Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
2P.224/2006
2A.525/2006 /viz
Sentenza del 26 aprile 2007
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Merkli, presidente,
Hungerbühler, Wurzburger, Müller e Yersin,
cancelliere Bianchi.
Parti
A.________ e B.________,
ricorrenti, entrambi patrocinati dall'avv. Nicolas Rouiller,
contro
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
Palazzo di Giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
Oggetto
autorizzazioni di soggiorno (ricongiungimento familiare),
ricorso di diritto amministrativo e ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 3 luglio 2006
dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
Dopo un paio di brevi soggiorni nei mesi precedenti, la cittadina russa A.________ (1962) è tornata in Svizzera il 4 agosto 2005 ed il 3 ottobre dello stesso anno si è sposata con il cittadino elvetico B.________ (1959), ottenendo quindi un permesso di dimora annuale. Prima di trasferirsi in Svizzera, viveva in un villaggio nella regione di Stavropol, nel sud della Russia, assieme a sua madre, sessantaduenne, ed ai suoi due figli C.________ (20 luglio 1988) e D.________ (9 marzo 1990), nati dal matrimonio con E.________, deceduto nel 2003 e da cui era divorziata dal 2000. Il 10 novembre 2005 C.________ e D.________ hanno chiesto, tramite l'ambasciata svizzera a Mosca, di poter entrare in Svizzera e risiedere a X.________ presso la madre.
B.
Con decisione del 28 dicembre 2005 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha respinto la domanda di ricongiungimento familiare, osservando in particolare che, secondo la prassi, un cittadino straniero con diritto al rinnovo del permesso di dimora può farsi raggiungere dai figli nati da precedenti relazioni solo se questi non hanno superato i quindici anni. Impugnato da A.________, il diniego del ricongiungimento è stato confermato dapprima dal Consiglio di Stato, il 9 maggio 2006, e successivamente dal Tribunale amministrativo ticinese, con sentenza del 3 luglio seguente.
C.
L'11 settembre 2006 A.________ e B.________ si sono aggravati dinanzi al Tribunale federale, presentando un ricorso di diritto amministrativo ed un ricorso di diritto pubblico. Con il primo rimedio chiedono, in via principale, che C.________ e D.________ siano autorizzati ad entrare in Svizzera e posti al beneficio di un permesso di dimora e, in via subordinata, che la causa sia rinviata all'autorità inferiore per nuovi accertamenti. Con tale ricorso lamentano la violazione degli art. 7 e 17 cpv. 2 della legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora ed il domicilio degli stranieri (LDDS; RS 142.20), dell'art. 8 della Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101) e dell'art. 8 della Costituzione federale (Cost.; RS 101). Con il ricorso di diritto pubblico domandano invece l'annullamento della sentenza impugnata ed il rinvio della causa per nuovo giudizio, censurando la disattenzione degli art. 8 e 9 Cost. nonché 13 e 14 CEDU.
D.
Di propria iniziativa, il 28 settembre 2006 i ricorrenti hanno versato agli atti copia della decisione con cui il 21 settembre precedente l'Ufficio federale della migrazione ha negato a C.________ e D.________ l'autorizzazione ad entrare in Svizzera per rendere visita alla madre.
E.
Chiamati ad esprimersi sulle impugnative, il Consiglio di Stato ne chiede la reiezione, mentre il Tribunale amministrativo si riconferma nella motivazione e nelle conclusioni della propria sentenza. Interpellato riguardo al ricorso di diritto amministrativo, l'Ufficio federale della migrazione propone di respingerlo, nella misura in cui sia ammissibile.
Diritto:
1.
Il 1° gennaio 2007 è entrata in vigore la legge sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF; RS 173.110; RU 2006 pag. 1069) che ha di per sé abrogato la legge federale del 16 dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG; RU 1969 pag. 784; cfr. art. 131 cpv. 1 LTF). Considerato che la decisione impugnata è stata pronunciata prima dell'entrata in vigore della nuova legge, alla presente procedura è tuttavia ancora applicabile la pregressa normativa (art. 132 cpv. 1 LTF).
2.
Le due impugnative sono state presentate dai medesimi ricorrenti, sono dirette contro la stessa sentenza e si riferiscono ad un identico complesso di fatti. Si giustifica pertanto di congiungerle e di evaderle con un unico giudizio (DTF 128 V 194 consid. 1, 124 consid. 1; 126 II 377 consid. 1; 123 II 16 consid. 1).
Nonostante i ricorsi siano in francese, non vi è motivo di derogare al principio secondo cui le sentenza del Tribunale federale sono redatte nella lingua in cui è stata prolata la decisione impugnata (art. 37 cpv. 3 OG; DTF 131 I 145 consid. 1; 124 III 205 consid. 2).
3.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 132 I 140 consid. 1.1; 131 I 153 consid. 1; 131 II 571 consid. 1).
3.1 Quando, come in concreto, i ricorrenti agiscono simultaneamente mediante ricorso di diritto amministrativo e ricorso di diritto pubblico, la regola della sussidiarietà di questo secondo rimedio (cfr. art. 84 cpv. 2 OG), impone di esaminare in primo luogo l'ammissibilità del ricorso di diritto amministrativo (DTF 129 I 337 consid. 1.1; 128 I 46 consid. 1a; 127 II 161 consid. 1).
3.2 In virtù dell'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG, in materia di diritto degli stranieri il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di permessi al cui ottenimento la legislazione non conferisce un diritto. L'art. 4 della legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS; RS 142.20) sancisce che l'autorità competente decide liberamente, nei limiti delle disposizioni della legge e dei trattati con l'estero, in merito alla concessione dei permessi di dimora o di domicilio. Lo straniero ha quindi un diritto all'ottenimento di simili permessi solo laddove tale pretesa si fonda su una disposizione del diritto federale o su un trattato internazionale (DTF 131 II 339 consid. 1; 130 II 388 consid. 1.1, 281 consid. 2.1).
3.3
3.3.1 Giusta l'art. 17 cpv. 2 terza frase LDDS, i figli celibi di età inferiore ai 18 anni hanno diritto di essere inclusi nel permesso di domicilio dei genitori, se vivono con loro. La ricorrente non è tuttavia al beneficio di un permesso di domicilio, ma soltanto di un permesso di dimora e non può pertanto appellarsi a tale norma (DTF 126 II 377 consid. 2a; 125 II 633 consid. 2c).
Infondato è pure il richiamo all'art. 7 LDDS. Detto disposto conferisce infatti il diritto al rilascio e alla proroga di un permesso di dimora soltanto al coniuge straniero di un cittadino svizzero e non anche ai figli di tale coniuge nati da precedenti relazioni. Il testo legale è inequivocabile e non può essere interpretato nel senso estensivo preteso dai ricorrenti indipendentemente dal fatto che, come essi rilevano, la mancanza di un'autorizzazione per i figli potrebbe costringere il partner straniero a rientrare sovente in patria per occuparsene.
Un diritto al ricongiungimento non può venir dedotto nemmeno dall'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC o Accordo; RS 0.142.112.681). Gli insorgenti si appellano a tale regolamentazione sostenendo che se il marito anziché svizzero fosse cittadino di uno Stato della Comunità europea la domanda di ricongiungimento familiare andrebbe valutata in funzione delle condizioni, meno restrittive, previste dall'art. 3 Allegato I ALC. Sennonché, dai principi di uguaglianza giuridica e di non discriminazione non deriva per i cittadini svizzeri il diritto di essere trattati al pari di quelli della Comunità europea in materia di ricongiungimento con familiari di Stati terzi. Il legislatore ha infatti consapevolmente rinunciato, in via transitoria, ad adeguare la legislazione interna al regime stabilito dall'Accordo (DTF 129 II 249 consid. 5; 130 II 137 consid. 4). È per di più assai dubbio che l'art. 3 Allegato I ALC troverebbe effettivamente applicazione se il marito fosse cittadino europeo (cfr. DTF 130 II 1 consid. 3.5 e 3.6).
3.3.2 Il diritto al rilascio di un'autorizzazione di soggiorno per i figli minorenni di stranieri residenti in Svizzera può risultare, a determinate condizioni, anche dalla garanzia della vita privata e familiare sancita dall'art. 8 CEDU, rispettivamente dall'art. 13 Cost., di analoga portata (DTF 130 II 281 consid. 3.1; 126 II 377 consid. 7). Sotto questo profilo occorre, da un lato, che lo straniero abbia un diritto certo ad ottenere il rinnovo del permesso di dimora di cui dispone, e, d'altro lato, che intrattenga con i figli una relazione familiare intatta ed effettivamente vissuta (DTF 130 II 281 consid. 3.1; 129 II 193 consid. 5.3.1, 215 consid. 4.1). La ricorrente ha di principio diritto alla proroga del suo permesso di dimora, essendo sposata con un cittadino svizzero (art. 7 cpv. 1 LDDS; cfr. DTF 129 II 249 consid. 2.2; 125 II 585 consid. 2d), ed ha inoltre mantenuto intensi rapporti con i figli, a cui rende visita regolarmente e con i quali ha del resto convissuto fino all'arrivo in Svizzera. Di conseguenza, ella può di principio prevalersi dell'art. 8 CEDU. Ciò vale tuttavia soltanto in riferimento al figlio D.________, che ha da poco compiuto i 17 anni, ma non alla figlia C.________, che, pur essendo ancora minorenne quando è stata inoltrata l'istanza, ha nel frattempo superato i 18 anni. Determinante per l'esame della ricevibilità dei ricorsi fondati sull'art. 8 CEDU è infatti l'età al momento del giudizio del Tribunale federale, non quella al momento della presentazione della domanda (DTF 130 II 137 consid. 2.1; 129 II 249 consid. 1.2, 11 consid. 2). La figlia non si trova peraltro in un particolare stato di dipendenza dalla madre, suscettibile di fondare un diritto al permesso di soggiorno nonostante la maggiore età (DTF 129 II 11 consid. 2; 120 Ib 257 consid. 1d-e).
3.4
3.4.1 Ne consegue che in virtù dell'art. 8 CEDU è di principio data la via del ricorso di diritto amministrativo per quanto concerne il ricongiungimento della ricorrente con il figlio D.________. In questa misura il ricorso di diritto pubblico è, di riflesso, escluso (art. 84 cpv. 2 OG). D'altronde con il ricorso di diritto amministrativo può essere censurata la violazione del diritto federale (art. 104 lett. a OG), che comprende pure i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 130 I 312 consid. 1.2; 129 II 183 consid. 3.4; 128 II 56 consid. 2b) ed i trattati internazionali (DTF 130 II 337 consid. 1.3; 126 II 506 consid. 1b). Nell'ambito di tale rimedio possono dunque venir esaminati tutti gli argomenti sollevati dagli insorgenti nel separato ricorso di diritto pubblico, in cui essi hanno ripreso le critiche fondate sulla violazione di norme costituzionali e convenzionali. Nell'ambito della procedura del ricorso di diritto amministrativo, il Tribunale federale applica in ogni caso d'ufficio il diritto federale, senza essere vincolato dai motivi invocati dalle parti (art. 114 cpv. 1 OG).
3.4.2 Per quanto concerne la figlia C.________, il ricorso di diritto amministrativo è invece inammissibile, in assenza di norme che le conferiscano un diritto all'ottenimento del permesso di dimora. Non sussistendo tale diritto, né ella né tanto meno i ricorrenti sono toccati dalla decisione litigiosa nei loro interessi giuridicamente protetti, per cui difettano della legittimazione ad aggravarsi mediante ricorso di diritto pubblico (art. 88 OG; DTF 127 II 161 consid. 3b; 126 I 81 consid. 3b). Essi potrebbero nondimeno far valere la disattenzione dei loro diritti di parte in sede cantonale, equivalente ad un diniego di giustizia formale (DTF 129 II 297 consid. 2.3). I gravami vertono tuttavia esclusivamente su questioni di merito, per cui, in relazione alla figlia, sono irricevibili anche quali ricorsi di diritto pubblico.
3.5 Per il resto, la ricorrente è pacificamente legittimata ad interporre il ricorso di diritto amministrativo (art. 103 lett. a OG). La potestà ricorsuale è infatti riconosciuta sia allo straniero a cui è stato negato il permesso, sia al parente con il quale egli intende ricongiungersi in Svizzera (DTF 119 Ib 81 consid. 1c). Non occorre di conseguenza pronunciarsi sulla legittimazione del marito, che non ha rapporti di parentela diretta con i figli della consorte e che, per di più, non ha partecipato alla procedura in sede cantonale (requisito della "lesione formale"; cfr. DTF 130 II 514 consid. 1; 127 II 104 consid. 3e; 123 II 115 consid. 2a; cfr. tuttavia anche: DTF 131 II 497 consid. 5.1; 110 Ib 105 consid. 1d).
Presentato tempestivamente (art. 97 cpv. 1 OG), nei limiti esposti il ricorso di diritto amministrativo è pertanto di massima ammissibile. Fa comunque eccezione la conclusione ricorsuale con cui gli insorgenti postulano che D.________ sia autorizzato ad entrare in Svizzera (cfr. art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG; sentenza 2A.316/2006 del 19 dicembre 2006, consid. 1.2 [non pubblicato in DTF 133 II 6]).
4.
Quando, come in concreto, la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati appurati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG). Nei casi in cui vige questa regola, la possibilità di allegare fatti nuovi o di prevalersi di nuovi mezzi di prova è alquanto ristretta. In particolare, non è di norma possibile tener conto di cambiamenti dello stato di fatto prodottisi dopo la pronuncia del giudizio impugnato (DTF 130 II 493 consid. 2; 128 II 145 consid. 1.2.1; 125 II 217 consid. 3a). Ne discende che la decisione dell'Ufficio federale della migrazione del 21 settembre 2006 versata agli atti dai ricorrenti non può essere presa in considerazione ai fini del giudizio. Del resto, tale documento è stato prodotto dopo la scadenza del termine di ricorso, senza che sia stato ordinato un nuovo scambio di scritti (cfr. DTF 130 II 493 consid. 2; 127 V 353 consid. 4; 109 Ib 249 consid. 3c).
5.
5.1 In materia di ricongiungimento familiare, la giurisprudenza ha sancito da tempo ed in innumerevoli occasioni che le domande vanno valutate secondo parametri differenti se riguardano la riunificazione in Svizzera con entrambi oppure con un solo genitore. Nel primo caso, fatta salva la riserva generale dell'abuso di diritto, il ricongiungimento con i figli minorenni è di per sé ammesso in ogni tempo, senza che occorra giustificare in modo particolare un qualsiasi ritardo nell'inoltro della richiesta. Nel secondo caso, non vi è per contro un diritto incondizionato a far venire presso il genitore in Svizzera dei figli che sono cresciuti all'estero nella cerchia familiare dell'altro genitore o presso altre persone di fiducia, ad esempio i nonni. In queste situazioni, l'accoglimento della domanda presuppone che i figli, nonostante la distanza, abbiano mantenuto con il genitore stabilitosi in Svizzera le relazioni familiari più intense oppure che siano intervenuti importanti cambiamenti delle circostanze, in particolare d'ordine familiare, come ad esempio un mutamento nelle possibilità di cura e presa a carico educativa dei figli all'estero (DTF 133 II 6 consid. 3.1; 130 II 1 consid. 2.2; 129 II 11 consid. 3.1; 126 II 329 consid. 2a e 3b; 125 II 585 consid. 2a).
Stabiliti essenzialmente in relazione all'art. 17 cpv. 2 LDDS, questi principi valgono anche quando si tratta di esaminare sotto il profilo degli art. 8 CEDU e 13 Cost. una domanda di ricongiungimento (parziale) di figli di genitori separati o divorziati (DTF 133 II 6 consid. 3.1; sentenza 2A.558/2006 del 22 febbraio 2007, consid. 3.1). L'art. 8 CEDU non conferisce infatti un diritto assoluto di entrata e di soggiorno in Svizzera per i familiari di uno straniero che vi risiede. In particolare, il genitore che ha liberamente scelto di venire in Svizzera e di vivere separato dalla famiglia per diversi anni non può normalmente prevalersi di tale diritto in favore dei figli rimasti in patria se intrattiene con gli stessi rapporti meno intensi rispetto all'altro genitore o ai familiari che se ne prendono cura e se può mantenere con la prole le relazioni esistenti (133 II 6 consid. 3.1; 125 II 633 consid. 3a; 124 II 361 consid. 3a; 122 II 385 consid. 4b). Nella sentenza pubblicata in DTF 133 II 6, pronunciata il 19 dicembre 2006, il Tribunale federale ha esplicitato e confermato questa sua giurisprudenza anche alla luce della più recente prassi della Corte europea dei diritti dell'uomo (segnatamente la sentenza n. 60665/00 del 1° dicembre 2005 nella causa Tuquabo-Tekle e llcc. contro Paesi Bassi; cfr. DTF 133 II 6 consid. 5 e, tra le altre, sentenza 2A.319/2006 del 16 gennaio 2007, consid. 3).
5.2 Come risulta peraltro già dalla natura delle condizioni testé indicate, la giurisprudenza esistente in tema di ricongiungimento familiare si riferisce esclusivamente a domande di ricongiungimento a posteriori, ossia presentate dopo un certo periodo di separazione, in genere di diversi anni, tra il/i genitore/i ed i figli. Tale caratteristica è comune non solo a tutte le situazioni esaminate nelle menzionate sentenze del Tribunale federale, ma anche alle fattispecie alla base dei principali giudizi di riferimento della Corte europea dei diritti dell'uomo (cfr., oltre alla già citata sentenza Tuquabo-Tekle: sentenza del 19 febbraio 1996 nella causa Gül contro Svizzera, Recueil CourEDU 1996-I pag. 159; sentenza del 28 novembre 1996 nella causa Ahmut contro Paesi Bassi, Recueil CourEDU 1996-IV pag. 2017; sentenza n. 31465/96 del 21 dicembre 2001 nella causa Sen contro Paesi Bassi). Nei casi sottoposti a quest'ultima istanza presi in considerazione, il periodo di separazione più breve prima dell'inoltro della domanda è infatti stato di tre anni e mezzo (nel caso Ahmut). È dunque in situazioni di questo genere che la Corte di Strasburgo ha soppesato dettagliatamente gli interessi privati dei familiari che postulano il ricongiungimento con il legittimo interesse pubblico degli Stati a praticare una politica restrittiva in materia d'immigrazione (cfr. sentenza citata in re Tuqabo-Tekle, n. 42 e 44).
5.3 Il caso di specie presenta una differenza fondamentale con le situazioni descritte in quanto non ha per oggetto un ricongiungimento familiare differito. I figli hanno infatti presentato la loro domanda presso l'ambasciata svizzera a Mosca poco più di un mese dopo il matrimonio della madre, celebrato a sua volta due mesi dopo l'ingresso in Svizzera. Considerate le immaginabili difficoltà di ordine burocratico ed organizzativo dovute anche alle ragguardevoli distanze, questi tempi sono pressoché inevitabili. È d'altronde normale che la madre si sia sposata ed abbia ottenuto un permesso di dimora prima di postulare formalmente il ricongiungimento, anche perché il matrimonio costituiva una condizione essenziale per potersi prevalere dell'art. 8 CEDU. In ogni caso un lasso di tempo come quello intercorso è talmente ridotto che non determina una vera e propria separazione, nel senso che non è sufficiente per creare una relazione preponderante con altri parenti, in sostituzione del legame con il genitore partito all'estero. Nel caso specifico, la ricorrente è inoltre sempre stata la principale persona di riferimento per i figli, con cui ha convissuto fino alla partenza per la Svizzera. Poco importa infatti che con loro abbia coabitato anche la nonna e che la stessa sia stata una presenza fisica ed educativa costante anche quando la madre era fuori casa per lavoro. D'altro canto, il padre ha vissuto per lungo tempo separato dalla famiglia senza occuparsi dei figli, ed è poi deceduto nel 2003.
In queste circostanze, il ricongiungimento della ricorrente con il figlio minorenne non può essere valutato secondo i restrittivi requisiti validi in caso di ricongiungimento parziale differito (cfr. comunque, a questo riguardo: DTF 129 II 11 consid. 3.3.1 e sentenza 2A.298/2006 del 27 ottobre 2006, consid. 2.2-2.4), ma può essere negato soltanto se integra gli estremi di un abuso di diritto.
5.4 Posto il problema in questi termini, le conclusioni che ne vanno tratte appaiono tutto sommato abbastanza evidenti.
5.4.1 Non si può infatti ritenere che la richiesta di ricongiungimento non abbia quale fondamento la volontà di mantenere il legame familiare tra madre e figlio esistente prima delle seconde nozze della ricorrente. Certo, il figlio è ormai prossimo alla maggiore età e in Svizzera, benché confrontato con probabili difficoltà linguistiche e d'integrazione, potrebbe godere di migliori prospettive di formazione e professionali che in patria, in una zona discosta della Russia. Considerato che il ricongiungimento è stato chiesto subito dopo il matrimonio con un cittadino svizzero, queste prospettive più favorevoli costituiscono tuttavia soltanto una conseguenza, non la finalità stessa del ricongiungimento. Per sostenere il contrario occorrerebbe in pratica che il matrimonio stesso sia stato contratto in maniera fittizia, ipotesi che, pur rilevata l'apparente brevità della frequentazione prematrimoniale, non è corroborata da alcun indizio significativo.
5.4.2 Anche se, vista l'età, i suoi bisogni educativi e di custodia sono ridotti, il figlio necessita ancora di una certa presenza della madre, che l'ha allevato durante l'infanzia e l'adolescenza. D'altronde, conformemente al testo legale (cfr. art. 17 cpv. 2 LDDS) e alla giurisprudenza, il ricongiungimento familiare deve rimanere possibile fino alla maggiore età dei figli, età che non dev'essere abbassata artificiosamente adducendo che essi verrebbero sradicati dal contesto sociale e culturale in cui sono cresciuti (DTF 133 II 6 consid. 3.1.3). Non può pertanto essere condivisa la categorica tesi dell'autorità di prime cure, secondo cui nessuna domanda può essere accolta se i figli hanno più di quindici anni (cfr. anche DTF 133 II 6 consid. 5.4).
5.4.3 Fuorviante appare pure l'argomento della Corte cantonale secondo cui la ricorrente ha scelto volontariamente la via della separazione dai figli e deve quindi assumersene le conseguenze. L'insorgente aveva infatti il diritto di risposarsi e di vivere con suo marito. Certo, secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, l'art. 8 CEDU non implica per uno Stato l'obbligo generale di rispettare la scelta che una coppia di coniugi opera riguardo al domicilio comune e quindi nemmeno l'obbligo di consentire il ricongiungimento familiare sul proprio territorio (cfr. sentenza cit. in re Tuquabo-Tekle, § 43; sentenza cit. in re Gül, § 38). Nella fattispecie, ritenuto che il marito della ricorrente è di cittadinanza svizzera, i coniugi hanno tuttavia il diritto di risiedere in Svizzera in virtù dell'art. 7 LDDS. D'altra parte, non può ragionevolmente venir preteso dal consorte svizzero che si trasferisca in Russia, nella regione di provenienza della moglie. Quest'ultima non può dunque venir posta di fronte all'alternativa di rinunciare ai figli in caso di matrimonio oppure di non sposarsi per poter rimanere con i figli. Di conseguenza, nella sua situazione il diritto di sposarsi deve di massima implicare anche il diritto di farsi raggiungere immediatamente dal figlio minorenne. La situazione è ben diversa da quella in cui un genitore lascia il coniuge ed i figli in patria e viene in Svizzera per ragioni economiche e professionali.
5.4.4 Infine, benché secondo la notifica d'imposta agli atti la situazione economica del ricorrente parrebbe precaria, non vi sono elementi sufficienti per ravvisare impedimenti di natura economica all'accoglimento dell'istanza di ricongiungimento. Un tale impedimento sussisterebbe infatti solo se vi fosse un rischio concreto di dipendenza continua e rilevante dall'assistenza pubblica (cfr. DTF 122 II 1 consid. 3c). Non risulta tuttavia che i ricorrenti, nonostante quanto emerga dai dati fiscali disponibili, abbiano mai beneficiato di prestazioni assistenziali. Le autorità cantonali non hanno inoltre mai contestato le dichiarazioni formulate già dinanzi al Consiglio di Stato, dove il marito ha dichiarato che la situazione si era migliorata, sotto questo profilo, in quanto aveva trovato un nuovo lavoro (cfr. sentenza 2A.298/2006 del 27 ottobre 2006, consid. 2.4; sentenza 2A.730/2004 del 15 giugno 2005, riass. in: FamPra.ch 2005 pag. 889, consid. 2.5.3).
5.5 Ne consegue pertanto che la domanda di ricongiungimento familiare non può venir considerata abusiva. Al figlio D.________ non può dunque essere negato il rilascio di un permesso di dimora.
6.
Come già osservato, a differenza del fratello, C.________ non può trarre alcun diritto dall'art. 8 CEDU, essendo divenuta maggiorenne in corso di procedura (cfr. consid. 3.3.2). Ella aveva infatti diciassette anni e tre mesi al momento dell'inoltro dell'istanza, mentre a tutt'oggi è vicino al compimento dei diciannove anni. A prescindere da questo dato temporale, è in ogni caso innegabile che la venuta in Svizzera del fratello, accanto alla madre, avrebbe delle conseguenze gravose del tutto particolari sulla sua situazione personale. Tale trasferimento l'allontanerebbe infatti da entrambi i membri del suo nucleo familiare più ristretto, con cui ha vissuto tutta l'infanzia e l'adolescenza. Il distacco sarebbe con tutta probabilità profondo ed importante, poiché ella risiede in una zona remota in una provincia meridionale della Federazione Russa e potrebbe dunque risultare assai difficile mantenere dei contatti diretti solidi e frequenti. In patria, stando all'incontestata esposizione del quadro familiare, potrebbe in sostanza contare soltanto sulla nonna materna, con la quale ha senz'altro un solido legame, ma che non può sostituire la relazione nutrita ininterrottamente sin dalla nascita con la madre. La sua situazione economica, senza l'addotto sostegno fornito dai ricorrenti, appare inoltre precaria. D'altro lato, ella non ha mai risieduto in Svizzera e si troverebbe verosimilmente confrontata con problemi d'integrazione non irrilevanti, tra l'altro anche per quanto concerne la paventata possibilità di inserimento professionale in ambito sanitario. La separazione dalla madre e dal fratello, al quale si aprono delle prospettive generali di vita assai diverse, appare comunque difficilmente accettabile sul piano umano, tanto più se si considera che la domanda di ricongiungimento è stato inoltrata in tempi assai ristretti dopo l'arrivo in Svizzera ed il matrimonio della ricorrente e che il diverso esito dell'istanza è in sostanza dovuto solo agli inevitabili tempi procedurali.
In queste particolari circostanze, è lecito chiedersi se le autorità competenti non dovrebbero prendere in conto la possibilità di rilasciare un permesso di dimora anche alla figlia C.________, fondandosi sull'art. 13 lett. f dell'ordinanza del 6 ottobre 1986 che limita l'effettivo degli stranieri (OLS; RS 823.21). Tale norma prevede infatti che in presenza di un caso personale particolarmente rigoroso o per motivi di politica generale si possa derogare al contingente massimo previsto per gli stranieri che esercitano un'attività lucrativa (cfr. DTF 130 II 39 consid. 3; 128 II 200 consid. 4; 124 II 110 consid. 2).
7.
7.1 Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso di diritto pubblico si avvera inammissibile, mentre il ricorso di diritto amministrativo, nella misura in cui è ammissibile, risulta fondato. In riferimento al figlio della ricorrente, il giudizio impugnato deve quindi essere annullato. In simili casi, il Tribunale federale può giudicare esso stesso nel merito, rimandare la causa per nuova decisione alla precedente istanza, oppure, se questa ha giudicato come istanza di ricorso, rimandarla alla prima istanza (art. 114 cpv. 2 OG). In concreto, si può pertanto invitare la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino a rilasciare un permesso di dimora a D.________. Compete per il resto al Tribunale amministrativo pronunciarsi nuovamente sugli oneri processuali del procedimento cantonale; a tale scopo, gli vengono perciò rinviati gli atti.
7.2 Nel complesso, i ricorrenti sono solo parzialmente vincenti. Essi sono quindi tenuti a sopportare, con vincolo di solidarietà, una parte, seppur ridotta, delle spese processuali (art. 156 cpv. 1, 3 e 7, 153 cpv. 1 e 153a OG). Lo Stato del Cantone Ticino è invece dispensato da tale onere, poiché è intervenuto in causa senza alcun interesse pecuniario (art. 156 cpv. 2 OG). Esso dovrà comunque corrispondere ai ricorrenti, patrocinati da un avvocato, un'indennità, pure ridotta, a titolo di ripetibili della sede federale ( art. 159 cpv. 1 e 2 OG ).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Le cause 2A.525/2006 e 2P.224/2006 sono congiunte.
2.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso 2A.525/2006 è accolto e la decisione impugnata è annullata per quanto concerne il figlio della ricorrente. La Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino è invitata a rilasciare a quest'ultimo un permesso di dimora.
3.
Il ricorso 2P.224/2006 è inammissibile.
4.
Gli atti vengono rinviati al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino per nuovo giudizio su spese e ripetibili della sede cantonale.
5.
Una tassa di giustizia complessiva (ridotta) di fr. 500.-- è posta a carico dei ricorrenti, in solido.
6.
Lo Stato del Cantone Ticino rifonderà ai ricorrenti un'indennità unica (ridotta) di fr. 1'500.-- a titolo di ripetibili della sede federale.
7.
Comunicazione al patrocinatore dei ricorrenti, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale della migrazione.
Losanna, 26 aprile 2007
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere: