Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
1P.20/2002/col
Sentenza del 19 aprile 2002
I Corte di diritto pubblico
Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e vicepresidente del Tribunale federale,
Reeb, Catenazzi,
cancelliere Gadoni.
M.________, ricorrente, patrocinato dall'avv. Mauro Mini, via Soldino 22, casella postale 218,
6903 Lugano,
contro
X.________ Assicurazioni,
Ministero pubblico del Cantone Ticino, via Pretorio 16,
6901 Lugano,
Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
procedimento penale;
(ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata il
29 novembre 2001 dalla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino).
Fatti:
A.
Il 26 gennaio 2001 il Presidente della Corte delle assise correzionali di Lugano ha riconosciuto M.________ e P.________ colpevoli di truffa mancata; secondo il Giudice, al fine di procacciarsi un indebito profitto essi avevano in correità simulato a Mezzovico, la notte del 17 agosto 1991, un incidente della circolazione, provocando l'incendio delle due loro automobili: l'Alfa Romeo condotta da P.________ e la Ferrari "replica" condotta da M.________. Sempre secondo il Giudice, essi avevano poi annunciato il preteso sinistro alle loro assicurazioni, ingannandone astutamente i funzionari, per indurli ad atti pregiudizievoli al patrimonio delle compagnie; in particolare, M.________ aveva fatto valere verso X.________ Assicurazioni una pretesa d'indennizzo di fr. 93'000.-- per il veicolo e di fr. 66'315.-- per la merce contenutavi e andata distrutta nell'incendio, e chiesto alla propria assicurazione Y.________ la copertura casco relativa alla Ferrari "replica".
Entrambi gli accusati sono stati condannati alla pena di sei mesi di detenzione, sospesi condizionalmente per un periodo di prova di tre anni, e al versamento in solido alla parte civile X.________ Assicurazioni di un risarcimento di fr. 16'378.--; Y.________ Assicurazioni, pure parte civile, è stata rinviata al foro civile. L'accusa di sviamento della giustizia nei confronti degli imputati è stata stralciata per intervenuta prescrizione dell'azione penale; infine, P.________ è stato sottoposto, per il periodo di sospensione condizionale, al patronato penale.
B.
La Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CCRP), adita da M.________, ne ha respinto, in quanto ammissibile, il ricorso. Essa non ha ravvisato vizi essenziali di procedura, segnatamente nel fatto che il Presidente della Corte del merito aveva fondato il suo giudizio anche sulle perizie agli atti, e ha ritenuto non arbitrari l'accertamento dei fatti e la valutazione delle prove del primo Giudice.
C.
M.________ impugna con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale questo giudizio chiedendo di annullarlo. Chiede pure di annullare la sentenza del Presidente della Corte delle assise correzionali. Il ricorrente fa valere una violazione del diritto di essere sentito, di norme procedurali, del principio "in dubio pro reo" e del divieto dell'arbitrio. Delle motivazioni si dirà, in quanto necessario, nei considerandi.
La CCRP rinuncia a presentare osservazioni, mentre il PP e X.________ Assicurazioni non hanno risposto.
Diritto:
1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 128 II 46 consid. 2a, 127 III 41 consid. 2a, 126 I 257 consid. 1a).
1.1 Il ricorrente lamenta la violazione di norme cantonali di procedura, segnatamente riguardo alle modalità di assunzione delle perizie, nonché dei suoi diritti di difesa, in particolare del diritto di essere sentito, nella fase dell'istruzione formale; critica inoltre l'accertamento dei fatti e la valutazione delle prove, ritenendoli arbitrari. Queste censure sono proponibili nel ricorso diritto pubblico, mentre non lo sarebbero nel ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 268 e segg. PP, che il ricorrente non ha presentato (cfr. art. 269 cpv. 2 e 273 cpv. 1 lett. b PP; DTF 127 I 38 consid. 2, 120 Ia 31 consid. 2b pag. 36, 120 IV 113 consid. 1a, 119 IV 17 consid. 1, 118 IV 88 consid. 2b; Robert Hauser/Erhard Schweri, Schweizerisches Strafprozessrecht, 3a ed., Basilea 1999, pag. 474 seg.).
1.2 Gli altri requisiti di ammissibilità non danno adito a dubbi (art. 84 cpv. 1 lett. a, 87 e 89 OG). La legittimazione del ricorrente è pacifica (art. 88 OG).
1.3 Il ricorso di diritto pubblico ha, tranne eccezioni che non si verificano in concreto, natura meramente cassatoria (DTF 127 II 1 consid. 2c, 126 III 534 consid. 1c e rinvio). Ove il ricorrente chiede più dell'annullamento del giudizio impugnato, segnatamente l'annullamento della sentenza del Presidente delle assise correzionali, il suo gravame è quindi inammissibile (DTF 125 I 492 consid. 1a/bb, 104 consid. 1b e rinvii).
2.
Il ricorrente lamenta di non avere potuto partecipare all'allestimento delle perizie e di averle potute esaminare solo con il deposito degli atti, avvenuto l'11 luglio 1995, ritiene l'audizione dei periti solo in sede di dibattimento insufficiente per un'efficace difesa. Inoltre, secondo il ricorrente, anche il fatto di non avere potuto partecipare all'ispezione delle carcasse dei due veicoli, di non aver potuto esaminare una seconda Ferrari "replica" tuttora esistente, identica a quella andata distrutta, e di non avere avuto la facoltà di interrogare i testi prima del pubblico dibattimento, avrebbe favorito la pubblica accusa e costituirebbe una violazione del principio della parità delle armi. Egli critica inoltre la perizia allestita dal dott. Z.________, esperto del servizio scientifico della polizia di Zurigo, che qualifica di natura privata e assunta in violazione del principio del contraddittorio.
2.1 Il ricorrente sostiene in particolare che l'art. 146 del Codice di procedura penale ticinese, del 19 dicembre 1994 (CPP/TI), entrato in vigore il 1° gennaio 1996, gli avrebbe conferito il diritto di partecipare all'allestimento della perizia giudiziaria e di proporre quesiti peritali. Il PP ha tuttavia designato l'ing. L.________ quale perito e gli ha sottoposto i quesiti con decreto del 2 dicembre 1991, reso in applicazione del Codice di procedura penale del 10 luglio 1941 (vCPP/TI). Il rapporto peritale è stato eseguito il 10 gennaio 1992. Secondo l'art. 351 CPP/TI ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della nuova legge di procedura si applica la legge anteriore solo quando sia già stato emanato l'atto di accusa (cpv. 1); in tutti gli altri casi è applicabile la nuova legge, restando però ferma la validità degli atti precedentemente compiuti (cpv. 2). In concreto, l'atto d'accusa è stato emanato il 14 ottobre 1996, dopo quindi l'entrata in vigore del CPP/TI, per cui il Presidente della Corte del merito e la CCRP hanno, rettamente, svolto i loro incombenti e statuito sulla vertenza applicando il nuovo diritto, gli atti istruttori litigiosi avendo tuttavia di principio mantenuto la loro validità (art. 351 cpv. 2 CPP/TI). Ora, riguardo alla perizia giudiziaria, gli art. 96 segg. vCPP/TI, applicati nella fattispecie dal PP, non prevedevano, di massima, la partecipazione attiva delle parti all'esecuzione della perizia (cfr. Niccolò Salvioni, Codice di procedura penale, Locarno 1999, pag. 256 seg.). In particolare il diritto anteriore non conteneva una disposizione analoga all'art. 146 cpv. 1 CPP/TI, secondo cui, nella misura compatibile con il buon andamento dell'istruzione, le parti e i loro patrocinatori possono pure proporre quesiti peritali.
Cionondimeno, nel decreto di perizia del 2 dicembre 1991, il magistrato ha assegnato al ricorrente un termine di cinque giorni per fare valere eventuali motivi di ricusazione nei confronti del perito (art. 97 vCPP/TI) e per esercitare il diritto sancito dall'art. 152 vCPP/TI, secondo cui, se una perizia deve avere luogo, l'imputato può chiedere di farvi assistere periti propri che intende far sentire nel pubblico dibattimento. Il ricorrente ha fatto seguito al decreto con scritto del 9 dicembre 1991, comunicando al PP di essere d'accordo sui punti dell'indagine e di ipotizzare quale causa dell'incendio un eventuale cortocircuito nei cavi dell'impianto Natel. Il perito si è confrontato anche con questa tesi, dandone atto nel suo rapporto: ha rilevato che detto impianto avrebbe certo potuto generare scintille, le quali avrebbero però potuto causare un improvviso incendio unicamente a contatto con un acceleratore altamente infiammabile. Al proposito, i materiali di rivestimento dell'abitacolo e i componenti dei sedili, pur essendo combustibili, non costituivano acceleratori, e avrebbero impiegato vari minuti per infiammarsi, dopo avere sprigionato del fumo intenso. In tali circostanze, l'accusato ha quindi potuto proporre le sue argomentazioni, di cui l'esperto ha tenuto conto, già all'atto di eseguire la perizia.
2.2 D'altra parte, dal profilo della garanzia di un processo equo e dei diritti della difesa, sanciti dagli art. 29 segg. Cost. e dall'art. 6 n. 1 CEDU, gli elementi di prova devono essere di principio prodotti alla presenza dell'accusato nell'ambito di un'udienza pubblica, in vista di un dibattimento in contraddittorio (DTF 125 I 127 consid. 6b e 6c/aa, 121 I 306 consid. 1b; sentenza della CEDU del 27 febbraio 2001 nella causa Lucà c. Italia, consid. n. 39, apparsa nella Rivista internazionale dei diritti dell'uomo 2/2001, pag. 630 segg.). Questa regola tende ad assicurare la parità delle armi tra la pubblica accusa e la difesa (DTF 121 I 306 consid. 1b), principio che - contrariamente all'opinione del ricorrente - trova un'applicazione limitata nella fase dell'inchiesta (DTF 106 IV 85 consid. 2b/aa pag. 88; Robert Hauser/Erhard Schweri, op. cit., pag. 129 n. 3 e pag. 229 seg.). Le accennate condizioni sono senz'altro adempiute nella fattispecie, l'accusato avendo avuto la possibilità, in sede di dibattimento, di esprimersi sulle perizie, di criticarle, di contestarne le conclusioni e di porre ai periti domande e richieste di delucidazioni. In quell'occasione egli ha pure potuto interrogare i testimoni notificati, alla sola eccezione del teste R.________, impedito a presenziare al processo siccome degente all'ospedale. Comunque, a questo proposito, premesso che non si trattava di un testimone a carico e che esso era già stato interrogato dalla polizia, l'accusato non ha insisto perché il teste fosse sentito all'ospedale, secondo le modalità previste dall'art. 248 CPP/TI.
Il ricorrente lamenta anche in questa sede la mancata ispezione della seconda Ferrari "replica", tuttora esistente. Sostiene che questa manchevolezza avrebbe impedito di esaminare la capienza dell'automobile nonché lo stato dell'impianto elettrico e della pompa della benzina. La CCRP ha osservato che l'ispezione dell'impianto elettrico era stata rifiutata dal Giudice dell'istruzione e dell'arresto, che l'aveva ritenuta senza nesso né pertinenza. Al dibattimento era inoltre stato sentito quale testimone - notificato dall'accusato - il meccanico che aveva effettuato riparazioni sulla Ferrari "replica" esistente. Questi aveva confermato di avere messo sotto sicurezza varie parti dell'impianto elettrico, collegandole a un fusibile e di avere fissato la pompa della benzina, che mancava inoltre di pressione. Tuttavia, anche ipotizzando una difettosità dell'impianto pure riguardo al veicolo andato distrutto, fondata invero su un indizio assai labile, la possibilità che l'incendio fosse riconducibile a un cortocircuito era smentita dalle altre risultanze, segnatamente dalla deposizione del teste R.________ e da quella del dott. Z.________, secondo cui, nel caso di un cortocircuito all'impianto elettrico, l'eventuale incendio si sarebbe sviluppato lentamente. Va qui d'altra parte rilevato che questa tesi coincide sostanzialmente con quella del perito giudiziario. In sostanza, il Presidente della Corte delle assise prima, la CCRP poi, non hanno del tutto escluso una possibile difettosità della vettura; hanno tuttavia ritenuto, valutando oggettivamente gli ulteriori mezzi di prova, che tali imperfezioni non fossero la causa dell'incendio. In tali circostanze, i Giudici cantonali hanno quindi sostanzialmente considerato irrilevante l'ispezione del veicolo esistente sulla base di un apprezzamento anticipato - spiegato e motivato - della prova, che il ricorrente non censura d'arbitrio (cfr. DTF 115 Ia 8 consid. 3a; cfr. pure, sull'apprezzamento anticipato delle prove, 122 II 464 consid. 4a, 120 Ib 224 consid. 2b e rinvii).
Ne consegue che l'accusato ha potuto beneficiare di un processo equo e rispettoso dei suoi diritti di difesa, segnatamente del diritto di essere sentito. In particolare, il fatto che egli non abbia partecipato più attivamente all'inchiesta non ha comportato, nelle citate circostanze, una disattenzione delle garanzie costituzionali e convenzionali (DTF 119 Ia 260 consid. 6c).
2.3 Il ricorrente critica anche il fatto che i Giudici cantonali si siano fondati sulla perizia del servizio scientifico della polizia di Zurigo, che qualifica come "perizia privata" siccome pagata dall'assicurazione. Ora, premesso che - rettamente - i Giudici cantonali non hanno equiparato il rapporto steso dal dott. Z.________ a una perizia ufficiale (cfr., sulle nozioni di perito ufficiale e di perito di parte, DTF 127 I 73 consid. 3f/bb), non occorre esaminare nel dettaglio la natura di tale atto. In effetti, come visto, i diritti di difesa del ricorrente sono stati rispettati anche riguardo all'assunzione di questo mezzo di prova, peraltro non escluso dalla procedura penale ticinese: egli ha in effetti potuto esaminare il rapporto, esprimersi su di esso, criticarne le conclusioni e porre domande all'esperto in sede di dibattimento. I Giudici cantonali potevano quindi, senza incorrere nell'arbitrio, fondarsi anche sul rapporto litigioso, che del resto confortava le conclusioni della perizia giudiziaria.
3.
Il ricorrente rimprovera poi all'autorità cantonale una serie di accertamenti arbitrari dei fatti che l'avrebbero conseguentemente condotta a disattendere la portata del principio della presunzione d'innocenza, rispettivamente del principio "in dubio pro reo".
3.1 Nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove il Giudice di merito, il cui operato è già stato esaminato, nei limiti delle facoltà che le competevano, dalla CCRP, dispone di un ampio potere di apprezzamento (DTF 118 Ia 28 consid. 1b). Per motivare l'arbitrio non basta criticare semplicemente la decisione impugnata, né contrapporle una versione propria, per quanto sostenibile o addirittura preferibile. Occorre piuttosto dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sarebbero manifestamente insostenibili, si trovino in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondino su una svista manifesta o contraddicano in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 125 II 10 consid. 3a, 124 IV 86 consid. 2a, 123 I 1 consid. 4a, 122 I 61 consid. 3a). Secondo la giurisprudenza, il Tribunale federale annulla d'altra parte la decisione impugnata quand'essa è insostenibile non solo nella motivazione, bensì anche nel risultato (DTF 125 II 129 consid. 5b, 124 II 166 consid. 2a, 124 I 208 consid. 4a, 122 I 253 consid. 6c e rinvii).
3.2 Il principio "in dubio pro reo", desumibile dall'art. 32 cpv. 1 Cost. e, precedentemente, dall'art. 4 vCost. (DTF 127 I 38 consid. 2), trova applicazione sia nell'ambito della valutazione delle prove sia in quello della ripartizione dell'onere probatorio (cfr., riguardo al previgente art. 4 vCost., DTF 120 Ia 31 consid. 2a).
Riferito alla valutazione delle prove, esso significa che il giudice penale non può dichiararsi convinto dell'esistenza di una fattispecie più sfavorevole all'imputato quando, secondo una valutazione oggettiva del materiale probatorio, sussistano dubbi che la fattispecie si sia verificata in quel modo. La massima non impone che l'amministrazione delle prove conduca a una certezza assoluta di colpevolezza. Semplici dubbi astratti e teorici non sono sufficienti, poiché sono sempre possibili, né una certezza assoluta può essere pretesa: il principio è disatteso quando il giudice penale avrebbe dovuto nutrire, dopo un'analisi globale e oggettiva delle prove, rilevanti e insopprimibili dubbi sulla colpevolezza dell'imputato (DTF 120 Ia 31 consid. 2c; Hauser/Schweri, op. cit., pag. 217 segg., in particolare n. 11 circa la convinzione del giudice). Il Tribunale federale dispone di un potere cognitivo limitato all'arbitrio in materia di valutazione delle prove (cfr. art. 9 Cost.; DTF 120 Ia 31 consid. 2c-e; cfr. inoltre DTF 125 I 492 consid. 1, 124 IV 86 consid. 2a) e può quindi intervenire unicamente qualora il giudice condanni l'imputato, nonostante che una valutazione oggettiva delle risultanze probatorie implichi la sussistenza di manifesti, rilevanti e insopprimibili dubbi sulla sua colpevolezza (DTF 124 IV 86 consid. 2a, 120 Ia 31 consid. 4b). Il giudice non incorre nell'arbitrio quando le sue conclusioni non corrispondano alla versione dell'istante (DTF 116 Ia 85 consid. 2b) e siano comunque sostenibili nel risultato. Una valutazione unilaterale dei mezzi di prova viola per contro il divieto dell'arbitrio (cfr. sentenza 1P.105/2001 del 28 maggio 2001, consid. 3b, apparsa in RDAT II-2001, n. 58, pag. 227 segg.). Un giudizio di colpevolezza può poggiare, mancando testimonianze oculari o prove materiali inoppugnabili, su indizi atti a fondare il convincimento del tribunale (cfr. Hauser/Schweri, op. cit., pag. 239, n. 12-15).
Riferito all'onere della prova, il principio "in dubio pro reo" significa che spetta alla pubblica accusa provare la colpevolezza dell'imputato, non a lui dimostrare la sua innocenza. La censura riguardo all'asserita violazione di questo principio, in tale ambito, viene esaminata dal Tribunale federale liberamente (DTF 120 Ia 31 consid. 2c-d).
4.
Nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico il Tribunale federale esamina unicamente le censure sollevate in modo chiaro e dettagliato. Critiche di carattere puramente appellatorio non possono essere considerate in quest'ambito (art. 90 cpv.1 lett. b OG; DTF 125 I 492 consid. 1b e rinvii). Non basta infatti affermare che la decisione della Corte del merito è arbitraria e di riflesso che lo è anche quella dell'istanza superiore, che l'ha confermata. In quanto considera violato il principio "in dubio pro reo", il ricorrente deve dimostrare perché la CCRP a torto avrebbe negato l'arbitrarietà della decisione sottoposta al suo giudizio, ossia perché essa ha comunque pronunciato una sentenza di condanna nell'ambito di una valutazione oggettiva di tutte le risultanze probatorie, malgrado l'esistenza di dubbi rilevanti e insopprimibili (DTF 125 I 492 consid. 1b, 120 Ia 31 consid. 2d).
5.
5.1 Il ricorrente critica gli accertamenti della CCRP riguardo all'asserita presenza di una tanica di benzina nell'abitacolo e all'esistenza di una falla nel pianale della vettura. Certo, egli aveva riferito già in sede di interrogatorio dinanzi alla polizia di trasportare, dietro il sedile del conducente, una tanica di carburante. Tuttavia, gli esperti non hanno trovato traccia del contenitore, che pure avrebbe dovuto lasciare resti, e l'ipotesi della falla, invero non risultante dalle perizie, non era stata precedentemente prospettata dall'accusato, nemmeno con l'istanza di complemento d'inchiesta. Comunque, la CCRP non ha del tutto negato la presenza della tanica; ha, per contro, rettamente rilevato che tale quesito era, tutto sommato, di poca importanza, decisiva essendo la determinazione dell'origine dell'incendio. A questo proposito, la Corte cantonale, fondandosi su una valutazione globale, spiegata e motivata, degli indizi disponibili, segnatamente sui rapporti peritali, ha concluso che l'incendio non era riconducibile né all'esistenza della tanica né all'urto tra le vetture: il contenitore litigioso avrebbe semmai alimentato il rogo, non ne era però la causa. In queste circostanze, la CCRP poteva, senza pronunciare una decisione manifestamente insostenibile, concludere che la questione relativa alla presenza del recipiente, e conseguentemente quella riguardo all'apertura dalla quale esso sarebbe uscito, erano, nel complesso dei fatti, di secondaria importanza.
5.2 Il ricorrente critica poi gli accertamenti riguardanti gli oggetti trasportati nella Ferrari "replica", accennando soprattutto al fatto che tali oggetti sarebbero in un primo tempo stati tolti dai pompieri. Ora, su questo punto, la CCRP ha tra l'altro considerato il gravame inammissibile per carenza di motivazione, visto che il ricorrente non aveva addotto le modalità con cui un'eventuale disfunzione tra pompieri e polizia avrebbe comportato l'asserita sparizione di 120 dispositivi d'allarme. Al proposito, il ricorrente non spiega, con una motivazione conforme all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, perché la CCRP sarebbe incorsa nell'arbitrio dichiarando inammissibile tale censura (DTF 118 Ib 26 consid. 2b, 134 consid. 2).
La Corte cantonale ha comunque anche rilevato che la conclusione del primo Giudice, secondo cui la vettura non conteneva altri oggetti oltre a quelli indicati dall'esperto della polizia scientifica zurighese, pur potendo apparire rigorosa, non era arbitraria. Risulta dagli atti, e del resto i Giudici cantonali lo constatano nei loro giudizi, che le modalità con cui sarebbero stati tolti e successivamente rimessi gli oggetti rinvenuti nella vettura non sono del tutte chiare. Inoltre, dalla perizia della polizia scientifica zurighese emerge che nella Ferrari "replica" sono stati rinvenuti tre o quattro indumenti femminili, 35 alimentatori (adapter), un Natel, 100 dispositivi d'allarme imballati, 32 confezioni da quattro batterie di 1,5 V ciascuna: queste cifre sono però, secondo lo stesso esperto, soltanto approssimative. Il rapporto peritale rileva però anche che eventuali apparecchi fotografici, videocamere, vestiti e scarpe avrebbero dovuto lasciare tracce identificabili. In considerazione della quantità e del genere degli oggetti che l'accusato asseriva trovarsi nel veicolo, e ritenuto che non è ravvisabile un abuso da parte dei pompieri e degli agenti, la conclusione del primo giudice, ritenuta non arbitraria dalla CCRP, secondo cui la distinta presentata all'assicurazione elencava anche oggetti che in realtà non si trovavano nell'automobile, non appare manifestamente insostenibile. Comunque, pur dando atto al ricorrente che gli accertamenti su questo punto non sono del tutto precisi, la conclusione dei Giudici cantonali circa la simulazione dell'incidente non è fondata in modo determinante su questo indizio, ma su una valutazione globale, accurata e oggettiva, della fattispecie. D'altra parte, a prescindere dagli oggetti trasportati, già la vettura in sé era un "kitsch senza mercato" che l'accusato non riusciva a vendere.
5.3 Il ricorrente critica inoltre il giudizio impugnato laddove conclude per l'esistenza di un accordo tra gli accusati allo scopo di commettere la truffa, nonostante la mancanza di una prova che i due si conoscessero o si fossero precedentemente incontrati.
Il Presidente della Corte delle assise ha accertato che dagli atti non emergevano indizi riguardo a una conoscenza tra gli accusati e riguardo agli accordi sul compenso al correo, la cui situazione finanziaria pur costituiva un movente del reato. Come rettamente rilevato dalla CCRP, l'assenza di prove in tal senso, non doveva tuttavia far necessariamente ritenere che gli accusati non si conoscessero. I Giudici cantonali hanno in effetti ritenuto, sulla base di una valutazione globale, spiegata e motivata, degli indizi e in particolare sulla perizia ufficiale, che l'incidente e l'incendio erano stati simulati. Essi potevano quindi concludere che in qualche modo i due autori dovessero pure essersi conosciuti. Né i Giudici cantonali sono incorsi nell'arbitrio ritenendo altamente verosimile la matrice dolosa dell'incendio e, in modo particolare, l'impiego di un acceleratore della combustione. Tale argomentazione corrisponde sostanzialmente alla tesi del perito ufficiale e coincide pure con quanto rilevato dall'esperto della polizia scientifica di Zurigo. D'altra parte, trattandosi essenzialmente di questioni tecniche, i Giudici cantonali potevano di principio attenersi alle risultanze della perizia ufficiale, non essendo ravvisabili contraddizioni manifeste e accertamenti di fatto erronei (DTF 118 Ia 144 consid. 1c pag. 146 seg.).
Alla luce di queste considerazioni, tenuto conto dei principi giurisprudenziali enunciati sopra, non si può affatto affermare che il Giudice di merito sia caduto su questi aspetti nell'arbitrio e che la Corte di cassazione, confermandone la decisione, abbia poi violato essa medesima gli art. 9 e 32 Cost.
6.
Ne consegue che il ricorso di diritto pubblico deve essere respinto, nella misura della sua ammissibilità. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
La tassa di giustizia di fr. 3'000.-- è posta a carico del ricorrente.
3.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla controparte, al Ministero pubblico e alla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 19 aprile 2002
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere: