Tribunale federale
Tribunal federal
{T 1/2}
2P.88/2006
2P.97/2006/biz
Sentenza del 30 marzo 2007
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Merkli, presidente,
Hungerbühler e Wurzburger,
cancelliere Bianchi.
Parti
L.U.de.S. Libera Università degli Studi di Scienze Umane e Tecnologiche,
ricorrente, patrocinata dall'avv. prof. dott. Stefano Ghiringhelli,
contro
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
Residenza governativa, 6500 Bellinzona.
Oggetto
art. 8, 9, 20 e 27 Cost. (autorizzazione all'uso
della denominazione "università"),
ricorsi di diritto pubblico contro le decisioni emanate
il 14 febbraio ed il 7 marzo 2006 dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
Costituita nel 1999, la L.U.de.S. Libera Università degli Studi di Scienze Umane e Tecnologiche (di seguito: L.U.de.S.) è un'associazione con sede a Lugano-Pazzallo avente essenzialmente quale scopo, secondo l'iscrizione a registro di commercio, l'istruzione accademica ed il perfezionamento a carattere scientifico e di ricerca.
B.
Sin dall'anno della sua costituzione, in ossequio all'obbligo autorizzativo previsto dall'art. 14 della legge ticinese del 3 ottobre 1995 sull'Università della Svizzera italiana e sulla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (LUni), la L.U.de.S. ha chiesto al Consiglio di Stato del Cantone Ticino di poter utilizzare il titolo di "università".
A questo proposito, l'8 maggio 2001 il Governo ticinese ha adottato una risoluzione che imponeva in primo luogo alla L.U.de.S. di far seguire al proprio nome l'indicazione "privata, non accreditata" (punto 1). La decisione prevedeva inoltre l'obbligo di indicare agli studenti che i titoli rilasciati non erano equipollenti a quelli di università statali o accreditate svizzere o dell'Unione europea (punto 2) e precisava, da ultimo, che il Cantone non era competente per la valutazione relativa alla qualità dei corsi offerti e che né la L.U.de.S. in quanto tale né i relativi diplomi erano accreditati nel sistema universitario svizzero (punto 3).
L'interessata ha impugnato tale risoluzione dinanzi al Tribunale federale, presentando un ricorso di diritto pubblico con cui ha censurato la costituzionalità dell'art. 14 LUni e contestato l'obbligo di posporre alla propria denominazione i termini "privata, non accreditata". Con sentenza del 19 febbraio 2002 (n. 2P.143/2001, pubblicata in DTF 128 I 19), il Tribunale federale ha parzialmente accolto il ricorso, annullando la decisione cantonale nella misura in cui imponeva l'aggiunta dell'indicazione "non accreditata" e confermandola per il resto.
Il 28 maggio 2002 il Consiglio di Stato ticinese ha emanato una nuova decisione con cui, da un lato, ha modificato la precedente risoluzione in funzione del giudizio del Tribunale federale (punto 1) e, d'altro lato, ha aggiornato l'indicazione relativa all'accreditamento (punto 3). Su questo aspetto, oltre a ribadire l'incompetenza delle autorità cantonali a valutare la qualità dei corsi offerti, ha indicato che la L.U.de.S. aveva depositato una domanda di accreditamento presso la Conferenza Universitaria Svizzera (di seguito: CUS), precisando che fino all'accoglimento di tale domanda l'istituto ed i suoi diplomi non erano comunque accreditati nel sistema universitario svizzero. Ha poi aggiunto che ulteriori domande di accreditamento erano state inoltrate anche presso la EduQua/SCEF, per l'attività di formazione continua, e presso la Croce Rossa Svizzera, per il diploma di fisioterapista.
C.
Il 9 novembre 2005 l'art. 14 LUni (la cui denominazione è stata cambiata in legge sull'Università della Svizzera italiana, sulla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e sugli Istituti di ricerca) è stato oggetto di una modifica legislativa, entrata in vigore il 10 gennaio 2006. Fondandosi sulla necessità di tenerne conto, il 14 febbraio seguente il Consiglio di Stato ha adottato una nuova risoluzione. Quest'ultima abroga la decisione del 28 maggio 2002 (punto 1), autorizza la L.U.de.S. ad utilizzare la denominazione "Università Privata" (punto 2), la obbliga ad informare gli studenti sulla validità dei titoli che rilascia (punto 3) e contiene un quarto punto del seguente tenore:
"4. L'attività di formazione con adulti non è soggetta ad autorizzazione cantonale. La presente risoluzione non rappresenta un'autorizzazione all'attività di formazione universitaria e al rilascio di titoli accademici e non sostituisce l'accreditamento nel sistema universitario svizzero, di competenza della Conferenza Universitaria Svizzera (L USI/SUPSI/Ricerca, art. 14 cpv. 3 lett. c)."
Il 20 febbraio 2006 la L.U.de.S. ha presentato al Consiglio di Stato una domanda urgente di riesame di questo quarto punto della risoluzione. Il Governo ticinese ha evaso tale richiesta il 7 marzo seguente, riconfermandosi in pratica nella propria decisione.
D.
Il 20 marzo 2006 la L.U.de.S. ha inoltrato un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale (inc. n. 2P.88/2006), con cui chiede di annullare il punto n. 4 della decisione emanata dal Consiglio di Stato il 20 febbraio 2006 per violazione degli art. 8, 9, 20 e 27 Cost.
Il 5 aprile 2006 la L.U.de.S. ha inoltrato un secondo ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale (inc. n. 2P.97/2006), con cui domanda l'annullamento della decisione di riesame del 7 marzo 2006, adducendo le medesime argomentazioni già sviluppate nel primo gravame.
Chiamato ad esprimersi, il Consiglio di Stato postula la reiezione di entrambi i ricorsi e la conseguente conferma delle proprie risoluzioni.
E.
Con decreti presidenziali del 12 aprile, rispettivamente del 10 maggio 2006 sono state respinte le domande di conferimento dell'effetto sospensivo formulate in ciascun gravame.
F.
Di loro iniziativa, il 10 giugno ed il 28 agosto 2006 alcune associazioni studentesche e professionali legate alla L.U.de.S. hanno preso posizione sulle risposte ai ricorsi inoltrate dal Consiglio di Stato ed hanno prodotto svariati documenti. Con scritti del 16 ottobre e del 14 novembre 2006, la L.U.de.S. stessa ha trasmesso ulteriori documenti.
Diritto:
1.
1.1 Le risoluzioni contestate sono state emanate prima dell'entrata in vigore, il 1° gennaio 2007, della legge federale del 17 giugno 2005 sul Tribunale federale (LTF; RS 173.110; RU 2006 pag. 1069): conformemente all'art. 132 cpv. 1 LTF, è pertanto ancora applicabile la legge federale del 16 dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG; RU 1969 pag. 784 segg.).
1.2 Le impugnative sono presentate dalla stessa ricorrente, si riferiscono alla medesima fattispecie e sono pressoché integralmente identiche. Si giustifica pertanto di congiungerle e di evaderle con un unico giudizio (cfr., per analogia, gli art. 40 OG e 24 PC; cfr. anche DTF 128 V 194 consid. 1, 124 consid. 1; 126 II 377 consid. 1).
2.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 132 I 140 consid. 1.1; 131 I 153 consid. 1; 131 II 571 consid. 1).
2.1
2.1.1 Con i propri ricorsi, l'insorgente si è aggravata contro due decisioni differenti: con il primo ha contestato la decisione di merito adottata dal Consiglio di Stato il 14 febbraio 2006 in applicazione dell'art. 14 LUni, mentre con il secondo ha impugnato la risoluzione con cui il 7 marzo seguente il Governo cantonale ha risposto alla domanda di riesame. Essa ha precisato di aver interposto prudenzialmente il secondo gravame in quanto non risulterebbe chiaro se l'istanza di riconsiderazione sia stata dichiarata irricevibile o se per contro il Consiglio di Stato sia entrato nel merito, nel qual caso la decisione del 7 marzo 2006 si sostituirebbe alla precedente.
2.1.2 Ora, è vero che la seconda risoluzione non presenta un dispositivo formale in cui l'autorità dichiari espressamente irricevibile la domanda di riesame. Sia la forma di questa risoluzione, dove non viene ripresa testualmente la clausola contestata, sia il suo succinto contenuto non permettono tuttavia di considerarla come una decisione con cui l'autorità è entrata in materia e ha nuovamente rigettato la formulazione alternativa proposta dalla ricorrente. Tale risposta non potrebbe in effetti sostituirsi alla pronuncia originaria. In realtà, benché con riguardo e cortesia verso l'insorgente abbia fornito alcune delucidazioni sui motivi alla base della decisione del 14 febbraio 2006, il Consiglio di Stato si è semplicemente rifiutato di riesaminare la stessa.
Considerata in quest'ottica la pronuncia del 7 marzo 2006, il secondo ricorso dev'essere giudicato inammissibile. In effetti, se l'autorità reputa che le condizioni per procedere ad un riesame della decisione non sono adempiute e si rifiuta quindi di esprimersi nuovamente sulla vertenza, l'istante non dispone di nuove facoltà di ricorso quanto al merito e può semplicemente insorgere contro la ritenuta insussistenza dei requisiti per il riesame (DTF 109 Ib 246 consid. 4a; sentenza 1P.513/2004 del 14 luglio 2005, in: RtiD I-2006 n. 4, consid. 2.3). Nel caso specifico, il secondo ricorso non contiene tuttavia alcuna argomentazione che contesti il rifiuto governativo di ritornare sulla questione, ma solleva esclusivamente censure di merito. D'altronde la ricorrente stessa riconosce che, avverandosi l'ipotesi testé ammessa, il secondo ricorso sarebbe stato irricevibile. La decisione di non entrare in materia appare peraltro ineccepibile, in quanto l'istanza di riesame del 20 febbraio 2006 non era fondata sull'esistenza di uno dei motivi che permettono di esigere la riconsiderazione di una decisione (cfr. DTF 127 I 133 consid. 6; 124 II 1 consid. 3a; 120 Ib 42 consid. 32b; 113 Ia 146 consid. 3a; 109 Ib 246 consid. 4a), ma tendeva unicamente ad ottenere una pronuncia meglio rispondente ai desideri dell'insorgente.
2.1.3 Oltre all'inammissibilità del secondo ricorso, da quanto precede discende altresì che la decisione del 14 febbraio 2006 ha mantenuto carattere di atto impugnabile. La stessa è fondata sul diritto cantonale autonomo, anche se vengono evocati determinati disposti di diritto federale, e costituisce una decisione di ultima istanza cantonale (cfr. 2P.143/2001 del 19 febbraio 2002, consid. 1c [pubblicato in RDAT II-2002 n. 23, ma non in DTF 128 I 19]). L'insorgente è inoltre toccata nei suo interessi giuridicamente protetti dal provvedimento litigioso. Esperito tempestivamente e fondato sulla pretesa violazione di diritti costituzionali dei cittadini, il primo ricorso di diritto pubblico rispetta quindi di massima le condizioni di ammissibilità poste dagli art. 84 e segg. OG.
2.2
2.2.1 Secondo l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, l'atto di ricorso deve tra l'altro contenere l'esposizione concisa dei diritti costituzionali o delle norme giuridiche che si pretendono violati, specificando in cosa consista la violazione. Nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico il Tribunale federale non applica quindi d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate dall'insorgente e solo se le stesse sono sufficientemente sostanziate: il ricorso deve perciò contenere un'esauriente motivazione giuridica dalla quale si possa dedurre se e perché, ed eventualmente in quale misura, la decisione impugnata leda il ricorrente nei suoi diritti costituzionali (DTF 130 I 258 consid. 1.3, 26 consid. 2.1; 129 I 113 consid. 2.1).
2.2.2 Il lungo atto ricorsuale presentato dall'insorgente adempie solo in parte queste esigenze e si sofferma inoltre per larghi tratti su aspetti che esulano dal contesto del litigio. In particolare, laddove critica l'art. 14 cpv. 3 LUni in quanto tale, la ricorrente si limita ad un accenno del tutto vago e pertanto insufficiente. Essa non contesta inoltre la costituzionalità della norma - aspetto che potrebbe di per sé venir esaminato, per quanto riferito al caso d'applicazione concreto (controllo accessorio della norma; DTF 131 I 313 consid. 2.2; 130 I 169 consid. 2.1; 129 I 265 consid. 2.3) - bensì la sua conformità con la legge sui cartelli, senza peraltro specificare quali disposti di tale normativa sarebbero disattesi. Prive di pertinenza con l'oggetto della vertenza appaiono inoltre le digressioni sui presunti danni subiti a seguito di interventi presso terzi delle autorità cantonali, così come sulle procedure intraprese dall'insorgente per l'accreditamento dell'istituto o di taluni dei suoi cicli di studio. Irrilevanti sono in particolare gli accenni alle certificazioni certo ottenute, ma che non concernono però la formazione prettamente universitaria, ossia non dipendono dalla procedura di accreditamento di cui all'art. 7 della legge federale dell'8 ottobre 1999 sull'aiuto alle università e la cooperazione nel settore universitario (Legge sull'aiuto alle università; LAU; RS 414.20). La ricorrente non domanda infine di annullare la decisione del 14 febbraio 2006 nella sua integralità, bensì solo il punto 4 della stessa. La costituzionalità dei punti 1, 2 e 3 non deve quindi essere esaminata.
2.3 Nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico, l'allegazione di fatti nuovi e la produzione di nuove prove sono ammesse solo eccezionalmente ed in ogni caso, a meno che sia stata autorizzata la presentazione di una replica, entro la scadenza del termine di ricorso (DTF 113 Ia 407 consid. 1; cfr. anche DTF 129 I 49 consid. 3 e Walter Kälin, das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 2a ed., Berna 1994, pag. 369 segg.). La regola vale anche se le circostanze a cui viene fatto riferimento sono intervenute dopo la scadenza di detto termine (DTF 113 Ia 407 consid. 1). Ai fini del giudizio non vanno dunque presi in considerazione né i documenti inoltrati dalla ricorrente diversi mesi dopo la presentazione del ricorso né tantomeno i due scritti ed i relativi allegati presentati dalle associazioni studentesche e professionali che, oltre ad essere anch'essi tardivi, provengono, senza essere richiesti, da terzi estranei al procedimento.
3.
3.1 In virtù di quanto precede, nel merito deve in sostanza essere esaminato unicamente se, adottando il punto 4 della risoluzione del 14 febbraio 2006, il Consiglio di Stato ticinese sia incorso in una violazione della libertà economica (art. 27 Cost.), della libertà della scienza (art. 20 Cost.) e del divieto d'arbitrio (art. 9 Cost.), come sostiene la ricorrente. Per la verità, quest'ultima ritiene essa stessa accettabile, e quindi non critica, la prima frase del punto 4 della risoluzione. Del resto, la constatazione che l'attività di formazione con adulti non è soggetta ad autorizzazione cantonale risulta ineccepibile e si riallaccia alla premessa della decisione, dove viene affermato che l'attività di formazione universitaria non richiede un'autorizzazione specifica, ma si fonda sulla libertà della scienza e sulla libertà economica. Le censure ricorsuali si concentrano quindi sulla seconda frase, la quale secondo l'insorgente sarebbe superflua ed ingenererebbe nel lettore il sentimento che il Cantone le abbia negato il diritto di dispensare una formazione di livello universitario, procurandole un inutile pregiudizio.
3.2 Come già rilevato nella precedente sentenza, l'art. 14 LUni si prefigge di evitare che le scuole private post-obligatorie siano confuse con le istituzioni cantonali che garantiscono un curricolo formativo riconosciuto. Tale distinzione intende tutelare il nome e la reputazione delle università pubbliche e, di riflesso, anche proteggere potenziali studenti da istituti d'insegnamento ambigui, che rilasciano titoli definiti universitari senza però accordare realmente una formazione di livello accademico, nel senso comune del termine (DTF 128 I 19 consid. 2b).
A tale scopo, il primo capoverso della norma riserva le denominazioni di "Università della Svizzera italiana" e di "Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana" ai due enti autonomi di diritto pubblico istituiti dalla legge cantonale sull'università (cfr. art. 1 LUni). Il secondo capoverso sottopone invece ad autorizzazione l'uso della denominazione "università" e di termini simili (l'ordine dei due capoversi è stato invertito dopo la prima sentenza; cfr. BU/TI 33/2002 pag. 248). Il terzo capoverso infine, aggiunto con revisione del 9 novembre 2005, sancisce espressamente la competenza del Consiglio di Stato a vigilare affinché la denominazione degli istituti non crei confusione con le università accreditate (lett. a), le informazioni date agli studenti siano conformi all'effettivo valore dei titoli rilasciati (lett. b) e l'accreditamento sia basato unicamente sulle direttive e le decisioni dell'Organo di accreditamento e garanzia della qualità della Conferenza universitaria svizzera (lett. c).
Nel precedente giudizio, il Tribunale federale ha ritenuto legittimo, o comunque non anticostituzionale, emanare una norma cantonale intesa, come l'art. 14 LUni, ad evitare confusioni ed a tutelare gli utenti. L'adozione di misure a questo scopo è stata infatti ritenuta una prerogativa rientrante nelle competenze di vigilanza dei cantoni e sorretta da ragioni pertinenti (DTF 128 I 19 consid. 2c e 2d, con riferimenti; cfr. anche DTF 97 I 116 consid. 4 e Herbert Plotke, Schweizerisches Schulrecht, 2a ed., Berna/Stoccarda/Vienna 2003, pag. 670 seg. e pag. 677 seg.). Il terzo capoverso della norma esplicita questi principi. Riguardo poi all'accreditamento, è effettivamente non ogni singolo cantone, ma la CUS, su proposta dell'Organo di accreditamento e di garanzia della qualità nel settore universitario, ad essere competente per il riconoscimento di istituti universitari o di determinati loro cicli di studio (cfr. gli art. 6 cpv. 1 lett. d e 7 LAU e gli art. 6, 7 e 18 a 23 della convenzione tra la Confederazione e i Cantoni universitari sulla cooperazione nel settore universitario, del 14 dicembre 2000 [RS 414.205]).
3.3 Ricordate le finalità dell'art. 14 LUni, si tratta ora di verificarne l'applicazione nel caso concreto. A questo proposito, occorre preliminarmente osservare che la decisione contestata non ostacola né tantomeno vieta l'attività economica, scientifica e di ricerca della ricorrente. Essa può infatti continuare ad operare liberamente nel campo della formazione per adulti, come evidenzia peraltro la prima frase del punto 4 della risoluzione stessa. Prova ne sia il fatto che i corsi organizzati continuano a svolgersi senza impedimento alcuno. Del resto, nemmeno l'eventuale esito negativo di una procedura d'accreditamento incide sulla possibilità di dispensare una determinata formazione.
Una certa restrizione potrebbe semmai venir ravvisata nel punto 3 della risoluzione, che impone un obbligo informativo verso gli studenti sin dall'immatricolazione. Questo punto non è però contestato ed in ogni caso non è dato di vedere in che misura un simile dovere di trasparenza potrebbe risultare incostituzionale. Il punto 4 contiene per contro una semplice constatazione, con cui viene precisata la portata dell'autorizzazione a fregiarsi del titolo di "università". Ora, visto che non tange la libertà di cui gode l'insorgente nell'esercizio della sua attività, è perlomeno dubbio che tale constatazione possa venir considerata come una restrizione della libertà economica o della libertà della scienza garantite dalla Costituzione (cfr. DTF 128 I 19 consid. 3a e 3b). Le critiche ricorsuali vanno quindi esaminate in primo luogo sotto il profilo del divieto dell'arbitrio (sulla nozione d'arbitrio, cfr. DTF 131 I 217 consid. 2.1; 129 I 173 consid. 3.1, 49 consid. 4, 8 consid. 2.1). In ogni caso, anche se le specifiche libertà invocate fossero in gioco, per le ragioni indicate nel seguito la frase litigiosa non costituirebbe comunque un'ingerenza eccessiva.
3.4 In effetti, non vi è innanzitutto alcuna contraddizione tra la nuova decisione e le conclusioni tratte nella precedente sentenza. In quel caso il Tribunale federale aveva ritenuto che l'obbligo di posporre al nome della ricorrente l'indicazione "non accreditata" era sprovvisto di una base legale sufficientemente chiara e diretta, tenuto conto dell'effetto pregiudizievole provocato da una simile indicazione per un istituto neocostituito (DTF 128 I 19 consid. 4c/cc). Nella fattispecie attuale, non è per contro in discussione un complemento da aggiungere alla denominazione utilizzata, bensì una constatazione volta a specificare i limiti del permesso cantonale che autorizza la ricorrente a qualificarsi come "università". L'oggetto del litigio è pertanto assai diverso.
3.5 Nel merito, la constatazione litigiosa rispetta poi le condizioni per la restrizione dei diritti fondamentali previste dall'art. 36 Cost.: essa si fonda infatti su una base legale esplicita e puntuale, ovvero sulle competenze di vigilanza attribuite al Consiglio di Stato dall'art. 14 cpv. 3 lett. c LUni, è sorretta da un evidente interesse pubblico, e cioè l'interesse ad evitare rischi di confusione con istituti accreditati (cfr. consid. 3.2) e non appare infine lesiva del principio di proporzionalità (su tale principio ed i suoi aspetti, cfr. DTF 131 I 91 consid. 3.3; 130 II 425 consid. 5.2; 129 I 173 consid. 5).
Sotto quest'ultimo profilo, premesso che, come già osservato, l'accreditamento nel sistema universitario nazionale è effettivamente di competenza della CUS, la precisazione non costituisce una fonte d'errori, come pretende la ricorrente. Al contrario, tale constatazione permette di capire appieno la valenza dell'autorizzazione cantonale, indicando espressamente che la stessa non sostituisce l'ottenimento dell'accreditamento. Essa rende pertanto palese che il permesso rilasciato è di natura puramente formale e non può venir inteso come certificazione della qualità dell'insegnamento dispensato. Certo, con la chiarezza che implica, la precisazione potrebbe rendere attente le persone di principio interessate a seguire una formazione presso la ricorrente, suscitando in loro qualche esitazione al momento di decidere se seguire i corsi proposti. L'insorgente non può però ragionevolmente lamentarsi del fatto che la decisione litigiosa permette di evitare dei rischi di confusione nel pubblico.
La frase in esame fornisce inoltre un'informazione oggettiva e nemmeno ad una lettura distratta può essere interpretata come un divieto generale di esercizio o un'attestazione di illegalità. La stessa non è poi inutile o vessatoria, considerato che le autorità cantonali hanno allegato in maniera credibile di aver ripetutamente ricevuto richieste di chiarimenti sulla portata dell'autorizzazione o sull'uso di locuzioni quali "legalmente autorizzata" che figurano tra l'altro sulle pagine internet dell'istituto. Tali richieste sono del resto dimostrate anche dalla documentazione versata agli atti dalla ricorrente a sostegno dei presunti danni subiti. Per certi versi, è d'altronde proprio nella misura in cui l'insorgente attribuisce alla frase contestata potenziali effetti pregiudizievoli rispetto alla situazione preesistente che la frase stessa rivela la sua utilità. Non vi è infatti alcun interesse privato degno di protezione ad eliminare un'indicazione complementare suscettibile di impedire che la ricorrente possa eventualmente sfruttare dubbi ed ambiguità sulla portata dell'autorizzazione cantonale rilasciatale.
3.6 La constatazione al punto 4 della decisione impugnata appare dunque un'indicazione idonea, necessaria e proporzionata per evitare che l'autorizzazione all'uso della denominazione di "università" sia utilizzata, o anche solo interpretata, come un riconoscimento cantonale all'esercizio di un'attività formativa universitaria e al rilascio di titoli accademici, ossia come una decisione di accreditamento.
4.
Nella misura in cui possano venir considerati sufficientemente motivati (art. 90 cpv. 1 lett. b OG), gli ulteriori rimproveri mossi dalla ricorrente non conducono a conclusioni diverse.
4.1 Infondata è in particolare la tesi secondo cui l'abrogazione della precedente risoluzione governativa del 28 maggio 2002 - abrogazione peraltro sancita non dal contestato punto 4, bensì dal punto 1 della nuova decisione - comporterebbe la soppressione di un diritto acquisito, e meglio del diritto a rilasciare titoli di studio congiuntamente ad altre università statali o accreditate svizzere, rispettivamente dell'Unione europea. Il punto 2 della decisione abrogata non conferiva infatti né il diritto di esercitare un'attività universitaria né, più specificatamente, quello di rilasciare dei diplomi in collaborazione con altri istituti, facoltà che del resto non abbisognano di alcuna autorizzazione da parte del Consiglio di Stato. In realtà, le frasi richiamate dall'insorgente ponevano semplicemente alcune condizioni in merito all'indicazione dei titoli conferiti con altre università, nell'intento, anche a questo riguardo, di evitare malintesi per gli utenti.
L'annullamento della decisione del 28 maggio 2002 e la sua sostituzione potevano peraltro giustificarsi, indipendentemente dall'invocata esigenza di tener conto della revisione dell'art. 14 LUni, già in funzione delle esperienze fatte dalle autorità e delle richieste di informazioni da esse ricevute dopo l'adozione del precedente testo. Non è per di più dato di vedere su quali aspetti la nuova risoluzione sia realmente e sostanzialmente diversa dalle precedenti.
4.2 Parimenti inconsistente è la critica di violazione del precetto di uguaglianza (art. 8 Cost.). A questo proposito, la ricorrente ritiene necessaria una distinzione tra essa, che dispone effettivamente di una struttura scolastica, ed altre società presenti nel Cantone che si definiscono università, ma che di fatto sono semplicemente delle caselle postali. Essa contesta quindi l'invio di una decisione essenzialmente analoga ad entrambe le categorie di istituti. Tale rimprovero misconosce tuttavia la portata e le finalità dell'autorizzazione prevista dall'art. 14 cpv. 2 LUni, in quanto richiede delle precisazioni fondate sulla valutazione del genere di attività svolta e non semplicemente sull'esigenza di evitare equivoci nell'uso della denominazione di "università" per rapporto agli istituti accreditati.
5.
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso 2P.88/2006, laddove è ammissibile, si rivela infondato e deve perciò essere respinto, mentre il ricorso 2P.97/2006 risulta integralmente inammissibile.
Le spese processuali relative ad entrambi i gravami vanno poste a carico della ricorrente, secondo soccombenza ( art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG ). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Le cause 2P.88/2006 e 2P.97/2006 sono congiunte.
2.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso 2P.88/2006 è respinto.
3.
Il ricorso 2P.97/2006 è inammissibile.
4.
La tassa di giustizia complessiva di fr. 5'000.-- è posta a carico della ricorrente.
5.
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente e al Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
Losanna, 30 marzo 2007
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere: