[AZA 0/2]
2A.562/2000
II CORTE DI DIRITTO PUBBLICO
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28 febbraio 2001
Composizione della Corte: giudici federali Wurzburger,
presidente, Hartmann e Betschart.
Cancelliere: Cassina.
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Visto il ricorso di diritto amministrativo inoltrato il 5 dicembre 2000 da A._________ (1959), Davesco-Soragno, patrocinata dall'avv. dott. Renato Guidicelli, Lugano, contro la sentenza emessa il 7 novembre 2000 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nella causa, in materia di rilascio del permesso di dimora annuale, che oppone la ricorrente al Consiglio di Stato del Cantone Ticino;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
1.- a) A.________ (1959), cittadina colombiana, ha soggiornato illegalmente in Svizzera dal 27 febbraio al 4 giugno 1999. Per questo motivo le è stata inflitta una multa di fr. 250.-- dal Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino. Il 23 giugno 1999 la Sezione ticinese dei permessi e dell'immigrazione le ha rilasciato un permesso di dimora temporaneo per contrarre matrimonio con il cittadino elvetico B.________ (1970). L'8 ottobre 1999 la straniera è stata arrestata nell'ambito di un'inchiesta penale sulla prostituzione. Con sentenza del 24 gennaio 2000 il Presidente della Corte delle Assise correzionali di Lugano l'ha condannata a 10 mesi di detenzione e all'espulsione dalla Svizzera per 5 anni, sospesi condizionalmente per 2 anni, nonché al pagamento di una multa di fr. 500.--, per tratta di esseri umani, complicità in tratta di esseri umani, riciclaggio di denaro e violazione della legislazione sul domicilio e la dimora degli stranieri. Il 26 gennaio 2000 B.________ e A.________ si sono sposati. Il 13 marzo 2000 le autorità ticinesi hanno respinto la domanda inoltrata da quest'ultima per il rilascio di un permesso di dimora, a causa dei suoi precedenti penali. La decisione è stata confermata su ricorso sia dal Consiglio di Stato che, il 7 novembre 2000, dal Tribunale amministrativo ticinese.
b) Il 5 dicembre 2000 A._________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo.
Chiede l'annullamento della suddetta sentenza cantonale e il rilascio di un permesso di dimora. Chiamata ad esprimersi, la Corte cantonale si è riconfermata nella propria decisione. Il Governo ticinese ha dichiarato di volersi rimettere al giudizio di codesta Corte, mentre che l'Ufficio federale degli stranieri ha postulato la reiezione del ricorso. Con ordinanza del 15 gennaio 2001 è stato concesso effetto sospensivo al gravame.
2.- a) L'impugnativa è di massima ricevibile giusta l'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG. La ricorrente può infatti appellarsi all'art. 7 cpv. 1 della legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; RS 142. 20), essendo sposata con un cittadino svizzero (DTF 124 II 289 consid. 2 con riferimenti).
b) L'insorgente censura la violazione degli art. 7 cpv. 1, 10 cpv. 1 lett. a, 11 cpv. 3 LDDS e 16 dell'ordinanza d'esecuzione della legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri, del 1° marzo 1949 (ODDS; RS 142. 201). A torto. Innanzitutto occorre considerare che, non appena giunta in Svizzera, la ricorrente, pur vivendo e lavorando nell'illegalità, ha iniziato ad organizzare per fini di lucro l'entrata e il soggiorno irregolare di alcune sue compatriote affinché esercitassero la prostituzione. Così facendo, non soltanto ha aiutato altre persone ad infrangere le regole vigenti nel nostro Paese in materia di dimora e domicilio degli stranieri, ma si è anche resa colpevole di un grave crimine contro l'integrità sessuale, quale la tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento, nonché del reato di riciclaggio di denaro. Per il che, dal punto di vista penale, gli addebiti a suo carico sono tutt'altro che trascurabili. In simili circostanze è a giusta ragione che i giudici cantonali hanno ammesso l'esistenza di un motivo di espulsione, giusta l'art. 10 cpv. 1 lett. a LDDS, suscettibile di privare l'insorgente del diritto all'ottenimento di un permesso di dimora fondato sull'art. 7 cpv. 1 LDDS. Chiarito questo aspetto, va poi detto che l'insorgente risiede in Svizzera da pochissimo tempo, per cui non può sostenere di avere dei legami particolarmente stretti con il nostro Paese. Certo, per il marito la prospettiva di doversi trasferire in Colombia per poter continuare a convivere con la moglie può apparire alquanto gravosa. Va però detto che al momento delle nozze egli era al corrente della condanna subita dalla ricorrente e quindi doveva essere consapevole anche del fatto che quest'ultima avrebbe potuto incontrare difficoltà ad ottenere dalle autorità amministrative il permesso di risiedere in Svizzera. Pertanto, la decisione impugnata risulta nel suo complesso rispettosa del principio di proporzionalità (art. 11 cpv. 3 LDDS e 16 cpv. 3 ODDS), nonché dell'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950 (CEDU; RS 0.101), a cui è fatto accenno nel gravame. Il fatto che all'insorgente sia stata inflitta una pena tutto sommato contenuta non basta a sovvertire tale conclusione. Il periodo di 2 anni di detenzione - considerato dalla prassi come la soglia a partire dalla quale, in generale, vi è un motivo per respingere una domanda di rilascio o di rinnovo del permesso presentata dopo un breve soggiorno in Svizzera (DTF 120 Ib 6 consid. 4) - è puramente indicativo. Pertanto, anche quando tale termine non è raggiunto, nulla impedisce alle autorità di negare il permesso richiesto, se da un esame globale della situazione dovesse emergere - come nell'occorrenza - che sussiste un interesse pubblico preponderante all'adozione di una soluzione di questo genere (sentenze non pubblicate del Tribunale federale del 9 febbraio 1999 in re H. consid. 3a e del 21 ottobre 1996 in re M. consid. 4a). Neppure il fatto che le istanze penali abbiano sospeso condizionalmente la misura dell'espulsione pronunciata giusta l'art. 55 CP è di qualche aiuto all'insorgente.
In effetti le autorità amministrative si pronunciano sul rilascio di un permesso di soggiorno in base a criteri di giudizio diversi da quelli presi in considerazione dal giudice penale per l'applicazione della citata disposizione (DTF 120 Ib 6 consid. 4c in fine). Per quanto concerne poi le rimanenti argomentazioni sollevate nel gravame è sufficiente rinviare alle pertinenti motivazioni poste a fondamento del giudizio impugnato (art. 36a cpv. 3 OG).
3.- Manifestamente infondato, il ricorso può essere deciso secondo la procedura semplificata di cui all'art. 36a OG. Le spese seguono la soccombenza ( art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG ).
Per questi motivi
visto l'art. 36a OG
il Tribunale federale
pronuncia :
1. Il ricorso è respinto.
2. La tassa di giustizia di fr. 2000.-- è posta a carico della ricorrente.
3. Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e al Dipartimento federale di giustizia e polizia.
Losanna, 28 febbraio 2001 MDE
In nome della II Corte di diritto pubblico
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO:
Il Presidente,
Il Cancelliere,