a seconda del loro tipo. In concreto, i giudici cantonali hanno considerato che in difetto di una migliore e più precisa qualifica dei tre "pini giapponesi nani" alti circa m 1,73, il primo giudice poteva, senza cadere nell'arbitrio, ritenere applicabile la distanza di mezzo metro dal confine prevista dall'art. 157 LAC per le piante di basso fusto e gli arbusti.
Circa il gelsomino e l'edera, situati rispettivamente a cm 12,5 e 20 dal muro, l'autorità cantonale ha ritenuto che non è arbitrario considerarli quali rampicanti non soggetti a una distanza minima ai sensi della LAC.
b) I ricorrenti sostengono di aver adempiuto il loro onere probatorio, ma ritengono che le loro prove non sono state prese in considerazione. Fanno valere che gli atti di causa, e in particolare il verbale del sopralluogo del 22 giugno 1999, dimostrano indiscutibilmente la collocazione di nuove piantagioni, in violazione delle distanze dal confine, dopo l'accordo del dicembre 1993. Circa i tre pini, il sopralluogo, il buon senso e la documentazione fotografica prodotta avrebbero dovuto permettere al giudice di rendersi conto che si tratta di piante che possono raggiungere un'altezza potenziale - la sola determinante, a loro dire, per qualificare una pianta come albero a mezz' asta, a basso fusto o altro - nettamente superiore a quella misurata in concreto. Circa l'edera e il gelsomino, né la LAC, né la relativa giurisprudenza, né la dottrina specializzata permetterebbero deroghe alla distanza minima di m 0,5 dal confine prevista dall'art. 157 LAC.
c) Per quanto concerne i pini, giova anzitutto ricordare che la documentazione fotografica prodotta per la prima volta innanzi al Tribunale d'appello è stata estromessa in applicazione dell'art. 321 cpv. 1 lett. b CPC ticinese.
Nel merito, i ricorrenti non dimostrano per quale motivo gli atti di causa, in particolare il verbale del sopralluogo del 22 giugno 1999, avrebbero dovuto portare ad una diversa qualifica dei "pini giapponesi nani" rispetto a quella di alberi a basso fusto o ornamentali ai sensi dell' art. 157 LAC. Su questo punto il ricorso si rivela pertanto infondato.
d) Circa l'edera e il gelsomino, giova rammentare che l'elencazione dei tipi di alberi nell'art. 157 LAC è esemplificativa e al giudice compete un sicuro margine di apprezzamento per trovare "una certa aderenza del suo giudizio alla realtà, ovverosia tenendo conto dei diversi sviluppi che, a seconda delle zone o delle condizioni climateriche, si riscontrano nella nostra flora svariatissima, che va dalla flora mediterranea a quella alpina" (Rep 1955 pag. 390 segg. , in particolare pag. 391). Ora, la legge differenzia tra piante di alto fusto (art. 155 LAC), piante fruttifere e ornamentali di mezz'asta (art. 156 LAC) e piante di basso fusto (art. 157 LAC). Non vi è dubbio che il gelsomino e l'edera sono piante e arbusti che possono raggiungere un'altezza di qualche metro anche in territorio di H.________ e che di conseguenza non vi è ragione per non classificarle almeno tra quelle di basso fusto, come pretendono i ricorrenti. D'altra parte il gelsomino e l'edera, quali rampicanti, se sostenuti da fili o spalliere, possono facilmente sostituire una siepe viva, per la quale pure è prevista analoga distanza dal confine di quella sancita per gli alberi di basso fusto (cfr. RDAT 1998 I n. 42 pag. 156 consid. 5a). Ne consegue che la decisione dei giudici cantonali volta ad escludere il gelsomino e l'edera dalle piante che richiedono una distanza dai confini, siccome rampicanti, non appare sorretta da nessuna ragione e pone così una discriminante priva di fondamento, atteso che la LAC ha istituito le distanze delle piante dal confine, avuto riguardo alla loro altezza da un lato e alla destinazione dei fondi dall'altro (Rep 1955 pag. 390 segg. , in particolare pag. 391) e non alla peculiarità di rampicante.
Ne segue che, con riferimento al gelsomino e all' edera, situati a cm 12,5 rispettivamente 20 dal confine, si è realizzata una solare violazione delle norme del vicinato, segnatamente dell'art. 157 LAC. La decisione impugnata che ne tutela la loro minore distanza s'avvera d'acchito arbitraria. Su questo punto essa va quindi annullata.
4.- I ricorrenti rimproverano infine all'autorità cantonale una violazione degli art. 8, 9, 26 e 29 della nuova Costituzione federale del 18 aprile 1999, in vigore dal 1° gennaio 2000. Questa critica è infondata poiché la Corte cantonale non può aver violato un testo non ancora in vigore quando ha emanato la decisione. Il gravame appare dunque già inammissibile per l'assenza di qualsiasi censura rivolta contro la vecchia Costituzione federale del 29 maggio 1874 in vigore al momento in cui la decisione impugnata è stata emanata.
Sia come sia l'impugnazione, su questo punto, non adempie i presupposti sanciti dalla giurisprudenza per la motivazione di un ricorso di diritto pubblico. Secondo l' art. 90 cpv. 1 lett. b OG, questo deve contenere, fra l'altro, l'esposizione concisa dei diritti costituzionali o delle norme giuridiche che si pretendono violati, precisando altresì in che consista detta violazione. Ciò significa che il gravame deve sempre contenere un'esauriente motivazione giuridica dalla quale si possa dedurre se, ed in quale misura, la decisione impugnata colpisce il ricorrente nei suoi diritti costituzionali. Le critiche di carattere appellatorio sono inammissibili (DTF 125 I 71 consid. 1c, 118 Ia 64 consid. 1b).
Ora, le censure relative all'arbitrio e alla tutela della buona fede si rivelano in realtà meramente appellatorie.
I ricorrenti si sono infatti limitati a criticare la decisione impugnata come se il Tribunale federale fosse una corte d'appello a cui compete di rivedere liberamente le questioni di fatto e di diritto, contrapponendo la loro opinione a quella dell'autorità cantonale, senza dimostrare con un ragionamento preciso in cosa i loro diritti costituzionali sarebbero violati. Circa l'asserita violazione della garanzia della proprietà, essi non spendono una parola per dimostrare che tale diritto costituzionale ha, nella fattispecie, un effetto "orizzontale" diretto nei rapporti tra privati (su questa nozione cfr. DTF 111 II 245 consid. 4b pag. 253); la giurisprudenza ha infatti ammesso un siffatto effetto "orizzontale" diretto solo in casi eccezionali (cfr. DTF 113 Ia 107 consid. 1a). Da cui l'inammissibilità della censura. Infine, le critiche relative all'asserita violazione del diritto all'uguaglianza giuridica e alle garanzie procedurali generali riferite unicamente alle piante rampicanti, considerato l'esito del ricorso, diventano caduche a prescindere dalla loro inammissibilità per le ragioni evocate in ingresso a questo considerando.
5.- Da quanto sopra esposto discende che il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, è parzialmente fondato.
La decisione impugnata deve essere annullata e rinviata all'autorità cantonale per nuova decisione ai sensi dei considerandi. Poiché i ricorrenti non ottengono completo soddisfacimento delle loro richieste, la tassa di giustizia è posta per metà a loro carico e per metà a carico della resistente (art. 156 cpv. 3 OG). Compensate le ripetibili (art. 159 cpv. 3 OG).
Per questi motivi
il Tribunale f e d e r a l e
pronuncia :
1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è parzialmente accolto e la sentenza impugnata è annullata.
2. La tassa di giustizia di fr. 3000.-- è posta per metà a carico dei ricorrenti, in via solidale fra di loro, e per l'altra metà a carico della resistente. Compensate le ripetibili della sede federale.
3. Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla Camera di cassazione civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 29 febbraio 2000 MDE
In nome della II Corte civile
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO:
Il Presidente,
Il Cancelliere,