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Original
 
Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
4P.82/2004 /viz
Sentenza del 9 novembre 2004
I Corte civile
Composizione
Giudici federali Corboz, presidente,
Klett, Favre, Kiss, Ramelli, giudice supplente,
cancelliera Gianinazzi.
Parti
X.________,
Y.________,
ricorrenti, inizialmente patrocinate dagli avv. Franco Brusa e Lorenzo Moor, e ora dall'avv. Ivan Paparelli,
contro
A.________,
opponente, patrocinato dall'avv. Brenno Brunoni e dall'avv. prof. dott. Stefano Ghiringhelli
II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
Oggetto
art. 9 e 29 Cost.; art. 27 CL (procedura civile; exequatur; Convenzione di Lugano),
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 25 febbraio 2004 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
Nel 1996 le società predecessore in diritto di X.________ e Y.________ hanno adito la High Court of Justice, Chancery Division, di Londra con un'azione volta alla rifusione delle perdite subite nel quadro del fallimento del gruppo immobiliare Z.________, causate da atti illeciti addebitati, tra gli altri, anche a A.________, avvocato a Lugano.
Nell'ambito di tale procedimento, il 23 maggio 1997 il tribunale inglese ha emesso un provvedimento cautelare (cosiddetto Mareva injunction), con il quale ha, d'un canto, vietato all'avvocato ticinese di disporre dei propri beni e, dall'altro, gli ha ingiunto di rilasciare informazioni e documenti. Questo secondo ordine è stato ossequiato solo parzialmente. Ciò ha comportato l'esclusione di A.________ dal processo di merito per contempt of court. La causa è pertanto continuata senza di lui ed è sfociata in un giudizio di condanna, il 10 dicembre 1998. L'ammontare del danno è stato quantificato in un giudizio successivo, del 17 marzo 1999, in CAN$ 169'752'078.--, CAN$ 71'595'530.-- nonché US$ 129'974'770.--.
B.
L'eccezione d'incompetenza sollevata da A.________ nella causa di merito è stata respinta il 23 maggio 1997 dalla High Court of Justice, il 6 maggio 1998 dalla Court of Appeal e il 12 ottobre 2000 dalla House of Lords.
C.
Con sentenze 23 novembre/22 dicembre 2000, assortite da ordini di pignoramento provvisori, il Pretore del Distretto di Lugano ha riconosciuto l'esecutività delle due pronunzie condannatorie inglesi per un importo complessivo di fr. 20'000'000.--, così come richiesto dalle società procedenti.
D.
Avvalendosi della facoltà concessagli dall'art. 36 della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale conclusa a Lugano il 16 settembre 1988 (Convenzione di Lugano, CL; RS 0.275.11), A.________ si è opposto all'exequatur.
Egli ha chiesto alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino di respingere le domande di riconoscimento e di esecutività delle sentenze londinesi per il motivo ch'esse avrebbero carattere penale (e non civile, donde l'inapplicabilità della CL), non sarebbero state pronunciate da un organo giurisdizionale e sarebbero viziate da difetti di notifica; il loro riconoscimento violerebbe inoltre l'ordine pubblico svizzero (art. 27 n. 1 CL), siccome emanate prima della decisione finale sulla competenza dei giudici inglesi, senza contraddittorio e dopo la sua preclusione dal diritto a qualsiasi difesa, ovverosia secondo una procedura incompatibile con il diritto ad un processo equo sancito dall'art. 6 CEDU.
In accoglimento della tesi per cui il riconoscimento delle due decisioni inglesi sarebbe contrario all'ordine pubblico elvetico (art. 27 n. 1 CL), il 25 febbraio 2004 i giudici dell'alta Corte ticinese hanno accolto l'opposizione all'exequatur.
E.
Postulando l'annullamento della predetta sentenza, X.________ e Y.________ sono insorte dinanzi al Tribunale federale, il 26 marzo 2004, con un ricorso di diritto pubblico fondato sulla violazione degli art. 9 e 29 cpv. 2 Cost. nonché dell'art. 27 n. 1 CL.
L'istanza volta al conferimento dell'effetto sospensivo all'impugnativa, presentata contestualmente ad essa, è stata accolta l'11 maggio 2004.
