BGer 2A.22/2002 |
BGer 2A.22/2002 vom 02.07.2002 |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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2A.22/2002 /mde
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Sentenza del 2 luglio 2002
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II Corte di diritto pubblico
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Giudici federali Wurzburger, presidente,
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Müller e Merkli,
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cancelliere Cassina.
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A.A.________, 6912 Pazzallo,
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ricorrente, patrocinato dal signor Giorgio Snozzi, via Bossi 12, casella postale 2705, 6901 Lugano,
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contro
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500 Bellinzona,
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Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.
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permesso di dimora
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(ricorso di diritto amministrativo contro la decisione del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino del 26 novembre 2001)
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Fatti:
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A.
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A.A.________, cittadino jugoslavo, si è sposato l'11 aprile 1996 nel suo Paese d'origine con la connazionale B.A.________, domiciliata in Svizzera dal 1993. Il 15 maggio successivo, l'allora Sezione degli stranieri del Cantone Ticino (ora divenuta Sezione dei permessi e dell'immigrazione), gli ha rilasciato un permesso di dimora annuale - in seguito regolarmente rinnovato, l'ultima volta con scadenza al 14 maggio 2001 - per permettergli di vivere insieme alla moglie nel nostro Paese. Dall'unione dei coniugi A.________ sono nate le figlie C.A.________ e D.A.________.
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B.
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Durante la sua permanenza in Svizzera A.A.________ ha avuto modo d'interessare a più riprese le autorità amministrative e giudiziarie del nostro Paese. Il 17 gennaio e il 14 febbraio 1997 gli sono state inflitte due multe di fr. 500.-- e, rispettivamente, di fr. 120.-- per delle infrazioni alla legge federale sulla circolazione stradale, del 19 dicembre 1958 (LCStr; RS 741.01). Dal 26 febbraio al 10 marzo 1997 gli è quindi stata revocata la licenza di condurre. Con decreto d'accusa del 1° marzo 1999 il Procuratore pubblico del Cantone Ticino gli ha inflitto una multa di fr. 300.-- per danneggiamento, mentre che il 26 aprile 1999 lo ha condannato a 15 giorni di detenzione, sospesi condizionalmente, e al pagamento di una multa di fr. 300.-- per rissa, lesioni semplici e circolazione in stato d'ebrietà. Il 21 giugno 1999 egli è quindi stato ammonito dall'autorità di polizia degli stranieri. Il 10 agosto 1999 il Dipartimento delle finanze del Cantone Ticino ha risolto di commutare in 20 giorni di arresto le due multe che gli erano state inflitte nei primi mesi del 1997. Con decreto d'accusa del 20 novembre 2000, il Procuratore pubblico generale del Cantone Ticino lo ha quindi condannato a 90 giorni di detenzione e all'espulsione dal territorio elvetico per un periodo di 3 anni, entrambe le pene sospese condizionalmente, per complicità in falsità di documenti. Contemporaneamente a ciò, il magistrato ha disposto la revoca della sospensione condizionale della pena che gli era stata inflitta il 26 aprile 1999.
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In considerazione di questi fatti, il 30 marzo 2001 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha comunicato ad A.A.________ che non gli avrebbe più rinnovato il suo permesso di dimora una volta giunto a scadenza dal momento che, nonostante l'ammonimento ricevuto il 21 giugno 1999, con il suo comportamento egli aveva ancora avuto occasione di interessare le autorità di polizia e giudiziarie. Nonostante questo scritto, il 24 aprile 2001 A.A.________ ha ugualmente inoltrato alle competenti autorità cantonali un'istanza di rinnovo del suo permesso di dimora.
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C.
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Adito da A.A.________, il 19 giugno 2001 il Consiglio di Stato del Cantone ha confermato il diniego del rinnovo del permesso in questione, visto che la condotta assunta dallo straniero denotava un'indole violenta, nonché scarso rispetto delle istituzioni e dell'ordinamento svizzero. La decisione è quindi stata confermata su ricorso dal Tribunale cantonale amministrativo con sentenza del 26 novembre 2001.
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D.
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Il 14 gennaio 2002 A.A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo con cui domanda, in via preliminare, che sia accertata la nullità dell'atto emanato il 30 marzo 2001 dalla Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino e, nel merito, che la predetta sentenza del Tribunale amministrativo venga annullata con conseguente rinvio degli atti alle autorità cantonali affinché queste gli rinnovino il permesso di dimora.
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Chiamato ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nel proprio giudizio. Dal canto loro, sia il Consiglio di Stato ticinese che l'Ufficio federale degli stranieri domandano che il ricorso sia respinto.
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E.
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Mediante decisione del 12 febbraio 2002, il Tribunale federale ha respinto l'istanza di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio presentata da A.A.________, per il fatto che quest'ultimo non può essere considerato persona indigente ai sensi dell'art. 152 cpv. 1 OG.
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F.
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Con decreto del 13 marzo 2002, il Presidente della II Corte di diritto pubblico ha accolto la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo contenuta nel gravame.
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Diritto:
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1.
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1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di permessi al cui ottenimento la legislazione federale non conferisce un diritto (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG). L'art. 4 della legge federale sul domicilio e la dimora degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; RS 142.20) sancisce che l'autorità competente decide liberamente, nei limiti delle disposizioni della legge e dei trattati con l'estero, in merito alla concessione dei permessi di dimora. Lo straniero ha quindi un diritto all'ottenimento di un simile permesso solo laddove tale pretesa si fonda su una disposizione del diritto federale o su un trattato internazionale (DTF 127 II 60 consid. 1a, 126 II 425 consid. 1 con numerosi rinvii).
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1.2 Il ricorrente si richiama innanzitutto all'art. 17 cpv. 2 LDDS, giusta il quale lo straniero sposato con una persona in possesso del permesso di domicilio ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora fintanto che vive con il coniuge. In concreto, A.A.________ è sposato e convive dal 1996 con la connazionale B.A.________, domiciliata in Svizzera dal 1993. A queste condizioni egli dispone senz'altro di un diritto al rinnovo del permesso di dimora.
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1.3 Nel suo gravame l'insorgente invoca pure l'applicazione dell'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950 (CEDU; RS 0.101). Per prassi, affinché tale disposizione sia applicabile occorre che tra lo straniero che domanda un permesso di dimora e la persona della sua famiglia che beneficia del diritto di risiedere in Svizzera (cittadino svizzero, straniero titolare di un permesso di domicilio; trattandosi di una persona al beneficio di un permesso di dimora, essa può appellarsi all'art. 8 CEDU solo se ha un diritto certo ad ottenere un permesso o il rinnovo dello stesso) esista una relazione stretta, intatta ed effettivamente vissuta (DTF 126 II 377 consid. 1b con riferimenti). Nel caso di specie non sussiste alcun dubbio sul fatto che tali condizioni siano adempiute, per cui il ricorrente può dedurre un diritto al rinnovo del suo permesso di dimora anche dalla predetta norma internazionale.
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1.4 Stante quanto precede, il gravame, introdotto tempestivamente (art. 106 cpv. 1 OG) da una persona legittimata ad agire (art. 103 lett. a OG), risulta in linea di massima ammissibile.
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Lo stesso è comunque irricevibile nella misura in cui il ricorrente chiede che sia accertata la nullità dello scritto emanato il 30 aprile 2001 dalla Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino, visto l'effetto devolutivo legato al ricorso di diritto amministrativo (DTF 125 II 29 consid. 1c).
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2.
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Con il rimedio esperito, il ricorrente può fare valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di ricorso di diritto pubblico (DTF 123 II 385 consid. 3, con rinvii). Quale organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. L'insorgente può inoltre censurare l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Considerato comunque che nel caso concreto la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG).
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3.
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3.1 Il ricorrente contesta innanzitutto che la lettera con cui il 30 marzo 2001 la Sezione ticinese dei permessi e dell'immigrazione gli ha comunicato la sua intenzione di non più rinnovargli, alla scadenza, il permesso di dimora, sia una decisione impugnabile ai sensi dell'art. 5 PA. A suo dire, il semplice fatto che tale scritto facesse riferimento a delle disposizioni di diritto federale e fosse munito dell'indicazione dei rimedi di diritto non sarebbe sufficiente a qualificarlo come una decisione. Sostiene che se le condizioni per il mantenimento del permesso non erano più attuate, a causa di una pretesa estinzione del diritto per violazione dell'ordine pubblico, l'autorità avrebbe dovuto pronunciare la revoca del medesimo in applicazione dell'art. 9 cpv. 2 lett. b LDDS, ovvero rendere una decisione di accertamento dell'inesistenza del diritto al mantenimento dell'autorizzazione di soggiorno. Avendo tralasciato di fare ciò, essa era dunque tenuta ad attendere la domanda di rinnovo del permesso da parte dell'amministrato, per poi, se del caso, rendere una decisione formatrice negativa. Lamenta a questo proposito una violazione dei diritti della difesa, nella misura in cui la successiva domanda di rinnovo del permesso di dimora, da lui depositata il 24 aprile 2001 dinanzi all'autorità amministrativa di prime cure, non è stata evasa nel merito.
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3.2 La tesi del ricorrente non può essere condivisa. È vero che di regola l'autorità decide se rinnovare o meno il permesso di dimora di uno straniero dopo avere ricevuto una richiesta in tal senso da parte del diretto interessato. Nulla però impedisce alla medesima di fare astrazione dalla ricezione di una simile istanza e di statuire d'ufficio sulla questione, dando per scontato che lo straniero già residente in Svizzera sia intenzionato a prolungare la sua permanenza in questo Paese. Contrariamente a quanto affermato nel gravame, la portata di un simile atto non si limita all'accertamento dell'esistenza o dell'inesistenza di un diritto di soggiorno, ma costituisce una vera e propria decisione formatrice, ai sensi dell'art. 5 cpv. 1 lett. a PA., volta a disciplinare sul piano giuridico la situazione futura dell'amministrato. Si tratta infatti di un provvedimento fondato sul diritto pubblico federale, con il quale l'autorità, agendo nell'ambito di un caso concreto, costituisce, modifica o - come nel caso di specie - annulla il diritto di una persona a risiedere in Svizzera a partire da una determinata data futura. Su questo punto la fattispecie in esame verte attorno ad una problematica giuridica per certi versi simile a quella già trattata dal Tribunale federale al consid. 1a della decisione pubblicata in DTF 114 Ib 190, dove codesta Corte ebbe modo di qualificare alla stregua di una decisione ai sensi dell'art. 5 PA uno scritto con il quale l'Ufficio federale di polizia aveva comunicato ad una ditta che in futuro non le avrebbe più rilasciato delle autorizzazioni per poter effettuare dei trasporti stradali eccedenti determinati limiti di peso e di dimensione fissati dalla legge. In quell'occasione fu in particolare sottolineato che un simile atto poteva essere direttamente impugnato, senza che l'amministrato dovesse attendere in un caso specifico il rifiuto dell'autorizzazione richiesta. La medesima conclusione deve valere per analogia anche nel caso di specie per rapporto allo scritto inviato il 30 aprile 2001 dalla Sezione dei permessi e dell'immigrazione al ricorrente. Pertanto, nella misura in cui attraverso quest'ultimo atto le autorità cantonali avevano già formalmente statuito sulla questione del prolungamento del permesso di dimora dell'insorgente, non era più necessario che le medesime entrassero nel merito dell'istanza di rinnovo inoltrata da quest'ultimo il 24 aprile successivo. Inoltre, visto l'oggetto della presente vertenza, si deve considerare che l'insorgente non disponeva, e non dispone tuttora, di un interesse attuale e degno di protezione a che venga esaminata anche la questione di sapere se il suo permesso di dimora avrebbe potuto essergli revocato sulla base di quanto prescritto dall'art. 9 cpv. 2 lett. b LDDS. In questo senso, il giudizio impugnato non viola i diritti di parte del ricorrente.
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4.
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Nel merito A.A.________ contesta la legittimità del rifiuto oppostogli dalle istanze cantonali, segnatamente dal profilo della corretta ponderazione degli interessi in gioco. Ammette di avere commesso degli errori in passato, ma sostiene che a questi non dev'essere dato un peso prevalente rispetto al suo diritto di continuare a risiedere in Svizzera con la moglie e le figlie. Afferma di non essere più incorso in sanzioni penali dal mese di maggio del 2000 e di avere un impiego fisso dal 25 aprile 2001. Aggiunge poi che, se si può esigere da lui un rientro in Iugoslavia, la medesima cosa non vale per sua moglie la quale da oltre 10 anni vive in Svizzera, Paese in cui abitano pure i genitori e le sorelle di quest'ultima.
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4.1 Giusta l'art. 17 cpv. 2 ultima frase LDDS, il diritto dello straniero al rilascio di un permesso di dimora si estingue se questi viola l'ordine pubblico. Detto rifiuto deve rispettare il principio della proporzionalità. I motivi di estinzione di questo diritto sono tuttavia meno severi di quanto richiesto dall'art. 7 cpv. 1 in fine LDDS, il quale stabilisce che deve sussistere un motivo di espulsione per negare al coniuge straniero di un cittadino svizzero il rilascio o la proroga del permesso di dimora. Considerato che una violazione minore dell'ordine pubblico è una ragione sufficiente per rifiutare la concessione del permesso di dimora, l'interesse privato dello straniero e della sua famiglia a rimanere in Svizzera ha, nell'ambito della ponderazione degli interessi pubblici e privati in presenza, meno importanza che se si fosse trattato di un'espulsione (DTF 122 II 385 consid. 3a, 120 Ib 129 consid. 4a; sull'argomento cfr. Alain Wurzburger, La jurisprudence récente du Tribunal fédéral en matière de police des étrangers, in RDAF 1997 I 320 e segg.).
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Il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all'art. 8 CEDU non è assoluto. Un'ingerenza nell'esercizio di tale diritto è ammissibile giusta l'art. 8 n. 2 CEDU "in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui". In questo contesto, va effettuata una ponderazione di tutti gli interessi pubblici e privati in gioco. In particolare, va esaminato se si può esigere dai familiari aventi il diritto di risiedere in Svizzera che lascino il nostro paese per seguire lo straniero al quale è stato rifiutato un permesso di dimora. La facoltà di esigere la partenza della famiglia di uno straniero dev'essere ammessa tanto più facilmente che la presenza in Svizzera di costui, a causa del suo comportamento, risulta indesiderabile. Va comunque precisato che il solo fatto che non si possa pretendere dai membri della famiglia che lascino la Svizzera non costituisce, di per sé, un motivo sufficiente per accogliere il ricorso (DTF 120 Ib 129 consid. 4a pag. 130; cfr. anche DTF 122 II 1 consid. 2 pag. 5).
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4.2 Nel caso specifico, risulta dalle tavole processuali che il ricorrente è stato più volte sanzionato in Svizzera sia sul piano penale per aver commesso svariati reati (rissa, danneggiamento, lesioni corporali, complicità in falsità di documenti), che sul piano amministrativo in seguito a delle violazioni piuttosto gravi delle regole della circolazione stradale. A questo proposito occorre soprattutto rilevare l'elevata frequenza delle infrazioni commesse, nonché il fatto che egli è incorso in reati sempre più gravi, gli ultimi dei quali commessi addirittura durante il periodo di prova di tre anni di cui aveva beneficiato con la condanna infittagli il 26 aprile 1999. Da notare ancora che il 20 novembre 2000, vale a dire dopo che era stato ammonito dalle autorità amministrative, il ricorrente è stato condannato a 90 giorni di detenzione e all'espulsione dalla Svizzera, entrambe le pene sospese condizionalmente, poiché ritenuto colpevole di complicità in falsità di documenti per avere aiutato terzi nell'utilizzo a scopo di inganno di falsi permessi di lavoro, di domicilio o di dimora al fine di ottenere dei visti d'entrata per i Paesi adiacenti all'accordo di Schengen; fatto questo che costituisce senz'altro un reato di una certa gravità in materia di polizia degli stranieri. Non vi è dunque nessun dubbio che con il suo comportamento questi abbia violato l'ordine pubblico, ai sensi dell'art. 17 cpv. 2 ultimo periodo LDDS.
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Certo, l'insorgente risiede da ormai 6 anni in Svizzera insieme alla moglie e alle due figlie. Si deve però considerare che egli non è mai riuscito ad integrarsi nella realtà del nostro Paese. Ciò è dimostrato non soltanto dai numerosi reati commessi, ma anche dalla grande instabilità dimostrata in ambito professionale, dove, secondo quanto accertato dai giudici cantonali, avrebbe addirittura cambiato 9 posti di lavoro in meno di 5 anni, rimanendo oltretutto disoccupato per complessivamente 2 anni e mezzo. Il fatto che da poco più di un anno egli abbia finalmente trovato un impiego stabile quale manovale presso un'impresa di costruzioni non permette da solo di trarre delle conclusioni definitive in merito al suo avvenire lavorativo. Lo scarso livello d'integrazione del ricorrente trova poi ulteriore riscontro nel fatto che, ancora dopo 4 anni trascorsi in Ticino egli capiva e parlava a malapena l'italiano. Inoltre nel corso del periodo sin qui trascorso in Svizzera egli ha contratto debiti ed è stato al centro di diverse procedure esecutive. Se ne deve dunque dedurre che è verosimilmente in Iugoslavia, Paese nel quale ha trascorso la maggior parte della sua vita, che il ricorrente possiede ancora i propri legami culturali più stretti. In caso di ritorno nella sua Patria d'origine, egli non si troverà dunque confrontato con particolari difficoltà di adattamento. Alcuni problemi potrebbero per contro sorgere da questo punto di vista per la moglie, qualora dovesse decidere di seguire il marito all'estero. Quest'ultima è infatti giunta in Svizzera nel 1991, allorquando non aveva ancora compiuto 14 anni, e dispone di un permesso di domicilio dal 1993. Non si deve tuttavia dimenticare che anche lei è nata in Iugoslavia, dove ha trascorso la sua infanzia, ha frequentato buona parte delle scuole dell'obbligo e si è sposata con l'insorgente. Per questo motivo, ella conosce sicuramente bene la lingua, la cultura, nonché gli usi e i costumi del proprio Paese d'origine. Si può dunque ritenere che, a parte qualche difficoltà iniziale, non dovrebbero sussistere per lei particolari problemi ad adeguarsi alle nuove condizioni di vita. Il fatto poi che sempre nel nostro Paese vivano tuttora i genitori e le sorelle di quest'ultima non costituisce dal punto di vista giuridico un aspetto di rilievo per il presente giudizio. Per quanto riguarda le figlie C.A.________ e D.A.________, queste sono ancora assai piccole per cui il problema di un loro eventuale sradicamento dalla realtà svizzera non si pone nemmeno. Infine, si deve ancora rilevare che, qualora la moglie e le figlie dovessero decidere di restare in Ticino, queste potranno comunque mantenere intatte le loro relazioni con il ricorrente, in quanto il provvedimento adottato nei confronti di quest'ultimo non è tale da impedirgli di venire in Svizzera quale turista per far loro visita.
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4.3 Visto tutto quanto precede, l'interesse del ricorrente a vivere nel nostro Paese con la sua famiglia non appare preponderante rispetto alla necessità per le autorità di convenientemente tutelare l'ordine pubblico, allontanando uno straniero che sin dal suo arrivo ha ripetutamente creato problemi alle autorità giudiziarie e amministrative ticinesi. Confermando la decisione di non rinnovargli il suo permesso di dimora, la Corte cantonale non ha pertanto disatteso né l'art. 17 cpv. 2 LDDS né l'art. 8 CEDU. Infondato, il ricorso va dunque respinto anche nel merito.
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5.
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Visto l'esito del gravame e considerato che con decisione incidentale del 12 febbraio 2002 è stata respinta la domanda di assistenza giudiziaria formulata dal ricorrente, la tassa di giustizia va posta a carico di quest'ultimo (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 3 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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La tassa di giustizia de fr. 2'000.-- è posta a carico del ricorrente.
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3.
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Comunicazione al rappresentante del ricorrente, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e all'Ufficio federale degli stranieri.
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Losanna, 2 luglio 2002
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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