Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
1A.118/2004 /bom
Sentenza del 3 agosto 2004
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Féraud, giudice presidente,
Reeb, Eusebio,
cancelliere Crameri.
Parti
A.________, attualmente detenuto
ricorrente, patrocinato dagli avv.ti Mario Postizzi e
Goran Mazzucchelli,
contro
Ufficio federale di giustizia, Divisione assistenza giudiziaria internazionale, Sezione estradizioni, Bundesrain 20, 3003 Berna.
Oggetto
estradizione agli Stati Uniti d'America,
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione
del 7 aprile 2004 dell'Ufficio federale di giustizia.
Fatti:
A.
Il 10 marzo 2000 l'Office of International Affairs presso il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti d'America (OIA) ha chiesto l'arresto di A.________, cittadino della Repubblica di San Marino, condannato in contumacia negli Stati Uniti a un periodo di reclusione non determinato da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni per i reati di omicidio involontario di secondo grado (2 capi di accusa) e di aggressione di secondo grado. Le autorità giudiziarie americane rilevano che nel 1991 il ricercato, durante una gara illegale tra autovetture ("drag race") nei pressi di New York, ha travolto un'altra automobile, uccidendo due persone e ferendone gravemente una terza. Arrestato, ma poi rilasciato su cauzione, egli ha lasciato gli Stati Uniti senza attendere l'esito del processo a suo carico; per tale motivo, il 1° settembre 1992 il giudice della Contea di Nassau, nello Stato di New York, ha emesso un ordine di arresto nei suoi confronti.
B.
Il 14 ottobre 2003 l'interessato è stato incarcerato sulla base di un ordine di arresto provvisorio ai fini estradizionali, spiccato lo stesso giorno dall'Ufficio federale di giustizia (UFG); l'arrestato si è opposto all'estradizione. Il 16 ottobre seguente, l'UFG ha emanato un ordine di arresto in vista d'estradizione, notificato il 18 ottobre all'interessato. Contro quest'ordine, A.________ non ha interposto reclamo. Con nota diplomatica del 3 dicembre 2003, l'Ambasciata degli Stati Uniti d'America a Berna ha chiesto l'estradizione del detenuto.
Con sentenza del 19 febbraio 2004, la Camera d'accusa del Tribunale federale ha respinto in quanto ammissibile un reclamo dell'estradando contro il rifiuto dell'UFG di dare seguito a una sua domanda di scarcerazione del 9 gennaio 2004 (causa 8G.10/2004).
C.
Nel memoriale l'interessato ha ribadito la sua opposizione adducendo carenze formali della domanda e facendo valere, in particolare, una lesione dell'ordine pubblico svizzero per l'inadeguatezza della pena estera. Il 7 aprile 2004 l'UFG ha concesso l'estradizione.
D.
A.________ impugna dinanzi al Tribunale federale questa decisione con un ricorso di diritto amministrativo. Chiede, in via principale, di respingere la domanda di estradizione e, in via subordinata, di invitare l'UFG a richiedere agli Stati Uniti d'America di completarla ai sensi dei considerandi.
L'UFG propone di respingere il ricorso. Nella replica del 2 giugno 2004 il ricorrente ha ribadito le proprie tesi e conclusioni.
Diritto:
1.
1.1 Ai rapporti svizzero-statunitensi nell'ambito dell'estradizione si applica il Trattato di estradizione conchiuso il 14 novembre 1900 ed entrato in vigore il 10 settembre 1997 (RS 0.353.933.6, TEstrSU). Per le questioni non regolate esaustivamente dal Trattato si applicano, nella misura in cui non contrastino con lo spirito e lo scopo dello stesso, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'estradizione di quello convenzionale (DTF 123 II 134 consid. 1a; cfr. anche l'art. 23 TEstrSU; sul rapporto e sul primato del diritto internazionale sul diritto interno v. DTF 122 II 140 consid. 2 pag. 142, 373 consid. 1a e rinvii), riservato il rispetto dei diritti dell'uomo (DTF 123 II 595 consid. 7c pag. 616 seg.), la legge federale del 20 marzo 1981 sull'assistenza internazionale in materia penale (AIMP; RS 351.1) e l'ordinanza del 24 febbraio 1982 (OAIMP; RS 351.11).
1.2 L'atto impugnato è una decisione di prima istanza secondo l'art. 55 cpv. 1 AIMP, contro cui il ricorso di diritto amministrativo è ammissibile giusta il rinvio dell'art. 55 cpv. 3 all'art. 25 AIMP (DTF 122 II 373 consid. 1b). Il Tribunale federale fruisce in questo ambito di piena cognizione, ma deve attenersi all'esposto dei fatti contenuto nella domanda di estradizione, salvo ch'esso risulti erroneo, lacunoso o contraddittorio (DTF 123 II 134 consid. 1d, 279 consid. 2b). Nell'applicazione del principio dell'ufficialità, esso è tenuto a rispettare i limiti della lite, poiché non gli competono funzioni di vigilanza (DTF 123 II 134 consid. 1d, 112 Ib 576 pag. 586 in medio). Anche se il Tribunale federale esamina il ricorso con piena cognizione, spetta al giudice estero del merito, e non al giudice svizzero dell'estradizione, pronunciarsi sulla colpevolezza della persona perseguita (DTF 122 II 373 consid. 1c e rinvii, 112 Ib 215 consid. 5b pag. 220). Le conclusioni tendenti al rifiuto della domanda e al suo completamento sono, di massima, proponibili (art. 25 cpv. 6 AIMP; DTF 122 II 373 consid. 1c).
1.3 La legittimazione del ricorrente, colpito dal provvedimento di estradizione, è pacifica (art. 21 cpv. 3 AIMP; DTF 122 II 373 consid. 1b) e il gravame è tempestivo. Il ricorso ha effetto sospensivo per legge (art. 21 cpv. 4 AIMP).
2.
2.1 Dal profilo formale, il ricorrente fa valere in primo luogo che la sua carcerazione estradizionale, a partire dal 13 dicembre 2003, sarebbe stata illegale. Ciò poiché l'autorità richiedente ha prodotto l'ordine di arresto del 1° settembre 1992 soltanto il 17 dicembre 2003, quindi dopo il termine di 60 giorni previsto dall'art. 13 cpv. 4 TEstrSU.
2.2 Il 14 ottobre 2003 il ricorrente è stato arrestato ai fini estradizionali. L'UFG, dopo aver concesso un termine di 40 giorni all'autorità richiedente per presentare la domanda formale di estradizione, l'ha prorogato, su richiesta, di 20 giorni, fino al 12 dicembre successivo. La richiesta di estradizione è giunta all'UFG il 5 dicembre 2003. Nella risposta al ricorso, l'UFG rileva che dall'esame della versione originale della domanda di estradizione è risultato ch'essa conteneva un ordine di arresto 14 maggio 1991 emesso da un giudice della Contea di Nassau, mentre le copie in lingua inglese contenevano l'ordine di arresto 1° settembre 1992 della Corte distrettuale degli Stati Uniti. L'11 dicembre 2003 l'UFG ha quindi chiesto all'OIA di trasmettergli, entro il 19 dicembre seguente, quest'ultimo ordine di arresto, certificato conforme all'originale, ciò che è avvenuto il 17 dicembre seguente.
2.3 Secondo l'art. 9 cpv. 3 lett. a TEstrSU, quando la persona perseguita non è ancora stata condannata la domanda d'estradizione contiene una copia certificata conforme del mandato d'arresto; se gli atti a sostegno della domanda non contengono tutte le indicazioni necessarie, le autorità competenti possono chiedere un complemento di informazioni (art. 10 TEstrSU). La carcerazione provvisoria termina se, entro 40 giorni dall'arresto dell'individuo perseguito, le autorità svizzere non hanno ricevuto la domanda formale d'estradizione e gli atti a sostegno della stessa; su richiesta, questo termine può essere eccezionalmente prorogato di 20 giorni (art. 13 cpv. 4 TEstrSU, art. 50 cpv. 1 AIMP).
2.4 Nella fattispecie, l'ordine di arresto provvisorio dell'UFG, basato sui dati diffusi dall'Interpol di Washington, menzionava quale provvedimento restrittivo della libertà personale l'ordine di arresto per omicidio colposo del 1° settembre 1992 della Corte distrettuale degli Stati Uniti, Distretto Est di New York. Di contro, la versione originale della domanda di estradizione conteneva quale provvedimento restrittivo della libertà l'ordine di arresto del 14 maggio 1991 del giudice della Contea di Nassau, tendente ad assicurare la partecipazione dell'accusato all'udienza circa il giudizio sulla colpevolezza. Certo, l'ordine di arresto provvisorio fa riferimento a una decisione trasmessa entro il termine fissato dall'UFG, che superava di pochi giorni quelli previsti dall'art. 13 cpv. 4 TEstrSU: costituirebbe tuttavia un eccesso di formalismo non dare seguito alla domanda soltanto per la circostanza che, per un'evidente svista, l'autorità richiedente in un primo tempo ha tempestivamente prodotto l'ordine di arresto del 14 maggio 1991 e non quello del 1° settembre 1992, emanato poiché il ricorrente non si era presentato all'udienza per il giudizio di condanna. Ad ogni modo, i documenti prodotti con la formale domanda di estradizione soddisfano le esigenze dell'art. 9 TEstrSU per cui, giusta l'art. 13 cpv. 5 TEstrSU, il ricorrente non può prevalersi di eventuali imprecisioni anteriori per opporsi al suo arresto o alla concessione dell'estradizione, potendo essere nuovamente arrestato, visto che l'atto litigioso a sostegno della domanda è stato inviato successivamente (cfr., riguardo all'applicazione dell'analogo art. 16 della Convenzione europea di estradizione [RS 0.353.1; CEEstr], le sentenze 1A.32/1996 del 15 marzo 1996, consid. 2b, apparsa in Rep 1996 102 e 1A.89/1995 del 16 maggio 1995, consid. 2b/ bb), come peraltro rilevato nella decisione del 19 febbraio 2004 della Camera d'accusa del Tribunale federale (consid. 5).
3.
3.1 Il ricorrente, rilevato d'essere stato condannato in contumacia nel 1992 a pene detentive di durata indeterminata, da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni, incentra il suo gravame sulla severità della pena, a suo dire inaudita, incomprensibile, sconcertante, fuori misura e lesiva pertanto dell'ordine pubblico svizzero. Ritenuto ch'egli ha settant'anni, la sanzione equivarrebbe, in sostanza, a una condanna a morte.
3.2 Secondo la domanda di estradizione, il 26 novembre 1991 il ricorrente avrebbe partecipato, alla guida della sua automobile sportiva, su Merrick Avenue, nella Contea di Nassau nello Stato di New York, a una gara di accelerazione ("drag race") illegale, cambiando continuamente corsia per evitare i veicoli più lenti. La sua autovettura viaggiava alla velocità di oltre 70 miglia all'ora (110 km/h), invece delle 40 (64 km/h) previste nella zona, quando si scontrò con un altro veicolo che non partecipava alla gara e che stava uscendo da un parcheggio. Nell'incidente furono uccise due persone e una terza fu gravemente ferita.
3.3 Dall'affidavit del vice procuratore distrettuale della Contea di Nassau, allegato alla domanda e richiamato dal ricorrente, risulta ch'egli è stato processato dal 13 al 24 luglio 1992 dinanzi a una giuria ("grand jury") sulla base di un atto d'accusa, anch'esso allegato alla domanda, per i reati di omicidio involontario di secondo grado (due capi di accusa), di omicidio colposo (due capi di accusa) e di aggressione di secondo grado. Il ricorrente era presente durante l'intero processo, era patrocinato da un avvocato e ha potuto difendersi dalle accuse mossegli. Il 24 luglio 1992, la giuria l'ha dichiarato colpevole di due capi d'accusa di omicidio involontario di secondo grado e dell'accusa di aggressione di secondo grado; non è stato per contro condannato per omicidio colposo, un reato minore compreso nell'accusa di omicidio involontario di secondo grado. Il verdetto della giuria è considerato una condanna (punto 10). Successivamente, il ricorrente è stato rilasciato su cauzione in attesa della sentenza, fissata per il 1° settembre 1992: in quella sede egli non si è presentato, ma era rappresentato dal suo avvocato, che aveva la facoltà di addurre argomenti in suo favore.
Poiché il ricorrente non si è presentato all'udienza, è stato spiccato il noto mandato di arresto. Il 1° settembre 1992 egli è stato condannato in contumacia a una pena di reclusione indeterminata da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni per ciascuno dei capi di accusa di omicidio involontario e a una reclusione indeterminata da un minimo di 2 1/3 anni fino a un massimo di sette anni per l'aggressione; è stato inoltre disposto che le pene siano scontate contemporaneamente. Nell'affidavit si precisa che nello Stato di New York una sentenza non determinata fissa il periodo di reclusione minimo e massimo, per cui il ricorrente deve scontare una pena di almeno cinque anni, ma non superiore ai quindici.
Il 28 settembre 1992, il difensore del ricorrente ha presentato una notifica di appello, dimostrando con ciò l'intenzione di insorgere contro la menzionata sentenza. Visto che il ricorrente, negli ultimi 11 anni, non ha perfezionato la richiesta di appello entro un tempo ragionevole, il procuratore distrettuale rileva che intenderebbe chiedere la decadenza della notifica di appello, il ricorrente avendo lasciato illegalmente la giurisdizione dopo la condanna.
Dopo cinque anni, il comitato consultivo per la concessione della libertà provvisoria riesaminerà il caso per decidere se il condannato potrà essere messo in libertà provvisoria sotto supervisione; in caso di mancato rilascio, il caso è riesaminato ogni due anni; inoltre, in caso di buona condotta, il periodo massimo di reclusione può essere ridotto a dieci anni (punto 17). Ne segue che l'assunto ricorsuale, secondo cui in considerazione dell'età del ricorrente la pena equivarrebbe in sostanza a una condanna a morte, manifestamente non regge; né all'estradizione osta l'art. 6 TEstrSU concernente la pena capitale.