Nelle osservazioni 14 maggio 2004 A.________ ha proposto la reiezione del gravame, in quanto ammissibile, mentre l'autorità cantonale ha rinunciato a pronunciarsi.
Diritto:
1.
Giusta l'art. 84 cpv. 1 OG il ricorso di diritto pubblico è proponibile contro decisioni cantonali di ultima istanza sia per violazione di diritti costituzionali (lett. a) che per violazione di trattati internazionali (lett. c). In materia di riconoscimento ed esecuzione di sentenze estere secondo la CL la possibilità di presentare un ricorso di diritto pubblico è inoltre espressamente prevista dall'art. 37 n. 2 CL (cfr. DTF 126 III 534 consid. 1a).
2.
I giudici del Tribunale d'appello hanno limitato il loro esame all'eccezione secondo la quale il riconoscimento delle decisioni inglesi sarebbe in contrasto con l'ordine pubblico svizzero (art. 27 n. 1 CL).
Due sono le ragioni che hanno indotto la Corte cantonale ad accogliere tale eccezione. Una prima violazione dell'ordine pubblico svizzero è stata ravvisata nell'emanazione delle decisioni in regime di contempt of court, ovverosia con l'esclusione dell'opponente dal procedimento a causa del mancato ossequio degli ordini giudiziali cautelari (cfr. sentenza impugnata consid. 3). Un'ulteriore violazione dell'ordine pubblico è stata individuata nella fase precedente all'esclusione dell'opponente dalla causa di merito, allorquando gli è stata negata la facoltà di esaminare gli atti per meri motivi mercantili (cfr. sentenza impugnata consid. 4).
2.1 Ora, qualora - come nella fattispecie in rassegna - la decisione cantonale si fondi su due motivazioni indipendenti, ambedue sufficienti, ciascuna di esse dev'essere impugnata nella maniera appropriata, pena l'inammissibilità del gravame (DTF 121 IV 94 con rinvii).
In concreto le ricorrenti hanno impugnato entrambe le motivazioni in maniera conforme alle esigenze poste dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG (cfr. DTF 130 I 258 consid. 1.3) sicché le loro censure meritano di essere esaminate.
2.2 Prima di chinarsi sugli argomenti ricorsuali giova rammentare che, in seguito ad una recente modifica della giurisprudenza, nel quadro di un ricorso di diritto pubblico per violazione di trattati internazionali, il Tribunale federale può rivedere l'accertamento dei fatti solo sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 129 I 110).
Purché le censure siano motivate conformemente all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG - come nel caso in rassegna - vi è invece piena cognizione nell'esame dell'applicazione delle norme dei trattati internazionali (DTF 129 III 646 consid. 4).
3.
Come anticipato, una prima violazione dell'ordine pubblico - suscettibile di impedire il riconoscimento delle due pronunzie inglesi giusta l'art. 27 n. 1 CL - è stata scorta nell'emanazione delle stesse nella procedura in regime di contempt of court, che trasforma un procedimento originariamente contraddittorio in uno di fatto ex parte.
La Corte cantonale ha infatti rimproverato a quella britannica di non aver tenuto in alcuna considerazione i motivi per i quali l'opponente non ha dato seguito integralmente alle ingiunzioni Mareva, di non aver fatto capo a misure alternative, idonee a rendere esecutive tali ingiunzioni (in particolare ad una domanda rogatoria internazionale), nonché, infine, di non aver spiegato se, indipendentemente dall'esclusione dell'opponente dal processo, gli argomenti da lui addotti in precedenza fossero stati esaminati oppure no.
Secondo le ricorrenti, su questo punto la sentenza impugnata si fonda su di un accertamento arbitrario dei fatti ed è lesiva del diritto di essere sentito (art. 9 e 29 Cost.; consid. 3.1). Oltre a discostarsi inammissibilmente dalla giurisprudenza del Tribunale federale (art. 1 cpv. 3 CC; consid. 3.2), i giudici ticinesi avrebbero inoltre interpretato e applicato in maniera sbagliata l'art. 27 n. 1 CL (consid. 3.3).
3.1 Nonostante il richiamo alla violazione del divieto dell'arbitrio, la critica all'accertamento dei fatti si confonde con quella concernente la motivazione della pronunzia criticata, che le ricorrenti reputano del tutto carente e, di conseguenza, lesiva del loro diritto di essere sentito nella forma del diritto ad una decisione motivata (art. 29 Cost.). La Corte ticinese avrebbe infatti omesso - sostengono le ricorrenti - di specificare i motivi che l'hanno indotta a scostarsi dalla dottrina dominante e dalla giurisprudenza del Tribunale federale, in particolare dalla decisione emanata il 4 giugno 2002 nella causa 4P.48/2002, che trattava una controversia sostanzialmente analoga. Essa non avrebbe inoltre spiegato perché la procedura inglese di contempt of court sarebbe un elemento "troppo eccentrico" rispetto allo standard medio degli ordinamenti statali, per quale ragione l'addebitare all'opponente la responsabilità dell'esclusione dal procedimento inglese sarebbe un equivoco né tantomeno avrebbe indagato su ciò che è realmente accaduto.
3.1.1 L'art. 29 cpv. 2 Cost., che istituisce una garanzia minima e sussidiaria per rispetto agli ordinamenti cantonali, impone all'autorità di confrontarsi con le allegazioni delle parti, riferendosi agli argomenti da esse addotti, ed esige che queste sappiano perché non gli è stata data ragione. La motivazione deve pertanto indicare le considerazioni che hanno indotto l'autorità a decidere in un senso piuttosto che nell'altro, in modo da permettere al destinatario del giudizio di capirne la portata e di proporre i rimedi adeguati con conoscenza di causa (DTF 129 I 232 consid. 3.2 con rinvii).
Per costante giurisprudenza, l'autorità non è tuttavia tenuta a pronunciarsi su tutte le questioni sottopostele, bensì può occuparsi solamente di quelle rilevanti per il giudizio (DTF 126 I 97 consid. 2b con rinvii).
3.1.2 In concreto, la sentenza impugnata adempie i requisiti costituzionali minimi. Contrariamente a quanto asserito nel gravame, i giudici ticinesi hanno indicato con chiarezza il loro ragionamento e spiegato i motivi all'origine del rifiuto di aderire alla sentenza del Tribunale federale, come verrà meglio esposto nei successivi considerandi. Anche se su alcuni aspetti la motivazione appare forse un poco scarna, nel suo insieme essa ha indubbiamente fornito alle ricorrenti tutti gli elementi per comprendere la portata del giudizio e per poterlo impugnare con conoscenza di causa. Prova ne sia la presentazione di un atto di ricorso di ben 45 pagine, nel quale le ricorrenti hanno commentato e criticato, passo dopo passo, l'intera motivazione.
La censura relativa alla violazione del diritto di essere sentito per difetto di motivazione va pertanto respinta.
3.2 Il richiamo all'art. 1 cpv. 3 CC - giusta il quale il giudice è tenuto ad attenersi alla dottrina e alla giurisprudenza più autorevoli - non soccorre in alcun modo le ricorrenti dato che questa norma non istituisce un diritto costituzionale specifico.
3.3 Merita per contro di essere approfondita la censura concernente la violazione dell'art. 27 n. 1 CL per il mancato riconoscimento dei due giudizi inglesi.
3.3.1 Giusta l'art. 27 n. 1 CL decisioni rese in uno Stato contraente non vengono riconosciute se il riconoscimento è contrario all'ordine pubblico dello Stato richiesto.
Nella fattispecie in esame la lite attiene all'ordine pubblico procedurale, che garantisce alle parti il diritto ad un giudizio indipendente sulle domande e sui fatti sottoposti al tribunale, in conformità con la procedura applicabile. L'ordine pubblico procedurale è violato qualora vengano disattesi, in modo inconciliabile con il sentimento di giustizia e con i valori di uno stato di diritto, principi fondamentali generalmente riconosciuti (DTF 128 III 191 consid. 4a). Giovi rammentare come lo scopo delle norme sul riconoscimento e l'esecuzione sia quello di agevolare la circolazione delle sentenze in materia civile e commerciale. Adottando un trattato internazionale che prevede, a determinate condizioni, il riconoscimento e l'esecuzione in Svizzera di decisioni pronunciate all'estero, il legislatore ha dunque (necessariamente) accettato l'eventualità che certe decisioni emanate dalle autorità giudiziarie straniere non corrispondano a quelle che sarebbero state adottate da un giudice svizzero. Non ci si può pertanto richiamare all'ordine pubblico svizzero ogni qualvolta la legge straniera diverge - quand'anche in misura importante - dal diritto federale (DTF 126 III 534 consid. 2c, confermata nella sentenza inedita del 15 giugno 2004, causa 4P.12/2004, consid. 2.1).
In altre parole, nell'ambito del riconoscimento e dell'esecuzione di sentenze di tribunali esteri la riserva dell'ordine pubblico ha una portata più limitata che nell'applicazione diretta del diritto straniero. Di carattere eccezionale, essa va interpretata restrittivamente (DTF 126 III 101 consid. 3b pag. 107 seg., 327 consid. 2b; Corboz, Le recours au Tribunal fédéral en matière d'arbitrage international, in: SJ 1/2002 pag. 28; Paolo Michele Patocchi, Il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze straniere secondo la Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 in: La Convenzione di Lugano - temi scelti e prime esperienze, Lugano 1992, pag. 53-107, in particolare n. 38 e 39 a pag. 77).
3.3.2 L'ordine pubblico svizzero esige il rispetto delle regole fondamentali di procedura dedotte dalla Costituzione (art. 29 e 30 Cost.) e dall'art. 6 CEDU (Gehrard Walter, Internationales Zivilprozessrecht der Schweiz, 3a ed., Berna 2002, pag. 379), quali il diritto a un processo equo e il diritto di essere sentito (cfr. DTF 126 III 327 consid. 2b pag. 330; Yves Donzallaz, La Convention de Lugano, vol. II, Berna 1997, n. 2844).
Ai fini del giudizio sulla violazione dell'ordine pubblico procedurale occorre stabilire se tali garanzie procedurali esistano nel sistema giuridico straniero e se esse siano state debitamente offerte alle parti. Il fatto che quest'ultime si siano effettivamente prevalse di tali diritti è per contro irrilevante (Yves Donzallaz, op. cit. n. 2844).
La questione di sapere se le garanzie procedurali siano state debitamente offerte va esaminata sulla scorta dell'ordinamento processuale dello stato in cui è stato emanato il giudizio e non in base alla concezione vigente nello Stato richiesto (Yves Donzallaz, op. cit. n. 2849). A questo proposito certa dottrina cita ad esempio proprio il caso in cui, in applicazione del diritto processuale britannico, un debitore venga escluso dal procedimento per contempt of court, ovverosia per mancata osservanza di un ordine impartito dal tribunale. In una simile evenienza, al debitore - che era stato avvertito delle conseguenze del mancato rispetto dell'ordine - viene negata la possibilità di prevalersi della violazione del diritto di essere sentito, l'esclusione dal procedimento dovendo essere ricondotta al suo comportamento (cfr. Gehrard Walter, op. cit., pag. 379 seg.).
3.3.3 Questi principi sono già stati esposti a più riprese dal Tribunale federale (cfr. ad esempio la sentenza inedita del 15 giugno 2004, causa 4P.12/2004), non da ultimo in una decisione del 4 giugno 2002, concernente lo stesso processo inglese e riferita ad un altro litisconsorte convenuto, domiciliato in Svizzera (causa 4P.48/2002).
Contrariamente a quanto paiono ritenere le ricorrenti, questa pronunzia non determina automaticamente l'esito della vertenza qui sottoposta al giudizio del Tribunale federale, dato che nel procedimento inglese le parti non erano riunite in un litisconsorzio necessario e ciascuna di esse si è difesa in maniera autonoma, con argomenti specifici.
3.3.4 In concreto, richiamandosi ai criteri di valutazione menzionati in un contributo di Ivo Schwander (Neuerungen im Bereich des prozessualen Ordre Public in: Internationales Zivilprozess- und Verfahrensrecht, Schulthess 2001, pag. 169), la Corte ticinese ha concluso che il procedimento di contempt of court risulta di per sé inammissibile alla luce dell'art. 6 CEDU.
Questa decisione, in contrasto con la dottrina e la giurisprudenza sopra evocati, non può essere condivisa.
Giovi anzitutto rilevare come l'opinione dottrinale richiamata dai giudici ticinesi sia precedente all'emanazione della sentenza 4 giugno 2002. La decisione di non attenervisi è il frutto di una riflessione consapevole, che ha portato il Tribunale federale ad aderire al parere di altri autori (qui citati al consid. 3.3.2), per i quali il solo fatto che un giudizio sia stato emanato in regime di contempt of court non lo rende incompatibile con l'ordine pubblico procedurale svizzero. Contrariamente a quanto addotto dalla Corte ticinese, la procedura in regime di contempt of court non configura un "valore troppo eccentrico" rispetto allo standard medio condiviso dagli altri ordinamenti giuridici statali. Come rilevato anche dalle ricorrenti, la preclusione rispettivamente la contumacia non sono istituti sconosciuti al nostro ordinamento giuridico. Il fatto che il diritto inglese commini al mancato ossequio di un'ingiunzione del tribunale delle conseguenze più incisive di quelle usualmente previste in Svizzera, non basta per definire la procedura inglese "troppo eccentrica" (cfr. causa 4P.48/2002, consid. 3b/cc).
3.3.5 Tutto quanto appena esposto non pregiudica però la possibilità di negare il riconoscimento e l'esecutività ad una pronunzia emanata in un regime di contempt of court qualora si dovesse giungere alla conclusione che, nel caso specifico, la decisione di proseguire la causa in tale regime disattende garanzie procedurali imprescindibili secondo l'ordinamento svizzero.
Una simile eventualità sarebbe stata, in concreto, ad esempio immaginabile qualora si fosse giunti alla conclusione che l'opponente non ha potuto ossequiare integralmente l'ingiunzione Mareva perché rilasciando le informazioni richieste dalla Corte inglese si sarebbe esposto alle sanzioni penali dell'art. 321 CP, che tutela il segreto professionale. Tale non è però il caso.
Anche se dalle osservazioni al ricorso di diritto pubblico introdotte dall'opponente - cui incombeva l'onere di allegare e dimostrare questa circostanza - sembra di capire ch'egli abbia sollevato degli argomenti in tal senso, la lettura del giudizio impugnato non permette di stabilire se ed in che misura egli lo abbia fatto, dato che questo tema non è stato approfondito. I giudici ticinesi si sono infatti limitati ad affermare che l'attribuzione all'opponente della responsabilità per l'esclusione dal procedimento di merito sarebbe un equivoco e hanno rimproverato genericamente all'autorità inglese di non aver tenuto nella debita considerazione le circostanze eccezionali che avevano determinato la perdita del diritto alla difesa. Ora, nell'allegato sottoposto all'esame del Tribunale federale l'opponente non rimprovera all'autorità ticinese di non essersi espressa più diffusamente; al contrario, sostiene che la decisione impugnata su questo punto è stata debitamente motivata. L'assenza di una censura impedisce al Tribunale federale di chinarsi sulla questione. Sia come sia, si può abbondanzialmente osservare che quand'anche l'opponente si fosse prevalso di un accertamento incompleto dei fatti - facendo uso della facoltà concessa alla parte vittoriosa di criticare il giudizio cantonale nelle osservazioni (cfr. DTF 115 Ia 27 consid. 4a) - i suoi argomenti risulterebbero comunque inammissibili sotto il profilo dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG. L'opponente assevera infatti a più riprese di aver tempestivamente segnalato alla Corte britannica l'impossibilità di ossequiare completamente l'ordine cautelare a causa del segreto professionale, ma non adduce di aver fatto tutto quanto era in suo potere per dare seguito a tale ordine - adoperandosi per ottenere di essere liberato dal segreto professionale - né di aver comunicato e dimostrato questa circostanza alla Corte britannica, la quale non ne avrebbe tenuto conto (cfr., in senso analogo, quanto esposto nella sentenza concernente la causa 4P.48/2002, consid. 3b/dd).
3.3.6 Prima di proseguire nell'esame del ricorso, è necessario rammentare che non spetta al giudice dell'exequatur valutare se la Corte che ha pronunciato la sentenza si sia sufficientemente chinata sul caso (art. 34 cpv. 3 CL).
Questa considerazione si impone con riferimento alla critica mossa al giudice inglese di non aver fatto capo a misure alternative suscettibili di costringere l'opponente ad adempiere gli ordini del tribunale, per esempio mediante una rogatoria internazionale secondo la convenzione dell'Aia del 18 marzo 1970. La conduzione del processo, così come la decisione sui mezzi di prova da assumere, spettava al giudice (inglese) del merito; questa decisione non può essere rivista nel quadro del procedimento di riconoscimento ed esecuzione della sentenza in applicazione della Convenzione di Lugano, non potendosi affermare che l'assunzione di prove in via rogatoriale costituisca parte integrante dell'ordine pubblico svizzero.
3.3.7 In conclusione, gli argomenti addotti dall'autorità ticinese non ostacolano il riconoscimento delle due sentenze inglesi.
La censura concernente la violazione dell'art. 27 n. 1 CL si avvera dunque fondata.
4.
Ciò non comporta tuttavia l'accoglimento del gravame. Come già detto al consid. 2.1, la sentenza impugnata si basa su due motivazioni distinte, ambedue sufficienti a giustificarla. Ciò significa che se almeno una di esse resiste alla critica, il giudizio criticato non viene annullato (cfr. DTF 121 IV 94 con rinvii).
Occorre pertanto chinarsi sulla seconda ragione che ha indotto i giudici ticinesi a negare alle pronunzie inglesi il riconoscimento e l'esecutività.
5.
L'autorità cantonale ha ravvisato una violazione del diritto al contraddittorio garantito dall'art. 6 n. 1 CEDU - e di riflesso una violazione dell'ordine pubblico procedurale - nella fase precedente all'esclusione dell'opponente dalla causa di merito, allorquando gli è stata negata la facoltà di esaminare la documentazione trattenuta dal suo precedente patrocinatore in garanzia del pagamento degli onorari. La corte inglese ha infatti rifiutato l'accesso agli atti affermando esplicitamente che, per sua costante prassi, non poteva compromettere il diritto di ritenzione esercitato in modo corretto da uno studio legale.
Le ricorrenti non contestano che il rifiuto di consultare gli atti per i motivi appena esposti sia contrario all'ordine pubblico. Evidenziano però come l'opponente abbia evocato tale circostanza per la prima volta in sede di conclusioni, sicché esse non hanno potuto esprimersi al proposito. Tenendo conto ed accogliendo questa argomentazione, sollevata tardivamente, la Corte cantonale avrebbe dunque violato il loro diritto di essere sentite sancito dall'art. 29 cpv. 2 Cost. (consid. 5.1-5.2). Le ricorrenti rimproverano inoltre ai giudici ticinesi un accertamento dei fatti arbitrario (art. 9 Cost.; consid. 5.3).
5.1 In una recente sentenza fondata sull'interpretazione dell'art. 78 CPC/TI, che - essendo inserito nel titolo IV, nel quale vengono definite le norme generali del processo civile - vale anche per i procedimenti speciali, il Tribunale federale ha giudicato non arbitraria la prassi ticinese che, nella procedura civile ordinaria, considera irricevibili le contestazioni di fatto proposte la prima volta nelle conclusioni. Non è stato per contro deciso, né esaminato, se il giudice debba rilevare d'ufficio l'irregolarità oppure tocchi all'altra parte eccepirla (sentenza inedita del 16 febbraio 2004, causa 4P.134/2003, consid. 3). La questione non deve venir risolta nemmeno in questo caso, avendo le ricorrenti - nonostante un'approfondita esposizione delle norme della procedura civile ticinese che potrebbero entrare in considerazione - espressamente rinunciato a prevalersi dell'applicazione arbitraria del diritto cantonale.
5.2 L'art. 29 cpv. 2 Cost, inteso come garanzia minima e sussidiaria rispetto al diritto cantonale, concede effettivamente alle parti il diritto a pronunciarsi sui punti di rilievo per la causa (DTF 129 II 497 consid. 2.2 pag. 504 seg. con rinvii; cfr. Michele Albertini, Der verfassungsmässige Anspruch auf rechtliches Gehör im Verwaltungsverfahren des modernen Staates, Berna 2000, pag. 259, in particolare pag. 267 segg.). La norma costituzionale non prescrive tuttavia le modalità secondo le quali tale diritto va esercitato.
Ora, è pacifico che l'opponente ha allegato il fatto in discussione solo con le conclusioni scritte dell'11 dicembre 2002. Contrariamente a quanto asserito nel gravame, le ricorrenti avrebbero però potuto esprimersi in proposito (come obietta l'opponente nella risposta al ricorso di diritto pubblico) o perlomeno eccepire l'irritualità dell'allegazione durante il dibattimento finale svoltosi davanti all'autorità cantonale il 16 dicembre 2002. Prova ne sia il fatto che il verbale di quell'udienza riferisce ch'esse hanno effettivamente preso posizione su altre circostanze ed argomentazioni giuridiche presentate dalla controparte nelle citate conclusioni.
Alla luce di quanto esposto la censura relativa alla violazione dell'art. 29 cpv. 2 Cost. dev'essere respinta.
5.3 Sotto il profilo sostanziale le ricorrenti definiscono l'accertamento sul mancato accesso agli atti arbitrario e lesivo dell'art. 9 Cost. Tale accertamento si basa infatti su di un passaggio del verbale dell'udienza svoltasi il 29 ottobre 1997 davanti alla Court of appeal - concernente la questione preliminare della competenza della giurisdizione inglese - che l'autorità cantonale ha isolato dal suo contesto, stravolgendone il senso. Qualora l'avesse letto correttamente, si sarebbe accorta che l'opponente avrebbe potuto accedere agli atti dando seguito alla soluzione indicatagli dalla Corte inglese, che consisteva nel depositare una somma di denaro o un'altra garanzia per ottenere il rilascio dei documenti. Ciò avrebbe permesso di salvaguardare nel contempo il diritto di ritenzione del patrocinatore precedente.
Si tratta di censure nuove: come già esposto, dinanzi all'autorità cantonale le ricorrenti non si sono espresse (come avrebbero potuto) sull'eccezione proposta dall'opponente nelle conclusioni scritte. Si pone pertanto il problema della loro ricevibilità.
5.3.1 Nella recente DTF 128 I 354, approvata da tutte le Corti (art. 16 OG), il Tribunale federale ha stabilito che il divieto dei cosiddetti nova vige anche per i ricorsi di diritto pubblico fondati sulla violazione dei trattati internazionali nel senso dell'art. 84 cpv. 1 lett. c OG. Nel medesimo giudizio sono state ricordate le circostanze eccezionali in cui questa regola non vale (consid. 6c in fine).
Le ricorrenti non sostanziano né affermano che le condizioni di una di queste eccezioni sarebbero adempiute. Ne discende l'irricevibilità delle loro censure siccome nuove (cfr. anche la sentenza inedita del 15 giugno 2004, causa 4P.12/2004, consid. 1.4).
5.3.2 La soluzione non muterebbe nemmeno qualora si volesse proseguire l'indagine sotto questo profilo. Tra le ipotesi che giustificano eccezioni al divieto di nova la sola che potrebbe entrare in considerazione nel caso specifico è quella che ammette la presentazione di nuove allegazioni di fatto e di diritto se l'ultima istanza cantonale disponeva di potere di cognizione pieno ed era tenuta ad applicare il diritto d'ufficio. In questo contesto libero potere d'esame significa, tra l'altro, la facoltà per l'autorità cantonale di rivedere globalmente le questioni di diritto, senza essere vincolata alle allegazioni delle parti (DTF 113 Ia 336 consid. 1c). Occorre pertanto esaminare quale fosse il potere cognitivo del Tribunale d'appello.
5.3.2.1 Nel Cantone Ticino l'opposizione dell'art. 36 CL va proposta alla Camera civile d'appello (art. 513b cpv. 3 CPC/TI). La procedura è quella contenziosa di camera di consiglio retta dagli art. 361 segg. CPC/TI (cfr. art. 513c cpv. 2 CPC/TI). L'art. 362 CPC/TI prevede che l'istanza sia presentata al giudice "succintamente motivata", l'art. 363 CPC/TI che "all'udienza le parti espongano oralmente le loro domande ed eccezioni d'ordine e di merito". Si applicano per il resto le norme generali del processo civile ticinese, in particolare l'art. 78 CPC/TI (Cocchi/Trezzini, Codice di procedura civile ticinese massimato e annotato, Lugano 2000, pag. 805 nota 873).
Anche le ricorrenti ammettono l'applicazione di questa norma. Il disposto citato istituisce la massima dell'eventualità, in virtù della quale le parti devono far valere tutti i mezzi di azione e di difesa entro una determinata fase del processo (l'attore con la petizione, il convenuto con la risposta, con riserva di replica e duplica). Si tratta di una conseguenza del cosiddetto principio attitatorio, che fa obbligo alle parti di addurre tutti i fatti a fondamento delle proprie pretese e che l'art. 85 CPC/TI sanziona con il divieto posto al giudice di fondare il giudizio su fatti non allegati nelle giuste forme (cfr. Angelo Olgiati, Le norme generali per il procedimento civile nel Canton Ticino, Zurigo 2000, pagg. 105 e 177 segg.).
I giudici ticinesi non si sono pronunciati espressamente sulla questione. Hanno però richiamato gli art. 513b e 513c CPC/TI, hanno elencato le eccezioni proposte dall'opponente e, come detto, hanno limitato il proprio esame a una di esse, quella fondata sull'ordine pubblico processuale.
5.3.2.2 La procedura ticinese è compatibile con l'orientamento della dottrina europea e di quella svizzera in merito all'opposizione dell'art. 36 CL.
Parte di essa sostiene infatti che sia l'opponente a dover indicare il motivo d'impedimento al riconoscimento del quale intende prevalersi (Nagel/Gottwald, Internationales Zivilprozessrecht, 5a ed., Colonia 2002, §12 n. 23; Paul Volken, in: Zürcher Kommentar zum IPRG, Zurigo 2004, n. 22 ad art. 27 LDIP), specialmente quando è in gioco l'ordine pubblico procedurale, che non tocca direttamente gli interessi dello stato richiesto ma solo i diritti delle parti (Geimer/Schütze, Europäisches Zivilverfahrensrecht, 2a ed., Monaco 2004, n. 31 ad art. 34 CL; si veda anche Berti/Schnyder in: Basler Kommentar, Internationales Privatrecht, 1996, n. 29/30 ad art. 27 LDIP). Altri ritengono semplicemente che la questione debba essere regolata dalla lex fori (Jan Kropholler, Europäisches Zivilprozessrecht, 7a ed., Heidelberg 2002, introduzione all'art. 33 n. 6; Hélène Gaudemet-Tallon, Compétence et exécution des jugements en Europe, 3a ed., Parigi 2002, pag. 370 segg.).
5.3.2.3 Se ne deve concludere che l'autorità cantonale non disponeva di un libero potere d'esame nel senso descritto, per cui le nuove censure - con le quali le ricorrenti contestano gli accertamenti concernenti il mancato accesso agli atti - vanno dichiarate irricevibili.
5.4 In conclusione, nella misura in cui sono ricevibili, gli argomenti proposti contro la seconda motivazione della sentenza impugnata devono venire respinti.
6.
Dato che una delle due motivazioni resiste alla critica ricorsuale, il giudizio querelato non può venire cassato. Ne discende la reiezione del ricorso di diritto pubblico, in quanto ammissibile.
Gli oneri processuali e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 7 nonché art. 159 cpv. 1, 2 e 5 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
La tassa di giustizia di fr. 40'000.-- è posta a carico delle ricorrenti in solido, le quali rifonderanno all'opponente, sempre con vincolo di solidarietà, fr. 50'000.-- per ripetibili della sede federale.
3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 9 novembre 2004
In nome della I Corte civile
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera: