Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
4C.161/2005 /biz
Sentenza del 10 novembre 2005
I Corte civile
Composizione
Giudici federali Corboz, presidente,
Rottenberg Liatowitsch, Favre,
cancelliera Gianinazzi.
Parti
A.________SA,
convenuta e ricorrente,
patrocinata dall'avv. Aline Couchepin Romerio,
contro
B.________SA,
attrice e opponente,
patrocinata dall'avv. dr. Gianmaria Mosca.
Oggetto
contratto di locazione, disdetta, sfratto,
clausola compromissoria, competenza,
ricorso per riforma contro la sentenza emanata il
1° aprile 2005 della II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
Il 1° dicembre 1994 B.________SA (in qualità di locatrice) e A.________SA (in qualità di conduttrice) hanno stipulato un contratto di locazione avente per oggetto le superfici al piano cantina, al pianterreno, al primo e al secondo piano di un immobile a Lugano-Pazzallo, con relativi accessori e parcheggi. L'ente locato è adibito a discoteca.
Dopo aver modificato a più riprese il canone di locazione, il 6 aprile 2000, dinanzi all'Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Breganzona le parti si sono accordate per una pigione mensile di fr. 27'500.-- a decorrere dal 1° giugno 2000, pattuendo che le spese accessorie sarebbero state addebitate secondo conteggio finale. Nella medesima occasione A.________SA si è impegnata a versare fr. 125'000.-- a saldo di ogni pretesa reciproca sino al 31 dicembre 1999 nonché fr. 30'000.-- per conguaglio pigioni dell'anno 2000.
Viste le difficoltà incontrate nell'incassare gli importi pattuiti, l'8 marzo 2001 B.________SA ha ingiunto alla conduttrice di procedere alla consegna di fr. 152'500.-- entro il 10 aprile 2001, a titolo di arretrati di pigione e spese accessorie per il periodo gennaio 2000 - marzo 2001, con la comminatoria della disdetta del contratto in caso di mancato pagamento. A.________SA ha reagito il 23 marzo successivo, contestando il conteggio inviatole e rilevando la mancata messa a disposizione (sin dal 1994) di un magazzino, ciò che le avrebbe cagionato un costo di fr. 348'000.--. È seguita una seconda messa in mora, il 26 aprile 2001, nella quale la locatrice ha fissato un termine di trenta giorni per procedere al pagamento dell'arretrato, ridefinito in fr. 190'000.--, pena la rescissione del contratto. A.________SA ha risposto contestando nuovamente il conteggio sottopostole e ribadendo per il resto quanto già addotto nel precedente scritto.
Non essendo intervenuto alcun versamento entro il termine assegnato, il 13 giugno 2001 B.________SA ha notificato a A.________SA, su modulo ufficiale, la disdetta del contratto di locazione con effetto al 31 luglio 2001.
Donde l'attuale procedura giudiziaria.
B.
Il 6 luglio 2001 A.________SA ha adito l'Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Breganzona, contestando la validità della disdetta e comunicando l'intenzione di depositare fr. 87'500.--, ovverosia le pigioni a suo modo di vedere effettivamente dovute, ma tenute in sospeso a causa delle inadempienze contrattuali della controparte. Il preannunciato versamento ha avuto luogo il 2 agosto 2001.
Dal canto suo, il 3 agosto 2001 B.________SA si è rivolta alla Pretura del Distretto di Lugano, sezione 4, allo scopo di ottenere lo sfratto della conduttrice.
B.a Le due procedure sono state congiunte, conformemente a quanto previsto dall'art. 274g cpv. 1 CO.
Innanzi alla pretora A.________SA ha in primo luogo eccepito l'incompetenza del giudice ordinario, richiamandosi alla clausola arbitrale contenuta nel contratto di locazione. Nel merito, ha contestato la validità della disdetta, adducendo sia l'incertezza del credito fatto valere che l'esistenza di una pretesa di risarcimento danni per inadempienza contrattuale, posta in compensazione. Infine, la conduttrice ha esposto una serie di circostanze suscettibili di dimostrare che la disdetta per mora era contraria alle regole della buona fede.
Statuendo il 7 settembre 2004 la giudice ha respinto l'istanza di contestazione della disdetta e accolto quella di sfratto.
B.b La pronunzia di primo grado ha trovato integrale conferma nella sentenza emanata dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino il 1° aprile 2005. Così come la giudice di primo grado, anche la massima istanza ticinese ha infatti respinto l'eccezione d'incompetenza del giudice e disatteso gli ulteriori argomenti della conduttrice.
C.
Tempestivamente insorta dinanzi al Tribunale federale con un ricorso per riforma fondato sulla violazione di varie norme del diritto federale, A.________SA postula l'annullamento e la modifica della predetta sentenza nel senso di accogliere l'appello e, di conseguenza, respingere in ordine l'istanza di sfratto a causa dell'incompetenza dell'autorità giudiziaria adita oppure accogliere l'istanza di contestazione della disdetta e rigettare quella di sfratto.
Nelle osservazioni del 12 luglio 2005 B.________SA ha proposto la reiezione del gravame in quanto ammissibile.
Diritto:
1.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio esperito (DTF 129 III 750 consid. 2 con rinvio).
Interposto in tempo utile (art. 54 OG) dalla parte soccombente contro una sentenza finale emanata dall'ultima istanza cantonale (art. 48 cpv. 1 OG) in una causa con un valore litigioso superiore a fr. 8'000.-- (art. 46 OG; sulle modalità di calcolo in questo ambito cfr. DTF 119 II 147 consid. 1 pag. 149 e 111 II 384 consid. 1), il ricorso si avvera, sotto questo profilo, ricevibile.
2.
In primo luogo occorre esaminare la questione della competenza dell'autorità giudiziaria statale. La conduttrice nega infatti al giudice ordinario la competenza per pronunciarsi sul litigio in rassegna perché nel contratto di locazione era stato pattuito che le controversie derivanti dal rapporto di locazione sarebbero state sottoposte ad un tribunale arbitrale.
2.1 Così come la giudice di primo grado, anche la massima istanza ticinese ha respinto l'eccezione d'incompetenza sollevata dalla conduttrice, avendo lei stessa adito l'Ufficio di conciliazione senza riserva alcuna. La Corte cantonale ha precisato che la scelta della procedura arbitrale implica la rinuncia all'intervento dell'autorità di conciliazione e dell'autorità giudiziaria cumulativamente; nulla impone di rivolgersi all'Ufficio di conciliazione prima di adire il tribunale arbitrale previsto contrattualmente. Ne segue che, inoltrando l'istanza di conciliazione senza nessun accenno alla prevista procedura arbitrale, la conduttrice ha rinunciato per atti concludenti a prevalersi della clausola arbitrale.
2.2 Secondo la conduttrice, invece, l'istituzione di un tribunale arbitrale in una clausola compromissoria non implica necessariamente l'esclusione cumulativa della competenza del giudice e dell'autorità di conciliazione, tant'è vero che l'art. 13 cpv. 2 del Concordato intercantonale sull'arbitrato (CIA) prevede la possibilità di istituire una procedura di conciliazione prima di quella arbitrale. Trattandosi di due procedure distinte è senz'altro possibile escludere solamente la competenza del giudice, mantenendo intatta quella dell'autorità di conciliazione.
Per sapere quale fosse la volontà delle parti - prosegue la conduttrice - è necessario procedere all'interpretazione dell'accordo da loro concluso. Pur ammettendo la priorità dell'interpretazione letterale delle dichiarazioni scritte, essa ritiene in concreto determinante il comportamento assunto dalle parti dopo la conclusione del contratto. Il fatto di aver adito ripetutamente l'ufficio di conciliazione dimostrerebbe infatti, a suo modo di vedere, la volontà di non escludere anche la competenza di tale autorità. In queste circostanze, la conclusione della Corte cantonale - secondo cui inoltrando l'istanza di conciliazione senza nessun accenno alla prevista procedura arbitrale la conduttrice avrebbe rinunciato per atti concludenti a prevalersi della clausola arbitrale - risulta, sempre a mente della convenuta, lesiva dell'art. 18 CO in concomitanza con gli art. 273 e 274 CO .
2.3 Seppur non privi di pertinenza, questi argomenti sono destinati all'insuccesso.
2.4 L'art. 273 CO stabilisce in effetti la competenza materiale dell'autorità di conciliazione a giudicare i litigi concernenti la contestazione della disdetta (DTF 118 II 307 consid. 3 pag. 309).
Dall'art. 274c CO risulta tuttavia, e contrario, che nell'ambito della locazione di locali commerciali, a differenza di quanto previsto per le liti concernenti locali di abitazione, le parti possono escludere - mediante convenzione o per atti concludenti - la competenza dell'autorità di conciliazione a favore dei tribunali arbitrali designati nel contratto (cfr. sentenza inedita del 4 gennaio 1996 nella causa 4C.255/1995 consid. 2e).
Una violazione dell'art. 273 CO non entra dunque in linea di conto.
2.5 Come rettamente asseverato nel gravame, l'istituzione di un tribunale arbitrale non esclude necessariamente l'autorità di conciliazione ed in caso di disaccordo è necessario procedere ad un'interpretazione della clausola arbitrale in applicazione dell'art. 18 CO.
2.5.1 L'affermazione della Corte cantonale, per cui la scelta di deferire le controversie concernenti il rapporto di locazione ad un tribunale arbitrale implica la rinuncia all'intervento dell'autorità di conciliazione e dell'autorità giudiziaria cumulativamente, deve infatti essere sfumata nel senso che, in presenza di una clausola compromissoria che stabilisce genericamente la competenza dell'autorità arbitrale, ovverosia di uno o più privati scelti dalle parti, si presume anche l'esclusione dell'autorità di conciliazione, trattandosi di un organo giurisdizionale statale in senso lato (cfr. anche Roger Weber in: Basler Kommentar, n. 3 ad art. 274c CO).
Per lo stesso motivo, qualora le parti compaiano dinanzi all'autorità di conciliazione senza formulare riserve, si suppone ch'esse intendano riconoscere la competenza dell'autorità giudiziaria statale anche per il seguito della procedura, a meno che nel patto d'arbitrato sia stato convenuto di adire il tribunale arbitrale solamente dopo l'intervento dell'autorità di conciliazione (SVIT-Kommentar, n. 2 ad art. 274c CO).
Lo stesso art. 13 cpv. 2 CIA, citato nell'allegato ricorsuale, prevede d'altro canto che il procedimento arbitrale è considerato aperto a partire dall'inizio della procedura di conciliazione "se il regolamento arbitrale riconosciuto dalle parti o il patto d'arbitrato prevede una procedura di conciliazione". Ne discende che se il patto d'arbitrato non contempla una simile procedura, il procedimento arbitrale implica unicamente la competenza del tribunale arbitrale.
In altre parole, la decisione di adire l'autorità di conciliazione non comporta la rinuncia al tribunale arbitrale qualora questa istanza sia stata prevista nel patto d'arbitrato.
2.5.2 Ora, la clausola compromissoria inserita nel contratto in esame non menziona la procedura di conciliazione. Al punto 16 di tale documento si legge infatti che "Ogni controversia concernente il contratto, segnatamente circa l'esistenza, la validità, l'interpretazione e l'esecuzione dello stesso, è deferita ad un tribunale arbitrale composto da tre membri. (...)".
Secondo costante prassi, anche le clausole compromissorie vanno interpretate secondo i principi sviluppati in applicazione dell'art. 18 CO (DTF 116 Ia 56 consid 3). Dovendosi procedere all'interpretazione di dichiarazioni scritte, ci si riferisce in primo luogo al tenore delle stesse (DTF 129 III 702 consid. 2.4.1 pag. 707).
È vero, come osservato anche dalla conduttrice, che la presenza di un testo chiaro non esclude la possibilità di ricorrere ad altri criteri d'interpretazione (DTF 130 III 417 consid. 3.2 pag. 425); ciononostante, non ci si scosterà dal testo chiaro adottato dagli interessati quando non v'è nessun serio motivo che induca a ritenere ch'esso non corrisponde alla loro volontà (DTF 128 III 265 consid. 3a).
In concreto, come già detto, la clausola compromissoria non contiene il benché minimo accenno all'Ufficio di conciliazione sicché non è possibile desumere dal tenore della pattuizione contrattuale l'esistenza di un accordo al riguardo. Né la conduttrice pretende il contrario.
Essa reputa rilevante l'atteggiamento assunto dalle parti dopo la stipulazione della clausola compromissoria, indicativo del senso ch'esse volevano realmente attribuire alla predetta clausola (cfr. DTF 129 III 675 consid. 2.3 pag. 680). A suo modo di vedere, il fatto di aver ripetutamente adito l'ufficio di conciliazione dimostrerebbe infatti che esse non intendevano escludere l'intervento di tale autorità. Questa argomentazione non può essere seguita, considerato come - stando a quanto accertato in sede cantonale, in maniera vincolante per il Tribunale federale (art. 55 cpv. 1 lett. c e 63 cpv. 2 OG) - dinanzi all'autorità di conciliazione nessuna delle parti, la conduttrice per prima, abbia mai accennato alla clausola compromissoria. Simile comportamento conforta piuttosto la conclusione dei giudici ticinesi, secondo i quali, inoltrando l'istanza di conciliazione senza nessun accenno alla prevista procedura arbitrale, la conduttrice ha rinunciato per atti concludenti a prevalersi della clausola compromissoria, mettendosi nella stessa situazione della parte che chiamata in giudizio avanti il giudice statale entra nel merito del litigio e non può più, allora, prevalersi dell'eccezione di proroga della giurisdizione avanti ad un tribunale arbitrale.
2.6 Alla luce di tutto quanto esposto, la decisione della Corte cantonale sulla competenza del giudice ordinario non viola il diritto federale.
Su questo punto il ricorso va pertanto respinto siccome infondato.
3.
Per il resto, esso deve invece venir dichiarato inammissibile siccome rivolto contro l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento delle prove operati in sede cantonale.
3.1 Giovi rammentare che nella giurisdizione di riforma il Tribunale federale fonda il suo giudizio sui fatti così come sono stati accertati dall'ultima autorità cantonale, a meno che siano state violate disposizioni federali in materia di prove, debbano venire rettificati accertamenti di fatto derivanti da una svista manifesta (art. 63 cpv. 2 OG) o si renda necessario un complemento degli stessi a norma dell'art. 64 OG (DTF 130 III 136 consid. 1.4 pag. 140), ovverosia mediante fatti allegati da una parte in sede cantonale in modo conforme alle norme sulla procedura, ma ritenuti a torto dall'autorità cantonale come irrilevanti o da essa negletti a causa dell'errata comprensione del diritto federale (DTF 130 III 102 consid. 2.2 pag. 106; 127 III 248 consid. 2c con rinvii). Tutte queste critiche e gli atti cui si riferiscono devono essere debitamente specificati (art. 55 cpv. 1 lett. b e d OG). Fatte salve queste eccezioni, censure contro l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento delle prove eseguiti dall'autorità cantonale sono improponibili, così come non si può far riferimento a circostanze non accertate nel giudizio impugnato, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF già citati e 129 III 618 consid. 3).
Nulla muta, contrariamente a quanto pare ritenere la conduttrice, l'art. 43 cpv. 4 OG. Tale norma assimila in effetti l'apprezzamento giuridico erroneo di un fatto alla violazione del diritto federale prevista dall'art. 43 cpv. 1 OG, ma l'apprezzamento giuridico di un fatto altro non è che la sua qualificazione giuridica (sussunzione). In sostanza, dunque, il capoverso 4 non aggiunge nulla a quanto già stabilito al capoverso 1 (DTF del 16 novembre 1993 consid. 3b pubblicato in: SJ 1995 pag. 794; Poudret, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, vol. II, Berna 1990, nota 5 ad art. 43 OG, pag. 178).
3.2 In concreto, come rettamente rilevato dalla locatrice nelle sue osservazioni, nonostante il richiamo al diritto federale, le censure ricorsuali concernenti il giudizio sull'eccezione "non adimpleti contractus" (art. 82 CO) e sulla notifica della disdetta in buona fede (art. 271 CO) si esauriscono proprio in un'inammissibile critica all'accertamento dei fatti e all'apprezzamento delle prove.
3.2.1 La Corte cantonale ha stabilito che, quand'anche nei suoi scritti la conduttrice avesse validamente invocato l'eccezione "non adimpleti contractus", le premesse per far capo all'art. 82 CO non sarebbero comunque date poiché l'ente locato è stato regolarmente utilizzato ed il mancato uso del magazzino non avrebbe in nessun caso giustificato il mancato pagamento dell'intera pigione, ma semmai solo di una parte di essa.
Ora, pur dolendosi della violazione dell'art. 82 CO, gli argomenti addotti dalla conduttrice non vertono sull'applicazione del diritto ma sui fatti sui quali questa si basa. All'autorità d'appello viene infatti rimproverato di aver sbagliato nel ritenere che l'eccezione non era stata correttamente invocata, di aver accertato a torto che l'ente locato era stato regolarmente utilizzato - visto che il piano cantina non aveva mai potuto essere utilizzato - e di essere incorsa in un errore considerando che la conduttrice avrebbe trattenuto l'intera pigione.
Sennonché, come già detto, si tratta di questioni riguardanti l'accertamento dei fatti, che avrebbero potuto fare l'oggetto di un ricorso di diritto pubblico fondato sul divieto dell'arbitrio, ma che nella giurisdizione per riforma non possono venir riesaminate.
3.2.2 Ad analoga conclusione si deve giungere con riferimento all'asserita violazione dell'art. 271 CO, giusta il quale la disdetta può essere contestata se contraria alle regole della buona fede.
Dinanzi al Tribunale federale la conduttrice adduce in particolare che la disdetta sarebbe stata notificata per imporle - dopo 8 (recte 6) anni di trattative infruttuose (dal 1994 al 2000) - modifiche unilaterali del contratto sfavorevoli e un adeguamento della pigione.
Ma il motivo all'origine della disdetta attiene ai fatti (cfr. DTF 127 III 86 consid. 2a pag. 88, anche se riferito alla rescissione di un rapporto di lavoro, e la sentenza inedita dell'8 settembre 2004 nella causa 4C.176/2004 consid. 2.2) e i fatti accertati in maniera vincolante nella sentenza impugnata differiscono assai da quelli presentati nel gravame. L'esistenza di negoziazioni contrattuali sin dal 1994 non trova nessun riscontro nel giudizio criticato, nel quale è stato al contrario accertato che nell'aprile 2000 le parti hanno definitivamente liquidato le reciproche pretese sino al 31 dicembre 1999 e hanno concordato, per il periodo successivo, una pigione mensile di fr. 27'500.--. La Corte ticinese ha invero ammesso che successivamente la conduttrice ha firmato un nuovo contratto, non sottoscritto dalla locatrice, e che fra le parti erano sorte nuove problematiche riguardanti i posteggi e l'intenzione di ridurre la pigione per la mancata messa a disposizione del magazzino; essa ha tuttavia reputato queste circostanze inconferenti, siccome risalenti al maggio 2000 e quindi prive di attinenza diretta ed immediata con la procedura di disdetta per mora, di un anno dopo, giustificata dagli importanti arretrati di pigione che la conduttrice andava accumulando. Il fatto di condurre delle negoziazioni non esimeva la conduttrice dal pagare la pigione, perlomeno quella parte che riteneva giustificata.
4.
Considerato tutto quanto precede, il ricorso per riforma dev'essere respinto nella misura in cui è ammissibile.
Gli oneri processuali e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 159 cpv. 1 e 2 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
La tassa di giustizia di fr. 6'000.-- è posta a carico della convenuta, la quale rifonderà all'attrice fr. 7'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale.
3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 10 novembre 2005
In nome della I Corte civile
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera: