Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
1A.198/2006
1P.602/2006 /biz
Sentenza del 16 agosto 2007
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Féraud, presidente,
Reeb, Eusebio,
cancelliere Gadoni.
Parti
A.________ e litisconsorti,
ricorrenti,
patrocinati dall'avv. dr. Barbara Rossi Bonizzi,
contro
Azienda cantonale dei rifiuti (ACR),
via Industria 16, 6934 Bioggio,
Comune di Giubiasco, rappresentato dal Municipio, piazza Grande 1, 6512 Giubiasco,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
residenza governativa, 6500 Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
Oggetto
licenza edilizia per la costruzione di un impianto
di termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani e assimilabili nel Comune di Giubiasco,
ricorso di diritto amministrativo e ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 30 giugno 2006 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
L'azienda cantonale dei rifiuti (ACR) è un ente indipendente dall'amministrazione dello Stato avente personalità giuridica propria di diritto pubblico, incaricato di provvedere all'organizzazione e all'attuazione dello smaltimento dei rifiuti nel Cantone Ticino. Ha in particolare lo scopo di costruire e/o gestire gli impianti necessari per smaltire i rifiuti urbani non riciclabili e quelli ad essi assimilabili dell'intero comprensorio cantonale.
B.
Il 19 dicembre 1997 il Consiglio di Stato ha adottato la scheda di coordinamento 5.9 del piano direttore, di categoria dato acquisito, approvata dal Consiglio federale l'8 giugno 1999, che prevede l'insediamento di un impianto di termodistruzione dei rifiuti solidi urbani ed assimilabili a Giubiasco, in località Baragge, a ridosso della parte meridionale dell'impianto di depurazione delle acque del Consorzio depurazione acque di Bellinzona e dintorni. Questo indirizzo è stato ripreso nel piano regolatore di Giubiasco, che nel luglio del 1997 e nel giugno del 1998 è stato aggiornato in vista della costruzione di un impianto Thermoselect mediante l'approvazione di due varianti che hanno in particolare comportato un ampliamento dell'esistente zona AP/EP in località Baragge e una modifica del piano viario per l'accesso. Decaduto l'atto ci concessione a favore del Consorzio Thermoselect e fissata la futura strategia in materia di smaltimento dei rifiuti in Ticino, il 22 giugno 2004 il Gran Consiglio ha approvato il piano di utilizzazione cantonale per l'impianto di termodistruzione dei rifiuti a Giubiasco (PUC-ITR). Questo strumento pianificatorio ha sancito la realizzazione dell'opera sull'area di circa 40'000 m2 vincolata dal piano regolatore e istituito i parametri urbanistici necessari per poter erigere un impianto a tecnologia tradizionale, con forni a griglia e depurazione dei fumi dell'ultima generazione. Solo il vicino Comune di Sementina si è aggravato contro il piano di utilizzazione cantonale, ritirando però il suo gravame nel corso della procedura.
C.
Il 19 aprile 2005 l'ACR ha presentato al Municipio di Giubiasco una domanda di costruzione per realizzare sui fondi gravati dal citato vincolo AP/EP un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani e assimilabili (ICTR). Esso avrebbe un volume complessivo di 257'142 m3 e comprende una costruzione principale a base rettangolare (112 x 88 m, altezza massima 32 m dal livello 0 del progetto, situato a quota 219 m.s.m.), due corpi esterni (pesa e condensatore ad aria) e 40 posteggi. Nell'edificio principale si trova un settore per l'accettazione dei rifiuti, un compartimento di combustione dei rifiuti e di depurazione dei fumi, un reparto per il trattamento dei residui e la valorizzazione energetica e una sezione ospitante l'amministrazione e i servizi. La disposizione dell'impianto forma un cortile interno aperto verso est destinato ad area di consegna dei prodotti e dei rifiuti da trattare. La parte elettromeccanica permetterebbe lo smaltimento di 140'000 t annue di rifiuti (urbani, sanitari, liquidi e fanghi da depurazione) mediante due linee parallele da 33.5 MW della capacità di circa 9.5 t/h. L'energia calorica prodotta dalla combustione dei rifiuti sarebbe trasformata dapprima in vapore vivo, grazie a delle caldaie, e poi parzialmente recuperata sotto forma di elettricità (circa 16.0 MW), mediante una turbina accoppiata a un generatore. Riguardo alle emissioni atmosferiche, il progetto prevede che, prima di essere espulsi dai camini, i fumi (gas di combustione in uscita dalle caldaie) subiscano un trattamento di depurazione in quattro tappe successive; i residui restanti (ceneri e acque di lavaggio) verrebbero a loro volta lavorati e ripuliti prima di essere trasportati in discarica unitamente alle scorie, convogliati verso centri di riciclaggio specializzati o scaricati nel fiume Ticino.
D.
Contro la domanda di costruzione, pubblicata con il relativo rapporto d'impatto sull'ambiente, sono state presentate numerose opposizioni, tra cui quelle di A._________ e litisconsorti. Gli opponenti sono per lo più proprietari o usufruttuari di fondi situati nell'area toccata dagli effetti dell'impianto. Acquisito il preavviso favorevole del Dipartimento del territorio, che ha nondimeno chiesto l'imposizione di determinate clausole accessorie, segnatamente in materia di protezione ambientale, il Municipio di Giubiasco ha rilasciato la licenza edilizia assoggettandola a una serie di condizioni e respingendo le opposizioni nella misura della loro ricevibilità.
E.
Gli opponenti si sono allora aggravati, con altri, dinanzi al Consiglio di Stato che, con un'unica decisione del 20 dicembre 2005, ha sostanzialmente confermato la risoluzione municipale, annullando nondimeno le clausole accessorie di carattere ambientale aggiunte dal Municipio, ma che esulavano dalla sua competenza.
F.
Con un'unica sentenza del 30 giugno 2006 il Tribunale cantonale amministrativo ha respinto, in quanto ricevibili, i cinque ricorsi presentati contro la risoluzione governativa, tra cui quello degli opponenti citati.
La Corte cantonale ha in particolare ritenuto corretta sia la procedura di approvazione del PUC-ITR, segnatamente per quanto concerne l'informazione e la partecipazione della popolazione, sia l'esecuzione dell'esame d'impatto ambientale nella fase procedurale della licenza edilizia. Ha poi rilevato che sia l'ubicazione dell'impianto sia il suo dimensionamento erano stati stabiliti nella procedura pianificatoria ed avrebbero di principio dovuto essere contestati in quella sede; ha nondimeno ritenuto corretto il dimensionamento a 140'000 t annue. Riguardo al sistema di trasporto dei rifiuti, la Corte cantonale ha esaminato le varianti prese in considerazione nel rapporto d'impatto ambientale ed ha ammesso la conformità alla legge della variante "tutto strada", rilevato altresì che non sussistevano le premesse economiche per imporre il trasporto via ferrovia dei rifiuti provenienti dal Sottoceneri. L'ultima istanza cantonale ha inoltre considerato sufficiente la modalità di sfruttamento dell'energia calorica prodotta dalla combustione e ritenuto che l'impianto rispettava l'obbligo di limitare le emissioni nella misura massima consentita dal progresso tecnico, dalle condizioni d'esercizio e dalle possibilità economiche. Ha altresì riconosciuto la conformità dell'installazione al piano cantonale di risanamento dell'aria e ha negato la necessità di un inasprimento delle limitazioni delle emissioni. Il Tribunale cantonale amministrativo ha ritenuto sufficienti anche i provvedimenti previsti per limitare nella maggiore misura possibile gli odori molesti e ammesso per finire il rispetto del diritto ambientale per quanto concerne l'inquinamento atmosferico.
I giudici cantonali hanno poi esaminato il progetto sotto il profilo dell'inquinamento fonico, del deterioramento del suolo e della protezione delle acque, concludendo ch'esso rispettava la legislazione federale applicabile. Hanno inoltre accertato che l'impianto si inseriva in una porzione di territorio già intaccato dalla presenza dell'autostrada e del depuratore delle acque, destinata in futuro all'insediamento di ulteriori infrastrutture viarie e ferroviarie, negando per finire sia la violazione di disposizioni in materia di protezione della natura sia un abuso della latitudine di giudizio di cui beneficiava l'autorità cantonale, che non aveva ravvisato un effetto deturpante sul paesaggio. Quanto alla sicurezza, la Corte cantonale ha respinto le critiche volte a mettere in dubbio l'affidabilità dell'impianto e l'adeguatezza delle misure prese nell'ottica della protezione contro gli incidenti rilevanti.
G.
A.________ e litisconsorti impugnano questo giudizio con un ricorso di diritto amministrativo e un ricorso di diritto pubblico del 14 settembre 2006 al Tribunale federale. Chiedono con entrambi i rimedi di annullare la sentenza impugnata, la risoluzione governativa e la licenza edilizia. Con il ricorso di diritto amministrativo fanno valere la violazione del diritto federale e con quello di diritto pubblico la violazione degli art. 5, 7, 9, 10, 29 e 34 Cost.
H.
La Corte cantonale si riconferma nella sua sentenza. Il Consiglio di Stato e il Municipio di Giubiasco postulano la reiezione dei gravami. L'ACR chiede in via principale di dichiarare i gravami inammissibili e in via subordinata di respingerli. Invitato a presentare una risposta al ricorso di diritto amministrativo, l'Ufficio federale dell'ambiente ha comunicato il 12 gennaio 2007 che condivide le argomentazioni della Corte cantonale, ribadendo che il dimensionamento dell'impianto è appropriato e che sia il trasporto dei rifiuti su strada sia la valutazione del progetto sotto il profilo tecnico e della limitazione delle emissioni di diossina non sono criticabili.
I ricorrenti si sono espressi sulle risposte con osservazioni del 12 marzo 2007.
I.
Con decreti presidenziali del 20 ottobre 2006 e del 16 marzo 2007 sono state respinte le domande provvisionali presentate dai ricorrenti, negando ai ricorsi il conferimento dell'effetto sospensivo.
Diritto:
1.
Poiché il giudizio impugnato è stato emanato prima dell'entrata in vigore, il 1° gennaio 2007, della legge sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF, RS 173.110; cfr. RU 2006 1205), alla procedura ricorsuale in esame rimane applicabile, secondo l'art. 132 cpv. 1 LTF, la legge federale del 16 dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG; DTF 133 V 239 consid. 1 e rinvio).
2.
2.1 Quando, come in concreto, i ricorrenti agiscono simultaneamente attraverso la via del ricorso di diritto pubblico e quella del ricorso di diritto amministrativo occorre, sulla base della regola della sussidiarietà del ricorso di diritto pubblico enunciata dall'art. 84 cpv. 2 OG, esaminare in primo luogo l'ammissibilità del ricorso di diritto amministrativo (DTF 129 I 337 consid. 1.1).
Secondo gli art. 97 e 98 lett. g OG, combinati con l'art. 5 PA, la via del ricorso di diritto amministrativo è aperta contro le decisioni delle autorità cantonali d'ultima istanza fondate sul diritto federale, o che avrebbero dovuto esserlo, sempre che non sia realizzata nessuna delle eccezioni previste agli art. 99 a 102 OG o nella legislazione speciale (DTF 132 II 209 consid. 2, 129 I 337 consid. 1.1 e rinvii). Il ricorso di diritto amministrativo è pure ammissibile contro le decisioni cantonali fondate nel medesimo tempo sul diritto federale e sul diritto cantonale, in quanto sia in discussione la violazione di norme di diritto federale direttamente applicabili (DTF 128 I 46 consid. 1b/aa, 128 II 56 consid. 1a/aa e rinvii). Per contro, è il rimedio del ricorso di diritto pubblico a essere dato contro decisioni fondate esclusivamente sul diritto cantonale e che non presentino alcuna connessione con l'applicazione del diritto federale (DTF 128 I 46 consid. 1b e rinvii, 125 II 10 consid. 2a, 124 II 409 consid. 1d/dd, 123 II 359 consid. 1a/aa, 121 II 72 consid. 1b).
2.2
2.2.1 In quanto il giudizio impugnato è fondato principalmente sul diritto federale sulla protezione dell'ambiente, relativo in particolare all'esame dell'impatto sull'ambiente, alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti, alla limitazione delle emissioni e alla protezione delle acque e del suolo, è di principio aperta la via del ricorso di diritto amministrativo. Nella misura in cui si riferiscono ai pretesi effetti molesti dell'impianto litigioso, le censure ricorsuali si rapportano all'applicazione del diritto federale e sono quindi di per sé proponibili con tale rimedio. Per contro, mediante il ricorso di diritto pubblico i ricorrenti non fanno esplicitamente valere la violazione del diritto cantonale autonomo, né spiegano, con una motivazione conforme all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e alla giurisprudenza, per quali ragioni e in che misura la decisione impugnata li lederebbe nei loro diritti costituzionali. Nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico il Tribunale federale non applica infatti d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate e solo se sono sufficientemente motivate (DTF 130 I 258 consid. 1.3, 129 I 113 consid. 2.1, 127 I 38 consid. 3c pag. 43, 125 I 71 consid. 1c, 492 consid. 1b). Limitandosi ad indicare una serie di diritti costituzionali senza tuttavia precisare in che consiste la violazione, le censure sollevate con detto rimedio non adempiono le citate esigenze di motivazione e sono quindi inammissibili. Né possono essere esaminati in questa sede i generici rimbrotti all'indirizzo del direttore del Dipartimento del territorio per il fatto che riveste pure la carica Vice Presidente dell'ACR: si tratta infatti di censure nuove, sollevate oltretutto soltanto con le osservazioni del 12 marzo 2007, con le quali non è peraltro esplicitamente invocata un'eventuale violazione di norme del diritto procedurale cantonale in materia di astensione o ricusa.
2.2.2 D'altra parte, nel tempestivo ricorso di diritto pubblico i ricorrenti non si riferiscono tanto al rilascio della licenza edilizia, al quale è circoscritto l'oggetto del presente litigio, ma lamentano piuttosto manchevolezze e la violazione del diritto di essere sentito nell'ambito della procedura di adozione del PUC-ITR. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, la costituzionalità di un piano di utilizzazione può essere contestata, in linea di massima, solo al momento della sua adozione. Una contestazione successiva, sollevata pregiudizialmente in occasione di un'applicazione concreta, come è qui il caso per il rilascio della licenza edilizia, può avvenire, come del resto i ricorrenti riconoscono, solo in via eccezionale, ossia quando l'interessato non si fosse potuto rendere pienamente conto, al momento dell'adozione del piano, della limitazione impostagli, quando la procedura non gli avesse offerto in quella sede la possibilità di tutelare adeguatamente i suoi diritti e quando si pretenda che le circostanze, in particolare l'interesse pubblico, che avevano giustificato l'adozione del piano e le sue restrizioni, fossero nel frattempo radicalmente mutate (cfr. DTF 123 II 337 consid. 3a, 121 II 317 consid. 12c pag. 346; sentenza 1P.51/2004 del 28 febbraio 2005, consid. 4.2, apparsa in: RtiD II-2005, n. 21, pag. 121 segg.; sentenza 1A.155/1996 del 16 luglio 1997, consid. 2a-b, apparsa in: RDAF 1998 I pag. 150). I ricorrenti accennano invero a un preteso cambiamento della situazione a seguito della diminuzione dei rifiuti da smaltire e al fatto che i cittadini non sarebbero stati sufficientemente informati e non avrebbero quindi potuto avvedersi delle conseguenze ambientali provocate dall'impianto. Con queste critiche, generiche, essi non rendono tuttavia verosimile che nella fattispecie sarebbe realizzata una condizione per giustificare l'esame in questa sede del piano di utilizzazione cantonale. Ciò ove solo si consideri che il messaggio 26 maggio 2004 del Consiglio di Stato relativo alla richiesta di stanziare un sussidio di 40 milioni per la costruzione dell'impianto litigioso, richiamato in questa sede dai ricorrenti, è addirittura antecedente all'approvazione del PUC-ITR da parte del Gran Consiglio e, pur accertando una tendenza alla diminuzione dei rifiuti da smaltire, ne prevede comunque ancora un quantitativo di 130'000 t per l'anno 2015. Né risulta che la procedura di adozione del piano di utilizzazione, ed in particolare anche per quanto riguarda l'informazione pubblica, non sia stata eseguita secondo la procedura disciplinata dagli art. 46 e segg. della legge cantonale di applicazione della LPT, del 23 maggio 1990 (LALPT), che prevedeva per gli interessati la possibilità di fare valere adeguatamente le loro ragioni (cfr. consid. 4.2). In tali circostanze, il ricorso di diritto pubblico non può in ogni caso essere esaminato nel merito.
2.3 In quanto proprietari di fondi situati nel comparto interessato dagli effetti dell'impianto progettato, la maggior parte dei ricorrenti ha certamente un interesse degno di protezione all'annullamento o alla modifica della decisione impugnata ed è quindi legittimata a presentare il ricorso di diritto amministrativo (art. 103 lett. a OG), tempestivo a norma dell'art. 106 cpv. 1 OG. Non occorre pertanto esaminare ulteriormente e nel dettaglio la questione della legittimazione riguardo ad ogni singolo ricorrente.
2.4 Con il ricorso di diritto amministrativo si può far valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere di apprezzamento (art. 104 lett. a OG). L'accertamento dei fatti vincola il Tribunale federale se l'istanza inferiore, come nel caso, è un'autorità giudiziaria e i fatti non risultino manifestamente inesatti o incompleti, oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG; DTF 125 II 369 consid. 2d). Il libero esame delle lesioni del diritto federale, che compete al Tribunale federale nell'ambito di questo rimedio, non esime tuttavia i ricorrenti dall'obbligo di presentare una compiuta, chiara e precisa motivazione con riferimento alle argomentazioni espresse dalla precedente istanza (sentenza 1A.161/2001 del 26 agosto 2002, consid. 5 e riferimenti, apparsa in: RDAT I-2003, n. 63, pag. 233 segg.). Chi propone un ricorso di diritto amministrativo è infatti tenuto, secondo l'art. 108 cpv. 2 OG, a esporre motivi e argomenti specifici (DTF 130 I 312 consid. 1.3.1, 127 II 238 consid. 7 pag. 256, 125 II 230 consid. 1c, 123 II 359 consid. 6b/bb), sicché i ricorrenti non possono limitarsi, pena l'inammissibilità, ad opporre alle argomentazioni contenute nell'atto impugnato la loro versione, senza spiegare su quali punti esse violerebbero il diritto federale (cfr. DTF 127 II 238 consid. 7; sentenza 1A.161/2001, citata). Ora, le censure ricorsuali, fondate essenzialmente sulla protezione dell'ambiente e in misura marginale sulla sicurezza, adempiono solo in minima parte le citate esigenze di motivazione, poiché i ricorrenti si limitano ad addurre in modo generico un preteso inquinamento derivante dall'esercizio dell'impianto di termovalorizzazione, senza però confrontarsi con le esaustive e complete argomentazioni esposte nella decisione impugnata, in cui, sulla scorta di dati tecnici specifici, sono stati dettagliatamente e scrupolosamente trattati tutti gli aspetti di protezione ambientale toccati. Questa Corte, d'altra parte, non è né un'istanza superiore di pianificazione né un'autorità di vigilanza in materia ambientale, sicché non le spetta valutare l'adeguatezza dell'impianto progettato, dovendosi limitare ad esaminare se, confermando il rilascio della licenza edilizia, la precedente istanza abbia violato il diritto federale o abbia ecceduto o abusato del proprio potere di apprezzamento (cfr. art. 104 OG; DTF 124 II 146 consid. 3c; sentenza 1E.10/2001 del 26 novembre 2001, consid. 1d, apparsa in: RDAT I-2002, n. 65, pag. 434 segg.).
2.5 Ritenuto che gli atti di causa sono sufficienti per potersi pronunciare sulle censure ammissibili, l'esperimento di un sopralluogo e l'assunzione delle ulteriori prove indicate dai ricorrenti in questa sede non appaiono necessari e non vengono quindi ammessi (art. 95 OG in relazione con l'art. 113 OG; DTF 123 II 248 consid. 2a).
3.
3.1 I ricorrenti criticano il fatto che il rapporto d'impatto sull'ambiente sia stato ordinato dalla stessa ACR e costituirebbe pertanto un'autocertificazione che conterrebbe soltanto dati teorici e che non sarebbe stata verificata da un'autorità indipendente. Sostengono che il rapporto non considererebbe quali output del processo di termovalorizzazione lo spreco del calore generato dalla combustione dei rifiuti e i residui solidi prodotti (segnatamente le ceneri volanti), che dovrebbero essere trasportati in discarica nella Valle della Motta. Lamentano quindi la mancata valutazione globale degli effetti sull'ambiente, adducendo a titolo esemplificativo un'insufficiente presa in considerazione dell'inversione termica e dell'inquinamento in Lombardia.
3.2 Con queste critiche, generiche, i ricorrenti non sostanziano una violazione del diritto federale alla luce delle argomentazioni contenute nel giudizio impugnato. Il semplice fatto che il rapporto sull'impatto ambientale sia presentato dal richiedente medesimo non basta certo a metterne in dubbio l'affidabilità, ove solo si consideri che tale modo di procedere è esplicitamente previsto dalla LPAmb e che i ricorrenti nemmeno pretendono che la relativa procedura non sarebbe stata rispettata (cfr. art. 9 cpv. 3 LPAmb, art. 7 segg. OEIA; cfr. anche l'art. 10b cpv. 1 LPAmb secondo la modifica del 20 dicembre 2006, in vigore dal 1° luglio 2007 [RU 2007 2701]). Come prevede la stessa legge, il rapporto è d'altra parte stato valutato dal competente servizio cantonale specialistico ed esaminato dall'autorità decisionale. Del resto, al proposito, i ricorrenti non prospettano seriamente lacune o errori tali da imporre chiarimenti supplementari o perizie ulteriori (art. 13 segg. OEIA). Nelle esposte circostanze, non si può quindi ragionevolmente sostenere che le precedenti istanze abbiano ecceduto o abusato del loro potere d'apprezzamento per essersi di principio fondate sulle risultanze del rapporto d'impatto ambientale, il quale riveste di principio un'importanza rilevante, potendosi scostare dallo stesso sotto il profilo tecnico soltanto sulla base di fondati motivi (DTF 119 Ib 254 consid. 8a e riferimenti; sentenza 1A.54/2001 del 14 febbraio 2002, consid. 2.2.2, citata in: URP 2002, pag. 441 segg.).
3.3 Contrariamente all'opinione dei ricorrenti, risulta d'altra parte che la questione dello sfruttamento dell'energia calorica prodotta dalla combustione dei rifiuti è stata presa in considerazione dal rapporto d'impatto sull'ambiente (pag. 47 segg.) e puntualmente esaminata dalla Corte cantonale, che ha ritenuto la scelta di valorizzare il calore in sola energia elettrica (con un rendimento dell'impianto pari al 23,9%) rispettosa dell'art. 38 cpv. 1 lett. a OTR, escludendo nel contempo ripercussioni rilevanti sull'ambiente derivanti dall'espulsione dell'aria calda (cfr. sentenza impugnata, pag. 31 segg.). Nel rapporto è altresì stato considerato l'aspetto dell'inversione termica, che ha segnatamente determinato l'adozione di provvedimenti più severi per il trattamento dei fumi e l'aumento fino a 55 m dell'altezza dei camini (pag. 57 segg. e pag. 75 segg.), mentre non risulta che, nella misura in cui potrebbero interessare il comparto in esame, gli effetti provenienti anche da altre fonti inquinanti siano stati trascurati nell'accertamento della situazione attuale. Ciò, in particolare, per quanto concerne i rilevamenti delle polveri fini (PM10), che costituiscono notoriamente una problematica riguardante l'intero Cantone (cfr. DTF 132 II 427 consid. 5.3). D'altra parte, i ricorrenti mirano a mettere in dubbio l'attendibilità del rapporto sull'impatto ambientale riguardo alle questioni della dispersione del calore e dell'inversione termica, richiamando, nelle loro osservazioni del 12 marzo 2007 alla risposta dell'ACR, una valutazione del maggio 2005 effettuata dalla EcoControl SA su incarico del Municipio di Sementina. Premesso che tale atto è stato tuttavia presentato in questa sede con la risposta del Comune di Giubiasco a titolo meramente informativo e che le citate questioni di carattere ambientale erano già note in precedenza, spettava ai ricorrenti addurre già con il ricorso tutte le argomentazioni sugli aspetti ambientali, sicché, nella misura in cui sono state presentate solo in sede di replica, senza essere dettate dal contenuto delle risposte, esse sono tardive e di conseguenza inammissibili (DTF 109 Ib 246 consid. 3c; Alfred Kölz/ Isabelle Häner, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2a ed., Zurigo 1998, pag. 334). Comunque i rimproveri sollevati dai ricorrenti sui citati aspetti sono generici e non rispettano le esigenze dell'art. 108 cpv. 2 OG, segnatamente perché non è spiegato per quali motivi le tesi ricorsuali dovrebbero essere più corrette rispetto a quelle esposte nel giudizio impugnato (DTF 127 II 238 consid. 7). Esulano per il resto dal contesto del presente litigio, circoscritto alla procedura della licenza edilizia per l'impianto di termovalorizzazione di Giubiasco, gli aspetti legati alla discarica, ubicata altrove, in cui verrebbero depositate le scorie prodotte dal processo di termovalorizzazione.
4.
4.1 I ricorrenti sostengono che un rapporto d'impatto ambientale avrebbe dovuto essere eseguito già nella fase pianificatoria, affinché i cittadini interessati potessero rendersi tempestivamente conto delle conseguenze dell'impianto.
4.2 Con questa argomentazione i ricorrenti rimettono sostanzialmente in discussione il PUC-ITR, che tuttavia, come visto (cfr. consid. 2.2), non può essere contestato a titolo pregiudiziale in questa sede. Secondo l'art. 46 LALPT, il progetto del piano di utilizzazione, allestito dal Dipartimento, è infatti depositato presso le cancellerie dei comuni interessati per il periodo di 30 giorni e il deposito è annunciato nel foglio ufficiale e nei quotidiani del Cantone Ticino. Il piano di utilizzazione è successivamente adottato dal Consiglio di Stato ed approvato dal Gran Consiglio. Contro la decisione di approvazione, pubblicata secondo modalità analoghe a quelle previste per il progetto, è dato il ricorso al competente Tribunale cantonale (cfr. art. 47 segg. LALPT). Premesso che i ricorrenti non sostanziano carenze nella procedura di adozione del PUC-ITR, le critiche concernenti il mancato esame degli aspetti ambientali e l'insufficiente partecipazione della popolazione potevano quindi essere sollevate nell'ambito della sua adozione, segnatamente aggravandosi contro la decisione di approvazione. In tali circostanze, non occorre esaminare se, come sembrano sostenere i ricorrenti, il grado di definizione del PUC-ITR avrebbe consentito già a quel livello di valutare in maniera approfondita la compatibilità dell'impianto con le esigenze di protezione ambientale.
4.3 Va nondimeno rilevato, che, con riferimento al principio della coordinazione (cfr. art. 2 e 25a LPT ), allorquando una zona è delimitata in funzione di un progetto riguardante un'installazione sottoposta all'esame d'impatto ambientale, come è qui il caso (cfr. allegato alla OEIA, n. 40.7 in relazione con l'art. 1 OEIA), la giurisprudenza federale ha stabilito che questo esame deve di principio essere eseguito già allo stadio pianificatorio, perlomeno nella sua prima fase, in maniera quindi non ancora esaustiva (cfr. art. 5 cpv. 3 e art. 6 OEIA ; DTF 123 II 88 consid. 2a, 121 II 190 consid. 3b/bb, 120 Ib 436 consid. 2d/aa, 207 consid. 6 pag. 214; sentenza 1A.145/1998 del 7 luglio 1999, consid. 11a, apparsa in: RDAT II-1999, n. 62, pag. 220 segg.). L'omessa esecuzione di un formale rapporto d'impatto ambientale non comporta comunque di per sé la nullità del piano, poiché non significa ancora che le autorità competenti per l'allestimento e l'adozione dei piani di utilizzazione abbiano negletto le norme materiali del diritto sulla protezione dell'ambiente (cfr. DTF 124 II 460 consid. 3a, sentenza 1A.145/1998, citata, consid. 11a; sentenza 1E.8/2002 del 4 novembre 2002, consid. 2.3, citata in: ZBl 104/2003, pag. 446 segg., sentenza 1A.136/2004 del 5 novembre 2004, consid. 2.5, apparsa in: URP 2005, pag. 1 segg.). Nella fattispecie, vista la limitata portata e la scarsa motivazione delle censure di carattere ambientale sollevate nei confronti dell'esaustivo esame di impatto ambientale eseguito nell'ambito della susseguente procedura edilizia, non si giustifica per ragioni di economia processuale e di proporzionalità di riprendere la procedura a partire dallo stadio pianificatorio. In effetti, poiché la situazione fattuale e giuridica sotto il profilo della protezione ambientale risulta chiara e dettagliata sulla scorta del rapporto agli atti ed è soltanto sommariamente messa in discussione dai ricorrenti (art. 108 cpv. 2 OG), l'accoglimento del ricorso su questo punto si ridurrebbe a una misura svuotata di significato, volta unicamente a prolungare la procedura e i costi in modo notevole ed inutile (cfr. sentenza 1A.145/1998, citata, consid. 11b).
5.
5.1 I ricorrenti ritengono che l'impianto sarebbe sovradimensionato, poiché il quantitativo di rifiuti da smaltire previsto nell'ordine delle 130'000 t annue sarebbe eccessivo, contrasterebbe con il già citato messaggio governativo del 26 maggio 2004 (che attesterebbe una costante diminuzione dei rifiuti di circa 5'000 t annue) e non terrebbe conto della cosiddetta "tassa sul sacco" introdotta recentemente in diversi comuni.
5.2 Ora, il dimensionamento dell'impianto era già stato esplicitamente stabilito nel PUC-ITR, ove veniva chiaramente fissata una capacità di smaltimento di 140'000 t all'anno, tenendo conto del 2015 quale anno di riferimento ed esponendo i diversi fattori presi in considerazione: anche questi aspetti andavano quindi, se del caso, contestati tempestivamente nell'ambito di un gravame contro il piano di utilizzazione. Comunque, come si è visto (cfr. consid. 2.2), il messaggio richiamato dai ricorrenti, pur accertando una tendenza alla diminuzione dei rifiuti da smaltire, prevede sempre la necessità di trattare un quantitativo di 130'000 t nell'anno 2015.
D'altra parte, la Corte cantonale ha accertato che, secondo recenti dati statistici, nonostante la raccolta separata dei rifiuti riciclabili abbia raggiunto in Ticino un tasso del 40,1 % paragonabile a quello medio svizzero, nel 2004 sono state ancora prodotte circa 127'000 t di rifiuti urbani da smaltire, vale a dire 393 kg per abitante. La precedente istanza ha altresì riconosciuto una stabilizzazione negli ultimi 10/15 anni del totale dei rifiuti da eliminare. I ricorrenti non sostengono che questi accertamenti, di principio vincolanti per il Tribunale federale, sarebbero manifestamente inesatti o incompleti o che sarebbero stati appurati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG). Le questioni sulla capacità di smaltimento dei rifiuti in Ticino e in generale in Svizzera erano anche state esaminate nell'ambito del rapporto del 4 settembre 2003 della Commissione dell'ambiente, della pianificazione del territorio e dell'energia del Consiglio degli Stati sull'iniziativa parlamentare "Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani del Cantone Ticino", volta a modificare l'art. 62 cpv. 2 LPAc allo scopo di prorogare il termine per la concessione dei contributi federali a favore di impianti di eliminazione dei rifiuti, affinché, dopo l'abbandono del sistema Thermoselect, potesse beneficiarne anche il nuovo impianto ticinese (FF 2003 6957; cfr. inoltre il relativo parere favorevole del Consiglio federale del 19 novembre 2003, FF 2003 6977). Al riguardo, la Commissione si era pure fondata sul rapporto dell'UFAFP del 3 marzo 2003, intitolato "Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani (IIRU) del Cantone Ticino: sovvenzionamento da parte della Confederazione" (cfr. sentenza 1P.531/2006 dell'8 novembre 2006, consid. 4.2, nella causa riguardante l'iniziativa popolare "28 inceneritori bastano!"). Nella risposta del 12 gennaio 2007 al gravame in esame, l'Ufficio federale dell'ambiente ribadisce la necessità per il Cantone Ticino di un impianto di smaltimento dei rifiuti delle dimensioni progettate, rilevando che la situazione attuale non è mutata e precisando che negli ultimi due anni la quantità di rifiuti combustibili prodotta annualmente in Ticino ha superato le 130'000 t, sicché un dimensionamento di 140'000 t all'anno risulta appropriato, considerato che una riserva di capacità del 7 % circa appare ragionevole, permettendo di far fronte a un eventuale aumento delle quantità di rifiuti in seguito a una ripresa congiunturale o alla crescita della popolazione e garantendo la sicurezza dello smaltimento. I ricorrenti non sostanziano al proposito alcun argomento che possa confutare queste conclusioni, di modo che la questione non necessita di ulteriore disamina (sui calcoli relativi alla necessità di nuovi impianti di incenerimento vedi DTF 127 II 238 consid. 6, in particolare consid. 6c/bb pag. 253, dove si constatava la necessità di realizzare un impianto anche nel Cantone Ticino).
6.
6.1 I ricorrenti criticano poi la mancata realizzazione di un raccordo ferroviario, sostenendo che la sua necessità non era mai stata messa in dubbio prima dell'avvio della procedura edilizia in esame, in cui si è optato per la variante "tutto strada".
6.2 Contrariamente alla loro opinione, il PUC-ITR prevede esplicitamente che l'accesso all'impianto sia garantito da un allacciamento stradale, rinviando espressamente la realizzazione di un raccordo ferroviario (cfr. PUC-ITR, n. 7.5, pag. 10). La mancata attuazione di un collegamento ferroviario nella successiva procedura edilizia di per sé non si pone quindi in contrasto con il piano di utilizzazione. Per il resto, i ricorrenti accennano genericamente all'incremento del traffico giornaliero indotto dai veicoli pesanti, provocato in particolare dall'adduzione e dall'evacuazione dei rifiuti mediante tali automezzi. Non si confrontano però con le valutazioni eseguite dai giudici cantonali, che hanno paragonato e ponderato le tre varianti di allacciamento dell'ICTR alla rete dei trasporti del Sottoceneri considerate nel rapporto d'impatto sull'ambiente ("tutto strada", "combinato" e "raccordo"). Né essi fanno al proposito valere una violazione del diritto federale, segnatamente dell'art. 16 cpv. 3 lett. e OTR, che prevede il trasporto dei rifiuti per ferrovia se ciò risulta sopportabile dal profilo economico e se il carico per l'ambiente è inferiore rispetto ad altri mezzi di trasporto. Come rilevato rettamente dalla Corte cantonale, questa disposizione non impone ad ogni costo un allacciamento alla rete ferroviaria, occorrendo piuttosto ch'esso sia sostenibile dal profilo economico (cfr. sentenza 1A.17/2000, del 17 agosto 2000, consid. 7c). Ora, i ricorrenti non si esprimono minimamente su questo aspetto e sulle caratteristiche della variante "raccordo ferroviario", disattendendo in particolare che tale soluzione, pur se tecnicamente fattibile, comporta manovre sia alla stazione di Giubiasco sia a quella di Cadenazzo e ancora presso l'ICTR, ove le operazioni di scarico risulterebbero anche più complesse. I costi sarebbero superiori alla somma di fr. 7'500'000.-- preventivata nel 1998, senza considerare l'elettrificazione del binario, e sarebbero destinati ad aumentare per i ripetuti rifacimenti imposti dalla pianificazione dei progetti AlpTransit e dal raccordo stradale tra la A2 e la A13. D'altra parte, il beneficio in termini di contenimento del traffico stradale sarebbe tutto sommato limitato, permettendo una riduzione del traffico giornaliero medio sull'autostrada A2 di soltanto 36 movimenti. Nella misura in cui questi aspetti puntuali non sono posti minimamente in discussione, una maggiore disamina della questione in questa sede non si giustifica.
7.
7.1 I ricorrenti sostengono che il calore prodotto dalla combustione non sarebbe sufficientemente sfruttato, in particolare poiché la licenza edilizia prevede unicamente la condizione di predisporre l'impianto in modo da permettere un eventuale futuro utilizzo del calore residuo. Ritengono inoltre che il calore disperso possa ripercuotersi negativamente sul microclima e sulla concentrazione di ozono.
7.2 L'art. 38 cpv. 1 lett. a OTR impone che l'esercente sistemi e gestisca l'impianto d'incenerimento di rifiuti urbani in modo che venga sfruttato il calore prodotto dalla combustione. La Corte cantonale ha al riguardo accertato che l'energia termica prodotta dal termovalorizzatore viene parzialmente utilizzata internamente per il preriscaldamento dei gas all'entrata del sistema di denitrificazione e per la produzione di energia elettrica, con un rendimento del 23,9 %. Pur auspicando un maggiore sfruttamento mediante la produzione e la distribuzione di calore, la precedente istanza ha nondimeno rilevato che le indagini esperite attestavano nel comparto di Camorino, Giubiasco e S. Antonino la mancanza di sufficienti grandi utilizzatori di calore in continuo sotto forma di vapore o di acqua calda, mentre gli investimenti necessari per la realizzazione di una rete di distribuzione sarebbero economicamente insostenibili. I ricorrenti non dimostrano che tali accertamenti sarebbero manifestamente inesatti o incompleti o fondati su violazioni di norme essenziali di procedura (cfr. art. 105 cpv. 2 OG). Insistendo genericamente solo sul mancato recupero del calore residuo, i ricorrenti disattendono che sotto il profilo dell'art. 38 cpv. 1 lett. a OTR occorre considerare nel complesso le modalità di sfruttamento del calore attuate, sicché in concreto deve essere tenuto conto del fatto che il calore prodotto dalla combustione viene comunque parzialmente trasformato in energia elettrica, con un rendimento ritenuto molto buono dall'Ufficio federale dell'ambiente. Certo, uno sfruttamento maggiore potrebbe essere conseguito con l'aggiunta di un sistema di teleriscaldamento, il quale presuppone però di massima che l'impianto sia ubicato all'interno di un comprensorio insediativo (DTF 127 II 238 consid. 4a; sentenza 1A.17/2000 del 17 agosto 2000 concernente l'impianto di incenerimento dei rifiuti Tridel di Losanna, consid. 7c). Non è questo il caso nella fattispecie, ove l'ubicazione, stabilita come visto a livello di piano di utilizzazione, è discosta dagli insediamenti urbani e non permette quindi allo stadio attuale un maggiore sfruttamento sotto forma di un sistema di riscaldamento a distanza come avviene presso altri impianti in una situazione diversa. Quanto alla dispersione dell'energia termica, la Corte cantonale ha accertato che l'aria calda raggiungerà una temperatura massima di 40°C e sarà espulsa dal condensatore con un getto verticale a 18 m di altezza, disperdendosi verso l'alto senza effetti al suolo. Questi accertamenti non sono contestati dai ricorrenti e non risultano manifestamente inesatti o incompleti (art. 105 cpv. 2 OG).
8.
Infine, la Corte cantonale ha riconosciuto a ragione che le emissioni del termovalorizzatore contribuiranno indirettamente alla formazione dell'ozono, ritenendo nondimeno che ciò avverrebbe anche se i rifiuti fossero bruciati altrove, visto che la formazione dell'ozono è un processo complesso in cui la fonte degli agenti inquinanti e il luogo in cui si manifesta l'immissione possono essere anche molto distanti (DTF 127 II 238 consid. 8e). Questa circostanza è d'altra parte inevitabile nella misura in cui è riconducibile alla scelta di principio del legislatore di imporre l'incenerimento dei rifiuti che non possono essere riciclati, vietandone quindi il deposito in discarica (cfr. art. 30c cpv. 1 LPAmb, art. 11 e art. 53a cpv. 1 OTR ; DTF 127 II 238 consid. 8e). Nemmeno la Corte cantonale è incorsa in accertamenti o valutazioni arbitrarie riguardo all'emissione di diossine e furani, ritenuto che, con i provvedimenti più severi adottati, il valore garantito è pari a 0,05 ng I-TEQ/Nm3, inferiore quindi al limite di 0,1 ng/m3 ora esplicitamente previsto (in analogia a quanto prescritto nell'UE) dal progetto di modifica dell'OIAt del 17 ottobre 2006, adottato dal Consiglio federale il 4 luglio 2007 (cfr. nuova lett. l della cifra 714 cpv. 1 dell'allegato 2 OIAt; cfr. inoltre DTF 127 II 238 consid. 8f). In queste circostanze, il mancato rilevamento di tale sostanza nella situazione attuale non è dunque decisivo, posto che sarà comunque oggetto di misurazione nell'ambito del monitoraggio a lungo termine del suolo. Quanto all'accenno relativo all'accertamento del livello della falda, i ricorrenti si limitano a sostenere in modo superficiale che le misurazioni sarebbero state effettuate dopo tre settimane di siccità e che sarebbero stati registrati unicamente tre livelli di falda su 56 punti visitati sul terreno. Disattendono tuttavia che, secondo il rapporto d'impatto ambientale (pag. 113 seg.), proprio a causa del numero di dati insufficienti, per stabilire il deflusso della falda si è proceduto a misurazioni all'interno dei diversi pozzi pubblici e privati, le quali hanno confermato il gradiente idraulico già accertato sulla base di misurazioni precedenti. Nella minima misura in cui possa essere ritenuto rispettoso delle esigenze dell'art. 108 cpv. 2 OG, anche sui citati aspetti il gravame è quindi infondato.
9.
Ne segue che il ricorso di diritto pubblico deve essere dichiarato inammissibile, mentre il ricorso di diritto amministrativo deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità. Le spese seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico dei ricorrenti in solido (art. 156 cpv. 1 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso di diritto pubblico è inammissibile.
2.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso di diritto amministrativo è respinto.
3.
La tassa di giustizia di complessivi fr. 5'000.-- è posta a carico dei ricorrenti, in solido.
4.
Comunicazione alla patrocinatrice dei ricorrenti, alla controparte, al Municipio di Giubiasco, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e all'Ufficio federale dell'ambiente.
Losanna, 16 agosto 2007
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere: