BGer 1S.3/2005
 
BGer 1S.3/2005 vom 07.02.2005
Tribunale federale
{T 0/2}
1S.3/2005 /biz
Sentenza del 7 febbraio 2005
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Féraud, presidente,
Aemisegger, Eusebio,
cancelliere Crameri.
Parti
C.________, attualmente in carcere preventivo,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Yasar Ravi,
contro
Ministero pubblico della Confederazione, Sede distaccata Lugano, via Sorengo 7, casella postale,
6900 Lugano 3,
Tribunale penale federale, Corte dei reclami penali,
casella postale 2720, 6501 Bellinzona,
Oggetto
domanda di scarcerazione,
ricorso contro la sentenza emanata il 14 dicembre 2004 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale.
Fatti:
A.
Il 23 novembre 2004 C.________ è stato arrestato nell'ambito di un'inchiesta aperta nei suoi confronti e di altre persone dalla polizia giudiziaria federale per infrazione alla legge federale sugli stupefacenti (art. 19 n. 1 e 2 LStup), per partecipazione a un'organizzazione criminale (art. 260ter CP) e per riciclaggio (art. 305bis CP); è stato posto immediatamente in detenzione preventiva. Il 25 novembre 2004 il giudice istruttore federale, accertata l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza e ritenuta l'esistenza dei pericoli di collusione e di fuga, ha convalidato l'arresto.
B.
Il 29 novembre 2004 il detenuto è insorto contro l'ordinanza di conferma dell'arresto dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale. Egli criticava l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza e di pericoli di collusione e di fuga; faceva valere inoltre una lesione del suo diritto di consultare gli atti di causa. Con decisione del 14 dicembre 2004 la Corte dei reclami penali ha respinto il reclamo.
C.
C.________ impugna questa sentenza con un ricorso del 18 gennaio 2005 al Tribunale federale. Chiede, in via preliminare, di accordargli il beneficio del gratuito patrocinio e dell'assistenza giudiziaria e, in via principale, di scarcerarlo immediatamente e di accertare la violazione dei suoi diritti di parte; in via subordinata, postula inoltre di adottare una misura sostitutiva da emanare dall'autorità inferiore. Dei motivi si dirà, in quanto necessario, nei considerandi.
La Corte dei reclami penali, riconfermandosi nella sua sentenza, propone, come il Ministero pubblico della Confederazione (MPC), di respingere il ricorso in quanto ammissibile.
Diritto:
1.
1.1 Secondo l'art. 33 cpv. 3 lett. a della legge sul Tribunale penale federale, del 4 ottobre 2002 (LTPF; RS 173.71), fino all'entrata in vigore della revisione totale dell'OG, le decisioni della Corte dei reclami penali concernenti misure coercitive sono impugnabili mediante ricorso al Tribunale federale entro 30 giorni dalla notifica, per violazione del diritto federale; la procedura è retta dagli art. 214-216, 218 e 219 PP, applicabili per analogia (cfr. DTF 130 I 234 consid. 2.1, 130 II 306 consid. 1.2).
1.2 La decisione con la quale la Corte dei reclami penali conferma il mantenimento della detenzione preventiva, ordinata per i bisogni di una procedura penale condotta dal MPC, costituisce una misura coercitiva impugnabile dinanzi alla I Corte di diritto pubblico del Tribunale federale (art. 2 cpv. 1 cifra 4 del regolamento del Tribunale federale, secondo la modifica del 23 marzo 2004). Il ricorso, diretto contro il mantenimento della detenzione preventiva, è quindi ammissibile (causa 1S.10/2004 dell'11 novembre 2004, consid. 1.2.2, destinata a pubblicazione in DTF 131 I xxx).
1.3 Il ricorrente fa valere, in primo luogo, che le osservazioni del MPC e del Giudice istruttore inoltrate alla Corte dei reclami penali sarebbero tardive, perché inviate per raccomandata l'ultimo giorno del termine fissato dal presidente. La censura, che peraltro esula dall'oggetto del presente litigio, è priva di qualsiasi fondamento. Come rettamente rilevato dall'istanza inferiore, gli atti devono infatti essere consegnati alla posta al più tardi l'ultimo giorno del termine (art. 32 cpv. 3 OG) e non pervenire, come erroneamente sostenuto dal ricorrente, all'autorità di ricorso entro detto termine.
1.4 Il ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto sostenuto dall'istanza precedente, non avrebbe avuto accesso a tutti gli atti essenziali della causa; aggiunge, in particolare, che il MPC non avrebbe comunicato alla Corte dei reclami penali l'esito di un esame tossicologico, dal quale risulterebbe ch'egli sarebbe effettivamente un consumatore di cocaina, circostanza contestata dall'autorità federale nelle osservazioni al gravame.
1.4.1 Il Tribunale federale ha già avuto occasione di rilevare che la Corte dei reclami penali, quando statuisce su misure coercitive, deve disporre di tutto l'incarto della procedura e non soltanto di estratti, seppure completi, dello stesso. Ciò perché la Corte stessa possa effettuare l'esame degli atti decisivi per l'esito del reclamo e l'insorgente esercitare compiutamente il suo diritto di essere sentito. Qualora il MPC intenda fondare il mantenimento della detenzione su atti, che vuole tenere segreti per non compromettere l'inchiesta, deve illustrarne il contenuto essenziale al reclamante e offrirgli la facoltà di esprimersi al riguardo (sentenza 1S.1/2004 del 9 luglio 2004, consid. 3).
1.4.2 Il ricorrente né fa valere tuttavia d'aver presentato un'istanza di accesso agli atti, rifiutata dal MPC, né che un siffatto diniego sarebbe stato confermato dalla Corte dei reclami penali. La censura non può pertanto essere esaminata. Per di più, il Tribunale federale, pronunciandosi sul mantenimento della detenzione preventiva, ha recentemente stabilito che il ricorso non è ammissibile nella misura in cui il ricorrente fa valere d'essere stato privato del diritto di consultare l'incarto della procedura: questa censura, fondata sull'asserita violazione dei diritti della difesa, esula in effetti dall'oggetto del presente litigio (sentenza 1S.10/2004, consid. 1.2.3, citata; sentenze 1S.1/2004 del 9 luglio 2004, consid. 2 e 1S.3/2004 del 13 agosto 2004, consid. 2.2 e consid. 2.3; vedi anche DTF 120 IV 342 consid. 1, concernente l'art. 105bis cpv. 2 vPP).
2.
2.1 Il ricorrente contesta la sussistenza di gravi e concreti indizi a suo carico che potrebbero giustificare il mantenimento del carcere preventivo.
2.2 Secondo l'art. 44 PP, l'imputato può essere incarcerato solo quando esistano gravi indizi di colpevolezza a suo carico. Occorre inoltre che si possa presumere la sua imminente fuga, ciò che si realizza quando all'imputato sia attribuito un reato punibile con la reclusione o quando egli non sia in grado di stabilire la propria identità o non abbia domicilio in Svizzera (cifra 1), oppure se determinate circostanze fanno presumere ch'egli voglia far scomparire le tracce del reato o indurre testimoni o coimputati a fare false dichiarazioni o voglia compromettere in qualsiasi altro modo il risultato dell'istruttoria (cifra 2). Ciò corrisponde alle esigenze di legalità, dell'esistenza di ragioni d'interesse pubblico e di proporzionalità derivanti dal diritto alla libertà personale (art. 10 cpv. 2, 31 cpv. 1 e 36 cpv. 1 Cost.) e dall'art. 5 CEDU. In concreto, la Corte dei reclami penali ha ritenuto l'esistenza sia di gravi indizi di colpevolezza sia dei rischi di collusione e di fuga.
2.3 I requisiti posti per la valutazione dell'esistenza di gravi indizi di colpevolezza giustificanti la detenzione, nei diversi stadi dell'inchiesta penale, non sono identici. Sospetti ancora poco precisi, ma sorretti da imprecisioni o variazioni nelle dichiarazioni dell'imputato, possono essere considerati sufficienti all'inizio delle indagini, ma, dopo il compimento di tutti gli atti istruttori, che possono entrare in linea di conto, la prospettiva di una condanna deve sembrare vieppiù fortemente verosimile (DTF 116 Ia 143 consid. 3c).
2.4 In concreto, il ricorrente è detenuto dal 23 novembre 2004: l'inchiesta aperta contro altri indagati non è tuttavia ai suoi inizi; nei suoi confronti essa non è comunque prossima alla sua conclusione. Infatti, nelle osservazioni al ricorso il MPC rileva che nei loro confronti sono all'esame ulteriori ipotesi di reato, in particolare per infrazioni alle leggi federali sulle armi e sul materiale bellico, fattispecie che riguardano diverse persone e richiedono una coordinazione internazionale. L'inchiesta non è limitata all'agire del ricorrente, ma coinvolge molti soggetti inseriti o facenti capo a un'unica struttura criminale di tipo mafioso, per cui occorre tener conto pure delle indagini in atto contro questi altri coimputati.
2.5 L'inchiesta, come già ritenuto dal Tribunale federale nell'ambito di un analogo ricorso (sentenza 1S.15/2004 del 14 gennaio 2005), si situa in una fase intermedia, di modo che, in questo stadio della procedura, se non sono sufficienti indizi vaghi, neppure può essere pretesa la produzione di prove definitive. Nelle osservazioni al ricorso, il MPC, rilevando l'esistenza di concreti elementi di prova che sostengono le ipotesi di reato, non li precisa limitandosi a rimandare il Tribunale federale alla lettura degli ultimi verbali di interrogatorio del ricorrente. Ora, di per sé, non spetta al Tribunale federale compulsare l'incarto e leggere i diversi verbali di audizione per rintracciare i motivi che giustifichino il mantenimento della carcerazione. Il MPC, pur tenendo conto del rischio di collusione e delle esigenze dell'inchiesta, deve comunque illustrarli, affinché il ricorrente possa contestarli con cognizione di causa, l'istanza inferiore esaminarli compiutamente e il Tribunale federale, se del caso, vagliare le diverse posizioni.
2.6 Nella fattispecie, il procedimento penale s'inserisce nel quadro di una vasta inchiesta internazionale. Il ricorrente è sospettato di far parte di un'organizzazione criminale secondo l'art. 260ter CP, che ha operato a livello transnazionale per parecchi anni. Al ricorrente si rimprovera, in particolare, come rilevato nella decisione impugnata, d'aver intrattenuto strette relazioni, che travalicherebbero manifestamente quelle della semplice amicizia, con alcuni dei principali esponenti dell'organizzazione, tra cui B.________ e A.________: con quest'ultimo egli avrebbe conversato più volte, utilizzando un linguaggio in codice usuale tra i membri dell'organizzazione, prima della compravendita di 1 kg di cocaina, a R.________, il 19 luglio 2004. Esponenti di spicco dell'organizzazione sono pure indagati nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro sull'attività della cosiddetta "Cosca di Mesoraca". Secondo la Corte dei reclami penali, agli atti vi sono inoltre chiare indicazioni di intensi contatti telefonici e personali, in Svizzera e durante i suoi viaggi in Italia, con altri esponenti di spicco dell'organizzazione, come D.________, indagato in Italia. Nell'autovettura e nell'ufficio del ricorrente sono inoltre state rilevate tracce di cocaina, ciò che avvalora il sospetto ch'egli abbia trasportato e custodito tale sostanza anche per conto di terzi e non solo per i suoi asseriti consumi personali.
Certo, l'istanza inferiore ha rilevato che il giudizio concernente l'imputazione del reato di riciclaggio è più sfumato. Anche se l'autorità inquirente adduce numerosi indizi in tal senso, raccolti soprattutto sulla base di dichiarazioni di coimputati, allo stato attuale delle indagini questi, secondo la Corte dei reclami penali, nei confronti del ricorrente rimangono ancora piuttosto labili, mancando della gravità richiesta dall'art. 44 PP. In effetti, nelle osservazioni al ricorso, il MPC si limita a rilevare che riguardo al reato di riciclaggio sono in corso accertamenti per esaminare la reale situazione patrimoniale del ricorrente in Svizzera e all'estero e che dalle verifiche bancarie finora eseguite non emergono consistenti importi di denaro contante transitati su relazioni bancarie; rileva poi, che gli scambi di sostanze stupefacenti avvenivano in contanti e che tali somme possono essere facilmente occultate anche senza essere immesse in flussi finanziari bancari. La Corte dei reclami penali ha nondimeno ritenuto che gli elementi sui quali si fondano i gravi indizi di partecipazione e/o sostegno del ricorrente a un'organizzazione criminale e quelli di infrazione aggravata alla legge federale sugli stupefacenti sono più che sufficienti dal profilo dell'art. 44 PP.