3.4 Il ricorrente, rilevato che si è in presenza di una sentenza contumaciale (art. 9 cpv. 5 TEstrSU), sostiene che farebbero difetto le informazioni e gli atti elencati ai capoversi 2 e 4 dell'art. 9 TEstrSU. Egli fa valere che, in assenza di una copia certificata conforme della sentenza penale, l'estradizione dev'essere negata. Adduce poi che l'UFG, nell'esaminare i documenti che devono essere prodotti a sostegno della domanda, avrebbe applicato a torto l'art. 41 AIMP, invece dell'art. 9 cpv. 2 e cpv. 4 TEstrSU, ed eccepisce che nella fattispecie il principio del diritto più favorevole all'assistenza sarebbe irrilevante. Fa valere che la richiesta non adempirebbe comunque nemmeno i presupposti dell'art. 41 AIMP, l'ordine di arresto essendo stato prodotto tardivamente e la domanda essendo sprovvista della decisione penale esecutoria.
3.5 L'assunto non regge. Gli allegati alla domanda adempiono i requisiti richiesti dal capoverso 2 dell'invocata norma. Nella decisione impugnata l'UFG ha stabilito che a sostegno della domanda è stato prodotto il menzionato ordine di arresto del 1° settembre 1992, per cui, anche per i motivi già esposti (cfr. consid. 2), l'estradizione può essere concessa sulla base di tale ordine, in applicazione dell'art. 41 AIMP, norma più favorevole alla cooperazione internazionale dell'art. 9 TEstrSU.
3.6 Secondo l'art. 1 cpv. 1 TEstrSU le parti contraenti si obbligano a estradarsi, conformemente alle disposizioni del trattato, gli individui perseguiti per un reato motivante l'estradizione oppure ritenuti colpevoli dalle autorità competenti dello Stato richiedente. Dà luogo all'estradizione un reato che, secondo il diritto delle due parti, può essere punito con una pena privativa della libertà di almeno un anno; se la domanda si riferisce a un individuo che è stato condannato, l'estradizione è accordata solamente se la durata della pena da espiare è di almeno sei mesi (art. 2 cpv. 1 TEstrSU), condizione manifestamente adempiuta in concreto. La questione di sapere se il reato è qualificato con termini identici o diversi nel diritto di entrambe le parti contraenti è irrilevante (art. 2 cpv. 2 lett. a TEstrSU; cfr. anche DTF 117 Ib 337 consid. 4a).
3.7 Secondo l'art. 9 cpv. 4 TEstrSU, se l'individuo perseguito è già stato ritenuto colpevole o condannato, la domanda d'estradizione deve essere corredata:
"(a) di una copia certificata conforme della sentenza penale o, se l'individuo perseguito è stato ritenuto colpevole ma la pena non è ancora stata pronunciata, di una dichiarazione relativa dell'autorità giudiziaria;
(b) di una copia dell'atto d'accusa con indicazioni sui capi d'accusa per cui l'individuo perseguito è stato ritenuto colpevole;
(c) di una copia certificata conforme del mandato d'arresto o della dichiarazione giusta la quale l'individuo perseguito deve essere arrestato per l'esecuzione della pena; e
(d) se la pena è già stata pronunciata, di una copia certificata conforme della pena pronunciata nonché di una dichiarazione circa la parte di pena non eseguita."
3.8 Ricordato che alla domanda sono state allegate le norme penali rilevanti, l'espressione "una copia certificata conforme" non implica assegnazioni di competenza speciali a un'autorità competente in materia. Per "sentenza penale" secondo l'art. 9 cpv. 4 lett. a TEstrSU s'intende il "dispositivo" e non la sentenza complessiva. Infatti, secondo il messaggio del 21 novembre 1990 del Consiglio federale, occorre tener conto del fatto che un individuo può essere dichiarato colpevole senza che sia ancora stata pronunciata una sentenza, situazione sconosciuta al diritto svizzero, segnatamente quando la decisione è passata in giudicato soltanto parzialmente a causa di un ricorso limitato alla questione della misura della pena (FF 1991 I 81, 86 seg.; Laurent Moreillon (editore), Entraide internationale en matière pénale, Basilea 2004, n. 6 all'art. 9 TEstrSU, pag. 632). Al citato affidavit è stato allegato l'atto d'accusa, con le relative norme penali, emesso dalla giuria della Contea di Nassau; nell'affidavit si sottolinea inoltre che secondo le leggi dello Stato di New York, il verdetto della giuria è considerato una condanna (punti 8 e 10). Il giudice C.________ ha poi condannato il ricorrente a una pena che va da cinque a quindici anni, come risulta altresì dalla copia del "certificato della disposizione" che riprende il dispositivo della decisione litigiosa, e da un documento di affidamento all'istituto di correzione, sottoscritti da un cancelliere della contea (punto 11), anch'essi allegati alla domanda.
Il vice procuratore generale distrettuale ha inoltre precisato che, secondo la prassi di detta Contea, è il cancelliere del tribunale che rimane in possesso delle copie originali di tutti gli atti d'accusa e dei mandati d'arresto: egli ne ha pertanto ottenuto copie conformi, allegate alla domanda di estradizione (punto 9). Ora, dai citati atti risulta il dispositivo della contestata sentenza e non vi è alcun motivo ragionevole per ritenere che tali documenti non siano conformi agli originali o emananti da un'autorità manifestamente incompetente. La circostanza che non siano firmati da un giudice, ma dal cancelliere della Contea di Nassau, che può essere ritenuto un "altro funzionario" ai sensi dell'art. 12 lett. a TestrSU, non è quindi decisiva; del resto, anche i dispositivi delle sentenze del Tribunale federale sono sottoscritti da un cancelliere e non da un giudice (art. 37 cpv. 1 OG).
Inoltre, l'autorità richiesta non deve, di massima, esaminare la competenza procedurale dell'autorità richiedente, poiché ciò implicherebbe, in effetti, un esame completo del diritto di procedura estero (DTF 116 Ib 89 consid. 2c/aa, 114 Ib 254 consid. 5, 113 Ib 157 consid. 3 e 4). Ciò vale, a maggior ragione, per la questione di sapere se un determinato atto, segnatamente il dispositivo della sentenza litigiosa, è conforme al diritto estero. L'autorità svizzera non deve quindi vagliare la validità dei documenti prodotti, trasmessi in concreto dal Dipartimento di giustizia americano. Non si è infatti in presenza di un caso di violazione particolarmente manifesta del diritto procedurale straniero, che faccia apparire la domanda di estradizione come un abuso di diritto e consenta altresì di dubitare della conformità della procedura estera ai diritti minimi della difesa (Moreillon, op. cit., n. 2-5 all'art. 41 AIMP e n. 3 all'art. 9 TEstrSU; sentenza 1A.15/2002 del 5 marzo 2002, consid. 3.1 e 3.2). Scopo del trattato è infatti di semplificare le relazioni tra i due Stati contraenti in materia di estradizione (messaggio, pag. 82). Anche l'assunto ricorsuale, secondo cui il comitato consultivo per la concessione della libertà provvisoria ("Board of Parole") non sarebbe un'autorità indipendente e avrebbe soltanto un potere consultivo e non decisionale, non è determinante, visto che nell'ambito della liberazione condizionale il giudizio spetta al giudice (cfr. Niklaus Schmid, Strafverfahren und Strafrecht in den Vereinigten Staaten, 2a ed., Heidelberg 1993, n. 2.2.4 pag. 177). Ne segue che la conclusione ricorsuale subordinata tendente a invitare l'autorità richiedente a completare la domanda di estradizione dev'essere disattesa.
3.9 Secondo l'art. 7 TEstrSU, norma di natura potestativa, se l'individuo richiesto è stato condannato in contumacia, le autorità competenti svizzere possono rifiutare l'estradizione, se ritengono che lo Stato richiedente non dia sufficienti garanzie che i diritti di difesa dell'individuo richiesto siano rispettati (v. anche gli art. 37 cpv. 2 AIMP e 40 OAIMP; cfr. riguardo alla condanna in contumacia e il diritto di partecipare personalmente all'udienza, DTF 127 I 312 consid. 3 e 4). Come si è visto, il ricorrente ha partecipato personalmente al processo, assistito da un difensore, ed è stato rilasciato dopo aver versato una cauzione di 50'000 US $. Egli non si è per contro presentato all'udienza di condanna, fissata per il 1° settembre 1992, nell'ambito della quale era nondimeno rappresentato dal suo legale, che avverso questa sentenza ha inoltrato un'istanza di appello e ha quindi potuto far uso dei rimedi di diritto contro la sentenza contumaciale. I diritti minimi della difesa sono stati pertanto rispettati. La circostanza ch'egli, per sottrarsi alla giustizia, ha lasciato gli Stati Uniti e non si è presentato all'udienza, nell'ambito della quale era comunque rappresentato dal suo difensore, non fa apparire lesiva dei diritti minimi della difesa la contestata sentenza, ch'egli poteva far riesaminare davanti a una seconda istanza giudiziaria (v. sui principi relativi all'estradizione per l'esecuzione di sentenze contumaciali, DTF 129 II 56 consid. 6.3 e 6.4 e rinvii, 117 II 337 consid. 5b; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 2a ed., Berna 2004, n. 452, con relativa nota al piede n. 880, n. 453). Ricordato che nei rapporti con gli Stati non europei non è applicabile la CEDU, convenzione più volte richiamata dal ricorrente, ma il Patto ONU II, ratificato dai due Stati (DTF 123 II 511 consid. 7d pag. 526), neppure l'art. 14 cpv. 5 del Patto, secondo cui ogni individuo condannato per un reato ha il diritto a che l'accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati da un tribunale di seconda istanza in conformità della legge, non osta all'estradizione, ritenuto che il legale del ricorrente ha presentato una dichiarazione di appello; né egli adduce che, secondo le leggi o la prassi dello Stato di New York, l'appello inoltrato da un fuggitivo sarebbe inammissibile né ciò risulta dal citato affidavit, secondo il quale la dichiarazione di appello sarebbe del resto ancora pendente (sentenza 1A.197/2000 del 21 luglio 2000, consid. 4c/aa e bb; Zimmermann, op. cit., n. 453-1 in fine).
4.
4.1 La severità della pena, in particolare in relazione all'età del ricorrente, censura sulla quale è imperniato il gravame, contrariamente all'assunto ricorsuale né è incomprensibile né è lesiva dell'ordine pubblico svizzero.
Certo, la pena può apparire severa, anche se nell'ipotesi più favorevole al ricorrente la stessa potrebbe limitarsi a cinque anni. Non spetta comunque al giudice svizzero pronunciarsi sulla (contestata) colpevolezza dell'estradando, sulla fondatezza delle accuse mossegli (DTF 122 II 373 consid. 1c) e sulla durata della pena pronunciata nei suoi confronti. In tale ambito il ricorrente si limita del resto a rilevare che la velocità era sì superiore al limite in vigore, ma non certo a livelli da gare di velocità, e d'aver sempre recisamente contestato d'aver partecipato alla gara litigiosa. Egli non dimostra, tuttavia, che i fatti posti a fondamento della domanda, fondati sulle dichiarazioni di alcuni testimoni, sulla ricostruzione della dinamica dell'incidente e delle autovetture coinvolte, come pure sulle tracce lasciate da pneumatici, sarebbero stati accertati in maniera erronea o sarebbero lacunosi o contraddittori.
4.2 Secondo l'art. 2 lett. a AIMP, la domanda di cooperazione in materia penale è irricevibile, se vi è motivo di credere che il procedimento all'estero non corrisponda ai principi procedurali della CEDU o del Patto ONU II. Questa norma persegue lo scopo di evitare che la Svizzera presti il suo concorso, per il tramite dell'assistenza giudiziaria o dell'estradizione, a procedimenti che non garantirebbero alla persona perseguita un livello di protezione minimo corrispondente a quello offerto dal diritto degli Stati democratici, definito in particolare dalla CEDU e dal Patto ONU II, o che contrasterebbero con norme riconosciute come appartenenti all'ordine pubblico internazionale (DTF 129 II 268 consid. 6.1, 126 II 324 consid. 4a, 125 II 356 consid. 8a). La Svizzera contravverrebbe ai suoi obblighi internazionali estradando una persona a uno Stato nel quale sussistono seri motivi per ritenere che un rischio di trattamenti contrari alla CEDU o al Patto ONU II minacci l'interessato (DTF 129 II 268 consid. 6.1, 126 II 258 consid. 2d/aa). L'art. 2 AIMP si applica a tutte le forme di cooperazione internazionale, compresa l'assistenza e l'estradizione (DTF 126 II 268 consid. 6.1). L'esame delle questioni poste dall'art. 2 AIMP implica un giudizio di valore sugli affari interni dello Stato richiedente, in particolare sul suo regime politico, sulle sue istituzioni, sulla sua concezione dei diritti fondamentali e sul loro rispetto effettivo, come pure sull'indipendenza e sull'imparzialità del potere giudiziario (DTF 129 II 268 consid. 6.1). In tale ambito, il giudice della cooperazione internazionale deve dar prova di una particolare prudenza. Non è infatti sufficiente che la persona accusata o condannata nello Stato richiedente asserisca di essere minacciata da una situazione politico-giuridica speciale; essa deve rendere verosimile l'esistenza di un rischio serio e obiettivo di una grave violazione dei diritti dell'uomo nello Stato richiedente, suscettibile di pregiudicarla concretamente (DTF 129 II 268 consid. 6.1 e rinvii).
4.3 Il ricorrente sostiene, a torto, che i fatti rimproveratigli configurerebbero, nel diritto svizzero, soltanto gli estremi dell'art. 117 CP (omicidio colposo), secondo cui chiunque per negligenza cagiona la morte di alcuno è punito con la detenzione o con la multa. Anche in Svizzera il suo agire potrebbe configurare gli estremi dell'art. 111 CP (omicidio intenzionale), secondo cui chiunque intenzionalmente uccide una persona è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni, in quanto non ricorrano le condizioni previste negli articoli 112 e segg. CP. Il Tribunale federale proprio recentemente ha confermato in effetti una condanna a 6 ½ anni di reclusione per ripetuto omicidio (eventualmente) intenzionale (art. 111 CP) di due imputati che nell'ambito di una gara automobilistica spontanea avevano provocato la morte di due giovani pedoni (sentenza 6P.138/2003 del 26 aprile 2004, destinata a pubblicazione in DTF 130 IV xxx).
4.4 L'età, o eventuali malattie, del ricorrente, nato nel 1934, circostanze sulle quali egli pure insiste particolarmente, non costituiscono un motivo, peraltro non previsto dal TEstrSU, di rifiuto dell'estradizione (Zimmermann, op. cit., n. 459 e n. 461; Stefan Heimgartner, Auslieferungsrecht, tesi, Zurigo 2002, pag. 101). Il Tribunale federale ha inoltre stabilito che l'art. 37 cpv. 1 AIMP, secondo cui l'estradizione può essere negata se la Svizzera può assumere l'esecuzione della decisione penale straniera e ciò può sembrare opportuno riguardo al reinserimento sociale della persona perseguita, disposizione del resto inapplicabile in virtù del principio del primato del diritto internazionale (DTF 122 II 485), non è applicabile nei confronti di uno Stato che è parte contraente alla CEEstr, convenzione alla quale si ispira il TEstrSU (messaggio, n. 21 pag. 84): ha quindi ritenuto che l'applicazione da parte della Svizzera della riserva formulata dalla Francia riguardo agli art. 1 e 2 CEEstr non permetteva di tenere conto della giovane età della persona estradata (DTF 129 II 100 consid. 3.1 e 3.2). La stessa conclusione deve valere per un estradando in età avanzata. Per di più, incentrando il gravame sulla sua età, il ricorrente non sostiene né rende per nulla verosimile che negli Stati Uniti, nell'ambito dell'esame della sua carcerabilità, non si terrà conto, se del caso, di tale circostanza e del suo stato di salute.
4.5 Il ricorrente, incentrando il suo ricorso sulla severità della pena pronunciata nei suoi confronti, disattende che la durata della pena non costituisce, di per sé, un motivo (di ordine pubblico internazionale) per opporsi all'estradizione; né la CEDU né il Patto ONU II (v. art. 7 e 10 cpv. 1), dei quali egli si prevale, vietano infatti l'esecuzione di una pena detentiva a vita, perlomeno nella misura in cui sussista la possibilità di una liberazione condizionale. Nell'ambito di una procedura estradizionale, la Svizzera non deve, di massima, pronunciarsi sulla maniera secondo cui lo Stato richiedente applica la sua politica preventiva e repressiva dei reati. La particolare severità della pena non la fa d'altra parte apparire come manifestamente esagerata e senza alcun rapporto con l'agire rimproverato al ricorrente, ove si consideri ch'egli ha provocato la morte di due persone e il ferimento, in maniera grave, di una terza. Del resto, anche in Svizzera la tendenza, come si è visto, è di sanzionare in maniera più severa questo genere di azioni, per cui la pena litigiosa non appare a tal punto sproporzionata da dover essere considerata, per sé stessa, come una violazione dei diritti dell'uomo (DTF 121 II 296 consid. 4a e consid. 5 sull'esecuzione di una pena detentiva a vita). Ciò a maggior ragione se si ricorda che il ricorrente potrebbe essere liberato dopo cinque o dieci anni. Non sussistono d'altra parte motivi seri per ritenere, né il ricorrente limitandosi a insistere sulla sua età lo rende verosimile, che nello Stato richiedente egli sarà sottoposto a trattamenti crudeli, disumani o degradanti, lesivi dell'ordine pubblico internazionale (cfr. art. 2 lett. a AIMP; DTF 123 II 161 consid. 6a e b con rinvii, 511 consid. 5a).
4.6 Neppure la circostanza che nei confronti del ricorrente è stata pronunciata una pena di durata indeterminata, muta l'esito del gravame. Infatti, tale pena è espressamente prevista dall'art. 70.00 CP dello Stato di New York, secondo cui una pena di reclusione per un reato dev'essere una sentenza non determinata; quando si impone tale sentenza, il tribunale deve fissare un termine massimo di reclusione in base alle disposizioni del comma 2 di questa sezione (comma 1). Secondo il comma 2 di questa norma, il massimo per una sentenza non determinata dev'essere almeno di tre anni e il termine per un reato grave di classe C è fissato dal Tribunale e non può superare i quindici anni. Alla domanda sono state inoltre allegate le disposizioni legali determinanti, segnatamente l'art. 125.15 CP dello Stato di New York, concernente l'omicidio involontario di secondo grado, l'art. 120.05, relativo all'aggressione di secondo grado, e l'art. 15.05, concernente la colpevolezza e le definizioni di stati mentali colpevoli, in particolare la "deliberata imprudenza". Al riguardo il ricorrente si diffonde sulla nozione di negligenza, segnatamente consapevole e inconsapevole, sostenendo che il Tribunale federale avrebbe avvicinato la cosiddetta "recklessness" al dolo eventuale (sentenza 1A.197/2000 del 21 luglio 2000, consid. 2d). Rilevato che si trattava tuttavia di reati patrimoniali, mentre che in concreto a suo dire, i reati erano di natura colposa, ne deduce che in materia di circolazione stradale non sarebbe ragionevolmente ipotizzabile un'imputazione per omicidio intenzionale. L'assunto, come si è visto, non regge, per cui il quesito non dev'essere esaminato oltre.
4.7 Il ricorrente rileva poi che i documenti allegati alla domanda non permettono di stabilire se l'esecuzione della pena irrogata sia o no prescritta secondo il diritto dello Stato richiedente (art. 5 TEstrSU; cfr. sul tema della prescrizione, Heimgartner, op. cit., pag. 145; Peter Popp, Grundzüge der internationalen Rechtshilfe in Strafsachen, Basilea 2001, n. 258-261; Zimmermann, op. cit., n. 436 e 437; Sonja Gafner d'Aumeries, Le principe de la double incrimination, En particulier dans les rapports d'entraide judiciaire internationale en matière pénale entre la Suisse et les Etat-Unis, tesi, Basilea 1992, pag. 43, 51 e segg., 196). Sostiene che in Svizzera per il medesimo reato, a suo dire omicidio colposo secondo l'art. 117 CP, l'esecuzione della pena si prescriverebbe dopo 10 anni (art. 73 CP). L'assunto non regge. È vero che nel citato affidavit si rileva soltanto che, al momento della presentazione dell'accusa, il perseguimento penale non era prescritto secondo l'art. 30.10 CPP dello Stato di New York (punto 16): la questione però non è decisiva, ritenuto che in concreto si tratta dell'esecuzione della pena. Ricordato che secondo l'art. 5 TEstrSU la prescrizione secondo il diritto dello Stato richiesto non costituisce un ostacolo all'estradizione, il ricorrente disconosce che in Svizzera il suo agire potrebbe adempire gli estremi dell'art. art. 111 CP, punibile con la reclusione non inferiore a cinque anni, con un termine di prescrizione della pena di vent'anni.
Inoltre, come risulta dalle informazioni fatte assumere dal Tribunale federale per il tramite dell'UFG e trasmesse al ricorrente, segnatamente una conferma dell'"Office of the district attorney" della Contea di Nassau del 26 luglio 2004 e una dell'OIA del 28 luglio 2004, nello Stato di New York non esiste alcuna normativa sulla prescrizione della pena (ciò che è segnatamente il caso anche per lo Stato del New Hampshire, sentenza 1A.197/2000 del 21 luglio 2000, consid. 3b). Nella fattispecie, visto il tempo trascorso dalla condanna, la mancanza di questo istituto giuridico non viola manifestamente l'ordine pubblico internazionale.
5.
Infine, anche l'assunto ricorsuale secondo cui, in violazione dell'art. 9 cpv. 4 lett. d TEstrSU, farebbe difetto una dichiarazione circa la parte di pena non eseguita, è manifestamente infondato. Dal citato affidavit risulta che il ricorrente ha soltanto partecipato al processo e che è stato rilasciato dietro prestazione di una cauzione affinché si presentasse all'udienza di condanna. Limitandosi ad affermare, che se ne dovrebbe dedurre ch'egli avrebbe scontato parte della pena nella forma del carcere preventivo, il ricorrente non indica tuttavia né il luogo né la durata di questa asserita detenzione. La critica non dev'essere pertanto esaminata oltre.
6.
Ne segue che il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
La tassa di giustizia di fr. 4'000.-- è posta a carico del ricorrente.
3.
Comunicazione ai patrocinatori del ricorrente e all'Ufficio federale di giustizia, Divisione assistenza giudiziaria internazionale, Sezione estradizioni (B 114093).
Losanna, 3 agosto 2004
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il giudice presidente: Il cancelliere: