BGer 1A.225/2000
 
BGer 1A.225/2000 vom 14.02.2001
[AZA 0/2]
1A.225/2000
I CORTE DI DIRITTO PUBBLICO
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14 febbraio 2001
Composizione della Corte: giudici federali Aemisegger, presidente
della Corte e vicepresidente del Tribunale federale, Catenazzi e Favre.
Cancelliere: Crameri.
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Visto il ricorso di diritto amministrativo del 22 agosto 2000 presentato da Y.________, patrocinato dall'avv. dott.
Elio Brunetti, Lugano, contro la decisione emessa il 27 luglio 2000 dal Ministero pubblico della Confederazione, Berna, nell'ambito di una procedura di assistenza giudiziaria in materia penale avviata su domanda della Repubblica italiana;
Ritenuto in fatto :
A.- La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano ha inoltrato, il 4 maggio 1999, una domanda di assistenza giudiziaria, completata il 15 novembre 1999, nell'ambito di un procedimento penale avviato nei confronti di B.________, C.________, D.________, E.________, A.________ e altre persone, tra cui Y.________, per i reati di falso in bilancio, appropriazione indebita, corruzione di pubblico ufficiale e frode fiscale per almeno 150 miliardi di lire italiane. Secondo l'Autorità, dal 1991 al 1998 gli inquisiti C.________, B.________ e A.________ avrebbero sistematicamente gonfiato, usando documenti falsi, le fatture d'intermediazioni pubblicitarie emesse dalle società F.________ S.p.A. e G.________ S.p.A., da loro gestite.
B.- Con ordinanza di entrata in materia e di sequestro del 5 aprile 2000 il Ministero pubblico della Confederazione (MPC), cui l'allora Ufficio federale di polizia (UFP) ha delegato l'esecuzione della rogatoria, ha ordinato l'identificazione del conto n. J.________ presso la Banca della Svizzera Italiana di Chiasso, e il sequestro della relativa documentazione. L'istituto di credito ha trasmesso la documentazione del conto, di cui è titolare Y.________.
L'interessato si è opposto alla consegna degli atti.
Mediante decisione del 27 luglio 2000 il MPC, dopo aver esaminato la documentazione sequestrata e le censure addotte dall'insorgente, ha ordinato la trasmissione integrale dei documenti sequestrati all'Autorità estera.
C.- Avverso questa decisione Y.________ ha inoltrato un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale. Chiede, in via principale, di rifiutare la richiesta di assistenza e di annullare la decisione impugnata; in via subordinata, di annullarla nel senso che non dovrà essere trasmesso alcun documento bancario all'Autorità estera, ad eccezione dei documenti di apertura e degli estratti conto e dei giustificativi delle operazioni posteriori al 1° gennaio 1994.
Il MPC conclude per la reiezione, in quanto ammissibile, del ricorso. L'UFP, associandosi alle osservazioni inoltrate dal MPC, chiede di respingere il gravame. Il 13 settembre 2000 il ricorrente ha prodotto una sentenza emanata nei suoi confronti dal Tribunale ordinario di Torino.
Considerando in diritto :
1.- a) Italia e Svizzera sono parti contraenti della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (CEAG; RS 0.351. 1). La legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351. 1) e la sua ordinanza di applicazione (OAIMP; RS 351. 11) sono applicabili alle questioni che la prevalente Convenzione internazionale non regola espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza di quello convenzionale (art. 1 cpv. 1 AIMP; DTF 123 II 134 consid. 1a), fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali (DTF 123 II 595 consid. 7c).
b) Secondo la norma speciale dell'art. 25 cpv. 6 AIMP, il Tribunale federale non è vincolato dalle censure e dalle conclusioni delle parti; esso esamina liberamente se i presupposti per la concessione dell'assistenza sono adempiuti e in quale misura essa debba esser prestata (DTF 123 II 134 consid. 1d, 118 Ib 269 consid. 2e). Non è tuttavia tenuto, come lo sarebbe un'autorità di vigilanza, a verificare la conformità delle decisioni impugnate con l'insieme delle norme applicabili (DTF 123 II 134 consid. 1d). Le conclusioni che vanno oltre la richiesta di annullamento della decisione impugnata sono, di massima, ammissibili (art. 25 cpv. 6 AIMP; DTF 122 II 373 consid. 1c e rinvii).
c) La legittimazione del ricorrente a proporre un ricorso di diritto amministrativo (art. 80g cpv. 1 AIMP) è pacifica, visto ch'egli è titolare del conto oggetto della contestata misura di assistenza (art. 80h lett. b AIMP in relazione con l'art. 9a lett. a OAIMP; DTF 126 II 258 consid. 2d/aa).
2.- In via preliminare il ricorrente fa valere che la decisione impugnata, carente di motivazione, violerebbe l'art. 80d AIMP e l'abrogato art. 4 vCost. (ora art. 29 cpv. 2 Cost.).
Il Tribunale federale, in numerose decisioni note al patrocinatore del ricorrente, ha precisato la portata delle invocate norme. Esso ha ritenuto che, nel caso di una decisione avente per oggetto unicamente la trasmissione delle informazioni richieste, l'indicazione degli atti da trasmettere, con la considerazione ch'essi non parrebbero, "prima facie", inutili per il procedimento penale estero (esame limitato alla rilevanza potenziale, DTF 122 II 367 consid. 2c, 112 Ib 576 consid. 14a pag. 604), adempie l'obbligo di motivazione poiché permette agli interessati di opporsi con conoscenza di causa alla trasmissione (DTF 124 II 184 consid. 3 inedito, apparso in Rep 1998, pag. 152 segg.). Per di più, spettava al ricorrente, al momento della cernita, indicare in modo preciso i motivi che si opponevano alla trasmissione di ogni singolo atto (DTF 126 II 258 consid. 9b e c). La critica è quindi infondata. Del resto, un'eventuale violazione del diritto di essere sentito può essere sanata nell'ambito della presente procedura di ricorso (DTF 124 II 132 consid. 2d, 117 Ib 64 consid. 4 pag. 87; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, Berna 1999, n. 265, 273).
3.- Il ricorrente fa valere che l'esposto dei fatti contenuto nella richiesta estera e nel suo complemento sarebbe lacunoso, visto che dal procedimento penale estero non emergerebbero elementi a suo carico e che si sarebbe in presenza di una semplice sottrazione fiscale.
a) Secondo l'art. 2 lett. a CEAG, l'assistenza può essere rifiutata se la domanda si riferisce a fattispecie considerate dalla Parte richiesta come reati fiscali. L' art. 3 cpv. 3 secondo periodo AIMP precisa che si può tuttavia dar seguito alla domanda secondo la parte terza dell' AIMP quando il procedimento verta su una truffa in materia fiscale (DTF 117 Ib 53 consid. 3 pag. 63 seg. e consid. 5c pag. 88, 116 Ib 96 consid. 4c; Zimmermann, op. cit. , n. 408-412). La giurisprudenza ammette in quest'ultimo caso l' obbligo di concedere l'assistenza, qualora siano adempiute le ulteriori condizioni (DTF 125 II 250 consid. 2).
b) Con sentenza dell'11 maggio 2000 il Tribunale federale ha respinto, in quanto ammissibile, un ricorso della I.________ di B.________ & Co. avverso una decisione di trasmissione del MPC fondata sulla medesima rogatoria.
In effetti, secondo la domanda estera, gli inquisiti C.________, B.________ e A.________ avrebbero sistematicamente gonfiato, usando documenti falsi, le fatture d'intermediazioni pubblicitarie emesse dalle società F.________ S.p.A. e G.________ S.p.A., da loro gestite. Gli indagati avrebbero costituito un'associazione illecita finalizzata a consentire alle società clienti la creazione di disponibilità extracontabili, oggetto di restituzione e di illecita appropriazione da parte dei beneficiari, consentendo in tal modo frodi fiscali dal 1992 al 1998 per un importo non inferiore a 150 miliardi di lire. I clienti pagavano effettivamente le somme richieste con le fatture gonfiate, ma una parte di questi importi veniva loro restituita illecitamente, tramite la società I.________ SA, con sede in Svizzera, riconducibile all'indagato B.________. Per mascherare la truffa, nell'ambito di accertamenti giudiziari il maresciallo della Guardia di Finanza D.________ sarebbe stato corrotto da B.________ e A.________, concordando versioni di comodo riguardo all'entità delle frodi commesse, ed escludendo dalle confessioni concordate alcuni grandi clienti, tra cui la società W.________. Il coinvolgimento di quest'ultima società, che si occupa delle lotterie italiane Totip e Superenalotto, lascerebbe presumere, secondo gli inquirenti esteri, manovre fraudolente con i fondi ricevuti dalla W.________ per conto dello Stato italiano nella gestione delle lotterie; inoltre, secondo l'accordo corruttivo, le confessioni si sarebbero riferite solo alle restituzioni in contanti, tacendo sull'utilizzazione di conti bancari esteri.
Questi rilievi permettono di ritenere che non si è in presenza di semplici supposizioni e di concludere che l' Autorità estera ha fornito sufficienti motivi di sospetto, fondati su seri indizi, risultanti dalle dichiarazioni di indagati e dalle indagini esperite in Italia. La descrizione dei fatti, tenuto conto della natura dei prospettati reati, del numero di persone e ditte coinvolte, nonché dei meccanismi messi in atto a livello internazionale per mascherarli, basta a suffragare obiettivamente le indicazioni fornite dallo Stato richiedente.
c) Il ricorrente, adducendo che nella richiesta italiana si rileva che i reati sarebbero stati compiuti "al fine di evadere le imposte dirette e indirette", ritiene che si sarebbe in presenza di una semplice decurtazione di tributi fiscali, per la quale l'assistenza è inammissibile.
La censura è priva di fondamento: nei confronti degli indagati l'Autorità italiana procede in effetti non solo per il reato di frode fiscale, ma anche per quelli di appropriazione indebita, di false comunicazioni sociali (falso in bilancio) ai sensi dell'art. 2621 CC italiano e corruzione di pubblico ufficiale. Il requisito della doppia punibilità è chiaramente adempiuto per i reati di corruzione attiva e passiva (art. 288 e 315 vCP richiamati dal ricorrente, abrogati e sostituiti dagli art. 322ter e 322quater CP con la revisione delle disposizioni penali in materia di corruzione, del 22 dicembre 1999, entrata in vigore il 1° maggio 2000, FU 2000 1121). Ora, l'assistenza dev'essere concessa quando è richiesta per la repressione di più reati e uno di essi è punibile secondo il diritto svizzero (DTF 124 II 184 consid. 4b/cc e rinvii, 117 Ib 64 consid. 5c pag. 90).
aa) Secondo il ricorrente, la truffa (art. 146 CP) non potrebbe essere ravvisata nel reato di falso in bilancio ai sensi dell'art. 2621 CC italiano, poiché gli estremi di questa fattispecie non sarebbero realizzati. La mancata esposizione a bilancio dei ristorni, versati agli amministratori e agli azionisti, di fatture pagate non sarebbe infatti idonea a porre in pericolo la situazione della società e neppure a darne un'immagine errata presso terzi.
Non inserendo ricavi nella contabilità, gli indagati non avrebbero dato un'immagine migliore della società, offrendone piuttosto una peggiore, per cui i terzi, che l' art. 2621 CC italiano intenderebbe proteggere, non subirebbero alcun danno. Ora, è decisiva solo la questione di sapere se l'atto perseguito all'estero, effettuata la dovuta trasposizione, denoti gli elementi obiettivi di una fattispecie punibile secondo il diritto svizzero (art. 64 cpv. 1 AIMP; DTF 124 II 184 consid. 4b e 4b/cc, 112 Ib 576 consid. 11a pag. 591): la critica si rivela pertanto priva di fondamento.
In effetti, il reato dell'art. 2621 CC italiano ha natura plurioffensiva e la tutela sancita dalla legge non riguarda soltanto la società e i possibili creditori, ma si estende all'interesse generale per il regolare funzionamento delle società commerciali; si tratta di un reato di pericolo, per il quale è sufficiente la mera possibilità che i soci o i creditori della società siano tratti in inganno dalle false dichiarazioni sulla sua reale situazione patrimoniale (Giorgio Cian/Alberto Trabucchi, Commentario breve al Codice civile, Padova, 4a ed. 1996, II - V ad art. 2621).
Il Tribunale federale ha già riconosciuto all'art. 2621 CC italiano un carattere penale, giustificante l'assistenza (sentenza inedita dell'8 maggio 1995 in re Titolare del conto, consid. 6, apparsa in Rep 1994, n. 21 pag. 285 segg.). Esso ha ritenuto che il fatto di sottacere fraudolentemente nei bilanci e nelle comunicazioni sociali la costituzione di fondi non contabilizzati potrebbe trarre in errore gli organi sociali, gli azionisti o eventuali terzi interessati all'effettiva situazione patrimoniale della società, per cui, nel diritto svizzero, sarebbero ipotizzabili reati di falsità in documenti (art. 251 CP) e di false indicazioni su attività commerciali (art. 152 CP).
bb) Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale i libri e i documenti giustificativi della contabilità commerciale devono essere esatti non soltanto dal profilo formale, ma anche da quello sostanziale; la contabilità commerciale e le sue componenti, segnatamente i bilanci, devono essere allestiti in maniera tale da mostrare agli interessati, in modo veritiero, la situazione economica dell'azienda (art. 957 segg. e 959 CO; cfr. DTF 126 IV 65 consid. 2a pag. 68, 125 IV 17 consid. 2a-c pag. 23 segg. e riferimenti, 122 IV 25 consid. 2b, 120 IV 122 consid. 4c pag. 127; Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil II: Straftaten gegen Gemeininteressen, 5a ed., Berna 2000, pag. 142 segg.). Nel diritto italiano vige un'analoga concezione (Giorgio Cian/Alberto Trabucchi, op.
cit. , II n. 1 ad art. 2621). Chi redige in modo inesatto il bilancio e i conti economici di una società anonima deve prendere, di massima, in considerazione il loro impiego in ambito non fiscale. Parallelamente alle norme di diritto fiscale sarebbero pertanto applicabili anche quelle concernenti la falsità in documenti, eccetto il caso in cui, accanto a un bilancio dal contenuto corretto, sia stato allestito, unicamente per motivi fiscali, un bilancio inesatto, definito come bilancio fiscale (art. 251 n. 1 CP; DTF 122 IV 25 consid. 3 e rinvii, 108 IV 27; cfr. anche DTF 126 IV 65).
cc) Il Tribunale federale ha inoltre già stabilito che la costituzione di fondi non contabilizzati, gestiti per il tramite di società off shore, sarebbe punibile in diritto svizzero secondo gli art. 152 e 251 CP, e che l' omissione a bilancio di fondi depositati presso istituti bancari - appartenenti alla società stessa o a una società consociata - può configurare gli elementi oggettivi del reato di falsità in documenti (sentenze inedite del 16 giugno 1995 in re Beneficiario di tre bonifici, consid. 6, e del 1° dicembre 1995 in re Titolari dei conti, consid. 7c, apparsa in Rep 1993, pag. 114; DTF 122 IV 25 consid. 2 e 3, 120 IV 122 consid. 5c). Anche l'omessa indicazione di attivi di una certa importanza nel bilancio sottoposto per approvazione all'assemblea generale configura una falsa dichiarazione ai sensi dell'art. 152 CP (sentenza inedita dell'8 maggio 1995, citata). È stato altresì ritenuto che l'uso di falsi contratti di mediazione, stipulati attraverso società "schermo" in connessione a contratti della società capogruppo, qualora influiscano sui bilanci consolidati della società inquisita, può essere costitutivo per lo meno di amministrazione infedele (art. 158 CP), di falsità in documenti (art. 251 CP) e d'inosservanza delle norme legali sulla contabilità (art. 325 CP; sentenza inedita del 3 marzo 1995 in re Titolari dei conti, consid. 5, apparso in Rep 1994, pag. 129; Zimmermann, op. cit. , pag. 292 nota al piede n. 324, cfr. anche n. 416).
Ne segue che gli atti perseguiti all'estero sarebbero punibili anche in Svizzera.
4.- a) Il Tribunale federale ha recentemente stabilito che si è sempre in presenza di una truffa in materia fiscale allorché il contribuente presenta all'autorità fiscale documenti inesatti o incompleti ai sensi dell'art. 110 n. 5 cpv. 1 CP (DTF 125 II 250 consid. 3; sulla nozione di documenti secondo il diritto penale svizzero cfr. DTF 126 IV 65 consid. 2a, 125 II 250 consid. 4a). L'Autorità italiana ha rilevato che i prospettati reati consistono in annotazioni nella contabilità o nell'emissione di documenti falsi perché rappresentativi di grandezze economiche non veritiere, allo scopo di aumentare fittiziamente i costi della società e di ottenere la differenza tra il valore alterato e quello reale in forma extracontabile.
b) Certo, i clienti pagavano effettivamente le somme richieste con le fatture, ma parte di queste veniva loro illecitamente riversata su conti esteri, sicché gli importi restituiti in forma extracontabile non venivano indicati nei bilanci, divenendo oggetto d'appropriazione individuale degli amministratori delle società acquirenti: è pertanto ipotizzabile anche il reato di truffa in materia fiscale, visto il sospettato uso di fatture e di bilanci inesatti o incompleti (DTF 125 II 250 consid. 3, 120 IV 122 consid. 6a/bb pag. 133 seg. ; Zimmermann, op. cit. , n. 416; Paolo Bernasconi, Rogatorie penali italo-svizzere, Milano, 1997, pag. 366 seg. ; idem, La trasmissione di mezzi di prova dalla Svizzera all'estero per il perseguimento di reati - tendenze recenti, in: Assistenza giudiziaria internazionale in materia civile, penale, amministrativa ed esecutiva, edito dalla Commissione ticinese per la formazione permanente dei giuristi, Lugano 1999, pag. 65 e 91 seg.).
5.- a) In via subordinata il ricorrente fa valere d'essere stato condannato dal Tribunale ordinario di Torino, con sentenza del 17 marzo 1999, divenuta irrevocabile il 17 aprile 1999, a sei mesi di reclusione e a una multa di 6'000'000 di lire italiane per i fatti, relativi agli anni 1992 e 1993, oggetto della rogatoria. Ne deduce che la trasmissione di documenti dal 14 maggio 1992, data di apertura del conto, fino al 31 dicembre 1993 lederebbe il principio del "ne bis in idem", riconosciuto dall'art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU. Questa norma sancisce che nessuno potrà essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un'infrazione per cui è già stato scagionato o condannato a seguito di una sentenza definitiva conforme alla legge e alla procedura penale di tale Stato (cpv. 1; sul fondamento e la portata di questa principio v. DTF 125 II 402 consid. 1b, 122 I 257 consid. 3, 121 II 257 consid. 5 pag. 270). Ciò presuppone, da una parte, che il Giudice, nell'ambito del primo procedimento, abbia avuto la facoltà di valutare la fattispecie sulla base di tutti gli elementi costitutivi (DTF 125 II 402 consid. 1b); dall'altra, che vi sia identità del reo e del reato (DTF 122 I 257 consid. 3, 120 IV 10 consid. 2b pag. 13).
Non è chiaro se queste esigenze siano adempiute in concreto, vista la complessità dei reati perseguiti e il fatto che la richiesta di assistenza, del 4 maggio 1999, è posteriore al giudizio invocato dal ricorrente: dallo stesso risulta infatti che l'importo restituito nel 1992 era di £ 130'000'000 e di £ 50'000'000 nel 1993; nella rogatoria si parla invece di valori di sovrafatturazione restituiti di £ 150'000'000 rispettivamente di £ 187'000'000. Ora, il capoverso 2 dell'art. 4 Prot. n° 7 CEDU recita che le disposizioni del cpv. 1 non impediscono la riapertura del processo in presenza di fatti o elementi nuovi, come quelli costituiti dalla documentazione litigiosa. Inoltre, nella fattispecie l'assistenza è richiesta per l'eventuale perseguimento degli altri indagati e di altri reati, né si è in presenza della fattispecie prevista dalla riserva della Svizzera all'art. 2 lett. a CEAG, per cui la richiesta non può essere rifiutata (Zimmermann, op. cit. , n. 427-429).
b) A torto il ricorrente adduce inoltre l'irrilevanza di tale documentazione. L'Autorità estera ha chiesto espressamente di trasmetterle i giustificativi di tutte le operazioni: ciò è infatti necessario per poter individuare a quali persone o entità giuridiche sia pervenuto l'eventuale provento del reato (DTF 124 II 180 consid. 3c inedito, 121 II 241 consid. 3b e c). Come noto al patrocinatore del ricorrente, spetta alle persone o società interessate dimostrare, in modo chiaro e preciso, perché i documenti e le informazioni da trasmettere non presenterebbero alcun interesse per il procedimento estero: esse sono quindi tenute, pena la decadenza del loro diritto, a indicare all' Autorità di esecuzione quali documenti, e per quali motivi, non dovrebbero, secondo loro, essere trasmessi (DTF 126 II 258 consid. 9b e c). Ora, né nelle osservazioni inoltrate al MPC né nel presente gravame il ricorrente indica quali singoli documenti e perché sarebbero sicuramente irrilevanti per il procedimento penale estero; tale compito non spetta al Tribunale federale: la censura è quindi tardiva (DTF 126 II 258 consid. 9c in fine, 122 II 367 consid. 2d pag. 371 seg.). L'utilità della documentazione è comunque palese, visto che si tratta di un conto espressamente indicato nella rogatoria e intestato a un indagato, per cui è priva di ogni fondamento la censura secondo cui la richiesta costituirebbe un'inammissibile ricerca indiscriminata di prove (al riguardo v. DTF 125 II 65 consid. 6b/aa pag. 73, 122 II 367 consid. 2c, 121 II 241 consid. 3a pag. 243).
c) Il ricorrente sostiene che l'Italia non rispetterebbe il principio della specialità. Sull'argomento il Tribunale federale, come noto al patrocinatore, si è già pronunciato in DTF 124 II 184 cui, per brevità, si rinvia.
6.- Ne segue che il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto. Le spese processuali seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG).
Per questi motivi
il Tribunale federale
pronuncia :
1. Il ricorso è respinto.
2. La tassa di giustizia di fr. 5000.-- è posta a carico del ricorrente.
3. Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico della Confederazione e all'Ufficio federale di giustizia.
Losanna, 14 febbraio 2001 MDE
In nome della I Corte di diritto pubblico
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO:
Il Presidente,
Il Cancelliere,