2.7 Sulla base di una valutazione globale di questi elementi, si può ammettere che a carico del ricorrente sussistono sufficienti indizi giustificanti il mantenimento della sua carcerazione riguardo ai reati di partecipazione a un'organizzazione criminale e di infrazione alla LStup. Del resto, nel ricorso egli si limita a sostenere che, contrariamente a quanto appena rilevato, non sarebbero presentati gravi indizi. Egli disattende, inoltre, che l'art. 260ter CP è stato adottato anche per la frequente difficoltà di fornire la prova della partecipazione del reo al singolo reato. Il problema della prova, ossia di sapere a chi spetti all'interno dell'organizzazione criminale la responsabilità per un reato concreto, è all'origine dell'art. 260ter CP e lo ha determinato: la norma implica la criminalizzazione già dell'appartenenza all'organizzazione, senza che sia necessaria la prova d'aver partecipato alla commissione dei reati addebitabili alla stessa (Günther Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil II: Straftaten gegen Gemeininteressen, 5a ed., Berna 2000, n. 25 pag. 200; Marc Forster, Kollektive Kriminalität. Das Strafrecht vor der Herausforderung durch das organisierte Verbrechen, Basilea, 1998, pag. 23; Gunther Arzt, CP 260ter, 53-56 pag. 289, in: Niklaus Schmid, editore, Kommentar Einziehung, organisiertes Verbrechen und Geldwäscherei, vol. 1, Zurigo 1998). Lamentando l'asserita assenza di una contestazione concreta e di un caso specifico, egli disattende che, riguardo al reato dell'art. 260ter CP, sulla base della menzionata compravendita di cocaina e delle dichiarazioni di coimputati, egli è sospettato d'aver partecipato e/o sostenuto un'organizzazione criminale, che ha compiuto vari reati, e non tanto per averne commesso personalmente determinati, ciò che, perlomeno allo stadio attuale dell'inchiesta, è sufficiente dal profilo dell'art. 260ter CP per ammettere il possibile adempimento della relativa fattispecie legale. Il celere avanzamento dell'inchiesta dovrà nondimeno concretare i gravi indizi nei confronti del ricorrente.
3.
3.1 Il ricorrente contesta la sussistenza di un rischio di collusione.
3.1.1 I rischi di collusione e di inquinamento delle prove sono legati soprattutto ai bisogni dell'istruttoria. Da un lato, generalmente si tratta di evitare o prevenire accordi tra l'imputato e i testimoni, già sentiti o ancora da sentire, o i correi e i complici non arrestati, messi in atto per nascondere la verità; dall'altro, di impedire interventi fraudolenti del prevenuto in libertà sui mezzi di prova non ancora acquisiti, allo scopo di distruggerli o di alterarli a suo vantaggio. Le possibilità di ostacolare in tal modo l'azione dell'autorità giudiziaria da parte del prevenuto devono essere valutate sulla base di elementi concreti, l'esistenza di questo rischio non potendo essere ammessa aprioristicamente e in maniera astratta (DTF 123 I 31 consid. 3c, 117 Ia 257 consid. 4c). L'autorità deve quindi indicare, per lo meno nelle grandi linee, pur con riserva per operazioni che devono rimanere segrete, quali atti istruttori devono ancora essere eseguiti e in che misura la messa in libertà del detenuto ne pregiudicherebbe l'esecuzione (cfr. DTF 123 I 31 consid. 2b, 116 Ia 149 consid. 5).
3.1.2 La Corte dei reclami penali si è pronunciata al riguardo, rilevando un potenziale pericolo di collusione e di inquinamento delle prove. Non sarebbe infatti escluso, secondo questa istanza, che, se rimesso in libertà, il ricorrente potrebbe dare istruzioni o tentare di comunicare informazioni utili ad altri soggetti implicati nell'inchiesta svizzera e in quella italiana. Sottolinea, che le indagini non sono ancora terminate e che numerosi atti istruttori, in particolare rogatorie, anche all'estero non sono ancora concluse. Nelle osservazioni al ricorso, il MPC si limita a sostenere la possibilità, del tutto concreta, che il ricorrente potrebbe approfittare della sua messa in libertà per avere contatti suscettibili di danneggiare l'inchiesta. Aggiunge che il ricorrente potrebbe fare pressione su altri inquisiti, ad esempio su E.________, al quale, come ammesso, ha procurato circa 100-150 grammi di cocaina.
3.1.3 Queste semplici asserzioni di principio non dimostrano tuttavia ancora l'esistenza di un pericolo concreto di collusione, come richiesto dalla prassi appena citata. Il teorema del MPC, secondo cui nell'ambito di un'organizzazione mafiosa potrebbe sussistere un pericolo di collusione e che l'organizzazione sarebbe in grado di garantire ai propri componenti periodi di latitanza relativamente lunghi, dovrà comunque vieppiù arricchirsi d'elementi idonei a suffragarlo.
E.________ è già stato interrogato e il MPC non spiega perché non potrebbe procedere, come peraltro richiesto dal ricorrente, a un confronto per chiarire le loro divergenti dichiarazioni. Altre persone sospettate di far parte dell'organizzazione criminale sono incarcerate da mesi e hanno potuto essere ripetutamente interrogate. Tuttavia un concreto pericolo di collusione può essere ancora ravvisato nella necessità di non pregiudicare l'espletamento di rogatorie, visto che altri indagati sono in libertà. Altri concreti indizi di collusione risultano dai motivi esposti nella sentenza 1S.15/2004 del 14 gennaio 2005, consid. 3, richiamata dal ricorrente, concernente un coimputato. Per il momento, la tesi della Corte dei reclami penali sull'esistenza di questo pericolo può pertanto ancora essere condivisa.
3.1.4 Riguardo all'asserito comportamento omertoso e reticente del ricorrente, rilevato sia dal MPC sia dall'istanza inferiore, occorre rilevare che nell'ambito di un procedimento penale, avvalendosi del suo diritto di non rispondere, l'imputato ha la facoltà di tacere senza dover subire pregiudizi (DTF 130 I 126 consid. 2 con rinvii e riferimenti alla dottrina, 121 II 257 consid. 4a). Indipendentemente dall'attitudine del ricorrente durante l'inchiesta, indagini supplementari appaiono comunque ancora necessarie per definire l'agire dell'organizzazione e il ruolo che il ricorrente avrebbe svolto al suo interno.
3.2 La Corte dei reclami penali ritiene fondato il pericolo di fuga.
3.2.1 I reati rimproverati al ricorrente sono gravi e, se dovessero trovare conferma, comporterebbero una pena privativa della libertà pesante sia per il genere sia per la durata. La Corte dei reclami penali, ricordato che il ricorrente è già stato condannato per traffico di sostanze stupefacenti, ha anche considerato ch'egli vive da tempo con la moglie e i figli in Svizzera, dove esercita un'attività indipendente. Egli si reca tuttavia ogni anno in Italia, a T.________, suo paese d'origine, dove è nato e cresciuto, per visitare i genitori. Detta Corte ha inoltre stabilito che l'organizzazione criminale, di cui il ricorrente è accusato di far parte (la N'drangheta calabrese), è effettivamente in grado, come affermato dal MPC, di garantire ai propri membri periodi di latitanza relativamente lunghi, per cui l'adozione di misure sostitutive meno restrittive della libertà non permetterebbe di escludere il pericolo di fuga.
3.2.2 Secondo la giurisprudenza, il pericolo di fuga non può essere valutato unicamente fondandosi sulla gravità del reato, anche se, tenuto conto dell'insieme delle circostanze, la prospettiva di una pena privativa della libertà personale di lunga durata consente spesso di presumerne l'esistenza (cfr. l'art. 44 cifra 1 PP; cfr., sull'influsso della durata della pena presumibile, DTF 128 I 149 consid. 2.2, 126 I 172 consid. 5a). L'esistenza di questo pericolo dev'essere esaminata tenendo conto di un insieme di criteri, quali il carattere dell'interessato, la sua moralità, le sue risorse, i legami con lo Stato dove è perseguito, come pure i suoi contatti con l'estero (cfr. DTF 125 I 60 consid. 3a e rinvii, 123 I 31 consid. 3d).
3.2.3 Certo, ritenuti i legami che il ricorrente intrattiene con la Svizzera, il pericolo di fuga non appare essere particolarmente manifesto. Neppure la circostanza che il ricorrente si rechi in Italia a trovare i suoi genitori, al suo dire una volta all'anno, comporta un evidente pericolo di fuga. Si può anche rilevare che, di massima, la scarcerazione non entra in linea di conto finché sussiste, come nella fattispecie, un pericolo di collusione. È comunque palese, che, nel rispetto del principio della proporzionalità, il MPC è tenuto a far avanzare celermente l'inchiesta, riducendo in tal modo il pericolo di collusione e permettere di esaminare concretamente la possibilità di adozione di misure sostitutive meno coercitive, quali il versamento di una cauzione, il deposito dei documenti di identità, l'obbligo di presentarsi presso un'autorità, ecc. (cfr. DTF 130 II 234 consid. 2.2).
3.2.4 La critica del ricorrente riguardo al momento del suo arresto, segnatamente sulla contestata necessità di arrestarlo durante il mese di novembre e non successivamente, concerne, in sostanza, l'implicita censura di violazione dei principi della celerità e della proporzionalità. Ora, nella procedura del controllo giudiziario della privazione della libertà, la censura di violazione del principio della celerità dev'essere esaminata solo in quanto il ritardo sia idoneo a mettere in discussione la legalità della carcerazione preventiva e a comportare la messa in libertà (DTF 128 I 149 consid. 2.2), estremi non realizzati nella fattispecie. Le considerazioni svolte in questo giudizio fanno apparire il provvedimento privativo della libertà ancora proporzionato.
4.
Il Tribunale federale dispensa, a domanda, una parte, che si trova nel bisogno e le cui conclusioni non sembrano dovere avere esito sfavorevole, dal pagare le spese processuali. L'indigenza è data quando l'istante possa far fronte alle spese processuali e alle ripetibili solamente facendo capo al minimo vitale necessario al suo sostentamento (DTF 125 IV 161 consid. 4a e rinvio). Spetta di principio all'istante dimostrare lo stato di bisogno e allegare alla domanda i ragguagli sul reddito, sul patrimonio, sull'insieme degli oneri finanziari e sulle sue necessità attuali (DTF 125 IV 161 consid. 4). L'istante, dopo essersi limitato nel ricorso a rilevare che l'istanza inferiore gli ha concesso solo il beneficio del gratuito patrocinio, il 25 gennaio 2005 ha prodotto i documenti che proverebbero la sua indigenza, senza tuttavia esporre concretamente la sua situazione finanziaria e motivare oltre la sua domanda (cfr. sentenza 1P.659/2000 del 12 febbraio 2001, consid. 3b/bb, apparsa in RDAT II-2001, n. 56, pag. 223).
Considerate nondimeno la situazione economica del ricorrente e la circostanza che il ricorso non appariva fin dall'inizio votato all'insuccesso, la domanda di assistenza giudiziaria e di gratuito patrocinio può essere accolta (art. 152 cpv. 1 e 2 OG).4.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Il ricorrente è posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria con il patrocinio dell'avv. Yasar Ravi. La Cassa del Tribunale federale corrisponderà a quest'ultimo un'indennità di fr. 1500.--. Non si preleva tassa di giustizia.
3.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico della Confederazione e alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale.
Losanna, 7 febbraio 2005
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere: