BGer 2C_75/2007 |
BGer 2C_75/2007 vom 09.11.2007 |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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2C_75/2007
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2C_76/2007 /biz
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Sentenza del 9 novembre 2007
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II Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Merkli, Presidente,
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Wurzburger e Yersin,
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cancelliere Bianchi.
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Parti
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2C_75/2007
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A.A.________,
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ricorrente, patrocinata dall'avv. D.A.________,
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e
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2C_76/2007
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B.A.________,
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ricorrente, patrocinata dall'avv. D.A.________,
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contro
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Divisione delle contribuzioni del Cantone Ticino,
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viale S. Franscini 6, 6500 Bellinzona,
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Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, Palazzo di Giustizia,
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via Pretorio 16, 6901 Lugano.
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Oggetto
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imposta federale diretta e imposta cantonale 2000 (imposta annua intera),
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ricorsi in materia di diritto pubblico contro le decisioni emanate il 12 febbraio 2007 dalla Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Titolare di un proprio studio legale, l'avv. C.A.________ è deceduto l'8 marzo 1997, lasciando quali eredi la moglie A.A.________ ed i figli B.A.________ e D.A.________. Quest'ultimo, pure lui avvocato e fino a quel momento impiegato dello studio paterno, vi ha da allora continuato l'attività come indipendente. Il 23 luglio 1998 l'autorità tributaria gli ha di conseguenza segnalato che sarebbe stato oggetto di una tassazione intermedia per cambiamento di professione. Nell'ambito dei successivi accertamenti per stabilire le conseguenze fiscali derivanti del decesso del padre, il 20 marzo 2003 D.A.________ ha trasmesso all'Ufficio di tassazione di Lugano-Città un contratto di divisione ereditaria. Datato dicembre 2000, tale contratto disponeva che tutti i beni erano attribuiti alla madre, salvo un appartamento, devoluto alla sorella, e lo studio legale, da lui ripreso senza liquidazione dell'attività. Nel corso di un'audizione tenutasi il 18 giugno 2003, l'Ufficio di tassazione ha poi tra l'altro informato il rappresentante degli eredi che per la cessione dello studio legale alle due coeredi andava computato un utile di liquidazione di fr. 100'000.-- ciascuna. Il 30 giugno seguente, l'avv. D.A.________ ha ritornato all'autorità il relativo verbale, sottoscritto per accordo.
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B.
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Il 10 settembre 2003 l'Ufficio di tassazione di Lugano-Città ha notificato separatamente a A.A.________ e B.A.________ un'imposta annua intera concernente il reddito di fr. 100'000.--, in relazione sia all'imposta federale diretta che all'imposta cantonale per il 1997. Le ricorrenti si sono opposte a tali decisioni invocando l'intervenuta prescrizione del diritto di tassare. Respinta in sede di reclamo, la critica è stata riproposta mediante ricorsi alla Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. Con sentenze del 15 giugno 2005 detta autorità ha annullato le decisioni su reclamo e le relative tassazioni, ritenendo che il momento di realizzazione dell'utile imposto non potesse essere anteriore al dicembre 2000, data del contratto di divisione ereditaria.
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C.
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Preso atto delle pronunce di annullamento, l'11 luglio 2005 l'Ufficio di tassazione ha emanato nuove decisioni di imposizione, riferite ad un reddito di fr. 90'310.-- (deduzione dei contributi AVS/AI/IPG) e all'anno 2000. Ne risultava un'imposta dovuta da ciascuna contribuente di fr. 3'150.20 ai fini dell'imposta federale diretta e di fr. 9'639.10 per l'imposta cantonale. Le interessate hanno nuovamente interposto reclamo, producendo in particolare un accordo di divisione ereditaria datato 15 luglio 1997, per dimostrare che la divisione era divenuta effettiva già a quell'epoca. I reclami sono comunque stati respinti ed analogo esito hanno avuto anche le successive impugnative dinanzi alla Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello. Con sentenze del 12 febbraio 2007, quest'ultima ha infatti confermato il carattere vincolante dell'accordo transattivo sull'ammontare dell'utile di liquidazione ed ha ribadito che tale utile è stato realizzato nel 2000 e non già nel 1997.
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D.
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Il 20 marzo 2007 A.A.________ e B.A.________ hanno interposto separatamente un analogo ricorso in materia di diritto pubblico con cui chiedono di riformare le decisioni della Camera di diritto tributario nel senso che pronuncino l'annullamento delle decisioni su reclamo e delle decisioni di tassazione. In via subordinata postulano invece semplicemente l'annullamento delle sentenze impugnate.
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Invitate ad esprimersi, la Camera di diritto tributario rinuncia a presentare osservazioni, la Divisione delle contribuzioni del Cantone Ticino chiede la conferma delle decisioni impugnate e l'Amministrazione federale delle contribuzioni propone di respingere i ricorsi.
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Diritto:
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1.
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1.1 Le sentenze impugnate sono state pronunciate dopo l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2007, della legge sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF; RS 173.110; RU 2006 pag. 1069). Conformemente all'art. 132 cpv. 1 LTF, alla presente procedura è pertanto applicabile questa nuova normativa.
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1.2 Identiche, le due impugnative contestano decisioni analoghe e si riferiscono al medesimo complesso di fatti. Anche se sono interposte da due contribuenti differenti, madre e figlia, non risulta che nei rispettivi incarti fiscali emergano circostanze specifiche ignote all'altra insorgente. Appare perciò giustificato ed opportuno congiungere le procedure ed evadere i ricorsi con un unico giudizio (cfr., per analogia, art. 71 LTF e 24 PC; cfr. anche DTF 128 V 194 consid. 1; 126 II 377 consid. 1; 123 II 16 consid. 1).
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2.
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Il Tribunale federale esamina d'ufficio la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF). Di principio, esso verifica quindi d'ufficio l'ammissibilità dei gravami sottopostigli (DTF 133 II 249 consid. 1.1).
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Oggetto delle impugnative sono delle decisioni di tassazione di utili in capitale mediante un'imposta annua intera che riguardano sia l'imposta federale diretta, sia l'imposta cantonale. Nei due casi, i gravami sono rivolti contro decisioni finali (art. 90 LTF) rese da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF) in cause di diritto pubblico (art. 82 lett. a LTF). Tempestivi (art. 100 cpv. 1 LTF; cfr. anche art. 45 LTF) e presentati da persone senz'altro legittimate (art. 89 cpv. 1 LTF), i ricorsi in materia di diritto pubblico interposti sono quindi di massima ammissibili in relazione ad entrambe le categorie di imposte.
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I. Imposta federale diretta
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3.
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3.1 Per quanto concerne l'imposta federale diretta, le tassazioni controverse sono state rese in applicazione dell'art. 47 della legge federale del 14 dicembre 1990 sull'imposta federale diretta (LIFD; RS 642.11). Le impugnative riguardano quindi ovviamente il diritto federale ai sensi dell'art. 95 lett. a LTF, che comprende peraltro anche i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 133 III 346 consid. 3.1).
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3.2 Nell'ambito dei rimedi ordinari, il Tribunale federale applica il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Esso non è vincolato né dagli argomenti sollevati nel gravame né dai considerandi sviluppati dall'autorità precedente e può quindi accogliere o respingere un ricorso anche per motivi diversi da quelli invocati (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1; cfr. anche DTF 132 II 257 consid. 2.5; 130 III 136 consid. 1.4). Tuttavia, tenuto conto delle esigenze di motivazione a cui soggiacciono gli atti ricorsuali (art. 42 cpv. 1 e 2 LTF), il Tribunale esamina di regola solo le censure addotte, a meno che i vizi giuridici appaiano del tutto manifesti. Esso non è in ogni caso tenuto a trattare, come un giudice di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che la fattispecie potrebbe porre, se queste non sono più controverse dinanzi a lui (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1).
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Ne consegue che l'esame del caso concreto deve concentrarsi essenzialmente su due aspetti: da un lato, l'esistenza di un utile di liquidazione e, d'altro lato, il momento in cui tale utile è stato, se del caso, realizzato. Al riguardo, va inoltre verificata la portata dell'accordo raggiunto nel corso dell'audizione tenutasi il 18 giugno 2003.
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4.
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4.1 Secondo l'art. 18 cpv. 2 LIFD, fanno parte dei proventi imponibili derivanti da un'attività indipendente anche gli utili in capitale conseguiti mediante alienazione, realizzazione o rivalutazione contabile di elementi della sostanza commerciale. Quando viene sciolta una comunione ereditaria proprietaria di un'azienda personale, gli eredi che non proseguono l'attività aziendale realizzano di principio un utile imponibile ai sensi di tale norma se nella determinazione della loro parte ereditaria il valore patrimoniale dell'azienda viene computato ad un importo superiore al valore contabile. In tal caso, gli eredi che abbandonano l'attività vengono in altri termini tassati sulla loro quota parte alle riserve occulte (cfr. sentenza 2P.75/1999 del 14 agosto 2000, in StR 55/2000 pag. 723, consid. 2; Norberto Bernardoni/Giorgio Duchini, La fiscalità dell'azienda, 2a ed., Agno 1998, pag. 731 seg.; Madeleine Simonek, Erbteilung eines Einzelunternehmens - Steuerfolgen ausgewählter Gestaltungen, in: BN 1995 pag. 81 segg., in part. pag. 86 e 97).
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4.2 Le ricorrenti sostengono che la divisione ereditaria non ha comportato utili di liquidazione poiché la ripresa dello studio legale da parte del figlio, rispettivamente fratello, è avvenuta in base ai valori contabili previgenti, senza alcuna rivalutazione. A prescindere dalla fondatezza di tale argomentazione, va però considerato che il rappresentante e coerede delle insorgenti, nel corso dell'audizione del 18 giugno 2003, ha accettato la proposta dell'autorità di computare un utile di liquidazione di fr. 200'000.--, da imporre loro per metà ciascuno. Ora esse vorrebbero quindi ritrattare il consenso espresso, adducendo in particolare che accordi di questo genere sono illeciti.
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4.3 Vincolata nella sua azione al principio di legalità, l'autorità di tassazione non può di principio concludere con i contribuenti accordi fiscali per regolare una concreta fattispecie quanto all'esistenza, all'estensione o al modo di imposizione, in deroga alle disposizioni legali (DTF 121 II 273 consid. 1c; sentenza 2A.52/2003 del 23 gennaio 2004, in: ASA 74 pag. 737, consid. 4.2). Giurisprudenza e dottrina ammettono un'eccezione a questa regola unicamente se la base legale lascia margini di incertezza e l'autorità procede applicando la regola che il legislatore avrebbe adottato se avesse regolamentato il caso specifico. Una seconda eccezione è data quando nell'ambito della procedura di tassazione né il fisco né il contribuente hanno precisa conoscenza di taluni elementi di fatto e la determinazione di questi ultimi richiederebbe sforzi considerevoli. Su questi punti le parti possono allora concludere un accordo anche in assenza di base legale. La convenzione non deve comunque risultare contraria al diritto materiale (sentenza 2A.227/2006 del 10 ottobre 2006, in: RDAF 2006 II pag. 419, consid. 3.1; sentenza 2A.52/2003 del 23 gennaio 2004, in: ASA 74 pag. 737, consid. 4.2; sentenza 2A.53/1998 del 12 novembre 1998, in: RDAF 1999 II pag. 97, consid. 7b/aa).
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4.4 Nella fattispecie, l'intesa tra le ricorrenti e l'Ufficio di tassazione trovata nel corso dell'audizione del 18 giugno 2003 verte su di un parametro d'imposizione difficilmente quantificabile sulla scorta dei dati contabili. In effetti, per stabilire l'ammontare delle riserve occulte occorreva in particolare valutare e raffrontare i dati di bilancio ed i conti economici dello studio legale, i valori patrimoniali dei numerosi beni che componevano la massa ereditaria, l'entità delle partecipazioni agli utili dello studio versate mensilmente alle coeredi escluse dalla gestione dello stesso e l'entità dell'attività prestata dalla madre quale dipendente. Per di più, tali analisi contabili avrebbero potuto essere veramente chiarificatrici soltanto nella misura in cui gli eredi avessero inteso operare una ripartizione paritaria, secondo le quote stabilite per legge, e non, come risulta dal contratto di divisione ereditaria, lasciare in sostanza tutti i beni alla moglie del defunto, salvo lo studio legale al figlio e un appartamento alla figlia. La complessità e la valenza per certi versi comunque aleatoria degli accertamenti di fatto necessari, appalesate del resto già anche dalla durata della procedura, giustificavano quindi la ricerca di un accordo transattivo, rientrante nella seconda categoria delle eccezioni menzionate in precedenza.
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Non v'è inoltre motivo di scostarsi dall'importo convenuto, che, come risulta da una nota interna versata agli atti, l'autorità ha stimato tenendo comunque conto del valore capitalizzato delle rendite pattuite e del valore contabile dello studio legale al momento del decesso. D'altronde le ricorrenti non dimostrano perché e in che misura tale importo sarebbe inattendibile e palesemente esagerato rispetto alla probabile realtà dei fatti.
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4.5 Stabilita la liceità dell'accordo, è poi corretto ritenere che il medesimo, analogamente ad un qualunque contratto, risulti di principio vincolante per entrambe le parti (Peter Rickli, Die Einigung zwischen Behörde und Privaten im Steuerrecht, Basilea 1987, pag. 103 seg.). Le ricorrenti non possono quindi dipartirsene unilateralmente, poiché incorrerebbero in un comportamento contraddittorio contrario al principio della buona fede, il quale è valido sia in ambito contrattuale tra privati (art. 2 CC), sia più in generale in tutti i rapporti tra cittadini ed autorità (art. 5 cpv. 3 Cost.). Le insorgenti non possono inoltre appellarsi con successo all'esistenza di una divergenza su di un elemento essenziale dell'intesa, che essi ravvisano nel fatto di imporre gli utili di liquidazione nel 2000 anziché nel 1997. In effetti, così come definito dal chiaro testo del verbale di audizione, oggetto dell'accordo era unicamente la determinazione dell'ammontare degli utili. Non vi è per contro menzione del momento di realizzazione di tali proventi. Il cambiamento intervenuto in sede cantonale in merito al periodo fiscale a cui riferire gli elementi di reddito non è pertanto suscettibile di inficiare l'accordo raggiunto sull'esistenza di un utile di liquidazione di fr. 200'000.--.
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5.
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5.1 All'apertura della successione, un'azienda personale di cui era titolare il defunto diviene di proprietà di tutti gli eredi, riuniti nella comunione ereditaria. La successione come tale non comporta la realizzazione di riserve occulte, se gli eredi continuano in proprio con la gestione mantenendo gli stessi valori contabili dell'ultimo bilancio aziendale. Determinante è invece il momento della divisione ereditaria, se l'azienda viene lasciata in proprietà esclusiva di un solo erede e nella fissazione del patrimonio della comunione ereditaria vengono considerate le riserve occulte (cfr. consid. 4.1; Bernardoni/Duchini, op. cit., pag. 729 segg.; Simonek, op. cit., pag. 86 e 97).
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5.2 Indipendentemente dalla questione di sapere se il momento di realizzazione degli utili di liquidazione potesse venir concordato tra autorità e contribuenti, già si è osservato che tale aspetto non è comunque desumibile dall'accordo del 18 giugno 2003. D'altronde, se per le contribuenti fosse stato veramente assodato che tali redditi risalivano al 1997, ci si sarebbe potuti attendere che, in virtù del principio della buona fede, esse sollevassero già nel corso dell'audizione l'eccezione di prescrizione, addotta invece solo con il primo reclamo.
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5.3 Secondo i giudici cantonali, la divisione ereditaria, e quindi la cessione delle quote di partecipazione delle ricorrenti nello studio, è per contro divenuta effettiva soltanto nel 2000. Essi si sono fondati sul contratto di divisione ereditaria inviato all'Ufficio di tassazione il 20 marzo 2003 e datato per l'appunto dicembre 2000.
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Per confutare questo assunto, al reclamo del 10 agosto 2005 le ricorrenti hanno allegato, per la prima volta, un accordo di divisione ereditaria del 15 luglio 1997. L'opinione espressa al riguardo dalla Divisione delle contribuzioni, secondo cui il documento sembra confezionato ad hoc per ribadire la tesi dell'intervenuta prescrizione, può forse apparire un po' azzardata. Certo è però che il momento tardivo di produzione dell'atto non può non suscitare qualche perplessità. È vero, come sostengono le ricorrenti, che in una prima fase le autorità di tassazione hanno riferito gli utili di liquidazione al 1997, per cui non vi era alcuna necessità di comprovare ulteriormente tale circostanza. D'altra parte è però alquanto singolare che nelle discussioni e trattative con le autorità il documento non sia mai stato evocato ed in particolare non sia stato prodotto perlomeno nel 2003, assieme al contratto di divisione del dicembre 2000.
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Ad ogni modo, anche ammesso che l'accordo scritto di divisione fosse effettivamente preesistente, la sua tardiva produzione, oltre ad appalesare nuovamente un comportamento poco collaborativo e contrario al principio della buona fede, rivela che esso poteva tutt'al più avere valore di intesa preliminare e provvisoria, in attesa della divisione effettiva della successione. In effetti se, al di là della data, le ricorrenti l'avessero ritenuto determinante per la regolamentazione di merito che sanciva, esse l'avrebbero prodotto prima o al posto del contratto del dicembre 2000. D'altra parte questo secondo documento non può essere considerato un atto accessorio volto a regolare qualche dettaglio supplementare nell'ambito di una divisione formalmente già attuata anche perché, in tal caso, avrebbe perlomeno dovuto far riferimento all'atto già stipulato. Invece non vi fa cenno e ciò, per di più, malgrado indichi l'ammontare delle partecipazioni agli utili per le coeredi sin dal 1° aprile 1997, modificando il regime stabilito nell'accordo del 15 luglio 1997.
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5.4 Poco importa infine che sin dal 1997 il figlio avvocato abbia versato alla madre e alla sorella delle partecipazioni agli utili dello studio e sia inoltre stato assoggettato alle assicurazioni sociali in qualità di indipendente ed iscritto nel registro dei contribuenti all'imposta sul valore aggiunto. Queste circostanze evidenziano infatti che egli era l'unico erede concretamente attivo nella gestione dello studio e che, dopo il decesso del padre, ha mutato il suo statuto professionale, ma non dimostrano ancora che fosse già diventato proprietario esclusivo dello studio al posto della comunione ereditaria. Non è dunque possibile dedurne che le coeredi fossero già state disinteressate per le quote di loro spettanza, con conseguente realizzazione delle riserve occulte.
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6.
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In base alle considerazioni che precedono, nella misura in cui concernono l'imposta federale diretta, le impugnative si avverano infondate e devono pertanto essere respinte.
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II. Imposta cantonale
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7.
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7.1 Per quanto concerne l'imposta cantonale, le decisioni di tassazione si richiamano all'art. 57 della legge tributaria del Cantone Ticino, del 21 giugno 1994 (LT). A questo proposito, esse sono fondate sul diritto cantonale autonomo, già poiché concernono l'imposta cantonale per l'anno 2000, ovvero per un periodo fiscale precedente alla scadenza del termine concesso ai cantoni per l'adeguamento delle loro legislazioni ai disposti della legge federale del 14 dicembre 1990 sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID; RS 642.14; cfr. art. 8 cpv. 1, 72 cpv. 1 e 73 LAID; DTF 131 II 722 consid. 2.2, 710 consid. 1, 553 consid. 4.1, 1 consid. 2.1).
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7.2 Fatti salvi i diritti costituzionali cantonali (art. 95 lett. c LTF) e le disposizioni cantonali in materia di diritti politici (art. 95 lett. d LTF), con i ricorsi ordinari al Tribunale federale non può essere eccepita direttamente la disattenzione del diritto cantonale e comunale. Eventuali censure riferite a tali ordinamenti costituiscono pertanto un motivo di ricorso ammissibile soltanto se hanno per conseguenza una violazione del diritto federale ai sensi dell'art. 95 lett. a LTF, ossia in particolare se comportano una lesione della Costituzione, ad esempio del divieto d'arbitrio (art. 9 Cost.). In merito al diritto cantonale e comunale, il potere di cognizione del Tribunale federale sotto il regime della nuova legge è dunque rimasto sostanzialmente invariato rispetto alla situazione previgente (DTF 133 II 249 consid. 1.2.1). Dal profilo dei motivi di ricorso, le impugnative in esame sono pertanto ammissibili, in relazione all'imposta cantonale, soltanto nella misura in cui ravvisano la violazione di garanzie costituzionali.
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7.3 In relazione alla violazione di diritti fondamentali e di disposizioni di diritto cantonale o intercantonale, il principio dell'allegazione (cfr. consid. 3.2) vale in maniera accresciuta. Secondo l'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina infatti simili censure soltanto se il ricorrente le ha sollevate e motivate. Laddove si applica questa regola, valgono in pratica le esigenze di chiarezza e precisione della motivazione che la prassi aveva dedotto dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG per il ricorso di diritto pubblico (DTF 133 II 249 consid. 1.4.2; 133 IV 286 consid. 1.4; in relazione al ricorso di diritto pubblico cfr. 130 I 258 consid. 1.3, 26 consid. 2.1). Quando è in discussione la violazione del divieto d'arbitrio (art. 9 Cost.), la parte ricorrente non può quindi limitarsi a criticare la decisione impugnata in forma appellatoria, ma deve illustrare in maniera precisa e dettagliata quali norme o principi giuridici l'autorità cantonale avrebbe violato in modo addirittura manifestamente insostenibile e perciò arbitrario (DTF 128 I 295 consid. 7a; 125 I 492 consid. 1b; 117 Ia 10 consid. 4b).
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È invero quantomeno dubbio che i gravami soddisfino almeno parzialmente le rigorose esigenze di motivazione esposte. Le ricorrenti non sviluppano infatti un'argomentazione specifica tesa a dimostrare non solo l'irregolarità, ma addirittura l'assoluta infondatezza del giudizio impugnato in relazione alle imposte cantonali. Esse si limitano per contro ad abbinare alla citazione di norme della legge sull'imposta federale diretta i corrispettivi disposti della legge tributaria cantonale, accompagnati dalla menzione dell'art. 9 Cost. Ad ogni modo, la questione dell'ammissibilità del gravame può in definitiva rimanere aperta.
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8.
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In effetti, per quanto concerne la tassazione mediante un'imposta annua intera e la nozione di utili in capitale imponibili quali elementi di reddito da attività indipendente, la normativa ticinese coincide con il regime in materia di imposta federale diretta (cfr. art. 17 cpv. 2 e 57 LT). Come appena osservato, le censure sollevate dalle ricorrenti si riferiscono inoltre indistintamente ai due tipi di imposte. È quindi evidente che se il Tribunale federale conferma l'esistenza, l'ammontare e la data di realizzazione di un utile di liquidazione quando, decidendo in materia di imposta federale diretta, fruisce di libero potere d'esame, a maggior ragione non sovverte tale deduzione quando, decidendo in merito all'imposta cantonale, il suo potere cognitivo è sostanzialmente limitato al controllo dell'arbitrio.
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9.
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Ne segue che, nella misura in cui è ricevibile, l'impugnativa deve essere respinta anche in relazione alle imposte cantonali e comunali.
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III. Spese e ripetibili
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10.
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Secondo soccombenza, le spese giudiziarie vanno poste a carico delle ricorrenti, che non è peraltro necessario ritenere solidalmente responsabili (art. 65 e 66 cpv. 1 e 5 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti intervenute in causa nell'esercizio delle loro attribuzioni ufficiali (art. 68 cpv. 3 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Le cause 2C_75/2007 e 2C_76/2007 sono congiunte.
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2.
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In riferimento all'imposta federale diretta, i ricorsi sono respinti.
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3.
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In riferimento all'imposta cantonale, i ricorsi sono respinti, nella misura in cui sono ammissibili.
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4.
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Le spese giudiziarie complessive di fr. 4'400.-- sono poste a carico delle ricorrenti in ragione di metà ciascuna.
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5.
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Comunicazione al patrocinatore delle ricorrenti, alla Divisione delle contribuzioni e alla Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino nonché all'Amministrazione federale delle contribuzioni, Divisione principale imposta federale diretta, imposta preventiva, tasse di bollo.
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Losanna, 9 novembre 2007
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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