Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
1S.3/2006 /biz
Sentenza del 2 marzo 2006
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Féraud, presidente,
Reeb, Eusebio,
cancelliere Crameri.
Parti
A.________, attualmente in detenzione preventiva, ricorrente, patrocinato dall'avv. Ernesto Ferro,
contro
Ministero pubblico della Confederazione,
Sede distaccata Lugano, via Sorengo 7,
casella postale, 6900 Lugano 3,
Ufficio dei giudici istruttori federali,
Taubenstrasse 16, 3003 Berna,
Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, casella postale 2720, 6501 Bellinzona.
Oggetto
domanda di scarcerazione,
ricorso contro la sentenza emanata il 22 dicembre 2005 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale.
Fatti:
A.
Il 23 agosto 2004 A.________ è stato arrestato all'aeroporto di Zurigo nell'ambito di un'inchiesta aperta nei confronti suoi e di altre persone dalla polizia giudiziaria federale per infrazione alla legge federale sugli stupefacenti ( art. 19 n. 1 e 2 LStup ), per partecipazione a un'organizzazione criminale (art. 260ter CP) e per riciclaggio (art. 305bis CP); è stato posto immediatamente in detenzione preventiva. Il 25 agosto 2004 il giudice istruttore federale, accertata l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza e ritenuta l'esistenza dei pericoli di collusione e di fuga, ha convalidato l'arresto. In seguito l'inchiesta è stata estesa anche ai reati di falsità in documenti (art. 251 CP), aggressione (art. 134 CP) e coazione (art. 181 CP).
B.
L'11 novembre 2004 la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale ha respinto un reclamo dell'arrestato contro il rifiuto del Ministero pubblico della Confederazione (MPC) di concedergli la libertà provvisoria. Con decisione del 26 gennaio 2005 la Corte dei reclami penali ha respinto un secondo reclamo in materia di scarcerazione presentato dall'indagato. Il 23 aprile 2005 il detenuto ha presentato una nuova domanda di scarcerazione, respinta il 2 maggio 2005 dal MPC. L'arrestato, contestando principalmente l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza a suo carico, ha allora adito la Corte dei reclami penali che, con sentenza del 17 giugno 2005, ha respinto il reclamo.
Con sentenza dell'11 ottobre 2005 il Tribunale federale, in parziale accoglimento di un ricorso presentato dal detenuto, ha annullato questa decisione e ha trasmesso la causa per competenza al giudice istruttore federale (causa 1S.19/2005) che, con decisione del 25 novembre 2005, ritenuti gravi indizi di reato e i rischi di collusione e di fuga, ha respinto la domanda di scarcerazione. Mediante giudizio del 22 dicembre 2005 la Corte dei reclami penali ha respinto, in quanto ammissibile, un relativo reclamo del detenuto.
C.
A.________ impugna questa sentenza con ricorso al Tribunale federale. Chiede di annullare la decisione impugnata, di scarcerarlo immediatamente e di concedergli il beneficio dell'assistenza giudiziaria. Dei motivi si dirà, in quanto necessario, nei considerandi.
La Corte dei reclami penali, riconfermandosi nella sua sentenza, propone di respingere il ricorso in quanto ammissibile, conclusione formulata anche dal MPC nelle proprie osservazioni, nel quadro delle quali ha prodotto, informandone il ricorrente, il verbale di confronto del 1° febbraio 2006 tra questi e l'imputato B.________. Il giudice istruttore federale, rinunciando a formulare osservazioni, conclude per la reiezione del gravame. Nella replica dell'8 febbraio 2006 il ricorrente, che ha potuto esprimersi anche sugli atti prodotti dal MPC, si riconferma nelle sue allegazioni e conclusioni. Con lettera del 27 febbraio 2006 A.________ ha sollecitato di persona la sua scarcerazione.
Diritto:
1.
1.1 Secondo l'art. 33 cpv. 3 lett. a della legge sul Tribunale penale federale, del 4 ottobre 2002 (LTPF; RS 173.71), fino all'entrata in vigore della revisione totale dell'OG, le decisioni della Corte dei reclami penali concernenti misure coercitive sono impugnabili mediante ricorso al Tribunale federale, entro 30 giorni dalla notifica, per violazione del diritto federale; la procedura è retta dagli art. 214-216, 218 e 219 PP, applicabili per analogia (cfr. DTF 130 I 234 consid. 2.1, 130 II 306 consid. 1.2).
1.2 La decisione con la quale la Corte dei reclami penali conferma il mantenimento della detenzione preventiva, ordinata per i bisogni di una procedura penale condotta dal MPC, costituisce una misura coercitiva impugnabile dinanzi alla I Corte di diritto pubblico del Tribunale federale (art. 2 cpv. 1 cifra 4 del regolamento del Tribunale federale, secondo la modifica del 23 marzo 2004). Il ricorso, tempestivo, diretto contro il mantenimento della detenzione preventiva, è quindi ammissibile (DTF 131 I 52 consid. 1.2.2, 130 II 306 consid. 1.2.2).
1.3 Il ricorrente contesta in primo luogo le indennità di fr. 3'000.--, rispettivamente di fr. 2'500.--, assegnate nei giudizi del 17 giugno e del 22 dicembre 2005 al suo difensore d'ufficio dalla Corte dei reclami penali, che ha ritenuto eccessivo il dispendio temporale indicato dal legale nelle note spese di fr. 12'878.10, rispettivamente di fr. 9'841.55.
Queste censure, come già indicato nella sentenza dell'11 ottobre 2005, sono inammissibili. In effetti, il ricorso contro decisioni della Corte dei reclami penali è dato unicamente contro misure coercitive secondo l'art. 33 cpv. 3 lett. a LTPF. Ora, la questione dell'ammontare dell'indennità dell'avvocato d'ufficio non costituisce manifestamente una misura coercitiva, per cui questo quesito, sul quale si diffonde il ricorrente, non può essere esaminato nel merito (DTF 131 I 52 consid. 1.2.3 pag. 55 e rinvii; sentenze 1S.3/2004 del 13 agosto 2004 consid. 2.3, 1S.1/2005 del 27 gennaio 2005 consid. 2.1 e 1S.31/2005 del 6 febbraio 2006 consid. 5.2, destinata a pubblicazione; cfr. anche sentenza 6S.15/2005 del 12 maggio 2005).
1.4 Nella decisione impugnata la Corte dei reclami penali ha dichiarato irricevibile la domanda di ricusa del giudice istruttore federale, formulata a titolo subordinato dal ricorrente, perché da una discussione telefonica del 24 novembre 2005 con il magistrato ricusato sarebbe emersa l'esistenza di contatti informali tra quest'ultimo e il MPC, nell'ambito dei quali, in assenza del ricorrente, avrebbero disquisito il merito della procedura. La Corte dei reclami penali ha ritenuto che l'istanza di ricusa, presentata formalmente in data 28 novembre 2005, ossia posteriormente alla decisione di rifiuto della scarcerazione del giudice istruttore, del 25 novembre precedente, era irricevibile.
1.4.1 Questa tesi è infondata. In effetti, dagli atti di causa risulta che il ricorrente ha immediatamente criticato l'asserito agire del magistrato, prima con una lettera del 24 novembre 2005 e poi con l'istanza formale del 28 novembre successivo. La decisione di rifiuto della scarcerazione, del 25 novembre 2005, gli è stata intimata, come non contestato dalle parti, il 1° dicembre 2005. La sua istanza era quindi, e manifestamente, tempestiva. Per di più, nella risposta del 28 novembre 2005 allo scritto del 24 novembre precedente, il giudice istruttore, sostenendo ch'essa sarebbe priva di fondamento, essendo verosimilmente frutto di personali supposizioni dovute a un'eventuale incomprensione linguistica, neppure ha accennato all'emanazione, già avvenuta, della sua decisione.
1.4.2 Questa conclusione non comporta tuttavia l'accoglimento del ricorso. La Corte dei reclami penali ha infatti ritenuto, a titolo abbondanziale, che le critiche del reclamante costituiscono mere affermazioni di parte prive di ogni riscontro oggettivo, ragione per cui la domanda di ricusa avrebbe dovuto essere respinta. Al riguardo il ricorrente si limita a sostenere d'aver rilevato, nella sua replica dinanzi alla Corte dei reclami penali, che il giudice istruttore e il MPC non avrebbero contestato la criticata discussione bilaterale. L'assunto è privo di consistenza. Nelle osservazioni del 13 dicembre 2005, il magistrato interessato ha in effetti espressamente rilevato che le argomentazioni sulla ricusa "riposano unicamente su illazioni prive di riscontro oggettivo". La motivazione abbondanziale del giudizio impugnato regge quindi alle critiche.
1.5 L'accenno ricorsuale a una violazione del diritto di essere sentito, perché il giudice istruttore e la Corte dei reclami penali non avrebbero esaminato le sue, peraltro non meglio specificate, allegazioni, chiaramente non regge. È infatti sufficiente che l'autorità menzioni, almeno brevemente, i motivi che l'hanno spinta a decidere in un senso piuttosto che in un altro. Essa non deve per contro pronunciarsi su tutti gli argomenti sottoposti, ma può occuparsi, come avvenuto nella fattispecie, delle sole circostanze rilevanti per il giudizio, atte a influire sulla decisione di merito (DTF 126 I 97 consid. 2b, 15 consid. 2a/aa in fine, 97 consid. 2b, 124 II 146 consid. 2a).
1.6 Già nel precedente gravame al Tribunale federale il ricorrente lamentava che il MPC non gli avrebbe concesso l'accesso integrale agli atti di causa, senza tuttavia indicare se si tratti di atti che lo concernono personalmente o inerenti ad altri indagati coinvolti nella fattispecie litigiosa. Per di più, nella replica egli ammette che può consultare i classificatori contenenti i documenti bancari a Lugano. Il Tribunale federale, pronunciandosi sul mantenimento della detenzione preventiva, ha recentemente stabilito, come peraltro rettamente sottolineato dal ricorrente, che il ricorso non è ammissibile nella misura in cui l'insorgente fa valere d'essere stato privato del diritto di consultare l'incarto della procedura. Questa censura, fondata sull'asserita violazione dei diritti della difesa, esula in effetti dall'oggetto del litigio deferibile davanti al Tribunale federale e non può essere pertanto esaminata nel merito (DTF 131 I 52 consid. 1.2.3 e rinvii; sentenza 1S.3/2005 del 7 febbraio 2005 consid. 1.4; vedi, sul potere cognitivo della Corte dei reclami penali dal profilo degli art. 31 cpv. 4 Cost. e 5 n. 4 CEDU, sentenza 1S.1/2006 del 13 febbraio 2006 consid. 2).
2.
2.1 Il MPC ha giustificato il rifiuto della scarcerazione fondandosi sull'esistenza di gravi indizi di colpevolezza, come pure dei pericoli di collusione e di fuga. La Corte dei reclami penali ha ammesso l'esistenza di indizi sufficienti riguardo all'organizzazione criminale, al riciclaggio e alla falsità in documenti, ma non riguardo alla LStup: ha quindi ritenuto, anche se non senza qualche esitazione, la sussistenza dei pericoli di collusione e di fuga.
2.2 Il ricorrente contesta l'esistenza di gravi e concreti indizi a suo carico, idonei a giustificare il mantenimento del carcere preventivo e nega la sussistenza dei rischi di collusione e di fuga.
2.2.1 Secondo l'art. 44 PP, l'imputato può essere incarcerato solo quando esistano gravi indizi di colpevolezza a suo carico. Occorre inoltre che si possa presumere la sua imminente fuga, ciò che si realizza quando all'imputato sia attribuito un reato punibile con la reclusione o quando egli non sia in grado di stabilire la propria identità o non abbia domicilio in Svizzera (cifra 1), oppure se determinate circostanze fanno presumere ch'egli voglia far scomparire le tracce del reato o indurre testimoni o coimputati a fare false dichiarazioni o voglia compromettere in qualsiasi altro modo il risultato dell'istruttoria (cifra 2). Ciò corrisponde alle esigenze di legalità, dell'esistenza di ragioni d'interesse pubblico e di proporzionalità derivanti dal diritto alla libertà personale (art. 10 cpv. 2, 31 cpv. 1 e 36 cpv. 1 Cost.) e dall'art. 5 CEDU.
2.2.2 I requisiti posti per la valutazione dell'esistenza di gravi indizi di colpevolezza giustificanti la detenzione, nei diversi stadi dell'inchiesta penale, non sono identici. Sospetti ancora poco precisi, ma sorretti da imprecisioni o variazioni nelle dichiarazioni dell'imputato, possono essere considerati sufficienti all'inizio delle indagini ma, dopo il compimento di tutti gli atti istruttori che possono entrare in linea di conto, la prospettiva di una condanna deve sembrare vieppiù fortemente verosimile (DTF 116 Ia 143 consid. 3c).
2.2.3 Il ricorrente è detenuto dal 23 agosto 2004. L'inchiesta, come rilevato nel criticato giudizio, non è limitata al suo agire, ma coinvolge molti soggetti inseriti in o facenti capo a un'unica struttura criminale di tipo mafioso, per cui occorre tener conto anche delle indagini in atto contro questi altri coimputati (cfr. sentenze 1S.15/2004 del 14 gennaio 2005, 1S.3/2005 del 7 febbraio 2005 e 1S.14/2005 del 25 aprile 2005, sulla quale si fonda, in gran parte testualmente, la decisione impugnata). L'inchiesta si situa sempre ancora in una fase intermedia, tuttavia più avanzata rispetto alle precedenti cause, di modo che in questo stadio se non sono sufficienti indizi vaghi, neppure può essere pretesa, come implicitamente addotto dal ricorrente, la produzione di prove definitive. Come già rilevato nelle precedenti sentenze, il celere avanzamento delle indagini dovrà nondimeno concretare sempre più i gravi indizi nei confronti del ricorrente.
2.2.4 Come noto alle parti, il procedimento penale s'inserisce nel quadro di una vasta inchiesta internazionale. Il ricorrente è sospettato di far parte di un'organizzazione criminale secondo l'art. 260ter CP, che ha operato a livello transnazionale per parecchi anni. Gli si rimprovera, in particolare, d'aver intrattenuto strette relazioni con alcuni dei principali esponenti dell'organizzazione, tra cui C.________ e D.________, coinvolti in una compravendita di 1 kg di cocaina, a Uster, il 19 luglio 2004. Esponenti di spicco dell'organizzazione sono pure indagati nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro sull'attività della cosiddetta "Cosca di Mesoraca". Nella decisione impugnata, la Corte dei reclami penali ha ritenuto che dopo gli arresti dei due indagati, il ricorrente si è attivato per assicurare loro difensori di fiducia e versare congrui anticipi, fattispecie questa ammessa dal ricorrente soltanto riguardo all'indagato C.________. Quest'ultimo ha inoltre beneficiato già in precedenza a lungo di servizi da parte del ricorrente, ad esempio per prestiti personali, di pagamenti di quote leasing di un autoveicolo per il tramite di una società, oppure di viaggi in aereo all'estero. Secondo l'istanza precedente, vi sarebbero inoltre agli atti chiare indicazioni di intensi contatti telefonici e personali, in Calabria e altrove, con altri esponenti di spicco dell'organizzazione, quali E.________ (da lui conosciuto in carcere in Ticino alcuni anni or sono), F.________ e G.________, anch'essi indagati nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Catanzaro. L'istanza precedente ha inoltre rilevato che, secondo le indicazioni fornite dal MPC, con sentenza del 23 maggio 2005 il Tribunale di Catanzaro avrebbe condannato G.________ per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
2.2.5 Riguardo al sospettato reato di riciclaggio, la Corte dei reclami penali ha ritenuto assodato il ruolo centrale svolto dal ricorrente nelle attività delle società finanziarie P.________SA e Q.________GmbH di Zurigo, poi fallite siccome svuotate di tutti i loro averi. Per riciclare il provento dell'attività criminale dell'organizzazione ai danni di queste società (e dei loro clienti), il ricorrente si sarebbe avvalso della complicità di numerosi altri soggetti vicini ad altre cosche della "n'drangheta" facendoli figurare quali titolari di società (di comodo e comunque fittizie) interessate a investimenti immobiliari in Sardegna e Spagna. In quest'ambito emerge lo stretto intreccio di relazioni tra il ricorrente, C.________, il ricercato I.________ e l'avvocato milanese H.________, anch'egli indagato. La Corte dei reclami penali ha rilevato che il MPC presume che il ricorrente avrebbe avuto una propria partecipazione nella società R.________, a favore della quale sarebbero confluiti ingenti valori patrimoniali di origine illecita attraverso la partecipazione di altri coindagati e la costituzione di dichiarazioni e atti falsi siccome retrodatati.
La Corte ha inoltre rilevato le dichiarazioni rilasciate dal testimone L.________ sull'acquisto di diamanti da parte del ricorrente, nonché quelle della teste M.________, dipendente della P.________SA, secondo le quali il ricorrente si sarebbe recato in Calabria, con altre persone, rientrando in Svizzera con ingenti somme di denaro contante. La Corte dei reclami penali ha nondimeno ritenuto che, non potendo verificare la veridicità di queste affermazioni sulla base della documentazione prodotta, questi assunti non potevano essere considerati. Ha rilevato infine che l'inchiesta nei confronti del ricorrente è stata recentemente estesa al traffico d'armi.
Sulla base di una valutazione globale di questi elementi, la Corte dei reclami ha ritenuto l'esistenza di sufficienti indizi giustificanti il mantenimento della carcerazione riguardo ai reati di partecipazione e/o sostegno a un'organizzazione criminale, di riciclaggio di denaro e di falsità in documenti.
2.3 Il ricorrente fa valere in particolare che non sarebbero indicati sospetti concreti nei suoi confronti, né sarebbe spiegato perché egli, con il suo comportamento personale, si sarebbe reso colpevole dei sospettati reati.
2.4 Con quest'argomentazione, sulla quale incentra il suo ricorso, egli disattende tuttavia che, come già ricordato dal Tribunale federale nella citata sentenza del 14 gennaio 2005 (consid. 2.3.4), l'art. 260ter CP è stato adottato anche per la frequente difficoltà di fornire la prova della partecipazione del reo al singolo reato. Il problema della prova, ossia di sapere a chi spetti all'interno dell'organizzazione criminale la responsabilità per un reato concreto, è all'origine dell'art. 260ter CP e lo ha determinato: la norma implica la criminalizzazione già dell'appartenenza all'organizzazione, senza che sia necessaria la prova d'aver partecipato alla commissione dei reati addebitabili all'organizzazione (Günther Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil II: Straftaten gegen Gemeininteressen, 5a ed., Berna 2000, n. 25 pag. 200; Marc Forster, Kollektive Kriminalität. Das Strafrecht vor der Herausforderung durch das organisierte Verbrechen, Basilea, 1998, pag. 23; Gunther Arzt, CP 260ter, 53-56 pag. 289, in: Niklaus Schmid, editore, Kommentar Einziehung, organisiertes Verbrechen und Geldwäscherei, vol. 1, Zurigo 1998; Hans Baumgartner, in: Commentario basilese, n. 2, 4, 11 e 12 all'art. 260ter CP). Lamentando l'asserita assenza di riferimenti concernenti un suo concreto e preciso comportamento che configuri il reato dell'art. 260ter CP, il ricorrente disattende che egli è sospettato, sulla base della menzionata compravendita di cocaina e del suo coinvolgimento nelle citate società, dalle quali egli sostiene di aver ricevuto solo commissioni acquisite legalmente, come pure sulla base delle dichiarazioni di coimputati, d'aver partecipato e/o sostenuto un'organizzazione criminale, che ha compiuto vari reati, e non tanto per averne commesso personalmente determinati, ciò che, perlomeno allo stadio attuale dell'inchiesta, è sufficiente dal profilo dell'art. 260ter CP per ammettere il possibile adempimento della relativa fattispecie legale.
2.5 La Corte dei reclami penali ha invece ritenuto più sfumata, come peraltro già stabilito in un giudizio precedente, la valutazione riguardo alle altre imputazioni contestate al ricorrente, in particolare quella di violazione alla LStup e quella di aggressione e coazione nell'ambito una "spedizione punitiva" avvenuta ad Ascona il 15 maggio 2003. Rilevato che il MPC adduceva numerosi indizi al riguardo, raccolti soprattutto sulla base di dichiarazioni di testimoni e di altri coimputati conosciuti e assiduamente frequentati dal ricorrente, la Corte dei reclami penali ha ritenuto - rettamente - che tali indizi, allo stadio in cui si trovano ormai le indagini e con riferimento al ricorrente, sono piuttosto labili, difettando della gravità prevista dall'art. 44 PP. Secondo la Corte, la mancanza di gravi e pertinenti indizi di colpevolezza riguardo a queste imputazioni non modifica tuttavia l'essenza del menzionato giudizio complessivo.
2.6 Il ricorrente focalizza poi il suo gravame sull'assunto secondo cui la Corte dei reclami penali avrebbe ritenuto, in maniera contraria alle risultanze di causa, un suo coinvolgimento in attività criminose riferite al riciclaggio di denaro in relazione alle due menzionate società. In tale ambito egli si limita tuttavia, in sostanza, ad addurre di non aver svolto formalmente funzioni in qualità di organo di queste società e che possibilmente al momento del fallimento nemmeno sussisteva un'eccedenza di debiti. Ritenuto che il suo coinvolgimento in quelle vicende parrebbe fondarsi su dichiarazioni di testimoni e coindagati e che l'inchiesta si trova in una fase intermedia ormai avanzata, il MPC dovrà comunque procedere senza indugio ai necessari confronti, peraltro espressamente richiesti dal ricorrente, allo scopo di poter verificare ulteriormente l'attendibilità delle dichiarazioni litigiose, in particolare sulla base di riscontri oggettivi risultanti dalle indagini. Ciò vale a maggior ragione, in quanto anche le autorità zurighesi indagano da tempo sulle due menzionate società, per cui il pericolo di collusione diminuisce sempre maggiormente.
3.
3.1 Nelle osservazioni al ricorso, il MPC rileva che l'Ufficio dei giudici istruttori non ha ancora deciso sull'istanza di apertura dell'istruzione preliminare da esso presentata il 14 dicembre 2005 nei confronti di oltre 40 imputati per tutta una serie di reati indicati puntualmente. Sottolinea che l'incarto penale si compone attualmente di circa 150 classificatori. L'Autorità federale adduce poi che la lettura dei verbali di interrogatorio del ricorrente sarebbe rivelatrice della sua reticenza, così come della tendenza a modificare le sue versioni dei fatti: questo comportamento processuale allungherebbe pertanto la fase delle indagini preliminari. La sua chiusura nei confronti dell'autorità inquirente la costringerebbe quindi a maggiori e più prolungati sforzi investigativi.
3.1.1 Ora, riguardo all'asserito comportamento omertoso e reticente del ricorrente, sul quale insiste e si diffonde il MPC per giustificare il mantenimento della carcerazione, giova ricordare che nell'ambito di un procedimento penale, avvalendosi del suo diritto di non rispondere, l'imputato ha la facoltà di tacere senza dover subire pregiudizi (DTF 130 I 126 consid. 2 con rinvii e riferimenti alla dottrina, 121 II 257 consid. 4a), come già sottolineato nella sentenza del 14 gennaio 2005 con riferimento al pericolo di collusione (consid. 3.1.2).
3.1.2 Riguardo alle singole ipotesi di reato, il MPC rinvia alle osservazioni dinanzi alla Corte dei reclami penali. Riguardo al reato di riciclaggio di denaro, l'indagato, in correità con I.________, avrebbe compiuto una serie di transazioni, al dire del MPC prive di ragione economica, presso la banca N.________ di Parigi e la banca O.________ per complessivi CHF 4,94 milioni; nel quadro di un'altra transazione egli avrebbe indicato una causale fittizia e avrebbe fatto trasferire, sempre in correità con altri indagati, almeno CHF 4,55 milioni, valori provenienti da P.________SA e Q.________GmbH e dirottati successivamente su altre società, come pure operato altre importanti transazioni sospette ed effettuato investimenti immobiliari in Sardegna. Dall'inchiesta sarebbe poi emerso il coinvolgimento dell'organizzazione criminale nel traffico illecito di cocaina: a uno degli imputati principali si contesta d'aver trafficato un quantitativo di circa 30 chili di cocaina, anche nei locali pubblici riferibili all'indagato C.________ e al ricorrente.
3.1.3 La conclusione della Corte dei reclami penali sull'esistenza di gravi indizi dei reati di partecipazione e/o sostegno a un'organizzazione criminale, di riciclaggio e di falsità in documenti è quindi ancora, per il momento, sostenibile, come ritenuto dal Tribunale federale nelle precedenti, analoghe sentenze, cui per brevità si può rinviare.
4.
4.1 Il ricorrente contesta l'esistenza di un pericolo di collusione.
4.2 I rischi di collusione e di inquinamento delle prove sono legati soprattutto ai bisogni dell'istruttoria. Da un lato, generalmente si tratta di evitare o prevenire accordi tra l'imputato e i testimoni, già sentiti o ancora da sentire, o i correi e i complici non arrestati, messi in atto per nascondere la verità; dall'altro, di impedire interventi fraudolenti del prevenuto in libertà sui mezzi di prova non ancora acquisiti, allo scopo di distruggerli o di alterarli a suo vantaggio. Le possibilità di ostacolare in tal modo l'azione dell'autorità giudiziaria da parte del prevenuto devono essere valutate sulla base di elementi concreti, l'esistenza di questo rischio non potendo essere ammessa aprioristicamente e in maniera astratta (DTF 123 I 31 consid. 3c, 117 Ia 257 consid. 4c). L'autorità deve quindi indicare, per lo meno nelle grandi linee, pur con riserva per operazioni che devono rimanere segrete, quali atti istruttori devono ancora essere eseguiti e in che misura la messa in libertà del detenuto ne pregiudicherebbe l'esecuzione (cfr. DTF 123 I 31 consid. 2b, 116 Ia 149 consid. 5). In tale ambito il Tribunale federale non deve valutare compiutamente tutte le risultanze probatorie a carico e a discarico, ma esaminare se, sulla base dei risultati dell'inchiesta penale sussistono sufficienti indizi di reato e di un coinvolgimento del ricorrente nello stesso (cfr. DTF 116 Ia143 consid. 3c; sentenza 1S.13/2004 consid. 2.3).
4.3 La Corte dei reclami penali, riprendendo quanto già stabilito dal Tribunale federale nella citata sentenza del 7 febbraio 2005 (consid. 3), ha rilevato che in gran parte il MPC si limita ad addurre un potenziale pericolo di collusione e di inquinamento delle prove. Non sarebbe infatti escluso che, se rimesso in libertà, il ricorrente potrebbe dare istruzioni o tentare di comunicare informazioni utili ad altri soggetti implicati nell'inchiesta svizzera e in quella italiana, oppure esercitare indebite pressioni su persone informate sui fatti. In quel giudizio il Tribunale federale aveva ritenuto che queste semplici asserzioni di principio non dimostravano ancora l'esistenza di un pericolo concreto di collusione, come richiesto dalla prassi. Aveva tuttavia stabilito, che un concreto pericolo di collusione poteva essere ancora ravvisato nella necessità di non pregiudicare l'espletamento di rogatorie, visto che altri indagati erano ancora in libertà, e che altri indizi concreti di collusione risultavano dai motivi esposti in un'altra decisione concernente un coimputato (consid. 3.1.3). Aveva concluso che, per il momento, in quell'ambito, la tesi della Corte dei reclami penali sull'esistenza di questo pericolo - tesi ripresa nel giudizio ora impugnato riguardo alle rogatorie presentate all'Italia e all'Inghilterra - poteva ancora essere condivisa, ricordando che il teorema del MPC doveva comunque vieppiù arricchirsi d'elementi idonei a suffragarlo.
Occorre anche ricordare, che già nella sentenza del 7 febbraio 2005 è stato rilevato come altre persone sospettate di far parte dell'organizzazione criminale erano incarcerate da mesi e avevano potuto essere ripetutamente interrogate (consid. 3.1.3), per cui perlomeno riguardo a queste persone un confronto doveva poter aver luogo entro un termine ragionevole, pur tenuto conto delle esigenze d'inchiesta. La circostanza che altri membri dell'organizzazione erano ancora a piede libero, non pareva d'altra parte poter giustificare, di per sé, il mantenimento del carcere preventivo del ricorrente fino al momento di un loro eventuale arresto (sentenza del 25 aprile 2005 consid. 3.5).
4.4 Riguardo agli accertamenti da eseguire, il MPC rileva che sono ancora in atto la rogatoria all'Inghilterra e alcune all'Italia. Precisa poi lo svolgimento di manovre intimidatorie dirette contro persone che hanno rilasciato dichiarazioni all'autorità inquirente, segnatamente nei confronti di una testimone.
Ora, visto che le indagini si trovano in una fase ormai avanzata, che nel frattempo altri coimputati sono stati scarcerati e che gran parte degli atti d'indagine concernenti il ricorrente, detenuto dal 23 agosto 2004, sono stati effettuati, indipendentemente dalla sua strategia difensiva i generici accenni del MPC non giustificano di rinviare ulteriormente i postulati confronti, che appaiono necessari per definire compiutamente l'agire dell'organizzazione e il ruolo che il ricorrente avrebbe svolto al suo interno. Il MPC dovrà quindi procedere senza indugio all'assunzione di questi mezzi di prova, adottando se del caso le misure atte a evitare gli asseriti inconvenienti.
4.5 La sostenuta violazione dei principi della celerità e della proporzionalità non implica l'accoglimento del ricorso. In effetti, nella procedura del controllo giudiziario della privazione della libertà, la censura di violazione del principio della celerità dev'essere esaminata solo in quanto il ritardo sia idoneo a mettere in discussione la legalità della carcerazione preventiva e a comportare la messa in libertà (DTF 128 I 149 consid. 2.2): estremi non realizzati nella fattispecie. Il celere avanzamento dell'inchiesta, anche nel rispetto del principio della proporzionalità, dovrà nondimeno concretare ulteriormente i gravi indizi nei confronti del ricorrente (sul principio della celerità v. DTF 130 I 269 consid. 3.1 e rinvii, 130 IV 54 consid. 3.3.2 e 3.3.3).
5.
5.1 La Corte dei reclami penali ritiene fondato anche il pericolo di fuga.
5.2 I reati rimproverati al ricorrente sono gravi e, se dovessero trovare conferma, tenuto conto anche dei suoi precedenti penali, comporterebbero una pena privativa della libertà pesante. La Corte dei reclami penali ha considerato che il ricorrente, cittadino italiano, è separato (al suo dire divorziato) da tempo dalla moglie e che i suoi parenti più stretti abitano tutti in Italia, ove si reca spesso per visite e per le vacanze. La Corte ha pure riconosciuto ch'egli ha indubbi legami con la Svizzera, ove risiedono la sua compagna e il loro figlio comune. L'istanza precedente ha ritenuto che, immediatamente prima dell'arresto, il centro degli interessi economici del ricorrente era all'estero, tesi in parte da lui contestata, nel campo dell'intermediazione finanziaria e della ristorazione in Spagna e in quello immobiliare in Sardegna, luoghi nei quali effettuava spesso viaggi. Il MPC, rilevata la prolungata latitanza di un altro inquisito e la fuga all'estero di altri due indagati, sottolinea inoltre che la situazione patrimoniale del ricorrente renderebbe evidente la sua possibilità di fuggire all'estero, anche se aggiunge che le ricerche di denaro a lui riconducibile finora non hanno dato esito positivo. Sussiste quindi nondimeno il sospetto che egli deterrebbe averi patrimoniali nascosti all'estero, quelli in Svizzera essendo sotto sequestro. L'adozione di misure sostitutive, meno restrittive della libertà, non permetterebbe quindi di escludere il pericolo di fuga.
5.3 Secondo la giurisprudenza, il pericolo di fuga non può essere valutato unicamente fondandosi sulla gravità del reato, anche se, tenuto conto dell'insieme delle circostanze, la prospettiva di una pena privativa della libertà personale di lunga durata consente spesso di presumerne l'esistenza (cfr. l'art. 44 cifra 1 PP; sull'influsso della durata della pena presumibile v. DTF 128 I 149 consid. 2.2, 126 I 172 consid. 5a). L'attualità di questo pericolo dev'essere esaminata tenendo conto di un insieme di criteri, quali il carattere dell'interessato, la sua moralità, le sue risorse, i legami con lo Stato dove è perseguito, come pure i suoi contatti con l'estero (cfr. DTF 125 I 60 consid. 3a e rinvii, 123 I 31 consid. 3d).
5.4 Il ricorrente rileva che secondo la domanda di assistenza giudiziaria in materia penale del 28 ottobre 2003 della Procura della Repubblica di Varese, nell'ambito del procedimento penale contro E.________ per riciclaggio di denaro e traffico internazionale di stupefacenti, anch'egli sarebbe sospettato d'aver riciclato denaro proveniente da dette attività criminose, riciclandone il provento per il tramite delle due citate società, per cui una sua fuga verso l'Italia o altri Paesi legati al Trattato di Schengen sarebbe esclusa. L'assunto non è decisivo, ritenuto che il pericolo di fuga sussiste anche nel caso in cui l'accusato intenda recarsi in un paese che autorizzerebbe l'estradizione alla Svizzera o che condurrebbe per proprio conto un procedimento penale (DTF 123 I 31 consid. 3).
5.5 Nelle descritte circostanze, la Corte dei reclami penali poteva ritenere l'esistenza di un pericolo di fuga. Il desiderio, sul quale insiste il ricorrente, di occuparsi del suo bambino, anche se comprensibile, non può mutare l'esito del ricorso. Egli disattende inoltre che, di massima, la scarcerazione non entra in linea di conto finché sussiste, come nella fattispecie, un pericolo di collusione; rischio che dovrebbe diminuire con il rapido espletamento degli ulteriori atti istruttori, in particolare interrogatori e confronti. È inoltre palese che, nel rispetto del principio della proporzionalità, il MPC è tenuto a far avanzare celermente l'inchiesta, riducendo in tal modo il pericolo di collusione.
6.
6.1 Ne segue che il ricorso dev'essere respinto in quanto ammissibile.
6.2 L'istanza di assistenza giudiziaria e di gratuito patrocinio ( art. 152 cpv. 1 e 2 OG ), ammessa dalla Corte dei reclami penali nell'ambito del reclamo, può essere accolta, ritenuto che gli averi del ricorrente rinvenuti in Svizzera nel quadro delle indagini sono stati sequestrati, mentre che, come osservato dal MPC nella duplica, all'estero non sono stati finora rintracciati altri suoi beni. La nota di onorario di fr. 10'307.-- prodotta dal legale del ricorrente non può essere ammessa, ritenuto che il ricorso riprende in larga misura il precedente gravame, oggetto della sentenza dell'11 ottobre 2005, e che la pretesa non appare giustificata dalle difficoltà della lite e dal tempo impiegato (art. 159 OG; art. 6 cpv. 2, che nelle contestazioni senza valore pecuniario fissa un onorario tra fr. 500.-- e 15'000.--, e art. 9, secondo cui l'onorario degli avvocati d'ufficio non può essere ridotto in misura maggiore di un terzo, della tariffa delle spese ripetibili accordate alla controparte nelle cause davanti al Tribunale federale, RS 173.119.1).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Il ricorrente è posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria con il patrocinio dell'avv. Ernesto Ferro. La cassa del Tribunale federale corrisponderà a quest'ultimo un'indennità di fr. 2'500.--. Non si preleva tassa di giustizia.
3.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico della Confederazione, all'Ufficio dei giudici istruttori federali e alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale,
Losanna, 2 marzo 2006
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere: