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Original
 
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
6B_249/2008/col
Sentenza del 12 settembre 2008
Corte di diritto penale
Composizione
Giudici federali Schneider, Presidente,
Ferrari, Favre, Zünd, Mathys,
cancelliera Ortolano.
Parti
A.________,
ricorrente,
contro
C.E.________,
opponente, patrocinata dall'avv. dott. Elio Brunetti,
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
opponente.
Oggetto
Dichiarazione falsa di una parte in giudizio (art. 306 CP); carente diligenza in operazioni finanziarie (art. 305ter CP), prescrizione,
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata il
5 marzo 2008 dalla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
Il 21 maggio 2007, il Procuratore pubblico del Cantone Ticino emanava un decreto d'accusa nei confronti di A.________. Questi veniva ritenuto autore colpevole di ripetuta carente diligenza in operazioni finanziarie per avere, nel periodo 1992-2003, a Lugano, agendo a titolo professionale, accettato, aiutato a collocare e/o a trasferire valori patrimoniali altrui senza accertare, con la diligenza richiesta dalle circostanze, l'identità dell'avente economicamente diritto, segnatamente per avere aperto e mantenuto in essere tre relazioni presso diversi istituti bancari - l'allora banca X.________ di Lugano e la banca Y.________ - omettendo di accertare l'identità del reale avente economicamente diritto, ovvero sottoscrivendo i formulari A indicandovi, contrariamente al vero, C.________ (relazioni n. rrr intestata alla R. SA________, Panama, e n. sss intestata alla S. Ltd________, Dublino) e D.________ (relazione n. ttt intestata alla T.________, Dublino) quali aventi diritto economico e tralasciando anche in seguito di modificare tale errata indicazione.
Con il medesimo decreto d'accusa il Procuratore pubblico riteneva A.________ autore colpevole anche di dichiarazione falsa di una parte in giudizio per avere, il 24 ottobre 2000, a Lugano, dopo essere stato avvertito dal giudice dell'obbligo di dire la verità e delle conseguenze penali in cui poteva incorrere, dichiarato il falso quale parte in una causa civile su fatti della contestazione che costituisce un mezzo di prova, e meglio per avere in qualità di convenuto nell'ambito di una causa civile di rendiconto pendente dinanzi alla Pretura del Distretto di Lugano, sezione 1, dichiarato contrariamente al vero di non avere "mai detenuto beni del prof. B.E.________, questo neppure indirettamente tramite società di cui egli era avente diritto economico", mentre in realtà egli era o era stato procuratore generale di diverse società, riconducibili economicamente al Gruppo E.________ ovvero a B.E.________, e/o avente diritto di firma sulle relazioni bancarie a loro intestate.
In applicazione della pena, il Procuratore pubblico proponeva la condanna di A.________ alla pena pecuniaria di fr. 16'200.--, pari a 90 aliquote di fr. 180.-- l'una, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni, e alla multa di fr. 1'000.-- commutabile in una pena detentiva di 10 giorni in caso di mancato pagamento. C.E.________ veniva rinviata al competente foro per le pretese di natura civile.
B.
Statuendo sull'opposizione di A.________ contro il suddetto decreto d'accusa, il 17 ottobre 2007, il Presidente della Pretura penale confermava le imputazioni a carico dell'accusato e lo condannava alla pena pecuniaria di 75 aliquote giornaliere di fr. 190.--, per un totale di fr. 14'250.--, sospesa condizionalmente per un periodo di due anni nonché alla multa di fr. 1'000.-- commutabile in una pena detentiva sostitutiva di 10 giorni in caso di mancato pagamento. A.________ veniva inoltre condannato a pagare alla parte civile C.E.________ fr. 4'000.-- a titolo di ripetibili. Quest'ultima veniva rinviata al competente foro civile per eventuali ulteriori pretese di corrispondente natura.
C.
Con sentenza del 5 marzo 2008, la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello (CCRP) respingeva, per quanto ammissibile, il ricorso per cassazione presentato dal condannato.
D.
Avverso questa sentenza A.________ insorge al Tribunale federale con ricorso in materia penale. In via principale, postula la riforma del giudizio dell'ultima istanza cantonale nel senso che egli è prosciolto dai reati di cui agli art. 305ter e 306 CP, subordinatamente dall'accusa di carente diligenza per le operazioni finanziarie antecedenti il 17 ottobre 2000; domanda inoltre che venga annullata la condanna al versamento di indennità di patrocinio a favore di C.E.________. In via subordinata, chiede l'annullamento della sentenza impugnata.
E.
Non sono state chieste osservazioni al gravame.
Diritto:
1.
Il ricorrente invoca la garanzia del divieto dell'arbitrio e lamenta la violazione dell'art. 6 CEDU nonché degli art. 8, 9 e 29 Cost.
1.1 Il ricorso dev'essere motivato (art. 42 cpv. 1 LTF) e deve spiegare in modo conciso perché l'atto impugnato viola il diritto (art. 42 cpv. 2 LTF). Le esigenze di motivazione sono accresciute quando, come in concreto, è invocata la violazione dei diritti costituzionali, del diritto cantonale e del diritto intercantonale. A norma dell'art. 106 cpv. 2 LTF, infatti, il Tribunale federale procede alla disamina di tali censure soltanto se sollevate e motivate in modo chiaro e preciso da parte del ricorrente, conformemente alla prassi precedentemente in vigore in materia di diritto pubblico (DTF 133 IV 286 consid. 1.4; 133 III 638 consid. 2). Ne consegue che l'allegato ricorsuale deve chiaramente indicare i diritti costituzionali che si pretendono violati, precisando altresì in che consista tale violazione (DTF 134 I 83 consid. 3.2; 134 V 138 consid. 2.1; 133 III 393 consid. 6). Questo vale in modo particolare per le censure di arbitrio nell'accertamento dei fatti, rispettivamente nella valutazione delle prove, dato che ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost.
In concreto, il ricorrente enumera norme costituzionali e convenzionali senza tuttavia indicare in modo preciso quali diritti intende dedurne. L'ammissibilità di tali censure appare quanto meno dubbia. Di seguito verranno pertanto esaminate solo quelle critiche la cui motivazione è sufficientemente intelligibile.
1.2 L'insorgente rileva innanzitutto che la decisione contrastata non menziona gli elementi fattuali pertinenti alla determinazione dell'inizio della prescrizione dell'azione penale. Trattandosi in realtà di una censura inerente l'applicazione del diritto materiale, questo punto sarà esaminato insieme alle altre critiche di questa natura formulate dal ricorrente (infra consid. 2).
1.3 A mente del ricorrente, nell'accertare la reale identità dell'avente economicamente diritto, la CCRP avrebbe considerato esclusivamente gli indizi a carico dell'accusato in violazione del principio in dubio pro reo. Difettando qualsiasi indicazione precisa sugli indizi in questione e sulla loro valutazione da parte della corte cantonale, la critica si palesa inammissibile.
1.4 Sempre in relazione alla pretesa violazione della presunzione d'innocenza, l'insorgente rimprovera poi l'ultima istanza cantonale per aver ritenuto che non fosse decisivo sapere chi fosse il reale avente economicamente diritto dei conti. Solo procedendo a tale accertamento sarebbe stato possibile ritenere che il ricorrente sapeva che le persone indicate nei formulari A non erano i titolari del patrimonio.
Il ricorrente si riferisce al considerando 7 del contestato giudizio relativo all'applicazione dell'art. 305ter CP. Orbene, per ritenere la violazione di questa disposizione è sufficiente stabilire che le informazioni fornite nei formulari A sono errate senza che sia necessario determinare chi realmente è titolare dei valori patrimoniali. Per quanto riguarda l'indicazione del denominato "C.________", la corte cantonale ha illustrato, riferendosi al giudizio di prima istanza, le ragioni che le permettevano di accertare che "C.________" non era l'avente economicamente diritto. Su questo punto, essa si è in particolare fondata sulle dichiarazioni dello stesso ricorrente. In mancanza di una pertinente motivazione al riguardo, la censura dev'essere dichiarata inammissibile.
1.5 Secondo l'insorgente, la corte cantonale non poteva dispensarsi dall'accertare chi fosse realmente l'avente economicamente diritto. Sarebbe arbitrario ritenere che egli abbia deposto in modo inveritiero davanti alla Pretura di Lugano in data 24 ottobre 2000 - quando ha dichiarato di non aver mai detenuto beni di B.E.________ neppure indirettamente tramite società di cui egli era avente diritto economico - senza previamente appurare l'identità dell'avente economicamente diritto delle relazioni bancarie in questione.
L'argomentazione del ricorrente è speciosa. Egli fonda infatti la sua motivazione su una frase della CCRP avulsa dal suo contesto. Quando l'autorità cantonale afferma che non è decisivo sapere se il reale avente economicamente diritto fosse B.E.________ o F.________ o, per ipotesi, una terza persona, non si riferisce al reato di dichiarazione falsa di una parte in giudizio, bensì a quello di carente diligenza in operazioni finanziarie. E, come visto (v. consid. 1.4), per ritenere la realizzazione di quest'ultima infrazione è sufficiente stabilire che le informazioni fornite sull'avente economicamente diritto dei valori patrimoniali sono errate. In relazione al reato di cui all'art. 306 CP, basandosi sui verbali d'interrogatorio di A.________ del 3 ottobre 2003 e dell'8 giugno 2004, il Presidente della Pretura penale ha accertato la falsità della dichiarazione rilasciata davanti alla Pretura di Lugano in data 24 ottobre 2000. A questo riguardo, il ricorso nulla eccepisce, sicché non occorre esaminare tale accertamento. Ne consegue che, per quanto ammissibile, la critica va respinta perché infondata.
1.6 Il ricorrente intravede inoltre una violazione del principio in dubio pro reo nel rifiuto di considerare la documentazione da lui prodotta nel processo dinanzi alla Pretura penale in quanto ritenuta irrilevante e non probante. In assenza di indicazioni precise su questi documenti e sul loro contenuto, la critica risulta una volta ancora inammissibile. Certo, l'insorgente menziona con maggior rigore un formulario A della banca W.________ datato 21 marzo 1989, ma omette di spiegare in che modo e misura tale documento avrebbe potuto fornire precisioni sui fatti rimproveratigli e concernenti un periodo posteriore al 1992.
1.7 A.________ biasima le autorità cantonali per avergli negato la possibilità di sottoporre al loro esame tutti i mezzi di prova a suo discarico. Evidenzia come la stessa CCRP abbia rilevato che i motivi addotti dal Presidente della Pretura penale nel rifiutare di amministrare tali prove suscitavano dubbi e interrogativi. La corte cantonale avrebbe pertanto riconosciuto le irregolarità processuali commesse in prima istanza e nonostante ciò avrebbe confermato la sentenza del giudice di merito. Secondo il ricorrente, non solo il processo di prima istanza sarebbe contrario alle garanzie convenzionali e costituzionali, ma pure il procedimento di ricorso che non ha sanzionato le irregolarità constatate.
In realtà, su questo punto, la corte cantonale ha proceduto a una sostituzione di motivi. Essa ha certo constatato un'impropria motivazione della decisione del giudice del merito, ha nondimeno ritenuto che le richieste di prova del ricorrente erano vaghe, in particolare egli non indicava cosa volesse provare con i mezzi di prova richiesti. Nel suo ricorso in materia penale, l'insorgente sostiene che i documenti di cui ha chiesto l'edizione gli avrebbero permesso di meglio preparare la sua difesa, avrebbero consentito al giudice di constatare la sua innocenza, subordinatamente di accertare che egli aveva agito in una situazione di errore di fatto e di diritto, di rilevare la prescrizione dell'azione penale o per lo meno di accertare il lungo tempo trascorso dai fatti per una conseguente attenuazione della pena. Queste spiegazioni, altrettanto vaghe, non consentono tuttavia di rimettere in discussione le conclusioni della CCRP. È vero che il ricorrente indica che gli incarti dei procedimenti civili di cui ha chiesto il richiamo contenevano documenti relativi alle relazioni bancarie incriminate nonché alla reale identità dell'avente economicamente diritto. Anche queste indicazioni sono però troppo generiche per giustificare l'amministrazione delle prove richieste da parte delle autorità penali cantonali. Infondata, la censura va quindi respinta.
1.8 Nelle conclusioni del suo gravame, il ricorrente chiede che venga annullata la sua condanna al versamento dell'indennità di patrocinio a favore di C.E.________. Egli, tuttavia, non spiega minimamente su che base e perché formula tale richiesta di modo che, su questo punto, il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile per assenza di qualsiasi motivazione (v. art. 42 cpv. 2 LTF).
2.
Sul piano del diritto materiale, il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 305ter CP. La carente diligenza in operazioni finanziarie non sarebbe un reato di omissione, bensì un'infrazione per commissione. Egli rileva di essere stato condannato non solo per aver accertato in modo insufficiente oppure errato l'identità dell'avente economicamente diritto al momento dell'apertura dei conti, ma anche per aver omesso di rettificare rispettivamente correggere le indicazioni da lui fornite agli istituti bancari. Trattandosi di un'infrazione per commissione, con particolare riguardo alla questione della prescrizione, il reato ex art. 305ter CP sarebbe un reato istantaneo e non, come erroneamente ritenuto nella sentenza contrastata, un reato permanente.
2.1 Secondo la giurisprudenza, la carente diligenza in operazioni finanziarie è un reato di pericolo. Il comportamento incriminato consiste nell'effettuare operazioni finanziarie senza accertarsi dell'identità dell'avente economicamente diritto, malgrado particolari indizi inducano a ritenere che la controparte non corrisponde all'avente economicamente diritto dei valori patrimoniali. La violazione del dovere di identificazione è sufficiente. Non è per contro di rilievo sapere se l'avente economicamente diritto abbia acquisito in modo penalmente riprensibile i valori patrimoniali. L'art. 305ter CP reprime un reato per commissione. Il fulcro del comportamento incriminato consiste nel concludere affari, attività il cui esercizio a titolo professionale permette di qualificare colui che agisce come autore dell'infrazione quando omette di accertare l'identità dell'avente economicamente diritto con la diligenza richiesta dalle circostanze. Una commissione per omissione è possibile nella misura in cui l'autore assume una posizione di garante (DTF 125 IV 139 consid. 3b).
2.2 Nel caso specifico, a A.________ non è stato rimproverato esclusivamente di essersi astenuto dall'agire laddove era tenuto a farlo. I fatti imputatigli consistevano infatti non solo nella mancata corretta identificazione dell'avente economicamente diritto, bensì pure in operazioni di gestione delle tre relazioni bancarie in parola, ossia nella loro apertura e nel loro mantenimento in essere. Così com'è formulata la critica cade quindi nel vuoto. In realtà, la censura del ricorrente riguarda un'altra questione - determinante per la prescrizione dell'azione penale - ovvero quella di sapere se la fattispecie dell'art. 305ter CP costituisce un reato permanente, segnatamente se l'obbligo di rettificare le informazioni perduri sino alla fine delle relazioni d'affari, come ritenuto in sede cantonale.
2.3 Contrariamente a quanto sostenuto nel gravame, l'enumerazione delle operazioni finanziarie contenuta nell'art. 305ter CP (accettare, prendere in custodia, aiutare a collocare o a trasferire valori patrimoniali) non è esaustiva. Conformemente all'opinione della dottrina maggioritaria, si tratta piuttosto della descrizione di atti caratterizzanti l'attività di intermediario finanziario volta più a individuare l'autore anziché il suo comportamento (tra gli altri: STEFAN TRECHSEL, Schweizerisches Strafgesetzbuch, Kurzkommentar, 2a ed., Zurigo 1997, n. 3 ad art. 305ter CP; MARK PIETH, Strafrecht II, commentario basilese, 2a ed., n. 8 ad art. 305ter CP; NIKLAUS SCHMID, Einziehung, Organisiertes Verbrechen, Geldwäscherei, Kommentar, vol. II, Zurigo 2002, §6, n. 69 ad art. 305ter CP; URSULA CASSANI, Commentaire du droit pénal suisse, vol. 9, Berna 1996, n. 14 ad art. 305ter CP; nello stesso senso anche DTF 125 IV 139 consid. 3b che stabilisce un nesso tra l'attività volta a concludere affari e la qualità di autore dell'infrazione "Der Schwerpunkt des Tatbestandes liegt bei den Tätigkeiten des Geschäftsabschlusses, deren berufsmässige Vornahme den Handelnden als Täter qualifizieren...." nonché DTF 129 IV 338 consid. 2.3). Non è pertanto necessario determinare con precisione e qualificare ciascun atto di gestione come se ognuno di questi facesse decorrere un termine di prescrizione.
2.4 Non è possibile seguire il ricorrente neppure laddove sostiene che, in quanto reato per commissione, la carente diligenza in operazioni finanziarie sia un'infrazione istantanea definitivamente ed esclusivamente consumata al momento della conclusione della relazione contrattuale. A prescindere dal fatto che quest'opinione non trova alcun riscontro nella dottrina, gli autori che si chinano su questo aspetto propendono a ritenere la fattispecie dell'art. 305ter CP un reato permanente: l'infrazione comincia con l'inizio del rapporto d'affari e termina, al più tardi, alla fine dello stesso o nel momento in cui l'intermediario finanziario assolve al proprio dovere di identificazione (v. MARLÈNE KISTLER, La vigilance requise en matière d'opérations financières, tesi, Losanna 1994, pag. 171, per cui però l'art. 305ter CP sanziona un reato di omissione; NIKLAUS SCHMID, op. cit., §6, n. 47, n. 259 ad art. 305ter CP, per cui la carente diligenza in operazioni finanziare è - anche - un reato permanente). Sebbene non pronunciandosi espressamente sulla prescrizione, taluni autori sostengono che l'infrazione è consumata dall'atto di gestione (BERNARD Corboz, Les infractions en droit suisse, vol. II, Berna 2002, n. 6 ad art. 305ter CP; STEFAN Trechsel, op. cit., n. 7 ad art. 305ter CP). Questa opinione è senz'altro condivisibile. Difatti, l'art. 305ter CP, quale reato per commissione, punisce l'intermediario finanziario che compie atti di gestione su valori patrimoniali di cui non ha identificato l'avente economicamente diritto con la diligenza richiesta dalle circostanze. La questione di sapere se si tratta di un'infrazione istantanea o permanente dev'essere quindi risolta alla luce dell'atto di gestione che l'intermediario finanziario è chiamato a fornire. La legge federale del 10 ottobre 1997 relativa alla lotta al riciclaggio di denaro nel settore finanziario (legge sul riciclaggio di denaro, LRD; RS 955.0), che disciplina la diligenza richiesta in materia di operazioni finanziarie (cfr. art. 1 LRD), opera un distinguo tra relazioni e operazioni. Nella prima ipotesi, essa impone all'intermediario finanziario di procedere all'identificazione della controparte e dell'avente economicamente diritto al momento dell'avvio della relazione d'affari (art. 3 LRD unitamente all'art. 4 LRD). Se nel corso della relazione d'affari sorgono dubbi in merito all'identità della controparte o dell'avente economicamente diritto, egli deve procedere nuovamente a un'identificazione o un accertamento conformemente agli art. 3 e 4 LRD (art. 5 cpv. 1 LRD). L'obbligo di identificazione sorge dunque con la conclusione di una relazione d'affari e perdura fino al termine della stessa. Se la prestazione dell'operatore finanziario dura nel tempo (come ad esempio la presa in custodia), la carente diligenza in operazioni finanziarie si configura reato permanente in quanto l'obbligo di accertare l'identità dell'avente economicamente diritto dei valori patrimoniali sussiste fino al termine della relazione contrattuale. Per contro, se la prestazione fornita è "istantanea" anche il reato di cui all'art. 305ter CP è tale. In senso analogo si esprime anche Grüninger per cui la carente diligenza in operazioni finanziarie costituisce un reato istantaneo (Zustandsdelikt) con riguardo all'accettazione, al collocamento o al trasferimento di valori patrimoniali, mentre il reato è permanente (Dauerdelikt) in caso di presa in custodia di valori patrimoniali (PHILIPPE GRÜNINGER, Die Strafbarkeit der Verletzung von Sorgfaltspflichten bei Finanzgeschäften, tesi, Zurigo 2005, pag. 58). Di conseguenza, l'operatore finanziario che, nell'ambito di una duratura relazione d'affari (v. sulla distinzione tra clientela occasionale - Laufkunden - e clientela permanente - Dauerkunden - MARK PIETH, op. cit., n. 20 seg. ad art. 305ter CP), compie atti di gestione senza accertarsi dell'identità dell'avente economicamente diritto agisce in modo permanentemente contrario al diritto. In simili circostanze, la carente diligenza in operazioni finanziarie costituisce quindi un reato permanente. Il termine di prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui è cessata la relazione d'affari e con essa il relativo dovere di identificazione o dal giorno in cui l'operatore finanziario ha posto un termine alla situazione illecita creatasi accertando l'identità dell'avente economicamente diritto dei valori patrimoniali gestiti.
In concreto, è stato appurato che il ricorrente si è occupato dei valori patrimoniali in modo permanente, aprendo e mantenendo in essere tre diverse relazioni bancarie senza accertare l'identità dell'avente economicamente diritto dei valori in questione. In simili circostanze, la carente diligenza in operazioni finanziarie si configura come reato permanente, sicché su questo punto il gravame va disatteso.
2.5 Il ricorrente sostiene inoltre che l'obbligo di correggere o rettificare il risultato dell'identificazione viziata contrasterebbe con il principio nemo tenetur se detegere. Difatti, prosegue l'insorgente, se la banca dovesse ricevere da parte di un intermediario finanziario la comunicazione di rettifica dell'identità dell'avente economicamente diritto, essa ne ricaverebbe un motivo di sospetto tale da segnalare il caso all'autorità competente giusta l'art. 9 LRD.
Sennonché, l'insorgente equivoca sulla portata di questo principio che concerne la procedura penale e dal quale non può dunque dedurre alcunché a sostegno della sua tesi per quanto attiene alle informazioni destinate a istituti bancari al di fuori di una procedura penale. Del resto, egli misconosce che non è tanto il carattere erroneo dell'accertamento dell'identità dell'avente economicamente diritto, quanto la carente diligenza richiesta dalle circostanze che è sanzionata dall'art. 305ter CP. Così, chi non identifica correttamente l'avente diritto economico sebbene abbia fatto prova di tutta la diligenza richiesta dalle circostanze non è punibile e può pertanto correggere senza rischi le informazioni. Per contro, la possibilità di scoprire, all'occasione di una rettifica, che l'intermediario finanziario non aveva effettuato le ricerche necessarie e possibili, e di incriminarlo a questo stadio appare conforme allo scopo della norma in questione.
2.6 A mente dell'insorgente, l'autorità cantonale avrebbe pure interpretato estensivamente l'art. 305ter CP rimproverandogli di aver omesso di rettificare le informazioni relative all'avente economicamente diritto.
A dire il vero, non è tanto l'omessa rettifica che fonda l'infrazione quanto l'omissione di procedere alle verifiche del caso. L'omessa rettifica concretizza piuttosto la persistenza di uno stato di fatto illecito oltre l'atto di gestione propriamente detto. La questione di sapere se il ricorrente, quale intermediario finanziario, aveva un obbligo di rettifica prima dell'entrata in vigore della LRD può restare indecisa. È possibile tuttavia constatare che, per lo meno due anni dopo l'entrata il vigore di questa legge il 1° aprile 1998 (art. 42 cpv. 3 unitamente all'art. 2 cpv. 3 LRD), ossia il 1° aprile 2000, in un momento in cui le tre relazioni bancarie erano ancora aperte, sull'insorgente gravava chiaramente tale obbligo (art. 5 cpv. 1 LRD).
2.7 Nel gravame viene inoltre eccepita l'impossibilità di procedere a qualsiasi rettifica a partire dal momento in cui le banche sono state informate delle divergenze relative all'identità dell'avente economicamente diritto, divergenze poi confermate dal decreto di sequestro emanato dal Ministero Pubblico. Il ricorrente sostiene che, da quel momento, nessuna delle banche coinvolte avrebbe effettuato le rettifiche da lui richieste.
Su questo punto l'insorgente sviluppa un'argomentazione che si fonda su fatti che divergono da quanto accertato in sede cantonale, sicché non v'è ragione di entrare nel merito di tale censura (v. art. 105 cpv. 1 LTF). Peraltro egli dimostra di misconoscere la portata del suo obbligo di accertare l'identità del reale avente economicamente diritto, obbligo autonomo e indipendente da quello dell'istituto bancario. Egli è tenuto ad accertare ed eventualmente rettificare l'identità dell'avente economicamente diritto anche qualora, per ipotesi, non collochi i valori patrimoniali in un istituto bancario ma li prenda semplicemente in custodia. Non può pertanto dedurre alcunché in suo favore pretendendo che, in taluni casi, le banche rifiutino di modificare le indicazioni relative all'avente economicamente diritto.
2.8 Infine, secondo il ricorrente, l'azione penale sarebbe prescritta. Egli riprende le argomentazioni addotte in relazione al genere di reato punito dall'art. 305ter CP. Su questo punto si può rinviare a quanto sopraesposto (v. consid. 2.4). L'insorgente precisa che ritenere che l'infrazione cominci con l'inizio della relazione d'affari e termini alla fine della stessa condurrebbe a una situazione assurda laddove l'intermediario finanziario responsabile dell'apertura di una relazione bancaria in modo viziato dovesse successivamente abbandonare la sua funzione di responsabile. In questo caso, infatti, l'intermediario in questione continuerebbe a essere punibile giusta l'art. 305ter CP sino alla chiusura della relazione d'affari malgrado non assuma più alcun tipo di responsabilità in relazione ai valori patrimoniali. Nel caso specifico questa questione può tuttavia restare indecisa, dal momento che il ricorrente non contesta di essere stato responsabile dei conti bancari in parola fino al termine delle relazioni d'affari.
L'insorgente non può dedurre nulla in suo favore nemmeno dallo scopo della norma. Non si scorge infatti perché la lotta al riciclaggio di denaro sporco imponga necessariamente di considerare l'infrazione ex art. 305ter CP come un reato istantaneo. Al contrario, ritenere che l'infrazione perduri fintantoché la relazione d'affari è ancora in essere rafforza l'obbligo di accertare con cura l'avente economicamente diritto. Nella fattispecie, le relazioni d'affari sono continuate fino al 30 aprile 2001 (conto T.________) rispettivamente fino al 22 marzo 2002 (conto S. Ltd________). Per quanto attiene al terzo conto bancario (R. SA________), dalla sentenza di primo grado risulta che fosse ancora aperto il 24 novembre 2000, ossia nel momento in cui l'interessato ha fatto le dichiarazioni oggetto di un'altra imputazione. In simili circostanze, non è possibile ritenere che le autorità cantonali hanno violato il diritto federale per non aver accertato la prescrizione dell'azione penale sia sotto l'egida del vecchio diritto che del nuovo. Di conseguenza, il gravame, infondato, dev'essere respinto e la sentenza impugnata confermata.
3.
Da tutto quanto precede discende che il ricorso di A.________, nella misura in cui è ammissibile, dev'essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono pertanto poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non essendo stata invitata a formulare osservazioni al gravame, a C.E.________ non viene assegnata alcuna indennità per ripetibili.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico del ricorrente.
3.
Comunicazione alle parti e alla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, nonché per informazione all'Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro.
Losanna, 12 settembre 2008
In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: La Cancelliera:
Schneider Ortolano