BGer 2P.304/2002 |
BGer 2P.304/2002 vom 09.04.2003 |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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2P.304/2002 /cas
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Sentenza del 9 aprile 2003
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II Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Wurzburger, presidente,
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Hungerbühler e Müller,
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cancelliere Cassina.
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Parti
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A.________, ricorrente,
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contro
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Commissione di disciplina dell'Ordine degli avvocati del Cantone Ticino, casella postale 2244, 6901 Lugano,
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Camera per l'avvocatura e il notariato del Tribunale
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d'appello del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
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Oggetto
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sanzione disciplinare,
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ricorso di diritto pubblico contro la sentenza del 18 novembre 2002 della Camera per l'avvocatura e
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il notariato del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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L'avv. A.________ è stato il patrocinatore di B.________ in un procedimento penale aperto nel 1989 dal Ministero pubblico ticinese nei confronti di quest'ultimo, in seguito ad una denuncia da parte dei fratelli C.________, a loro volta assistiti dall'avv. D.________.
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La Commissione di disciplina dell'ordine degli avvocati del Cantone Ticino è intervenuta in tre occasioni nei confronti dell'avv. A.________ per sanzionare alcune sue iniziative assunte nell'ambito di detta vertenza penale e ritenute incompatibili con la deontologia professionale. La prima volta egli è stato condannato il 22 ottobre 1991 al pagamento di una multa di fr. 500.-- , per avere contattato direttamente una parte che sapeva essere patrocinata dall'avv. D.________. Il provvedimento è stato confermato su ricorso dalla Camera per l'avvocatura e il notariato del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. Il secondo intervento si è concluso con la condanna dell'avv. A.________ al pagamento di una multa di fr. 2'000.--, per avere utilizzato espressioni offen sive nei confronti dell'avv. D.________ e del Procuratore pubblico E.________, titolare dell'inchiesta nei confronti di B.________. La sanzione è poi stata confermata sia dalla Camera per l'avvocatura e il notariato il 21 agosto 1995, sia dal Tribunale federale con giudizio del 9 luglio 1996 (inc. n. 2P.333/1995). Il 10 luglio 2000 la Commissione di disciplina ha inflitto all'avv. A.________ una multa di fr. 5'000.--, poiché in un ricorso di diritto pubblico inoltrato davanti al Tribunale federale per conto del suo cliente B.________, egli aveva ancora una volta espresso degli apprezzamenti offensivi nei confronti di magistrati e colleghi. Anche questa misura è stata confermata su ricorso sia dalla Camera per l'avvocatura e il notariato il 25 agosto 2000, che dal Tribunale federale il 5 gennaio 2001 (inc. n. 2P. 212/2000).
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B.
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Il 28 settembre 2000 l'avv. A.________ ha inoltrato al Ministero pubblico ticinese una denuncia penale per abuso di autorità nei confronti di quei giudici della Camera per l'avvocatura e il notariato che avevano partecipato all'emanazione delle decisioni del 21 agosto 1995 e del 25 agosto 2000, con cui tale autorità aveva confermato le multe di fr. 2'000.-- e rispettivamente di fr. 5'000.-- irrogate nei suoi confronti dalla Commissione di disciplina dell'Ordine degli avvocati. Il 17 novembre 2000 l'allora Procuratore generale del Cantone Ticino F.________, ritenendo manifestamente infondate le suddette accuse, ha emanato un decreto di non luogo a procedere. Il 29 maggio 2001 la Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha quindi respinto l'istanza di promozione dell'accusa inoltrata dall'avv. A.________ avverso detto decreto. Essa ha comunque segnalato alla Commissione di disciplina alcune espressioni offensive contenute nell'istanza.
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Il 30 maggio 2001 l'avv. A.________ ha diffuso una lettera indirizzata "ai cittadini del Cantone Ticino" nella quale, riferendosi implicitamente al procedimento penale che era stato aperto nei confronti del suo cliente B.________, denunciava l'esistenza di uno "scandalo giudiziario di vaste proporzioni" e invitava i destinatari di tale scritto a fare il possibile per "convincere i mass-media a dare spazio a questa vicenda, nella quale un innocente viene trattato da "presunto colpevole" e il suo avvocato viene tacciato di essere in malafede e punito in via disciplinare, per avere avuto il coraggio di segnalare le irregolarità di cui i dossier in questione sono pieni".
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Il 12 giugno 2001 l'avv. D.________ si è rivolto alla predetta Commissione per segnalare varie iniziative che erano state intraprese dall'avv. A.________ al fine di screditarlo davanti al Consigliere di Stato ticinese Luigi Pedrazzini, alla Consigliera federale Ruth Metzler, nonché all'opinione pubblica, attraverso la pubblicazione di vari scritti su alcuni organi di stampa.
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Il 7 dicembre 2001 l'avv. A.________ ha inoltrato una segnalazione al Consiglio della magistratura del Cantone Ticino contro l'operato del giudice d'appello G.________, reo, a suo dire, di avere partecipato alle già menzionate decisioni adottate su ricorso il 21 agosto 1995 e il 25 agosto 2000 dalla Camera per l'avvocatura e il notariato e di avere inserito nelle medesime delle menzogne. Dal canto suo l'autorità di vigilanza sui magistrati, con decisione del 26 marzo 2002, si è rifiutata di dare seguito a questa denuncia, ritenendo la stessa manifestamente infondata. Il 31 maggio 2002 il Tribunale federale ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso di diritto pubblico inoltrato dall'avv. A.________ avverso tale pronuncia, sottolineando in particolare come il rimedio fosse al limite della temerarietà (inc. 2P.103/2002).
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L'8 marzo 2002 l'avv. A.________ ha presentato una denuncia penale contro i membri della Commissione di disciplina dell'ordine degli avvocati per i reati di abuso d'autorità e tentata coazione. Tale atto è sfociato in una decisione di non luogo a procedere emanata il 4 aprile successivo dal Procuratore pubblico. L'avv. A.________ ha quindi introdotto un'istanza di promozione dell'accusa contro il solo avv. H.________, presidente della citata Commissione, la quale è stata dichiarata inammissibile dalla Camera dei ricorsi penali.
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Il 28 marzo 2002 l'avv. A.________ ha poi denunciato penalmente l'avv. I.________, segretaria della Commissione di disciplina, sempre per i reati di abuso d'autorità e di tentata coazione. Anche in questo caso la denuncia non ha avuto alcun seguito, tant'è vero che il 5 aprile 2002 il Procuratore pubblico ha ancora una volta emanato una decisione di non luogo a procedere.
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C.
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Preso atto di tutti questi fatti e delle segnalazioni inoltrate sia dalla Camera dei ricorsi penali che dall'avv. D.________, il 23 settembre 2002 la Commissione di disciplina dell'Ordine degli avvocati ha inflitto all'avv. A.________ la sanzione della sospensione dall'esercizio dell' avvocatura per la durata di un mese per violazione degli art. 4, 5, 19 cpv. 1, 25 e 26 del Codice professionale degli avvocati del Cantone Ticino (CAvv). Il provvedimento è stato confermato su ricorso dalla Camera per l'avvocatura e il notariato mediante sentenza del 18 novembre 2002.
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D.
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Il 26 dicembre 2002 l'avv. A.________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un ricorso di diritto pubblico con cui chiede che il predetto giudizio cantonale sia annullato. Lamenta in sostanza la violazione della libertà di espressione.
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Chiamate ad esprimersi, sia la Commissione di disciplina dell'ordine degli avvocati, che la Camera per l'avvocatura e il notariato del Tribunale d'appello hanno dichiarato di non avere osservazioni da formulare in merito al gravame.
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Diritto:
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1.
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Per costante giurisprudenza il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio esperito (DTF 128 I 177 consid. 1, 46 consid. 1a; 128 II 66 consid. 1 e riferimenti ivi menzionati).
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1.1 Il 1° giugno 2002 è entrata in vigore la legge federale sulla libera circolazione degli avvocati, del 23 giugno 2000 (LLCA; RS 935.61). L'8 novembre 2002 è inoltre entrata in vigore la nuova legge ticinese sull'avvocatura, del 16 settembre 2002 (LAvv). La decisione qui impugnata è stata emanata dal profilo materiale in applicazione dell' art. 17 cpv. 1 lett. d LLCA, giusta il quale l'autorità di sorveglianza può pronunciare a titolo disciplinare la sospensione dall'esercizio dell' avvocatura per un periodo sino a due anni. Essa fa tuttavia riferimento anche alla legge cantonale sugli avvocati, come pure ad alcune disposizioni del Codice professionale dell'ordine degli avvocati, ed in particolare agli art. 19 e 25 CAvv. In simili circostanze, visto il carattere sussidiario del ricorso di diritto pubblico (art. 84 cpv. 2 OG), conviene esaminare previamente se il gravame non debba essere trattato come un ricorso di diritto amministrativo.
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1.2 Conformemente all'art. 97 cpv. 1 OG in relazione con l'art. 5 PA, il ricorso di diritto amministrativo è dato, tra l'altro, contro le deci sioni fondate sul diritto pubblico federale - o che avrebbero dovuto esserlo - a condizione che emanino da una delle autorità elencate all'art. 98 OG e nella misura in cui non sia realizzata nessuna delle eccezioni previste dagli art. 99 a 102 OG o dalla legislazione che regola la materia del contendere. Con tale rimedio possono inoltre essere deferite al Tribunale federale anche le decisioni fondate sul diritto cantonale non autonomo di esecuzione del diritto federale, così come quelle fondate su altro diritto cantonale, che sono in un rapporto di connessione sufficientemente stretto con le questioni di diritto federale (DTF 128 II 56 consid. 1a; 126 II 171 consid. 1a e rispettivi richiami). Per converso, laddove la decisione querelata poggia su diritto cantonale autonomo che non presenta un simile rapporto di connessione, essa va impugnata mediante ricorso di diritto pubblico (DTF 119 Ib 380 consid. 1b e rinvii).
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1.3 La legge ticinese sull'avvocatura contempla una serie di norme di diritto cantonale autonomo che regolano in particolare gli esami di capacità, l'organizzazione dell'ordine professionale e le questioni procedurali. Tuttavia, per quanto attiene alle violazioni da parte degli avvocati dei loro doveri professionali, l'art. 33 LAvv fa esclusivo riferimento alle sanzioni disciplinari previste dall'art. 17 LLCA. Questo rinvio deriva dal fatto che la legge federale in questione ha per scopo non solo di promuovere la libera circolazione degli avvocati, ma anche di unificare le misure disciplinari applicabili nei confronti di quest'ultimi e di dare modo di impugnare le medesime davanti al Tribunale federale (cfr. Messaggio del Consiglio federale del 28 aprile 1999, FF 1999 VI 4983 e segg., ed in particolare pag. 5024). Pertanto, in materia di sanzioni disciplinari, le decisioni adottate successivamente al 1° giugno 2002 dalle varie autorità di ultima istanza cantonale nei confronti di avvocati sono di principio impugnabili dinanzi al Tribunale federale mediante ricorso di diritto amministrativo. Nel caso di specie sia la decisione della Commissione di disciplina dell'Ordine degli avvocati del Cantone Ticino che la sentenza impugnata della Camera per l'avvocatura e il notariato sono state emanate dopo l'entrata in vigore della legge federale sulla libera circolazione degli avvocati, ragione per la quale il ricorso in esame dovrebbe essere trattato alla stregua di un ricorso di diritto amministrativo, malgrado che i fatti in discussione risalgano in generale a prima del 1° giugno 2002. In ogni caso la questione circa il genere di rimedio da utilizzare può restare aperta in quanto l'impugnativa andrebbe respinta nel merito per i motivi che seguono, sia nel caso in cui essa dovesse essere trattata come un ricorso di diritto amministrativo, sia nel caso invece in cui la si consideri come un ricorso di diritto pubblico.
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1.4 Il gravame introdotto dal ricorrente rispetta in linea di massima le condizioni di ricevibilità previste dagli art. 97 e segg. OG per questo genere di rimedio. In particolare esso risulta essere stato inoltrato tempestivamente (art. 106 cpv. 1 OG) contro un giudizio di ultima istanza cantonale (art. 98 lett. g OG) da una persona senz'altro legittimata ad agire (art. 103 lett. a OG). L'impugnativa risulta dunque di massima ammissibile.
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2.
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Con il rimedio in questione, il ricorrente può fare valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, nonché la lesione dei suoi diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di ricorso di diritto pubblico (DTF 123 II 385 consid. 3, con rinvii). Quale organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. L'insorgente può inoltre censurare l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Considerato comunque che nel caso concreto la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG).
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3.
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Il ricorrente si dilunga anche in questa sede sulle varie fasi che hanno caratterizzato la vertenza penale tra il suo cliente B.________ e i fratelli C.________. Afferma di avere in passato agito sul piano giudiziario nei confronti dell'avv. D.________ e dell'allora Procuratore pubblico E.________, poiché aveva constatato che quest'ultimi si erano resi protagonisti di una serie di irregolarità nell'ambito di quel procedimento, ed in particolare della sottrazione dall'incarto dei verbali di interrogatorio di due testimoni. Afferma che a causa di queste sue iniziative sono stati adottati contro di lui dei provvedimenti disciplinari, che la competente autorità di ricorso cantonale ha poi provveduto a confermare basandosi su di un accertamento del tutto errato dei fatti rilevanti. Spiega di avere reagito a questo genere di situazione, denunciando presso l'autorità penale e quella di sorveglianza sulla magistratura, sia i membri del Consiglio di disciplina dell'ordine degli avvocati sia i giudici cantonali che si erano occupati in sede di ricorso delle sue vertenze disciplinari, allo scopo di ottenere dei giudizi di condanna nei loro confronti e poter quindi chiedere la revisione dei procedimenti disciplinari subìti. Aggiunge che è in tale contesto che devono essere inseriti gli avvenimenti che sono stati posti alla base della sanzione litigiosa. Contesta poi che il semplice fatto di rivolgersi alla stampa e a dei politici per denunciare il malfunzionamento della giustizia ticinese e per esprimere delle opinioni personali in proposito possa giustificare l'adozione di sanzioni nei suoi confronti. In questo senso fa valere la violazione della sua libertà di espressione, invocando l'art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950 (CEDU; RS 0.101), la cui portata, secondo costante giurisprudenza, non va però oltre il diritto alla libertà di opinione già garantito dalla Costituzione federale all'art. 16 cpv. 2 (cfr. DTF 108 Ia 316 consid. 2a riferito ancora alla vecchia Costituzione del 29 maggio 1874, ma tuttora valido anche sotto il nuovo ordinamento costituzionale, in vigore dal 1° gennaio 2000).
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4.
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4.1 L'art. 12 LLCA fissa - unificandole esaustivamente a livello federale - le regole professionali concernenti l'esercizio dell'avvocatura (FF 1999 VI 5020). Alla lett. a di detta disposizione è previsto che l'avvocato deve esercitare la professione con cura e diligenza. Quest'obbligo non concerne soltanto il rapporto tra cliente e avvocato, bensì anche il comportamento di quest'ultimo nei confronti delle autorità giudiziarie (FF 1999 VI 5021).
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Nel Cantone Ticino vige il Codice professionale degli avvocati del 4 dicembre 1971 (CAvv); esso contempla una serie di regole deontologiche, le quali, malgrado l'entrata in vigore il 1° giugno 2002 della nuova legge federale sulla libera circolazione degli avvocati, conservano la loro piena validità e utilità, in quanto servono a precisare le regole professionali stabilite dal diritto federale (FF 1999 VI 5020). Giusta l'art. 4 CAvv. "nell'esercizio della professione l'avvocato si avvale solo di mezzi consentiti dalla legge". Egli deve inoltre astenersi da ogni attività contraria alla dignità professionale (art. 5 CAvv) e non rivolge attacchi personali ai colleghi (art. 19 cpv. 1 CAvv.). L'avvocato deve pure mantenere un atteggiamento dignitoso verso i magistrati e le autorità (art. 25 CAvv). Egli è poi tenuto alla corretta citazione delle leggi, della dottrina e della giurisprudenza, alla veritiera esposizione dei fatti e non deve intralciare il normale corso delle procedure (art. 26 CAvv).
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4.2 Come rilevato anche dalla Corte cantonale, la prassi riconosce all'avvocato una libertà piuttosto estesa nell'esercizio della critica all' attività giudiziaria. Egli ha non solo il diritto, ma addirittura il dovere di denunciare eventuali manchevolezze, abusi o errori riscontrati nell' ambito di un procedimento giudiziario. Ciò implica che in talune situazioni dev'essere tollerato anche un qualche eccesso da parte sua. Se all'avvocato viene proibito di manifestare del biasimo ingiustificato, si corre il rischio di soffocare dei rimproveri legittimi, pregiudicando così in parte il controllo sull'attività giudiziaria che gli compete. Se, anche dopo attento esame, le critiche formulate da un avvocato dovessero dimostrarsi infondate, ciò non sarebbe ancora un motivo sufficiente per irrogare nei suoi confronti una pena disciplinare. L'avvocato si esprime in modo contrario alla dignità professionale solo se le sue critiche vengono formulate sapendo di non dire il vero oppure in forma atta a ledere l'onore di un magistrato o di un collega senza peraltro essere circoscritte ad affermazioni e valutazioni di fatti. In ogni caso, il giudizio di sapere se determinate critiche oltrepassino o no il limite della libertà di espressione di cui beneficia l'avvocato, deve essere formulato tenendo conto delle circostanze del caso concreto. Questi principi si applicano anche nei rapporti con le autorità amministrative (RDAT 1996 I n. 7 consid. 5b).
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4.3 Sennonché nel caso di specie non vi è dubbio che il ricorrente ha ripetutamente adottato dei comportamenti contrari alle regole professionali e deontologiche sopra menzionate (cfr. consid. 4.1), trascendendo in maniera evidente i limiti di una corretta ed oggettiva critica all'operato delle autorità di vigilanza e giudiziarie ticinesi.
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4.3.1 L'avv. A.________ ha in sostanza preso spunto da alcune decisioni a lui sfavorevoli in materia disciplinare per avviare dei procedimenti giudiziari e amministrativi contro i vari magistrati che avevano partecipato all'adozione delle medesime. Per fare ciò egli si è rivolto sia al Ministero pubblico che al Consiglio della magistratura con delle denunce poi risultate manifestamente destituite di fondamento, in quanto basate su di una ricostruzione dei fatti del tutto soggettiva e talvolta persino distorta. Egli ha infatti continuato a sostenere la tesi della sottrazione dall'incarto penale B.________/C.________ di alcuni verbali d'interrogatorio, allorquando le autorità penali ticinesi avevano potuto accertare che ciò non era stato il caso e dopo che anche il ricorrente stesso aveva avuto modo di riconoscere che in verità detti testi non erano stati assunti (cfr. sentenza del Tribunale federale del 9 luglio 1996 nella causa 2P.333/1995 consid. 2c/aa). Ma anche se - per pura ipotesi - il Consiglio di disciplina dell'ordine degli avvocati e la Camera per l'avvocatura e il notariato avessero emanato delle decisioni errate, il ricorrente non poteva ritenere che tale circostanza bastasse da sola a permettergli di accusare le persone che avevano adottato le medesime di abuso di potere o di coazione, senza disporre di nessun elemento atto a convalidare dei rimproveri così gravi.
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A questo proposito si deve tenere conto del fatto che l'inoltro da parte di un avvocato di una denuncia contro un magistrato per dei presunti reati penali può avere delle gravi conseguenze sia per la persona interessata che per il corretto funzionamento dell'intero sistema giudiziario, non da ultimo a causa della risonanza che ciò può avere nei mezzi di comunicazione di massa. Il cittadino non giurista è in effetti portato a credere che un avvocato non presenti una denuncia alla leggera, tanto meno contro un magistrato, le cui decisioni possono essere impugnate (cfr. in questo senso la sentenza del Tribunale federale del 30 giugno 1997 nella causa 2P.130/1997 pubblicata in RDAT 1998 I n. 10 consid. 5c/aa). Per questo motivo una simile iniziativa non può essere intrapresa da un legale senza che esistano solide prove di colpevolezza della persona denunciata. Agendo nella maniera sopra descritta, il ricorrente non si è manifestamente attenuto a queste regole di prudenza. Con il suo comportamento egli, oltre che ad abusare degli strumenti giuridici a sua disposizione, ha dunque danneggiato nella loro reputazione ed onorabilità le persone in questione.
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Ma non solo, volendo contestare il decreto di non luogo a procedere emesso il 27 novembre 2000 dall'allora Procuratore generale F.________ nei confronti dei giudici L.________, M.________, G.________, N.________ e O.________, il 7 dicembre 2000 l'insorgente ha introdotto davanti alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello un'istanza di promozione dell'accusa con la quale ha reiterato le proprie accuse verso detti magistrati, rimproverando loro di aver "preso come pretesto l'esercizio dell'attività giurisdizionale per perseguire scopi che non rientravano nella loro competenza", e di avere utilizzato il procedimento disciplinare per screditarlo, tacciarlo di malafede, punirlo e minacciarlo di pesantissime sanzioni onde impedirgli di far accertare il reale contenuto di una lettera che il patrocinatore dei fratelli C.________, avv. D.________, aveva scritto nell'ambito del procedimento penale che vedeva confrontati quest'ultimi a B.________. Sennonché, anche questa richiesta è stata respinta con giudizio del 29 maggio 2001 dalla citata autorità giudiziaria, in quanto le accuse sollevate dall'insorgente nei confronti dei citati magistrati sono risultate ancora una volta del tutto prive di fondamento. Con il suo agire, il ricorrente ha comunque ancora una volta colto l'occasione per attaccare personalmente i giudici in questione rivolgendo loro delle critiche particolarmente infamanti.
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In simili circostanze, non vi è dunque alcun dubbio sul fatto che l'avv. A.________ abbia violato ripetutamente e in modo alquanto grave gli art. 12 lett. a LLCA, nonché 4, 5, 25 e 26 CAvv.
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4.3.2 Il ricorrente ha in seguito adottato un comportamento del tutto analogo a quello appena esposto, allorquando nel mese di marzo dell' anno successivo ha deciso di procedere penalmente anche contro i membri della Commissione di disciplina dell'ordine degli avvocati del Cantone Ticino, rei a suo dire di avere avviato in maniera ingiustificata nei suoi confronti un ulteriore procedimento disciplinare per quanto da lui scritto nella suddetta istanza di promozione dell'accusa nei confronti dei giudici L.________, M.________, G.________, N.________ e O.________. Ancora una volta egli ha quindi tentato di opporsi ad un atto a lui sfavorevole utilizzando non soltanto gli ordinari rimedi di diritto a sua disposizione ma anche abusando dell'istituto della denuncia penale contro i singoli componenti dell'autorità disciplinare. Anche sotto questo profilo il comportamento dell'insorgente risulta contrario alle suddette regole professionali e deontologiche.
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4.3.3 Restano ancora da valutare i vari interventi effettuati dall'avv. A.________ su alcuni giornali nel corso del mese di giugno del 2001, nonché i suoi scritti destinati ai cittadini del Cantone Ticino, al Consigliere di Stato ticinese Luigi Pedrazzini e alla Consigliera federale Ruth Metzler, con i quali, prendendo spunto dalla vicenda in questione, ha denunciato l'esistenza di un complotto ordito dalla magistratura e da alcuni avvocati, allo scopo di danneggiarlo e di evitare che la stampa potesse occuparsi delle gravi irregolarità verificatesi nell'ambito della vertenza penale tra B.________ e i fratelli C.________.
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A questo proposito si deve innanzitutto sottolineare che, come giustamente ritenuto dalla Corte cantonale, l'argomento secondo il quale tali atti non sarebbero perseguibili disciplinarmente essendo stati redatti nell'ambito della sfera privata del ricorrente, e non nell'esercizio della sua attività di avvocato, non può essere accolto. In effetti, l'avvocato soggiace al controllo disciplinare anche per quei comportamenti che non risultano strettamente collegati all'esercizio della sua professione (cfr. Martin Sterchi, Kommentar zum bernischen Fürsprecher-Gesetz, Berna 1992, n. 1 ad art. 8; meno restrittivo per contro: Felix Wolffers, Der Rechtsanwalt in der Schweiz, Zurigo 1986, pag. 179 e segg.). Pertanto la questione di sapere a che titolo egli abbia agito nelle suddette circostanze può restare indecisa, in quanto irrilevante.
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Chiarito questo aspetto, si deve dire che dal profilo deontologico è inaccettabile che un avvocato tenti di coinvolgere l'opinione pubblica e le autorità politiche nelle sue vertenze giudiziarie personali attraverso degli interventi sulla stampa, nonché con la diffusione tra la gente di un testo scritto nel quale rivolge attacchi personali a colleghi e denuncia fantomatici scandali e complotti all'interno della magistratura. Un simile comportamento è infatti chiaramente contrario alla sua dignità professionale, in quanto non si concilia con l'attitudine che la legge esige da chi esercita una simile professione. Esso disattende anche l'obbligo per l'avvocato di non rivolgere attacchi personali a colleghi (art. 19 cpv. 1 CAvv) e di mantenere nei confronti della magistratura e delle autorità (ivi comprese quelle politiche) un comportamento dignitoso (art. 25 CAvv).
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5.
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Accertato dunque che il ricorrente ha effettivamente violato in maniera ripetuta e grossolana i suoi doveri professionali e deontologici, resta da esaminare se la sanzione della sospensione qui in esame sia lesiva della sua libertà di espressione.
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5.1 Il ricorrente, avvocato, può in linea di principio prevalersi della libertà di opinione e di espressione (DTF 125 I 417 consid. 3, 108 Ia 316 consid. 2, 106 Ia 100 consid. 6a; RDAT 1996 I 7 consid. 3b). Detta libertà non è però assoluta, ma soggiace a delle restrizioni, le quali devono poggiare su di una base legale sufficiente, essere sorrette da un interesse pubblico preponderante e risultare proporzionate allo scopo perseguito (art. 36 Cost.). L'art. 10 cpv. 2 CEDU stabilisce inoltre le condizioni in base alle quali può essere ammessa una limitazione della libertà in questione: essa dev'essere prevista dalla legge, mirare al perseguimento di un fine legittimo ed essere necessaria in una società democratica.
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5.2 Già si è detto in precedenza di come l'avvocato goda in linea di massima di un ampio margine di critica specialmente sull'attività giudiziaria in quanto tra i suoi compiti rientra anche quello relativo al controllo sull'amministrazione della giustizia (consid. 4.2). Ciò non lo legittima però a portare degli attacchi sconsiderati e infondati verso magistrati e colleghi, in quanto, come rettamente considerato dalla precedente autorità di giudizio, la tutela della personalità e dell'onorabilità di quest'ultimi è senz'altro preminente rispetto alla sua libertà di esprimersi, soprattutto laddove - come è il caso nella fattispecie in esame - la stessa si riduce all'inoltro di una serie di denunce palesemente infondate o alla diffusione tra il pubblico e nella stampa di alcuni scritti contenenti dei rimproveri e delle accuse del tutto privi non solo del necessario sostegno probatorio, ma anche di qualsiasi verosimiglianza. D'altra parte, il Tribunale federale ha già avuto modo di sottolineare in passato in un caso concernente il ricorrente che anche laddove si giustifica di criticare il funzionamento della giustizia, l'efficace difesa degli interessi in gioco non impone necessariamente all'avvocato di far valere le proprie ragioni utilizzando strumenti giuridici o espressioni volti in sostanza a gettare discredito sulle istituzioni, sui magistrati o su colleghi (sentenza del 5 gennaio 2001 nella causa 2P.212/2000 consid. 4a).
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Si deve poi tenere conto del fatto che, secondo quanto esposto in narrativa, il ricorrente non è affatto nuovo ad atteggiamenti di questo genere essendo già stato sanzionato in passato per ben tre volte in circostanze e per motivi simili a quelli qui in rassegna. Di conseguenza, la misura irrogata nei suoi confronti, che si situa nei limiti previsti dall'art. 17 cpv. 1 lett. d LLCA, appare rispettosa del principio di proporzionalità. È infatti a giusta ragione che le autorità cantonali hanno voluto ancora una volta rafforzare il carattere dissuasivo del provvedimento, visto che le multe precedentemente inflitte all'insorgente, non sono bastate a fargli mutare atteggiamento nei confronti di colleghi e magistrati.
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Di conseguenza si deve concludere che la decisione impugnata, fondata su di una valida base legale, non lede la garanzia costituzionale della libertà di espressione.
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6.
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Per le ragioni esposte, il ricorso va dunque respinto sulla base delle prove agli atti e senza che si renda necessario richiamare i vari incarti cantonali citati dall'insorgente.
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Visto l'esito del giudizio, le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1, art. 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Il ricorso è respinto.
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2.
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La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico del ricorrente.
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3.
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Comunicazione al ricorrente, alla Commissione di disciplina dell'Ordine degli avvocati e alla Camera per l'avvocatura e il notariato del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Losanna, 9 aprile 2003
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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