BGer 5A.3/2005
 
BGer 5A.3/2005 vom 16.06.2005
Tribunale federale
{T 0/2}
5A.3/2005 /viz
Sentenza del 16 giugno 2005
II Corte civile
Composizione
Giudici federali Raselli, presidente,
Escher, Meyer, Hohl, Marazzi,
cancelliere Piatti.
Parti
A.________,
ricorrente,
contro
B.________,
C.________,
opponenti,
entrambe patrocinate dall'avv. dott. Giorgio De Biasio,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.
Oggetto
assoggettamento di una particella ad autorizzazione
di acquisto secondo la LDFR,
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione
del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino del
23 novembre 2004.
Fatti:
A.
Il fondo n. 286 del registro fondiario (RF) di X.________ appartiene ai componenti della comunione ereditaria fu D.________. Il fondo, situato per metà circa fuori zona edificabile, è attualmente gestito in affitto - da oltre un ventennio - da A.________, allevatore di ovini. In vista di una alienazione del fondo a C.________ (già proprietaria della parcella contigua n. 287), i componenti della comunione ereditaria hanno chiesto alla Sezione dell'agricoltura del Dipartimento finanze ed economia del Cantone Ticino, in data 23 gennaio 2003, di accertare che il fondo non è assoggettato alla Legge federale sul diritto fondiario rurale (LDFR; RS 211.412.11). Con decisione 30 settembre 2003, la Sezione dell'agricoltura ha ritenuto che il mappale era escluso dal campo di applicazione della LDFR in ragione delle sue esigue dimensioni, e che pertanto la prevista vendita non necessitava di autorizzazione alcuna.
B.
Con decisione 4 maggio 2004 emanata su ricorso di A.________, il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha annullato la decisione della Sezione dell'agricoltura: il fondo in questione, seppure di esigua superficie, farebbe parte dell'azienda agricola gestita dal ricorrente, sebbene egli non ne sia proprietario. Pertanto, alla sua alienazione si applicherebbe la LDFR in virtù del suo art. 2 cpv. 3.
C.
Adito dall'acquirente in spe e da B.________, membro della comunione ereditaria, il Tribunale amministrativo del Cantone Ticino ha accolto il ricorso formulato contro la decisione del Consiglio di Stato e ripristinato la precedente decisione della Sezione dell'agricoltura, essenzialmente poiché tale fondo non sarebbe di proprietà di A.________.
D.
Contro la sentenza del Tribunale cantonale amministrativo, A.________ propone, in data 8 gennaio 2005, un ricorso di diritto amministrativo; inoltrato inizialmente in tedesco, il ricorrente vi ha fatto seguire una traduzione italiana in data 20 gennaio 2005.
Non è stato ordinato uno scambio di scritti.
Diritto:
1.
1.1 La sentenza impugnata è una decisione ai sensi dell'art. 5 della Legge federale sulla procedura amministrativa (PA; RS 172.021) pronunciata dall'istanza cantonale suprema, essa può fare oggetto di un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale (artt. 97 e 98 lit. g OG), tale rimedio non essendo escluso dagli artt. 99 a 102 OG. Peraltro, l'art. 89 LDFR prevede espressamente la via del ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale contro le decisioni prese dalle autorità cantonali di ultima istanza ai sensi degli artt. 88 cpv. 1 e 90 lit. f LDFR.
1.2 Giusta l'art. 103 lit. a OG, ha diritto di ricorrere chiunque è toccato dalla decisione impugnata ed ha un interesse degno di protezione all'annullamento o alla modificazione della stessa. Quando la legittimazione si fonda su questa norma, come è il caso nell'evenienza concreta, è richiesto che la parte ricorrente abbia partecipato alla procedura avanti all'autorità inferiore e che le sue conclusioni formulate in quella sede siano state respinte ("formelle Beschwer"; DTF 116 Ib 418 consid. 3a pag. 426; 123 II 115 consid. 2a pag. 117; 121 II 359 consid. 1b/aa pag. 362; 118 Ib 356 consid. 1a).
Nel caso concreto, questa esigenza è manifestamente soddisfatta, atteso che l'autorità di ricorso di prima istanza aveva dato ragione al ricorrente, che si è espresso avanti al Tribunale cantonale amministrativo chiedendo la reiezione del ricorso. In quanto affittuario di un fondo sfruttato in modo agricolo e parte facente valere la necessità di un'autorizzazione alla vendita giusta gli artt. 61 segg. LDFR, il ricorrente appare senz'altro legittimato ad impugnare la sentenza dell'ultima istanza cantonale, quantunque quest'ultima sia stata provocata da un'altra parte. Va in effetti rilevato che anche il ricorrente sarebbe stato senz'altro legittimato a richiedere una decisione di accertamento ai sensi dell'art. 84 LDFR, non fosse altro poiché interessato ad esercitare al momento opportuno il proprio diritto di prelazione che gli deriva dall'essere affittuario del fondo in oggetto (art. 47 LDFR; DTF 129 III 693 consid. 4 pag. 695 s.); dunque, dato che la nozione di interesse degno di protezione è espressa in termini identici tanto all'art. 84 LDFR quanto all'art. 103 lit. a OG, anche la sua legittimazione a ricorrere non fa dubbio.
1.3 Da ultimo, va rilevato che il gravame dell'8 gennaio 2005 appare tempestivo alla luce dei combinati artt. 106 cpv. 1 e 34 cpv. 1 lit. c OG: emerge dall'incarto, infatti, che la sentenza impugnata è stata intimata alle parti per raccomandata in data 25 novembre 2004, da cui si deduce che non ha potuto pervenire loro prima del giorno successivo. Poiché il ricorso è stato redatto in una lingua nazionale, poco importa che la sua traduzione in italiano, del tutto superflua (art. 30 cpv. 1 OG), sia stata trasmessa al Tribunale federale dopo lo scadere del termine di ricorso.
2.
2.1 Oggetto del contendere è un fondo di una superficie di circa 17 are, situato per metà circa in zona edificabile, di proprietà dei membri di una comunione ereditaria non titolari di un'azienda agricola: questi fattori, constatati dal Tribunale cantonale amministrativo, vincolano il Tribunale federale, atteso che il ricorrente non eccepisce che essi siano manifestamente inesatti o siano stati accertati in violazione di norme federali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG).
2.2 Il Tribunale cantonale amministrativo non si è occupato della qualità di azienda agricola che il ricorrente rivendica per la propria attività (art. 7 cpv. 1 LDFR), ma ha basato la propria decisione sulla constatazione che il fondo in oggetto non raggiunge la superficie minima esatta per il suo assoggettamento alla LDFR e che non fa parte di un'azienda agricola (art. 2 cpv. 3 LDFR). È implicito nel ragionamento della Corte cantonale che essa ha esaminato l'eventuale appartenenza del fondo in questione ad un'azienda agricola riguardo alla posizione del proprietario alienante e non dell'affittuario. Ciò è, di fatto, quanto altrettanto implicitamente eccepisce il ricorrente.
3.
La questione da dirimere è, dunque, quale sia la portata della riserva prevista all'art. 2 cpv. 3 LDFR, in virtù della quale non sottostanno alla medesima legge i fondi di superficie inferiore alle 25 are (15 are se vigne) "non facenti parte di un'azienda agricola".
3.1 La LDFR definisce azienda agricola un insieme di fondi, costruzioni e impianti agricoli che serve da base alla produzione agricola e che necessita di una determinata manodopera (art. 7 cpv. 1 LDFR). Per valutare se si sia in presenza di un'azienda agricola, sono da prendere in considerazione i fondi assoggettati alla legge (art. 2 LDFR), dando per scontato che si parla di fondi detenuti in proprietà (DTF 129 III 693 consid. 5.4 pag. 699). La legge aggiunge tuttavia che va tenuto conto pure, fra l'altro, dei fondi affittati per lunga durata (art. 7 cpv. 4 lit. c LDFR). Quest'ultima norma è evidentemente in contraddizione con il primato della proprietà (Beat Stalder, Die verfassungs- und verwaltungsrechtliche Behandlung unerwünschter Handänderungen im bäuerlichen Bodenrecht, tesi Berna 1993, pag. 94). Il Tribunale federale ha rilevato che il progetto di legge venne modificato in Parlamento con l'aggiunta, all'art. 7, di un cpv. 4 lit. c: il dibattito parlamentare dimostra tuttavia che con tale modifica il legislatore ha voluto permettere di tener conto dei fondi in affitto unicamente per determinare l'effettiva dimensione dell'azienda nell'ottica della manodopera necessaria per gestirla (DTF 129 III 693 consid. 5.3 pag. 698-699; 127 III 90 consid. 6a pag. 98 s.). Per contro, fondi in affitto non vanno considerati per determinare la superficie dell'azienda (DTF 129 III 693 consid. 5.4 pag. 699), e neppure per la stima del valore di reddito secondo l'art. 10 LDFR (per l'eccezione al divieto di frazionamento giusta l'abrogato art. 60 cpv. 1 lit. b LDFR, v. DTF 127 III 90 consid. 6 pag. 98).
3.2 Il Tribunale federale è giunto alla conclusione appena descritta nel contesto dell'art. 47 cpv. 2 lit. b LDFR, negando all'agricoltore interessato all'acquisto di un fondo fino a quel momento gestito in affitto la qualifica di proprietario o avente diritto economico secondo quella norma, poiché la superficie da lui detenuta in proprietà non soddisfaceva i requisiti di cui all'art. 7 cpv. 1 LDFR. Tuttavia, cosa debba intendersi per "azienda agricola" è questione da decidere di caso in caso ed a seconda del contesto in cui essa si pone (DTF 129 III 693 consid. 5.2 pag. 697). Qui, diversamente da quanto è il caso nelle DTF 129 III 186 e 693, non è in discussione la qualifica di titolare o avente diritto economico di un'azienda agricola, bensì l'appartenenza stessa di un fondo ad un'azienda agricola. Ci si deve allora chiedere se l'esclusione di fondi in affitto abbia una sua giustificazione pure in quest'ultima prospettiva. La portata del quesito è evidente: se un fondo fa parte di un'azienda agricola solo a condizione che appartenga in proprietà al titolare dell'azienda, tale condizione può trovare applicazione unicamente nei confronti dell'alienante, non potendosi ovviamente concepire una costellazione in cui l'acquirente sia nel contempo già proprietario del fondo ed interessato in qualità di affittuario. Ne consegue che un agricoltore titolare di un'azienda non potrebbe mai avvalersi dei privilegi che gli conferisce la LDFR, riguardo a terreni gestiti in affitto e detenuti in proprietà da persona non sottoposta alla LDFR. Se, invece, traendo spunto dalla formulazione aperta dell'art. 2 cpv. 3 LDFR, si ipotizza un'applicabilità della LDFR anche qualora il fondo di piccole dimensioni debba essere computato nell'azienda agricola di colui che lo sfrutta in affitto, quest'ultimo potrebbe avvalersi dei privilegi conferitigli dalla LDFR anche nei confronti del piccolo proprietario terriero altrimenti non toccato da quella legge.
3.3 In dottrina il problema è trattato solo superficialmente; nondimeno, entrambe le posizioni trovano sostenitori. Per tutti, l'interpretazione dell'art. 2 cpv. 3 LDFR non può essere disgiunta dalla definizione di azienda agricola dell'art. 7 LDFR, in particolare dalla portata che si vuole attribuire all'art. 7 cpv. 4 lit. c LDFR. Pertanto, chi si pronuncia in favore di una definizione di azienda agricola che tenga conto dei fondi in affitto (Christoph Bandli, in: Das bäuerliche Bodenrecht, Kommentar zum Bundesgesetz über das bäuerliche Bodenrecht vom 4. Oktober 1991, Brugg 1995, n. 31 ad art. 2 LDFR) sostiene coerentemente che debba essere considerato come appartenente ad un'azienda agricola pure il fondo affittato (Christoph Bandli, op. cit., n. 5 ad art. 2 LDFR). Chi, per contro, sostiene come l'appartenenza di un fondo ad un'azienda agricola debba determinarsi in ragione della proprietà sul fondo stesso (Eduard Hofer, in: Das bäuerliche Bodenrecht, Kommentar zum Bundesgesetz über das bäuerliche Bodenrecht vom 4. Oktober 1991, Brugg 1995, n. 13, 15 e 21 ad art. 7 LDFR), senza considerare fondi in affitto (Christina Schmid-Tschirren, Das bäuerliche Bodenrecht im Härtetest der Realität, in: Blätter für Agrarrecht [BlAR] 31 [1997] pag. 139-176, part. nota 20 pag. 143), giunge invece alla soluzione opposta.
3.4 Tutto considerato, quest'ultima posizione merita la preferenza.
3.4.1 Come già detto (supra, consid. 3.1, con rinvio a DTF 129 III 693 consid. 5.4 pag. 699), il concetto di appartenenza trae spunto dal concetto di proprietà, sua prima e più diretta espressione. Partendo da questa constatazione, va chiesto se sia opportuno e consono agli scopi della legge (DTF loc. cit.) considerare come appartenenti all'azienda, e dunque sottoporre al regime della LDFR, anche i fondi in affitto.
3.4.2 La risposta deve essere negativa. La genesi dell'art. 7 cpv. 4 lit. c LDFR operata dal Tribunale federale (supra, consid. 3.1) ha permesso di accertare che questa norma intende favorire la presa in conto di fondi presi in affitto unicamente allo scopo di determinare l'effettiva dimensione dell'azienda nell'ottica della manodopera necessaria per gestirla. Annacquare il forte rapporto di appartenenza che conferisce la proprietà in favore della ben più superficiale appartenenza che deriva dal mero affitto, sarebbe invece contrario allo scopo della legge di promuovere la conservazione delle aziende famigliari (art. 1 cpv. 1 lit. a LDFR; così in DTF 127 III 90 consid. 6a pag. 99). La tesi di un limitato ed eccezionale campo d'applicazione dell'art. 7 cpv. 4 lit. c LDFR è corroborata dalla constatazione che in numerosi altri contesti, nei quali l'appartenenza ad un'azienda è di primaria importanza, non si tiene conto dei fondi in affitto (supra, consid. 3.1 in fine). È dunque a ragione che una parte della dottrina deduce da quanto appena detto il principio secondo il quale - quando entrambe le parti gestiscono un'azienda agricola - fondi dati in affitto fanno parte dell'azienda del locatore e non di quella dell'affittuario (Christina Schmid-Tschirren, Im Spannungsfeld von Eigentümer- und Pächterinteressen, in: Blätter für Agrarrecht [BlAR] 32 [1998] pag. 41-66, part. pag. 47).
3.4.3 Ovviamente, trasporre questo principio alla norma che definisce il campo di applicazione della LDFR significa, come correttamente rileva il ricorrente, escludere dalla protezione garantita dalla stessa legge un gran numero di piccoli fondi. È anche vero che in determinate regioni, nelle quali l'agricoltura è svolta essenzialmente facendo capo ad una moltitudine di piccoli fondi, questa interpretazione della legge potrebbe apparire in contraddizione con gli scopi prefissati, in particolare la promozione della conservazione delle aziende famigliari (art. 1 cpv. 1 lit. a LDFR). Non va però dimenticato che la delimitazione del campo di applicazione della LDFR, e segnatamente l'esclusione dallo stesso dei piccoli fondi, risponde ad una precisa scelta legislativa, a sua volta scaturente da una ponderazione dei contrastanti interessi in gioco: il sostegno all'agricoltura da un lato, e la libera disposizione dei piccoli proprietari terrieri dall'altro. E il legislatore si è chiaramente pronunciato in favore di questi ultimi, decidendo di esentarli dalle costrizioni formali della LDFR e di facilitare la compravendita di tali fondi (Sandra Dosios Probst, La loi sur le droit foncier rural: objet et conditions du droit à l'attribution dans une succession ab intestat, tesi Losanna 2002, margin. 232 pag. 110 s., con rinvio ai lavori preparatori). Discutendo i medesimi lavori preparatori (segnatamente la proposta Couchepin di mantenere l'eccezione per piccoli fondi prevista dal Consiglio agli Stati), il Tribunale federale ha ricordato l'annotazione fatta a verbale dal relatore della Commissione del Consiglio nazionale Bundi (DTF 123 III 233 consid. 2c pag. 237): seppur la discussione fosse in quell'occasione incentrata sull'opportunità di considerare piccoli fondi separatamente oppure sommarne le superfici, emerge dal voto Bundi come fosse per tutti scontato che l'art. 2 cpv. 3 LDFR potesse riferirsi unicamente all'azienda agricola detenuta in proprietà, e obbligatoriamente interessare soltanto il proprietario titolare dell'azienda che prenda in considerazione di vendere (in tutto o in parte) i propri fondi agricoli (supra, consid. 3.2). Alla medesima conclusione sembra giungere anche Yves Donzallaz (Pratique et jurisprudence de droit foncier rural 1994-1998, Sion 1999, n. 39 ad art. 2 cpv. 3 LDFR pag. 43). La spiegazione che egli, più avanti, sembra voler addurre è che lo scopo della norma in questione consiste nella protezione delle strutture agricole esistenti. A tal fine, l'autore giudica opportuno non tanto intervenire restrittivamente sulle acquisizioni, quanto piuttosto impedire lo smantellamento di strutture agricole: egli preconizza allora che venga esaminata in un primo tempo la possibilità di scorporare il fondo in questione (Yves Donzallaz, op. cit., n. 50 ad art. 2 cpv. 3 LDFR, pag. 47).
3.5 Sebbene il Tribunale cantonale amministrativo ticinese non abbia del tutto analizzato la portata dell'eccezione formulata nell'ultima frase dell'art. 2 cpv. 3 LDFR, la motivazione addotta dai giudici cantonali lascia supporre che essi abbiano implicitamente presupposto il ragionamento testé illustrato (supra, consid. 2.2 in fine). Comunque sia, la loro conclusione secondo la quale il fondo in questione non sottostà alle limitazioni di disporre della LDFR, si rivela essere conforme al diritto federale; e ciò, indipendentemente dall'idoneità dell'impresa agricola del ricorrente a soddisfare i parametri di cui all'art. 7 cpv. 1 LDFR (come nel caso delle DTF 129 III 186 e 693), poiché ai sensi dell'art. 2 cpv. 3 LDFR ricadono sotto la stessa legge unicamente fondi di esigue dimensioni di proprietà dell'alienante e che fanno parte della sua azienda agricola.
4.
Di conseguenza, il ricorso non può che essere respinto, con conseguenza di tassa e spese a carico del ricorrente soccombente (art. 156 cpv. 1 OG). Non vi è, per contro, ragione di assegnare ripetibili alle resistenti, che non sono state invitate a proporre una risposta e non sono dunque incorse in spese necessarie (art. 159 cpv. 2 OG) per la sede federale.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
La tassa di giustizia di fr. 1'000.-- è posta a carico del ricorrente.
3.
Comunicazione alle parti e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché al Dipartimento federale di giustizia e polizia.
Losanna, 16 giugno 2005
In nome della II Corte civile
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere: