Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
4C.138/2005 /biz
Sentenza del 25 ottobre 2005
I Corte civile
Composizione
Giudici federali Corboz, presidente,
Klett, Rottenberg Liatowitsch, Nyffeler, Kiss,
cancelliera Gianinazzi.
Parti
A.________,
attrice e ricorrente,
patrocinata dall'avv. Mario Molo,
contro
Radiotelevisione Svizzera di Lingua Italiana RTSI,
convenuta e opponente,
patrocinata dall'avv. Franco Ramelli.
Oggetto
contratto di lavoro; discriminazione fondata sul sesso,
ricorso per riforma contro la sentenza emanata il
1° marzo 2005 dalla II Camera civile del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
A.________ si è laureata in storia e lettere a Friburgo nel 1973, dove ha pure assolto la scuola di giornalismo.
Il 1° agosto 1976 è stata assunta dalla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RTSI) come praticante e free lance. Nel 1983 è poi stata inserita in organico in 16esima classe, con la qualifica di "redattrice", raggiungendo il massimo salariale di questa classe nel 1988.
A partire dal 1995 A.________ ha chiesto a più riprese una ridefinizione della sua qualifica salariale per tenere conto della sua doppia funzione di giornalista e di regista. Le sue richieste sono state evase mediante il versamento di una gratifica di fr. 3'000.-- nel 1995 e di fr. 2'500.-- nel 1996.
A.a Ritenendosi discriminata rispetto ai cinque colleghi di sesso maschile che svolgevano un'attività comparabile (C.________, D.________, E.________, F.________ e G.________), i quali - diversamente da lei - erano inseriti in una classe superiore e, di conseguenza, guadagnavano di più, il 23 aprile 1997 A.________ si è rivolta all'Ufficio di conciliazione in materia di parità dei sessi.
Questa procedura è sfociata in una constatazione di mancata conciliazione, il 19 settembre 1997, visto il rifiuto opposto dalla RTSI alla proposta conciliativa formulata dal citato Ufficio.
A.b Nel 1997 è inoltre entrato in vigore un nuovo sistema remunerativo.
Con lettera del 17 dicembre 1997 (art. 64 cpv. 2 OG) la RTSI ha comunicato a A.________ di averla collocata - con effetto retroattivo al 1° gennaio 1997 - nella categoria "redattrice-documentarista DAC" del valore di 245 punti e uno stipendio annuo lordo di fr. 116'700.--.
C.________, D.________, F.________ e G.________ (E.________ è stato nel frattempo pensionato, art. 64 cpv. 2 OG) sono stati inseriti nella categoria "registi livello I", con 270 punti e uno stipendio annuo lordo di fr. 131'118.--.
B.
Il 16 dicembre 1997 A.________ ha adito la Pretura del Distretto di Lugano, sezione 1, chiedendo che venisse accertata la discriminazione sessuale attuata nei suoi confronti dalla RTSI, che venisse ordinata la cessazione dell'atteggiamento discriminatorio e che le venisse riconosciuto il diritto a fr. 165'143.-- oltre interessi al 5% a titolo di arretrato salariale al 31 dicembre 1997, importo ridefinito in fr. 295'570.-- con le conclusioni di causa.
Le sue pretese, avversate dalla RTSI, sono state parzialmente accolte. Dopo aver confrontato l'attività ed il percorso professionale di A.________ con quello dei cinque colleghi di sesso maschile da lei menzionati - e di tre altri colleghi entrati in RTSI dopo di lei - il Pretore è infatti giunto alla conclusione che l'attrice ha reso verosimile l'esistenza di una discriminazione salariale a suo danno fondata sul sesso (art. 6 LPar), e ciò sia con riferimento al sistema salariale vigente sino al 31 dicembre 1996 che a quello successivo, che ha comportato un ulteriore peggioramento della sua situazione. A fronte di ciò, la convenuta non è stata in grado di dimostrare che la differenza di trattamento fosse obiettivamente giustificata. Nella sentenza del 4 agosto 2003 il giudice ha pertanto accertato che la RTSI ha commesso una discriminazione salariale nei confronti dell'attrice ai sensi dell'art. 3 LPar, le ha ordinato di cessare la discriminazione e l'ha condannata a pagare, a titolo di arretrati salariali dal 23 aprile 1992 al 30 giugno 2003, l'importo di fr. 147'785.-- lordi, oltre interessi al 5%. Egli ha inoltre posto a carico della convenuta un'indennità per ripetibili di fr. 15'000.--.
C.
Ambedue le parti hanno presentato appello contro la pronunzia pretorile.
C.a A.________ ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, la convenuta venisse condannata a pagarle fr. 295'570.-- e fr. 18'000.-- di ripetibili.
Dal canto suo la RTSI ha proposto la reiezione della petizione e l'assegnazione di un'indennità per ripetibili di fr. 18'000.--.
C.b Con sentenza del 1° marzo 2005 la II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha respinto l'impugnativa di A.________ e accolto l'appello della RTSI.
In sintesi, pur ammettendo "l'esistenza tra i dipendenti della convenuta di discriminazioni nelle promozioni (passaggio da una classe a quella superiore)", la Corte cantonale ha negato, in concreto, una discriminazione fondata sul sesso, poiché dall'istruttoria è emerso che la differenza di statuto e di salario fra l'attrice ed i colleghi di sesso maschile trova una giustificazione oggettiva nella diversità delle loro attività. Il giudizio pretorile è stato dunque riformato e la petizione integralmente respinta.
D.
Contro questa decisione A.________ è insorta dinanzi al Tribunale federale, il 20 aprile 2005, sia con ricorso di diritto pubblico che con ricorso per riforma.
Prevalendosi della violazione degli art. 3 e 6 della Legge federale sulla parità dei sessi e di due sviste manifeste, con il secondo rimedio postula la modifica della sentenza impugnata nel senso di respingere l'appello della controparte e accogliere invece il suo.
Nella risposta del 25 maggio 2005 la RTSI propone la reiezione del gravame nella misura in cui è ammissibile.
Diritto:
1.
Qualora una sentenza cantonale venga impugnata sia con ricorso di diritto pubblico che con ricorso per riforma l'art. 57 cpv. 5 OG prevede che, di principio, il Tribunale federale soprassiede alla decisione sul ricorso per riforma sino al giudizio in merito al ricorso di diritto pubblico.
Per consolidata giurisprudenza, si può tuttavia derogare a questa regola se appare, come nel caso in rassegna, che la decisione sul ricorso di diritto pubblico non influirebbe comunque sull'esito del ricorso per riforma, dovendo questo rimedio venir accolto anche sulla base degli accertamenti di fatto eseguiti dall'autorità cantonale e criticati nell'impugnativa introdotta parallelamente (DTF 127 III 207 consid. 1 non pubblicato; 122 I 81 consid. 1; Poudret, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, vol. II, Berna 1990, n. 5 ad art. 57 OG).
2.
Il ricorso per riforma è ammissibile per violazione del diritto federale (art. 43 cpv. 1 OG).
Nel quadro di tale rimedio non possono, per contro, essere invocate la violazione di un diritto costituzionale (art. 43 cpv. 1 seconda frase OG) o la violazione del diritto cantonale (cfr. art. 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF 127 III 248 consid. 2c pag. 252).
Nella giurisdizione di riforma il Tribunale federale fonda il suo giudizio sui fatti così come sono stati accertati dall'ultima autorità cantonale, a meno che non siano state violate disposizioni federali in materia di prove, debbano venire rettificati accertamenti di fatto derivanti da una svista manifesta (art. 63 cpv. 2 OG) o si renda necessario un complemento degli stessi a norma dell'art. 64 OG (DTF 130 III 136 consid. 1.4 pag. 140). Tutte queste critiche e gli atti cui si riferiscono devono essere debitamente specificati (art. 55 cpv. 1 lett. b e d OG). Fatte salve queste eccezioni, censure contro l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento delle prove eseguiti dall'autorità cantonale sono improponibili, così come non si può far riferimento a circostanze non accertate nel giudizio impugnato, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF citato; 129 III 618 consid. 3).
Questi principi valgono anche qualora la procedura sia retta dalla massima inquisitoria, com'è il caso in esame, trattandosi di un litigio concernente la parità dei sessi (cfr. art. 343 cpv. 4 CO applicabile in virtù del rinvio contenuto nell'art. 12 cpv. 2 LPar; DTF 130 III 145 consid. 3.1.2 pag. 159).
3.
La legge federale sulla parità dei sessi (LPar; RS 151.1), in vigore dal 1° luglio 1996, concretizza il diritto costituzionale del divieto di discriminazione, direttamente applicabile in virtù dell'art. 8 cpv. 3 Cost., che sancisce il diritto ad un salario uguale per un lavoro di uguale valore.
Giusta l' art. 3 cpv. 1 e 2 LPar nei rapporti di lavoro uomini e donne non devono essere pregiudicati né direttamente né indirettamente a causa del loro sesso; il divieto si applica, fra l'altro, all'attribuzione dei compiti, alla retribuzione e alla promozione. Chi subisce una discriminazione ai sensi della predetta norma può chiedere di far cessare una discriminazione attuale, di accertare una discriminazione che continua a produrre effetti molesti, nonché di ordinare il pagamento del salario dovuto (art. 5 cpv. 1 lett. b-d LPar).
Dato che, nell'ambito di una controversia avente per oggetto una discriminazione a motivo del sesso sul posto di lavoro, la prova verte in genere su fatti relativi alla sfera d'influenza del datore di lavoro, il legislatore ha introdotto l'art. 6 LPar. Si tratta di una norma speciale rispetto all'art. 8 CC, che allevia l'onere della prova nel senso che l'esistenza di una discriminazione fondata sul sesso è presunta se la persona che se ne prevale la rende verosimile. In altre parole, non è necessario che il giudice sia pienamente convinto della fondatezza degli argomenti avanzati; basta ch'egli disponga d'indizi sufficienti per ritenere possibili le circostanze allegate, senza escludere conclusioni diverse (DTF 130 III 145 consid. 4.2 pag. 161 seg. con riferimenti dottrinali). Nella misura in cui una discriminazione è stata resa verosimile, l'art. 6 LPar impone al datore di lavoro di dimostrare che la differenza di trattamento si fonda su motivi obiettivi. Qualora non vi riesca, l'azione del dipendente va accolta, senza che sia necessario determinarsi sull'esistenza di una politica del personale sessista (DTF 127 III 207 consid. 3b in fondo pag. 213).
Sempre con riferimento alle regole di procedura cui sottostanno le vertenze in materia discriminazione fondata sul sesso merita di essere menzionato l'art. 12 LPar, che al secondo capoverso rinvia all'art. 343 CO. L'art. 343 cpv. 4 CO stabilisce che il giudice accerta d'ufficio i fatti e apprezza liberamente le prove. Ciò significa, d'un canto, ch'egli può e deve fondare il proprio giudizio su tutti i fatti rilevanti che emergono dalle tavole processuali, anche se le parti non li hanno invocati a sostegno delle loro pretese (DTF 107 II 233 consid. 2b pag. 236), e, dall'altro, che non è vincolato alle norme processuali cantonali che attribuiscono un diverso valore probatorio ai vari mezzi di prova (DTF 130 III 145 consid. 3.1.2 pag. 159).
4.
Venendo alla sentenza impugnata, si osserva che, nel primo considerando dedicato all'esame della fattispecie sotto il profilo giuridico, la Corte cantonale ha stabilito che "l'attrice non solo ha reso verosimile, ma ha provato l'esistenza tra i dipendenti della convenuta di discriminazioni nelle promozioni (passaggio da una classe a quella superiore)".
4.1 È stato infatti accertato che, accanto alle disposizioni del contratto collettivo vigente sino al 1997 (CCL 1985), la convenuta aveva instaurato un sistema di promozioni parallelo, ad personam, che ha permesso a taluni dipendenti di beneficiare di un trattamento preferenziale, grazie al quale hanno potuto ottenere particolari condizioni salariali, al di fuori degli schemi rigidi della convenzione collettiva. Fra coloro che hanno beneficiato della promozione ad personam - hanno proseguito i giudici del Tribunale d'appello - vi sono i cinque colleghi menzionati dall'attrice. Questi hanno usufruito della cosiddetta via parallela, per "funzioni allargate" nel gergo della convenuta, alla quale l'attrice non ha invece mai avuto accesso nonostante abbia ripetutamente chiesto un adeguamento della sua retribuzione, rimanendo così al massimo della 16esima classe.
Fatte le predette considerazioni, la Corte ticinese si è posta il quesito di sapere se tale situazione abbia provocato una discriminazione fondata sul sesso.
4.2 Secondo l'attrice, alla luce dell'accertamento introduttivo circa l'esistenza di discriminazioni nelle promozioni tale quesito sarebbe superfluo e porlo in questi termini violerebbe l'art. 6 LPar. Richiamandosi ad una sentenza emanata dal Tribunale federale il 19 gennaio 2001 in materia di discriminazione salariale (DTF 127 III 207), essa assevera infatti che - mutatis mutandis - "se è provata una discriminazione nelle promozioni vi è la presunzione che la stessa sia fondata sul sesso".
4.2.1 A torto. Nella menzionata pronunzia il Tribunale federale ha distinto fra due ipotesi, una sola delle quali comporta la presunzione di discriminazione. Contrariamente a quanto sembra sostenere l'attrice, l'esistenza di un trattamento salariale differenziato fra i vari dipendenti non basta per far apparire come probabile una discriminazione a motivo del sesso. Per contro, qualora venga riscontrata una differenza di remunerazione fra lavoratori di sesso opposto con una posizione simile e mansioni comparabili, si presume che questa sia di natura sessista (DTF 127 III 207 consid. 3b pag. 213 con rinvii). Tale giurisprudenza, seppur riferita ad un caso di discriminazione salariale, può essere applicata anche in ambito di promozioni.
4.2.2 In concreto, nonostante l'uso del termine "discriminatorio", la Corte cantonale non ha constatato che, in una situazione comparabile a quella dell'attrice, solo i cinque uomini hanno ottenuto la promozione. Il suo accertamento va piuttosto inteso nel senso che presso la convenuta vigeva una politica delle promozioni non trasparente, prova ne sia il fatto che, riprendendo l'espressione utilizzata da un teste, i giudici hanno affermato che la situazione contributiva presso la convenuta era una vera e propria "giungla" per certi aspetti e per certe persone.
4.3 In queste circostanze, la promozione dei cinque uomini non basta, da sola, a far nascere la presunzione secondo cui l'attrice sarebbe stata discriminata a causa del suo sesso.
Onde potersi pronunciare sul carattere discriminatorio di queste promozioni occorre mettere a confronto l'attività dell'attrice con quella svolta dai colleghi, per stabilire se la loro posizione in seno all'azienda all'epoca delle promozioni fosse comparabile oppure no.
5.
Prima di proseguire nella trattazione del gravame, è opportuno soffermarsi brevemente sul tema della lite.
Dopo aver introdotto la propria sentenza con l'affermazione secondo cui presso la convenuta esistevano discriminazioni nelle promozioni, la Corte cantonale ha infatti esaminato la fattispecie sotto il profilo della discriminazione salariale, passando direttamente all'analisi dei motivi addotti dalla convenuta per spiegare la differenza di stipendio. Ai fini del proprio giudizio, il tribunale ha confrontato l'attività dell'attrice con quella dei cinque colleghi uomini senza tenere conto dei rispettivi percorsi professionali né dell'eventuale evoluzione della loro attività a dipendenza del cambiamento di classe.
Questa impostazione non può essere condivisa. Come verrà meglio esposto nei successivi considerandi, l'attrice fonda le sue pretese proprio sulla circostanza che, una volta raggiunto nel 1988 il massimo della 16esima classe di salario, essa, nonostante le ripetute richieste tendenti a una ridefinizione della sua qualifica salariale per tenere conto della sua doppia funzione di giornalista e regista, non ha ottenuto nulla. I cinque colleghi di sesso maschile, che a suo dire svolgevano un'attività comparabile, hanno per contro beneficiato di promozioni in 17esima e 18esima classe, ciò che ha consentito loro di svolgere un'attività aggiuntiva (segnatamente la produzione in proprio di cicli di documentari) e, di conseguenza, di ottenere una migliore remunerazione. L'asserita discriminazione salariale si presenta pertanto come la conseguenza della discriminazione nelle promozioni e la fattispecie va esaminata sotto questo profilo, perlomeno fino al 31 dicembre 1996 (cfr. consid. 6-7). Il quesito che si pone con riferimento al periodo successivo è invece diverso, nella misura in cui occorre stabilire se, confrontata con quella dei colleghi di sesso maschile, la collocazione dell'attrice nel nuovo sistema remunerativo dia luogo ad una discriminazione salariale (cfr. consid. 8).
6.
Evidenziando di essere l'unica donna dell'ente a combinare le funzioni di giornalista e regista - affermazione, questa, che non risulta essere mai stata contestata dalla convenuta - l'attrice sostiene di essere rimasta bloccata nella 16esima classe a causa del suo sesso, visto che i colleghi uomini con un'attività comparabile hanno invece beneficiato di una promozione in una classe superiore.
6.1 Nella proposta conciliativa del 2 settembre 1997, versata agli atti sub doc. B, l'Ufficio di conciliazione in materia dei sessi ha aderito a questa tesi. In tale documento si legge infatti che "nella fattispecie è ravvisabile un modello classico di discriminazione, nel quale la donna, pur eseguendo le stesse mansioni dei colleghi, viene tenuta artificialmente in un grado di subordinazione che le impedisce di accedere alle classi di stipendio più elevate". Donde la proposta conciliativa, rifiutata dalla convenuta, di versare a A.________, a titolo di indennizzo globale per il periodo 1992-1996 la somma di fr. 22'645.--, corrispondente al 50% della differenza dei massimi di categoria tra la 16esima e la 18esima classe di stipendio negli anni 1995 e 1996.
6.2 Anche il Pretore è giunto ad analoga conclusione. Dopo aver stabilito che l'attività dell'attrice era comparabile a quella dei colleghi uomini, nonostante l'attività aggiuntiva da loro svolta, egli ha infatti rilevato che "la RTSI si è concentrata a dimostrare le ragioni che hanno condotto i signori F.________/D.________/C.________/ G.________/E.________ alle loro classi di stipendio, mentre non ha dimostrato perché l'attrice non è stata promossa dalla classe 16ma, seppure ad un livello inferiore rispetto agli altri".
6.3 La questione è stata affrontata e risolta diversamente nella sentenza impugnata.
Gli ultimi giudici ticinesi hanno accertato che l'attrice svolge il doppio ruolo di giornalista e regista nella realizzazione dei suoi documentari. Essa può essere definita "autrice" dei propri servizi, siccome in grado di cumulare, oltre alle capacità del giornalista (capacità di cogliere i punti principali di una tematica e stendere un certo ragionamento al riguardo), quelle del regista (mettere in immagine l'opera del giornalista) con un linguaggio personale riconoscibile nel prodotto finito. La similitudine con i colleghi di sesso maschile - prosegue la Corte cantonale - finisce qui. A differenza di questi l'attrice non si occupa, infatti, della produzione dei suoi lavori, vale a dire non gestisce il personale e gli aspetti finanziari che rimangono di competenza del produttore della rubrica in cui essa è inserita. Per contro, gli altri colleghi si occupano personalmente di tutti gli aspetti dei loro prodotti, curando oltre alla parte giornalistica e alla regia anche la produzione puntuale, nel senso di gestire sia il personale impegnato nella realizzazione dei cicli di documentari di cui si sono occupati sia il budget finanziario a loro attribuito. La circostanza che il prodotto finito venga visionato dal responsabile del dipartimento o dal produttore prima di essere diffuso - come avviene per l'attrice - nulla toglie alla differenza di attività: l'attrice era ed è impegnata come giornalista-regista di singoli documentari inseriti in una rubrica, sotto la responsabilità di un produttore, mentre C.________, F.________, D.________ e G.________ sono stati e sono di regola impegnati in progetti più articolati (cicli di documentari e/o fiction), che svolgono e producono in modo autonomo dall'inizio alla fine, coordinando e dirigendo l'attività dei collaboratori e il budget della produzione, benché talvolta lavorino anche con le rubriche.
Tenuto conto di quanto appena esposto, i giudici del Tribunale d'appello hanno concluso che la differenza di statuto e di salario tra i colleghi uomini e l'attrice trova una giustificazione oggettiva nella differenza di attività.
7.
Secondo l'attrice, negare l'esistenza di una discriminazione sessuale confrontando le attività svolte dai colleghi maschi dopo la promozione, cui essa non ha avuto accesso, sarebbe contrario all'art. 3 LPar.
La tesi ricorsuale può essere riassunta come segue. In sostanza l'attrice sostiene che, ai fini del giudizio sulla discriminazione, occorreva paragonare situazioni confrontabili e temporalmente congruenti. I giudici cantonali avrebbero dovuto accertare quali fossero le caratteristiche dell'attività dell'attrice e quelle dei cinque colleghi maschi al momento in cui essi sono stati inseriti in organico, quando sono stati promossi e quando hanno ottenuto l'attribuzione di compiti più vasti. Poiché la possibilità di produrre cicli presupponeva il passaggio ad una classe superiore a quella in cui essa era inserita, l'attrice afferma inoltre che questa attività non può costituire un criterio oggettivo per negare l'avvenuta discriminazione nel sistema di promozioni e di attribuzioni dei compiti.
7.1 La censura è ammissibile. In materia di parità salariale fra uomo e donna, le esigenze poste all'accertamento dei fatti, alla procedura probatoria e all'obbligo d'esame del giudice sono assai rigorose.
Nella giurisdizione per riforma il Tribunale federale verifica liberamente se i criteri in forza dei quali il datore di lavoro fissa i salari - rispettivamente procede alle promozioni - siano costituitivi di una discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, così come può controllare se l'autorità cantonale ha ossequiato le esigenze specifiche che il diritto federale, segnatamente l' art. 6 e 12 LPar , pone in materia di accertamento dei fatti e apprezzamento delle prove (DTF 130 III 145 consid. 3.1.2 pag. 158 seg.).
7.2 Gli argomenti sollevati dall'attrice sono pertinenti.
7.2.1 Dal giudizio impugnato si evince infatti solamente che prima di entrare nell'organico con uno stipendio fisso, come da convenzione collettiva, C.________, F.________ e G.________ collaboravano con la convenuta in base a contratti a onorario (contratti con retribuzione a prestazione). Quando poi li ha assunti, l'azienda li ha collocati in classi superiori alla 16esima per evitare un peggioramento dello stipendio e perché non svolgono le medesime mansioni dell'attrice. Infine, dopo la loro assunzione in organico, essi hanno "beneficiato della cosiddetta via parallela, per funzioni allargate nel gergo della convenuta".
La sentenza cantonale non contiene accertamenti precisi circa la formazione dei menzionati collaboratori, circa il momento in cui essi sono stati integrati in organico, in quale classe, con quale attività e con quale salario, né tantomeno espone la loro evoluzione professionale dopo l'assunzione. Sulla base degli accertamenti contenuti nel giudizio impugnato non è pertanto possibile stabilire se ed in quale misura la loro situazione fosse comparabile a quella dell'attrice.
Né è dato di sapere quale sia il significato dell'espressione "funzioni allargate". Ora, se con questa si intende il fatto che i colleghi di sesso maschile cumulavano più funzioni, non si può non osservare come tale fosse il caso anche dell'attrice, che cumulava il ruolo di giornalista e regista e poteva - come i cinque colleghi - essere considerata autrice del proprio prodotto. Questo ruolo non era contemplato nella 16esima classe, nella quale essa è rimasta sino al 31 dicembre 1996, sempre con la funzione di "redattrice". Stando a quanto accertato in sede cantonale, la 16esima classe comprendeva infatti: "capo settore, collaboratrice al programma, collaboratore specializzato, delegata alla produzione TV, redattore/giornalista, regista teatrale R, regista TV, specialista di settore".
7.2.2 Per quanto concerne più da vicino le promozioni, la Corte ticinese ha aggiunto che la descrizione delle funzioni era rigida e le persone giunte al massimo della classe di inserimento e senza prospettive di promozione come quadri aziendali si sono trovate in una "gabbia salariale". Pur avendo a disposizione la promozione ad personam per rimediare a questa rigidità - hanno osservato i giudici d'appello - la convenuta non poteva derogare sistematicamente al CCL nazionale per riconoscere i meriti di collaboratori qualificati. L'attrice è in sostanza vittima di questo sistema. La possibilità invece concessa ai cinque colleghi uomini di passare chi in 17esima chi in 18esima classe (a livello di un capo servizio o di un capo dipartimento), trova spiegazione nel loro campo di attività, più vasto di quello dell'attrice, comprendendo oltre alla parte giornalistica anche la regia e la produzione in una gamma di prodotti più ampia dei documentari nei quali essa è specializzata.
Ma queste considerazioni non bastano per escludere una discriminazione a motivo del sesso (sui motivi che possono giustificare una disparità di trattamento cfr. DTF 130 III 145 consid. 5.2 pag. 164 seg.). Anche se è vero che la convenuta non poteva sistematicamente derogare al sistema di classificazione vigente non va dimenticato che l'attrice ha raggiunto il massimo salariale della 16esima classe già nel 1988. L'elevato livello qualitativo del lavoro da lei svolto, completamente autonoma nel lavoro di regia dei documentari, e con eccellente padronanza del mezzo televisivo, è un dato di fatto. Come già esposto, essa veniva definita "autrice" dei propri documentari, siccome in grado di cumulare, oltre alle capacità del giornalista quelle del regista, con un linguaggio personale riconoscibile nel prodotto finito. Ciononostante non le è stato concesso di accedere alla 17esima classe. In altre parole, l'attrice è rimasta inserita nella 16esima classe per 14 anni, con la qualifica di redattrice, nonostante cumulasse la funzione di regista e giornalista, funzione non contemplata da tale classe.
Il rifiuto di una promozione non può di per sé essere giustificato dal fatto che l'attrice fosse specializzata nella realizzazione di documentari, a meno che la diversificazione del prodotto (documentari e fiction) fosse un presupposto indispensabile per la promozione, prevalente sulla diversificazione dell'attività (regista e giornalista). Su questo punto la sentenza cantonale è silente. Con riferimento alla produzione di cicli, occorre inoltre verificare l'affermazione dell'attrice - già proposta in sede cantonale, stando a quanto esposto nella sentenza impugnata al consid. 11, pag. 12 - secondo cui questa attività presupponeva il passaggio ad una classe superiore. Se tale fosse il caso, questa circostanza non potrebbe assurgere a motivo suscettibile di giustificare la differenza di trattamento fra l'attrice ed i colleghi.
7.3 Da quanto appena esposto discende che, per potersi pronunciare sull'asserita discriminazione nelle promozioni è innanzitutto necessario conoscere il percorso professionale dei colleghi uomini, sapere quale attività svolgevano quando sono stati assunti con regolare contratto, in quale classe e con quale funzione sono stati inseriti in organico nonché quando e per quale motivo hanno ottenuto l'accesso ad una o più classi superiori (cfr. quanto esposto al consid. 7.2.1). Qualora dovesse emergere che la situazione dell'attrice e quella dei colleghi uomini era comparabile - come da lei asserito - si dovrà ammettere che l'attrice ha reso verosimile l'esistenza di una discriminazione fondata sul sesso (art. 6 LPar). Sarà allora necessario esaminare i motivi addotti dalla convenuta per giustificare la differenza di trattamento (cfr. quanto già esposto al consid. 7.2.2).
Non trattandosi di questioni accessorie, il Tribunale federale non può completare il giudizio impugnato su questo punto (Poudret, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, vol. II, Berna 1990, n. 3.1 ad art. 64 OG, pag. 583). La causa va pertanto rinviata all'autorità cantonale in applicazione dell'art. 64 cpv. 1 OG, affinché proceda - sulla scorta degli atti del processo o mediante ulteriori provvedimenti istruttori, nei limiti previsti dal diritto cantonale - ad un completamento degli accertamenti di fatto e ad un nuovo apprezzamento delle prove, per poi emanare un nuovo giudizio (DTF 73 II 15).
7.4 In tale ambito la Corte ticinese dovrà pure tenere conto del fatto che, analogamente a quanto vale in caso di discriminazione salariale (Elisabeth Freivogel, op. cit., n. 101 ad art. 3 LPar), una differenza di trattamento è ammissibile solamente nella misura in cui essa corrisponda alla differenza di valore effettivo. Ciò significa che, quand'anche dovessero concludere che l'attrice non poteva pretendere le medesime promozioni dei colleghi uomini, i giudici non potranno limitarsi a respingere la petizione ma dovranno esaminare la proporzionalità della differenza di classe e, se lo scarto è troppo grande, correggerlo (cfr. DTF 125 II 530 consid. 6 pag. 539).
Una volta determinata - se del caso - la classe di salario cui l'attrice poteva aspirare, essi dovranno ordinare la correzione della situazione mediante il versamento della differenza fra il salario percepito e quello che avrebbe ottenuto se fosse stata promossa, con effetto a retroattivo a far tempo dalla data in cui la promozione è stata rifiutata e sino al 31 dicembre 1996. In concreto, tale momento si situa nel 1995, posto come - stando a quanto accertato nel giudizio impugnato in maniera vincolante - l'attrice non risulti aver chiesto prima una ridefinizione della sua qualifica salariale per tenere conto della doppia attività di giornalista e di regista (cfr. Elisabeth Freivogel, op. cit., n. 68 ad art. 3 LPar).
Un adeguamento della sua posizione secondo il vecchio sistema non può evidentemente entrare in considerazione, visto che esso non è più in vigore; semmai occorrerà "correggere" l'inserimento dell'attrice nel nuovo sistema di salario.
8.
In questo caso, si tratta di stabilire se la valutazione del suo lavoro e la conseguente collocazione nel nuovo sistema remunerativo, in vigore dal 1° gennaio 1997, siano discriminatorie rispetto a quelle dei colleghi uomini (cfr. DTF 130 III 145 consid. 3 pag. 158 segg.; cfr. Elisabeth Freivogel, op. cit., n. 108 segg. ad art. 3 LPar).
8.1 Stando a quanto accertato nel giudizio impugnato, dopo aver chiesto invano di passare nella categoria "regista", l'attrice è stata inserita in quella di "redattrice-documentarista" con 245 punti e fr. 116'700.-- lordi di stipendio.
C.________, D.________, F.________ e G.________ sono stati inseriti nella categoria "registi di livello I" con 270 punti e fr. 131'118.-- lordi di stipendio.
8.2 Secondo il Pretore, qualificare l'attrice quale "redattrice-documentarista" sarebbe contrario alla realtà delle cose vista l'importanza della componente di regia nel suol lavoro. Le risultanze istruttorie - di cui poteva e doveva tenere conto in applicazione dell'art. 343 cpv. 4 CO (cfr. quanto esposto al consid. 3) - lo hanno inoltre indotto a concludere che con il nuovo sistema retributivo la discriminazione di cui era vittima l'attrice si è ulteriormente aggravata, non solo nei confronti dei colleghi di cui già si è detto ma anche di altri tre: H.________, I.________ e L.________.
Nel sistema precedente questi si trovavano infatti nella 16esima classe, come l'attrice, nonostante svolgessero perlopiù una sola attività (regista o giornalista). Nel nuovo sistema H.________ l'ha superata, dato che è stato inserito nella categoria di "regista livello III" con 250 punti e fr. 120'727.75 di stipendio lordo, mentre I.________ e L.________ sono stati parificati a lei, benché da meno tempo alle dipendenze della convenuta e non possa venir loro riconosciuta la qualità di "autore".
8.3 Nella pronunzia criticata i giudici ticinesi, visto quanto deciso con riferimento all'ordinamento in vigore fino al 31 dicembre 1996, non hanno commentato il collocamento ed il salario di C.________, D.________, F.________ e G.________ nel nuovo sistema remunerativo. Né hanno preso posizione sul rifiuto opposto alla richiesta dell'attrice di venir inserita nella categoria dei registi.
Per quanto concerne la differenza di qualifica di H.________, hanno osservato ch'essa trova fondamento nelle attività da lui svolte nell'azienda: egli è stato coproduttore del settimanale di approfondimento 999 e ha una formazione tecnica più vasta, essendo stato cameraman e regista. Per quel che riguarda i colleghi L.________ e I.________, i giudici hanno rilevato ch'entrambi hanno una formazione universitaria e hanno maturato presso la convenuta un'esperienza pluriennale. La Corte d'appello ammette che all'attrice non è stato in pratica riconosciuto nessun vantaggio sui colleghi più giovani per la lunga anzianità nell'azienda e per la qualità del suo lavoro, ma ritiene che tale situazione sia da ricondursi al sistema di classifica, che prevede un tetto salariale massimo dopo un certo numero di anni, e non a una discriminazione a motivo del sesso.
8.4 Nel ricorso per riforma l'attrice, pur ribadendo di essere vittima di una discriminazione a motivo del sesso, non prende dettagliatamente posizione su queste considerazioni.
Giovi comunque osservare che nella sua valutazione la Corte cantonale ha trascurato il fatto (accertato) che A.________ ha perfezionato la propria formazione professionale nell'uso della videocamera digitale Sony VX 1000 E, con la quale confeziona documentari svolgendo la funzione di regista, giornalista, fonica e camerawoman. L'attrice rimprovera a ragione ai giudici ticinesi di essere incorsi in una svista manifesta (sulla definizione di svista manifesta ai sensi dell'art. 63 cpv. 2 OG cfr. DTF 115 II 399 consid. 2a) nel determinare il momento in cui si è svolta tale formazione, dato ch'essi l'hanno apparentemente situata in un periodo precedente al 1995, quando essa ha rivendicato la riqualificazione del proprio ruolo.
Non solo il doc. 5, citato dall'attrice, ma anche la sentenza di primo grado, a pag. 8, attesta infatti che la formazione è avvenuta nella prima parte del 1997. Sia come sia, tenuto conto di questa ulteriore attività dell'attrice (fonica e camerawoman), l'argomentazione addotta dalla Corte cantonale per giustificare la differenza di trattamento fra l'attrice e i colleghi più giovani non convince.
8.5 Ne discende che, anche per quanto riguarda il periodo successivo al 1° gennaio 1997, la causa viene rinviata all'autorità cantonale.
I giudici ticinesi dovranno completare gli accertamenti di fatto e pronunciarsi sull'esistenza dell'asserita discriminazione salariale a danno dell'attrice, confrontando la sua situazione con quella dei citati colleghi di sesso maschile - sia i quattro colleghi "storici" che quelli entrati in azienda dopo di lei - secondo le modalità già esposte ai consid. 7.3 e 7.4.
9.
In conclusione, il ricorso merita di essere accolto. La decisione impugnata è annullata e la causa rinviata all'autorità cantonale per nuovo giudizio, così come esposto ai consid. 7.3, 7.4 e 8.5.
Trattandosi di una controversia in materia di parità fra i sessi, non si preleva tassa di giustizia (art. 12 al. 2 LPar e art. 343 cpv. 3 CO). La soccombente dovrà tuttavia versare all'attrice un'indennità per spese ripetibili (art. 159 cpv. 1 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è accolto, la sentenza impugnata è annullata e la causa rinviata all'autorità cantonale per nuovo giudizio nel senso dei considerandi.
2.
Non si preleva tassa di giustizia. La convenuta rifonderà all'attrice fr. 5'000.-- per ripetibili della sede federale.
3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 25 ottobre 2005
In nome della I Corte civile
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera: