BGer 1P.700/2000 |
BGer 1P.700/2000 vom 12.03.2001 |
[AZA 1/2]
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1P.700/2000
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1P.704/2000
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I CORTE DI DIRITTO PUBBLICO
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12 marzo 2001
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Composizione della Corte: giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e vicepresidente del Tribunale federale, Nay, Aeschlimann, Féraud, Catenazzi, Favre e Pont Veuthey, supplente.
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Cancelliere: Crameri.
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Visti i ricorsi di diritto pubblico del 7 novembre 2000 interposti da Flavio Lepori, Sala Capriasca, e dal Comune di Sala Capriasca, rappresentato dal suo Municipio e patrocinato dall'avv. Nello Bernasconi, Lugano, contro il decreto legislativo del 6 giugno 2000 con cui il Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino ha decretato l'aggregazione dei Comuni di Tesserete, Cagiallo, Sala Capriasca, Lopagno, Roveredo Capriasca e Vaglio;
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Ritenuto in fatto :
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A.- Nel 1995 i Municipi di Tesserete, Cagiallo, Vaglio, Sala Capriasca, Lopagno, Roveredo Capriasca e Lugaggia hanno chiesto al Cantone di collaborare nello studio di nuove aggregazioni di Comuni nella Capriasca. Il Governo ha quindi istituito una Commissione che, alla conclusione dei lavori, il 17 settembre 1998, ha proposto la fusione dei sette Comuni. Una votazione consultiva è stata indetta nei Comuni interessati il 28 marzo 1999; per l'aggregazione si sono pronunciati 1529 cittadini, contro 1013. In due Comuni vi è stata una maggioranza di voti contrari: a Lugaggia il risultato negativo è stato netto (199 voti contro la fusione, 147 a favore), a Sala Capriasca serrato (307 contro, 304 a favore).
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B.- Con messaggio del 27 ottobre 1999 il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha proposto al Gran Consiglio di adottare un decreto legislativo con cui veniva decisa la fusione dei Comuni di Tesserete (1348 abitanti al 1° gennaio 1998), Cagiallo (552 abitanti), Sala Capriasca (1127 abitanti), Lopagno (487 abitanti), Roveredo Capriasca (134 abitanti) e Vaglio (470 abitanti). Nel novero non figurava più Lugaggia, che il Governo escludeva dall'aggregazione per l'importante scarto tra voti contrari e voti favorevoli riscontrato nel Comune, e tenuto conto del fatto che la sua presenza non era determinante. Il Comune di Sala Capriasca, ove lo scarto tra voti contrari e favorevoli era stato minimo, veniva invece coinvolto perché la riuscita del progetto lo rendeva, secondo il Governo, necessario nell'aggregazione sia per la posizione geografica sia per le risorse umane e finanziarie. L'aggregazione proposta dal Consiglio di Stato con il messaggio raggruppava di conseguenza sei Comuni, fusi in una nuova entità che prendeva il nome di Comune di Capriasca (Esso avrebbe una popolazione, calcolata fittiziamente al 1° gennaio 1998, di 4118 abitanti e una superficie totale di 2617 ettari, di cui 138 assegnati all'insediamento, l'80% circa dell'intero territorio essendo occupato da boschi e alpeggi).
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Mediante decreto legislativo del 6 giugno 2000 il Gran Consiglio del Cantone Ticino ha deciso la fusione dei sei Comuni così come proposto dal Governo. Contro la decisione è stato esercitato il diritto di referendum. Avendo quest'ultimo raccolto il numero sufficiente di firme, il popolo ticinese è stato chiamato alle urne il 24 settembre 2000; il decreto di fusione è stato accettato da 34'779 cittadini (i voti contrari sono stati 22'251).
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C.- a) Il Comune di Sala Capriasca impugna il decreto legislativo dinanzi al Tribunale federale mediante un ricorso di diritto pubblico del 7 novembre 2000. Chiede di annullare il decreto, che violerebbe la garanzia costituzionale dell'esistenza del Comune, della consistenza del suo territorio e della sua autonomia; anche i diritti politici spettanti al Comune sarebbero violati.
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Il ricorrente, che non vuole scomparire attraverso l'aggregazione per lui forzata, sostiene che l'esistenza del Comune, già garantita dalla Costituzione federale, lo è ancor più da quella cantonale, l'art. 20 cpv. 1 Cost. /TI prescrivendo che i Comuni non possono modificare i loro confini, né fondersi con altri Comuni, né dividersi, senza il consenso dei loro cittadini e l'approvazione del Gran Consiglio: ora, mancando il consenso della cittadinanza, una condizione essenziale della fusione non sarebbe adempiuta.
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Il ricorrente sostiene inoltre che la fusione di Comuni, o la modificazione dei loro confini, potrebbe essere decisa dal Gran Consiglio, secondo l'art. 20 cpv. 3 Cost. / TI, solo "alle condizioni previste dalla legge", che però ancora non è stata promulgata: mancherebbero pertanto le basi per decretare la fusione coatta litigiosa. Né la legge sulla fusione e la separazione dei Comuni del 6 marzo 1945 supplirebbe, secondo il ricorrente, a questa assenza, vista la chiara volontà del costituente di emanare una normativa speciale. Infine, il ricorrente fa valere che l'art. 42 Cost. /TI conferisce al Comune un diritto di referendum facoltativo, che la fusione litigiosa renderebbe illusorio:
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infatti, le condizioni dell'aggregazione, che saranno stabilite dalla prevista legge, non potrebbero essere impugnate tempestivamente attraverso quell'istituto. In siffatto contesto, il Comune ravvisa pure una violazione del principio costituzionale della buona fede.
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b) Anche Flavio Lepori, cittadino di Sala Capriasca, impugna con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale il decreto legislativo, chiedendone l'annullamento.
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Sostiene che, secondo l'art. 20 cpv. 3 Cost. /TI, il Gran Consiglio può decidere la fusione di Comuni solo alle condizioni previste dalla legge e fa valere che questa normativa, che era nei chiari intendimenti del Parlamento, non è stata ancora emanata. Decidendo cionondimeno la fusione coatta del suo Comune in una nuova entità, sarebbe stato prevaricato, secondo il ricorrente, il suo diritto di partecipare, come cittadino e attraverso l'istituto del referendum, alla definizione dei requisiti per un'aggregazione forzata. Il ricorrente conclude affermando che il decreto viola il diritto di esistere del Comune di Sala Capriasca e la sua autonomia; fa valere infine che l'art. 20 cpv. 1 Cost. /TI è stato violato, la fusione non essendo stata sottoposta al voto deliberativo del suo Comune.
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D.- I Comuni di Tesserete e di Vaglio chiedono di respingere entrambi i ricorsi, mentre i Comuni di Roveredo Capriasca e di Cagiallo si rimettono al giudizio del Tribunale federale. Il Comune di Lopagno non si è pronunciato.
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Con osservazioni del 9 gennaio 2001 il Consiglio di Stato propone di respingere i due ricorsi, in quanto ricevibili.
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E.- Il Presidente della I Corte di diritto pubblico del Tribunale federale, mediante decreto del 15 dicembre 2000, ha accolto la domanda provvisionale del Comune di Sala Capriasca e conferito al ricorso effetto sospensivo.
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Considerando in diritto :
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1.- Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei rimedi sottopostigli, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti o dalle conclusioni delle parti (DTF 126 I 81 consid. 1, 207 consid. 1).
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2.- a) Entrambi i ricorsi di diritto pubblico sono rivolti contro il decreto legislativo del 6 giugno 2000, con cui il Gran Consiglio del Cantone Ticino ha deciso la fusione di sei Comuni della Capriasca, e in ambedue i ricorsi è chiesto l'annullamento di quel decreto. In sostanza, vien rilevato dai ricorrenti che la fusione litigiosa, forzata nei confronti del Comune di Sala Capriasca, violerebbe norme costituzionali, in particolare l'art. 20 Cost. / TI: è, questa, la censura principale e fondamentale, su cui si imperniano l'uno e l'altro gravame. Si giustifica quindi di esaminarli e deciderli con un unico giudizio (DTF 122 II 367 consid. 1a, 113 Ia 161 consid. 1, 390 consid. 1).
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b) Il Comune di Sala Capriasca fa valere che la sua fusione coatta in una nuova entità politica lo colpisce nella sua esistenza stessa e nella consistenza del suo territorio oltre che nella sua autonomia, beni costituzionalmente garantiti. Secondo la costante giurisprudenza il comune, quando non sia toccato come un privato, è legittimato a interporre un ricorso di diritto pubblico solo se difende la sua autonomia oppure la propria esistenza o l'integrità del suo territorio ("Bestandesgarantie"; DTF 121 I 218 consid. 2a pag. 220, 119 Ia 214 consid. 1a, 104 Ia 381 consid. 1, 93 I 437 consid. 7c pag. 445; sentenza inedita del 14 aprile 1997 in re Comune di Coldrerio, consid. 1d/bb, apparsa parzialmente in RDAT II-1997 n. 42, pag. 133 segg. , 137). L'impugnato decreto legislativo tocca il ricorrente nella sua qualità di detentore del pubblico potere, come titolare della sovranità territoriale: la sua legittimazione a ricorrere secondo l'art. 88 OG è quindi senz'altro data, visto che il contestato decreto, che ne ordina la fusione con altri Comuni, lo farebbe scomparire come ente a sé stante (DTF 94 I 351 consid. 2 e rinvii, 93 I 437 consid. 7c pag. 445/446, 89 I 201 consid. 1 pag. 207; Walter Kälin, Das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 2a ed., Berna 1994, pag. 270/271).
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Il Comune fa pure valere che la fusione, annientandolo come soggetto autonomo, gli farebbe perdere i diritti di iniziativa legislativa e di referendum facoltativo che, a certe condizioni, gli art. 41 e 42 Cost. /TI conferiscono al Comune: la censura è invero sollevata dal ricorrente con riferimento alla legge prevista dall'art. 20 cpv. 3 Cost. / TI, verso la quale svanirebbe - esso sostiene - il suo diritto di partecipazione nella via referendaria. La perdita degli accennati diritti è una conseguenza diretta, inevitabile e ovvia della fusione, ritenuto comunque che quegli stessi diritti spetterebbero poi al nuovo Comune di Capriasca, di cui il ricorrente è chiamato a far parte. La tutela dei diritti politici, intesi nella loro accezione lata, è di massima sancita secondo l'art. 85 lett. a OG a favore dei cittadini (o di loro organizzazioni: DTF 121 I 334 consid. 1a), non del Comune (DTF 112 Ia 340 consid. 3 in fine, pag. 344; Christoph Hiller, Die Stimmrechtsbeschwerde, tesi Zurigo 1990, pag. 96; Walter Kälin, op. cit. , pag. 281; Andreas Auer, La juridiction constitutionnelle en Suisse, Basilea e Francoforte sul Meno 1983, pag. 225; Yvo Hangartner/Andreas Kley, Die demokratischen Rechte in Bund und Kantonen der Schweizerischen Eidgenossenschaft, Zurigo 2000, n. 289 pag. 115 in fine). È vero tuttavia che, nell' ordinamento ticinese, al Comune viene conferito costituzionalmente un diritto proprio di iniziativa e di referendum, attraverso i menzionati art. 41 e 42 Cost. /TI, sicché è legittimo chiedersi se la facoltà del Comune di avvalersi dell'art. 85 lett. a OG non gli debba essere riconosciuta (Hangartner/Kley, op. cit. , n. 1724 pag. 688; Etienne Grisel, Initiative et référendum populaires, 2a ed. Berna 1997, pag. 148 n. 354). Tale quesito non ha però bisogno di essere approfondito, visto che sul ricorso del Comune di Sala Capriasca occorre in ogni caso pronunciarsi e considerato che, qualora la fusione litigiosa fosse ritenuta costituzionalmente corretta, il tema dell'esercizio dei menzionati diritti politici sarebbe superato.
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c) Riguardo alla legittimazione di Flavio Lepori, cittadino attivo di Sala Capriasca, a interporre il ricorso di diritto pubblico valgono le seguenti considerazioni.
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aa) Il ricorrente non è toccato, attraverso il decreto impugnato, direttamente e personalmente nei suoi interessi personali giuridicamente protetti, ossia in quegli interessi privati di cui il diritto costituzionale assicura la protezione. L'art. 88 OG esclude l'azione popolare; il ricorso di diritto pubblico non è destinato a salvaguardare interessi di fatto né interessi pubblici di portata generale (DTF 126 I 81 consid. 2a e 3b e rinvii): nella misura in cui è diretto a difendere l'integrità del territorio del suo Comune il gravame di Lepori è quindi inammissibile (sentenza inedita del 14 luglio 1949 in re Comune di Sirnach, consid. 3, riassunta in ZBl 50/1949, pag. 440 segg.).
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bb) Più delicato è il quesito di sapere se a Lepori vada riconosciuta la legittimazione a impugnare il decreto granconsigliare sulla base dell'art. 85 lett. a OG, in materia di diritto di voto dei cittadini. Invero, qualora il Comune di Sala Capriasca dovesse scomparire quale entità autonoma, verrebbero meno anche il diritto del ricorrente alla cittadinanza di quel Comune e il diritto di partecipare, in tale preciso ambito, alla formazione delle sue decisioni. Tuttavia, il diritto di voto non sarebbe colpito, e per quanto riguarda il diritto del ricorrente di esprimersi, attraverso un eventuale referendum, contro la futura legge sulle aggregazioni, egli lo potrà esercitare comunque, indifferente essendo che la fusione sia in concreto già decretata, o no: la legge del 1945, nella misura in cui sia, secondo quanto si vedrà, applicabile tuttora, era pure soggetta a referendum. Il tema della legittimazione di Flavio Lepori secondo l'art. 85 lett. a OG, ch'egli medesimo non tocca particolarmente né tanto meno motiva e approfondisce, può in ogni caso restare insoluto: come s'è rilevato, occorre infatti comunque entrare nel merito del gravame interposto dal Comune di Sala Capriasca, che contesta la fusione lamentandone il contrasto con l'autonomia comunale e con le norme costituzionali che la garantiscono.
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cc) Il ricorrente accenna anche alla violazione dell'autonomia comunale: a sostegno di un ricorso di diritto pubblico per violazione del diritto di voto secondo l' art. 85 lett. a OG, il cittadino può far valere, a titolo ausiliario, la lesione dell'autonomia comunale, sempreché l'atto impugnato limiti i diritti politici dei cittadini e possa, pertanto, essere oggetto di un ricorso secondo l' art. 85 lett. a OG (DTF 113 Ia 241 consid. 3; sentenza inedita del 5 dicembre 2000 in re G., consid. 4). Ora, essendo in concreto litigiosa l'esistenza del Comune e non la sua autonomia, è dubbia la legittimazione del ricorrente a proporre le altre censure, che peraltro adempiono solo in parte le esigenze di motivazione dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, valide anche per i ricorsi fondati sulla violazione dei diritti politici (DTF 121 I 334 consid. 1b, 357 consid. 2d); il quesito non ha bisogno tuttavia di essere esaminato oltre, per i motivi già indicati.
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d) Il decreto legislativo del 6 giugno 2000 è stato sottoposto a referendum. Il termine di ricorso di trenta giorni secondo l'art. 89 cpv. 1 OG è così iniziato a decorrere dalla pubblicazione ufficiale del risultato della votazione (DTF 121 I 291 consid. 1b, 114 Ia 221 consid. 1a), che è apparsa sul foglio ufficiale cantonale n. 81 del 10 ottobre 2000. I ricorsi, datati entrambi 7 novembre 2000, e consegnati alla posta nel giorno stesso (Comune di Sala Capriasca), rispettivamente l'indomani (Flavio Lepori), sono pertanto tempestivi.
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3.- L'art. 50 cpv. 1 Cost. garantisce l'autonomia comunale "nella misura prevista dal diritto cantonale".
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Questa disposizione conferma di massima la giurisprudenza, formatasi sotto il dominio della precedente Costituzione, secondo cui l'autonomia comunale è un istituto di diritto cantonale, che esiste unicamente se, e in quanto, quest'ultimo la consacra (sentenza del 23 dicembre 1970 in re Comune di Höri, consid. 3a e b, apparsa in ZBl 72/1971 pag. 427 segg. ; Andreas Auer/Giorgio Malinverni/Michel Hottelier, Droit constitutionnel suisse, Berna 2000, vol. I, n. 2023; DTF 108 Ia 188 consid. 3 pag. 194). È certo comunque pure che, in uno Stato federale a tre livelli, l'esistenza e l' importanza di Comuni autonomi vengono, con l'art. 50 Cost. , riconosciute e anche fatte oggetto di una sua preoccupazione; spetta in ogni caso ai Cantoni stabilire l'estensione e la misura dell'autonomia comunale (René Rhinow, Die Bundesverfassung 2000, Basilea-Ginevra-Monaco 2000, pag. 91).
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L'art. 16 Cost. /TI definisce il Comune un ente di diritto pubblico e garantisce la sua esistenza (cpv. 1); lo dichiara inoltre autonomo nei limiti della Costituzione e delle leggi (cpv. 2). Questa garanzia concerne l'istituto comunale, non il singolo Comune (vedi il messaggio per la revisione totale della Costituzione ticinese, pubblicato nel 1995 in edizione speciale della RDAT, pag. 48): non è quindi impedita la modificazione della ripartizione territoriale tra i Comuni, né la fusione, fosse pure coattiva, contrasta con la garanzia costituzionale (Giorgio Battaglioni, Aspetti giuridici della fusione dei Comuni ticinesi, in RDAT I-2000, pag. 21 e segg. , in particolare pag. 25).
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Su tale base è stato disposto l'art. 20 Cost. /TI, che ha il seguente tenore:
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"1 I Comuni non possono modificare i loro
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confini, fondersi con altri Comuni, dividersi
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senza il consenso dei loro cittadini e l'approvazione
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del Gran Consiglio.
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2 Il Cantone favorisce la fusione dei Comuni.
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3 Il Gran Consiglio può decidere la fusione
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di due o più Comuni o la modifica dei loro
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confini, alle condizioni previste dalla legge.. "
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La norma enuncia il principio generale dell'integrità del territorio comunale e la necessità del consenso dei cittadini, oltre che dell'approvazione del Parlamento, nel caso in cui i Comuni intendano modificare i confini, dividersi o fondersi (cpv. 1). Nel contempo, essa dispone che il Cantone favorisce, cioè facilita, la fusione dei Comuni; certo, il testo normativo proposto dal Consiglio di Stato, come sottolinea il Comune ricorrente, conteneva al riguardo un'espressione più impegnativa ("Il Cantone promuove la fusione ..."), che nella Costituzione non è stata ripresa; tuttavia, la volontà è ancora sempre, indiscutibilmente, quella di sostenere le aggregazioni, disponendo le basi per facilitarle (cpv. 2).
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Si legge in effetti nel rapporto della Commissione speciale del Gran Consiglio per la Costituzione e i diritti politici, del 9 giugno 1997 (pubblicato in edizione speciale della RDAT 1997, pag. 28), che il problema della fusione dei Comuni costituisce nel Ticino "una questione centrale" in vista di affidar loro "un ruolo non solo idealmente ma effettivamente autonomo". In tale contesto, e seguendo quell'intendimento, la norma costituzionale è stata completata con un terzo capoverso, che conferisce al Gran Consiglio la competenza di decretare una fusione anche senza il consenso dei cittadini di un Comune o contro la loro volontà, attuando la cosiddetta fusione coatta, o coattiva (vedi il citato Rapporto della Commissione speciale, pag. 29 e 30): sostanzialmente, come risulta dai dibattiti parlamentari, l'art. 20 cpv. 3 Cost. /TI costituisce una norma speciale, che deroga al principio generale espresso nel primo capoverso del disposto (Raccolta dei verbali del Gran Consiglio, Sessione ordinaria primaverile 1997, pag. 148).
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È ovvio che una fusione coatta secondo l'art. 20 cpv. 3 Cost. /TI soggiaccia all'adempimento di precisi requisiti, riassunti dal Costituente con l'espressione "alle condizioni previste dalla legge". Su questo tema insiste particolarmente il Comune. Importa rilevare in proposito che, quando il ricorso per violazione dell'autonomia comunale o concernente l'esistenza di un comune è fondato su norme di livello costituzionale, il Tribunale federale esamina liberamente la decisione impugnata; restringe invece la cognizione all'arbitrio riguardo all'applicazione di norme di grado inferiore, all'accertamento dei fatti e alla valutazione delle prove (DTF 120 Ia 203 consid. 2a, 119 Ia 285 consid. 4c, 104 Ia 381 consid. 6b pag. 393).
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4.- Il Comune ammette che alla base dell'art. 20 cpv. 3 Cost. /TI sta la preoccupazione di permettere al Gran Consiglio d'intervenire laddove una fusione appaia necessaria nell'interesse comunale e cantonale, ma difficilmente realizzabile per l'assenza di iniziativa del Comune o dei Comuni interessati, o per altre ragioni. Sostiene però che il Costituente ha voluto riservare la fissazione dei requisiti d'una fusione coatta a una legge speciale, non ancora, al momento attuale, emanata, sicché mancherebbe la base legale voluta e prevista per procedere al criticato passo.
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È vero che il Costituente ha chiaramente inteso che il Parlamento emanasse una legge, nella quale le condizioni dell'aggregazione forzata fossero approfondite e precisate (Rapporto della Commissione speciale, pag. 29/30). Dalla risposta del Consiglio di Stato del 9 gennaio 2001 ai ricorsi di diritto pubblico risulta che un progetto di legge in materia di fusioni, che le agevoli e le disciplini, è già stato posto in consultazione, tanto che il messaggio dovrebbe essere presentato "nel prossimo anno" (allegato di risposta, punto 8 lett. b, pag. 6; vedi anche Battaglioni, op. cit. , pag. 26 in alto e pag. 28/29). Il fatto che questa preannunciata legge ancora manca non giustifica tuttavia di concludere che la fusione coatta non si potrebbe fare.
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5.- La Costituzione ticinese, del 14 dicembre 1997, è entrata in vigore il 1° gennaio 1998. Il suo art. 92 cpv. 1, contenuto nel capitolo delle norme transitorie e finali, dispone che il diritto in vigore mantiene la propria validità, fatta eccezione per le norme materialmente contrarie alla Costituzione medesima, che decadono. Secondo l'art. 93 cpv. 1 Cost. /TI, d'altra parte, l'adeguamento del diritto alla Costituzione dev'essere attuato nel termine di cinque anni dalla sua entrata in vigore, cioè entro il 31 dicembre 2002.
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La legge sulla fusione e separazione di Comuni, del 6 marzo 1945 (LFSC), è quindi tuttora vigente, in quanto non sia contraria alla Costituzione. Ora, un siffatto contrasto non è ravvisabile. La normativa già prevede la possibilità che il Gran Consiglio decida una fusione coatta, e di questo provvedimento essa stabilisce condizioni precise.
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Così, secondo l'art. 9 LFSC, il Gran Consiglio può decretare la fusione di due o più Comuni quando l'interesse economico e amministrativo generale lo richieda (cpv. 1); la decreterà di regola quando a un Comune manchino i mezzi economici sufficienti per sopperire alle necessità e agli obblighi di una regolare amministrazione (cpv. 2 lett. a), quando la ristrettezza del territorio di un Comune in rapporto alla sua popolazione e alle sue possibilità sia di grave ostacolo al suo progressivo sviluppo e alla razionale organizzazione dei suoi servizi (cpv. 2 lett. b), rispettivamente quando il suo abitato costituisca con altro Comune un unico agglomerato di case (cpv. 2 lett. c). In ogni modo, qualora i preavvisi delle assemblee comunali non siano stati tutti favorevoli, l'art. 8 cpv. 2 LFSC impone, perché la fusione sia decretata, il voto della maggioranza assoluta dei membri del Gran Consiglio.
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Al riguardo si può aggiungere che secondo la giurisprudenza la fusione, se prevista dal diritto cantonale, può essere decretata anche senza l'accordo di tutti i Comuni interessati, a meno che un siffatto consenso non sia imposto dalla normativa cantonale (DTF 94 I 351 consid. 4b/ bb, 27 I 324 consid. 1). Questa prassi è costante (vedi DTF 14 213 consid. 2, 38 I 127 consid. 2 pag. 141 seg. , 47 I 214 consid. 1; sentenze inedite del 14 luglio 1949 in re Comune di Sirnach, consid. 4b, del 18 settembre 1968 in re Comune di Krillberg, consid. 4b/bb e del 23 maggio 1972 in re Patriziato di Eyholz, consid. 4). Ora, nel Cantone Ticino l'accordo dei cittadini, su cui insiste il Comune ricorrente, sostenendo che dovrebbe trattarsi di un consenso deliberativo e non semplicemente consultivo, non è richiesto dall'art. 20 cpv. 3 Cost. /TI.
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6.- L'impostazione, e la filosofia, che stanno alla base della fusione coatta secondo la legge del 1945, comprese le cautele per decretarla, non si differenziano sensibilmente da quelle che hanno dettato l'art. 20 Cost. / TI; in particolare, esse non se ne distanziano tanto da far apparire addirittura incostituzionali le regole della LFSC, su cui il Gran Consiglio si è fondato per pronunciare la fusione litigiosa (vedi, al riguardo, il lungo esposto contenuto nel messaggio governativo per l'aggregazione dei Comuni di cui qui si tratta, del 27 ottobre 1999, pag. 20 e segg.). La legge del 1945 può non più corrispondere pienamente, per certi versi, alle nuove esigenze; e in effetti è già stato elaborato, anche su mandato costituzionale (art. 20 cpv. 3 Cost. /TI), un nuovo testo che, come si è accennato, è già stato posto in consultazione. Questa circostanza non basta a far considerare contraria alla Costituzione la LFSC, per lo meno in quanto essa concerne e disciplina la fusione coatta. Come ha rilevato il Consiglio di Stato nella risposta ai ricorsi, la procedura di fusione prevista dalla LFSC non è stata sovvertita dalla nuova Costituzione, la quale comunque permette di concludere che la fusione coatta là disciplinata le sia contraria, e quindi contenuta in norme divenute incostituzionali.
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L'art. 20 cpv. 1 Cost. /TI prescrive invero che i Comuni non possono fondersi senza il consenso dei loro cittadini.
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Tuttavia, non è questo, previsto e affrontato dal menzionato capoverso, il tema posto nella presente vertenza.
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Qui si tratta della fusione, decretata dal Gran Consiglio, secondo l'art. 20 cpv. 3 Cost. /TI, che si applica, in via eccezionale, quand'essa sia ritenuta nell'interesse generale necessaria, indipendentemente dall'eventuale opposizione di un Comune. Le regole stabilite dalla LFSC potranno, rispettivamente dovranno, anche essere perfezionate, con l'elaborazione della nuova normativa, voluta, e già in cantiere. Tuttavia, nell'essenziale, la fusione coatta considerata dalla Costituzione, così come risulta dai lavori preparatori, era già prevista dalla legge del 1945, applicata in concreto (e persino dalla precedente normativa del 1906, il cui art. 14bis, introdotto nel 1926, sanciva il principio della fusione pronunciata d'ufficio dal Gran Consiglio, quando l'avessero richiesto l'interesse economico e amministrativo nonché il progressivo sviluppo dei Comuni stessi). D'altra parte, dovendosi procedere in un dato comprensorio, a un'aggregazione forzata, quando ne siano dati gli speciali requisiti, è chiaro come non si possa restringerla ai soli Comuni sotto vari punti di vista deboli e deficitari, perché il risultato non sarebbe di dissolvere o diminuire il disagio, né tanto meno di formare le volute e nell'interesse generale appropriate entità efficienti.
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Inoltre, se è vero che il Parlamento, discutendo e poi votando l'art. 20 cpv. 3 Cost. /TI, ha chiaramente accennato a una legge "ferenda", è altrettanto vero che l'applicabilità ulteriore, nei limiti degli art. 92 e 93 Cost. /TI, della LFSC del 1945 non è stata affatto esclusa.
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Fusione coatta prevista dall'art. 20 cpv. 3 Cost. / TI (pur con l'invito a ridisciplinarla in una nuova normativa) dunque, e fusione coatta prevista dalla LFSC, ch'è stata applicata in concreto. Il (nuovo) testo costituzionale non esclude quindi affatto la possibilità di decretarla anche senza il consenso di un Comune - ciò che è del resto insito nell'accettato concetto di fusione forzata - sicché la LFSC è indubbiamente compatibile con esso. Per l'art. 92 cpv. 2 Cost. /TI, già menzionato, la legge del 1945 mantiene pertanto la propria validità, mentre l'obbligo di adeguare le leggi alla Costituzione deve essere ossequiato entro il termine di cinque anni a contare dal 1° gennaio 1998.
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7.- Il Comune non contesta - se non in termini vaghi, e cioè con una presunta assenza d'eccezionalità - l' adempimento dei requisiti per la fusione coatta ai sensi della LFSC. Ch'esso non si esprima, su tale punto, secondo i canoni dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, applicabili anche ai ricorsi dei Comuni (DTF 114 Ia 80 consid. 1b, 315 consid. 1b), è anche comprensibile, visto che nega, puramente e semplicemente, l'applicabilità della normativa e su questo diniego insiste particolarmente. Ciò comporta di massima che il Tribunale federale non si debba esprimere riguardo a quell'adempimento, poiché esso esamina solamente le censure addotte, né gli è data facoltà di pronunciarsi d' ufficio su argomenti non sollevati compiutamente (DTF 125 I 71 consid. 1c, 492 consid. 1b).
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A titolo abbondanziale e secondo quanto risulta dagli atti, si rileva che i sei Comuni coinvolti nella fusione costituiscono nel loro assieme un comprensorio unitario, laddove sinora v'era un frastagliamento di territori, privi spesso di contiguità nell'ambito di uno stesso Comune: una situazione complicata e bizzarra, che il relatore della Commissione speciale per la fusione dei Comuni della Capriasca Tullio Righinetti descrive bene, ed efficacemente, sotto il significativo titolo di "Garbuglio" (rapporto di maggioranza, pag. 36: "Se si parte da Tesserete e si va in direzione di Gola di Lago, si incontra dapprima il Comune di Sala, frazione di Pezzolo. Poi si rientra nel Comune di Tesserete incontrando la frazione di Odogno, che una volta era Comune di Campestro. A destra vi è Bettagno, in parte Comune di Cagiallo, in parte Comune di Tesserete. Salendo da Odogno verso Gola di Lago si incontra la frazione di Lelgio, del Comune di Sala. Nella cosiddetta "Val Barambana" vi sono quattro piccole frazioni, le quali appartengono a tre Comuni diversi. ..").
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Lo studio e la scelta delle soluzioni sia pianificatorie sia di organizzazione e di razionalizzazione dei servizi pubblici, per migliorarne la qualità e contenerne i costi, risultano favoriti dalla fusione, mentre il permanere dello stato attuale li comprometterebbe. Difficoltà finanziarie vengono alleviate, anche grazie agli aiuti del Cantone, con la fusione, la quale fa sì che nel nuovo Comune di Capriasca si abbia un debito pubblico medio per abitante di fr. 6'363.-- (calcolo riferito al 1998), ancora superiore a una media cantonale di fr. 5'300.--, ma più equilibrato rispetto all'elevato debito pubblico medio per abitante, connesso invero anche a investimenti effettuati, di alcuni dei Comuni interessati (Tesserete fr. 7'260.--; Cagiallo fr. 8'334.--; Roveredo Capriasca fr. 33'092.--).
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Secondo quanto riferisce il messaggio (pag. 15), sarebbe impensabile limitare la fusione ai soli Comuni in difficoltà, ostandovi la stessa logica, anche geografica. Il progetto della Capriasca riunisce pertanto Comuni in chiara difficoltà e Comuni in situazione migliore, in un progetto unitario di cui Sala Capriasca fa naturalmente parte, per posizione geografica, risorse umane e situazione finanziaria.
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Certo, come si legge nel messaggio, nell'affrontare un progetto di fusione le differenze relative alla situazione finanziaria devono essere considerate e per quanto possibile mitigate, affinché tutti i Comuni possano aderire senza penalizzazione (pag. 40). È altresì vero tuttavia che un bisogno di solidarietà intercomunale può essere imprescindibile e che, nel comprensorio territoriale della Capriasca ("La Magnifica Pieve"), che ha molti motivi - ciò che è pure molto importante - per essere dal profilo istituzionale unitario, si possa imporre un'aggregazione che permetta di affrontare il futuro su basi solide e comunque non precarie.
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Il Gran Consiglio ticinese non ha pertanto violato l'art. 20 Cost. /TI, né, a maggior ragione, l'art. 50 Cost. , nonché le norme costituzionali che vi sono connesse e neppure applicato arbitrariamente le norme sulla fusione sancite dalla LFSC (in relazione con l'art. 92 cpv. 1 Cost. / TI), emanando il decreto legislativo litigioso. Lo ha d' altra parte votato a maggioranza assoluta dei suoi membri (sui 90 deputati di cui il Parlamento si compone 58 si sono espressi a favore del decreto, 21 contro, e 1 si è astenuto) come vuole, nel caso vi sia un preavviso comunale contrario, l'art. 8 cpv. 2 LFSC.
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8.- Si dà atto che la fusione non è la panacea dei mali comunali e che la ricerca dell'efficienza gestionale e amministrativa non deve far trascurare sempre e a ogni costo il sentimento di appartenenza che lega spesso i cittadini a una determinata comunità, rendendoli più partecipi alla sua vita e più vicini alla sua gestione (vedi, in proposito, Daniel Arn, Liegt die Zukunft in der Fusion von Gemeinden?, in ZBl 100/1999, pag. 241 segg. , in particolare pag. 249/250). Poiché fa scomparire, in quanto enti autonomi, i Comuni coinvolti - nel caso dell'aggregazione coatta, contro la loro volontà - essa va certamente affrontata con prudenza, tenendo conto anche degli altri mezzi istituzionali che, senza incidere sull'esistenza del singolo Comune, possono facilitare la soluzione dei suoi problemi, o attenuarli.
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Dagli stessi lavori preparatori della Costituzione ticinese, e dall'art. 20 che ne è definitivamente scaturito, risultano le cautele che debbono presiedere alle fusioni e lo spirito che deve guidarle, l'aggregazione forzata essendo in qualche modo l'"ultima ratio" (vedi l'intervento di Luigi Pedrazzini, direttore del Dipartimento delle istituzioni, in Raccolta verbali del Gran Consiglio, 1997, Sessione ordinaria primaverile, pag. 160). Nel caso della Capriasca non si può tuttavia, per gli esposti motivi, affermare che quelle cautele non siano state seguite e che quello spirito non sia stato rispettato.
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9.- Il Comune rimprovera pure all'Autorità cantonale di avere, durante la procedura di fusione, cambiato, come si suol dire, ma è espressione da lui usata, le carte in tavola: infatti, mentre l'originario progetto comprendeva nell'aggregazione anche Lugaggia, questo Comune non è stato più incluso dal Consiglio di Stato nella proposta di fusione presentata al Parlamento. Secondo il ricorrente una modificazione della proposta non sarebbe permessa dalla LFSC, quando pure questa legge fosse per avventura applicabile.
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La censura non può essere accolta.
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Il primitivo progetto d'aggregazione interessava effettivamente, come il Comune di Sala Capriasca rileva, sette Comuni, quindi anche Lugaggia. La votazione consultiva svoltasi il 28 marzo 1999 secondo l'art. 5 LFSC si riferiva a quel progetto. Dato che il Comune di Lugaggia si era espresso in modo assai netto contro la fusione (199 no di fronte a 147 sì) e considerato che la sua aggregazione nel nuovo ente non risultava determinante, il Governo ha reputato di non includerlo nel definitivo progetto: se si tien conto del fatto che il voto dei Comuni era soltanto consultivo (cfr. DTF 104 Ia 226 consid. 1a), e che all'Autorità cantonale, dopo averli sentiti, spetta comunque un potere d'apprezzamento piuttosto importante nell'ambito degli art. 7, 8 e 9 LFSC (si vedano il tenore stesso delle norme e l' ampio resoconto della genesi della LFSC contenuto nel messaggio governativo, pag. 21 a 27), si deve concludere che nessun arbitrio (su questa nozione vedi DTF 126 I 168 consid. 3a) e comunque nessun atto incostituzionale è stato compiuto dal Governo nel modificare il progetto e dal Gran Consiglio nell'avallarlo. D'altra parte, nemmeno può essere rimproverata all'Autorità cantonale una disparità di trattamento secondo gli art. 8 e 29 Cost. , invocati dal Comune ricorrente, per il fatto ch'essa lo avrebbe lasciato, a differenza di Lugaggia, nell'aggregazione (cfr. DTF 125 I 166 consid. 2a). Le due situazioni sono diverse e il Comune di Sala Capriasca, per posizione geografica, importanza del territorio, risorse umane e finanziarie, poteva, diversamente che nel caso di Lugaggia, essere senza arbitrio ritenuto un tassello determinante e imprescindibile del nuovo Comune di Capriasca. Anche una violazione del principio della buona fede (art. 9 Cost.) non può essere, per gli esposti motivi, riconosciuta.
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10.- I ricorsi di diritto pubblico presentati dal Comune di Sala Capriasca e da Flavio Lepori devono pertanto entrambi, in quanto ricevibili, essere respinti. Considerata la natura della controversia, non vengono prelevate spese.
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Da un canto, i Comuni che senza avere alcun interesse pecuniario si rivolgono al Tribunale nell'esercizio delle loro attribuzioni ufficiali sono generalmente dispensati dal pagamento delle spese processuali (art. 156 cpv. 2 OG).
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D'altro canto, ne sono di massima esentati anche i cittadini che fanno valere una violazione dell'art. 85 lett. a OG; in concreto, invero, Flavio Lepori è insorto anche per lesione dell'autonomia comunale, rimanendo soccombente: va però tenuto in conto il fatto che su questo tema ci si è espressi con riferimento al ricorso del Comune di Sala Capriasca, che era particolarmente imperniato su di esso, sicché si giustifica di mandare completamente esente dalle spese anche il ricorrente Lepori.
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Per questi motivi
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il Tribunale federale
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pronuncia :
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1. Nella misura in cui sono ammissibili, i ricorsi sono respinti.
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2. Non si prelevano spese.
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3. Comunicazione ai ricorrenti, rispettivamente al patrocinatore del Comune di Sala Capriasca, ai Municipi di Tesserete, di Cagiallo, di Lopagno, di Roveredo Capriasca e di Vaglio, e al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio.
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Losanna, 12 marzo 2001 VIZ
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In nome della I Corte di diritto pubblico
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del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO:
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Il Presidente,
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Il Cancelliere,
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