BGer 1C_90/2009 |
BGer 1C_90/2009 vom 15.06.2009 |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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{T 0/2}
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1C_90/2009
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Sentenza del 15 giugno 2009
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I Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Féraud, presidente,
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Reeb, Eusebio,
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cancelliere Crameri.
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Parti
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1. A.________,
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2. B.________ SA,
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patrocinati dall'avv. Yasar Ravi,
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ricorrenti,
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contro
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Municipio di X.________, patrocinato
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dall'avv. Luca Pagani,
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
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Oggetto
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edilizia: sospensione dell'esercizio della prostituzione,
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ricorso contro la sentenza emanata il 16 gennaio 2009 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Il 23 novembre 2004 il Municipio di X.________ ha rilasciato una licenza edilizia per un esercizio pubblico (11 camere da affittare), denominato C.________: nell'immobile si trova pure un locale notturno e un bar. L'edificio è ubicato nella zona residenziale semiestensiva, nella quale è permessa la costruzione di abitazioni, alberghi e ristoranti, stabili commerciali amministrativi e artigianali con un'attività non molesta: è per contro vietata qualsiasi forma di immissione molesta. Il 28 aprile 2008, alla proprietaria dell'immobile, è stata rilasciata la patente per l'esercizio pubblico costituito dalle camere in questione. Quale gestore figura la B.________ SA, mentre la gerenza è stata assunta da A.________.
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B.
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Il 27 maggio 2008 la polizia cantonale ha trasmesso al Municipio di X.________ una copia del rapporto dei controlli effettuati il 7 febbraio 2006 e il 3 marzo 2008 nei citati esercizi pubblici dal distaccamento speciale preposto alla prevenzione della tratta e dello sfruttamento degli esseri umani. Dal rapporto risulta che nei primi due mesi del 2008 le camere sono state locate unicamente a giovani donne straniere sole, due delle quali erano state condannate per l'esercizio illecito della prostituzione. Richiamando questo rapporto, il 18 giugno 2008 il Municipio ha accertato la presenza di un cambiamento di destinazione non autorizzato e non autorizzabile a posteriori, poiché inconciliabile, a causa delle immissioni moleste, con la funzione essenzialmente residenziale della zona: ha quindi ordinato alla proprietaria, rispettivamente ai gerenti, di sospendere immediatamente l'esercizio della prostituzione nelle camere e di ripristinare l'uso autorizzato con la licenza del 2004. La decisione è stata dichiarata immediatamente esecutiva. Un ricorso concernente il diniego dell'effetto sospensivo a un eventuale gravame è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale federale (sentenza 1C_449/2008 del 17 ottobre 2008).
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C.
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Il 19 novembre 2008 il Consiglio di Stato ha confermato il provvedimento municipale. Adito dai gerenti, con giudizio del 16 gennaio 2009 il Tribunale amministrativo ne ha respinto il gravame.
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D.
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Avverso questa decisione A.________ e la B.________ SA presentano un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiedono di annullarlo e di rinviare la causa alla Corte cantonale per nuovo giudizio.
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Non sono state chieste osservazioni al ricorso.
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Diritto:
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1.
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1.1 Presentato tempestivamente contro una decisione dell'ultima istanza cantonale in ambito edilizio, finale, poiché conclude il procedimento concernente la sospensione dell'uso di parte dello stabile in modo asseritamente non conforme alla licenza edilizia, il ricorso in materia di diritto pubblico è di massima ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d, 90 e 100 cpv. 1 LTF (DTF 133 II 409 consid. 1.1, 353 consid. 2).
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1.2 I ricorrenti, tenuti a dimostrare la loro legittimazione (art. 42 cpv. 1e 2 LTF; DTF 133 II 353 consid. 1), sostengono che sarebbero adempiute le condizioni dell'art. 89 cpv. 1 lett. a-c LTF. La Corte cantonale l'ha ammessa ritenendoli perturbatori per comportamento. Visto l'esito del gravame, la questione non dev'essere esaminata oltre.
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1.3 Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto (DTF 133 II 249 consid. 1.4). Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste ultime non sono presentate nella sede federale. Per di più, quando il ricorrente invoca, come in concreto, la violazione di diritti costituzionali (diritto di essere sentito), il Tribunale federale esamina le censure soltanto se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2): ciò vale anche per la critica d'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove (DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1; 134 I 83 consid. 3.2).
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1.4 Riservati i casi dell'art. 95 lett. c-e LTF, la violazione del diritto cantonale o comunale non costituisce di per sé un motivo di ricorso, ma può configurare una violazione del diritto federale ai sensi dell'art. 95 lett. a LTF, segnatamente qualora disattenda il divieto dell'arbitrio ai sensi dell'art. 9 Cost. (DTF 134 II 349 consid. 3). Non basta, inoltre, che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel suo risultato (DTF 134 II 124 consid. 4.1), ciò che spetta al ricorrente dimostrare (DTF 133 II 396 consid. 3.2).
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2.
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2.1 Il Tribunale cantonale amministrativo ha stabilito che, in materia edilizia, l'ordine di sospendere immediatamente un'utilizzazione non autorizzata di un edificio costituisce un provvedimento di natura cautelare, tendente a inibire una siffatta utilizzazione fintanto che non venga stabilito, nell'ambito di un'eventuale procedura di rilascio di un permesso in sanatoria, se essa sia conforme al diritto materiale. Una tale ingiunzione, analoga all'ordine di sospendere i lavori non autorizzati ai sensi dell'art. 42 della legge edilizia cantonale del 13 marzo 1991 (LE), hanno proseguito i giudici cantonali, non presuppone una verifica della conformità dell'uso instaurato senza autorizzazione con il diritto sostanziale, né occorre dimostrare l'esistenza di un contrasto insanabile con la funzione assegnata alla zona di utilizzazione, essendo sufficiente la presenza di una violazione formale, ossia la mancanza del permesso. Un divieto d'uso, di natura analoga a un ordine di demolizione secondo l'art. 43 LE, presuppone per contro una preventiva verifica della conformità dell'utilizzazione instaurata senza permesso con il diritto materiale applicabile.
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La Corte cantonale ha rilevato che l'ordine litigioso tende a impedire un'utilizzazione dell'immobile come postribolo, visto che la licenza del 2004 ne autorizza soltanto l'uso abitativo, sotto forma di camere da locare secondo la legislazione sugli esercizi pubblici. Essa ha ritenuto corretta la deduzione che l'insediamento di un postribolo in un immobile autorizzato per uso alberghiero/residenziale integri gli estremi di un cambiamento di destinazione soggetto a licenza edilizia, in particolare sotto il profilo delle immissioni di natura immateriale.
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Essa ha ritenuto come acquisito, perché notorio, che l'esercizio pubblico in esame è diventato di fatto un postribolo, integrando gli estremi di un cambiamento di destinazione soggetto a licenza: questa violazione formale giustifica quindi il divieto d'utilizzazione, ritenuto che l'interesse pubblico prevale su quello dei ricorrenti. Ha poi accertato che questi non criticano di per sé detta tesi, né più insistono nel contestare che nell'immobile si esercitasse la prostituzione.
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2.2 I ricorrenti sostengono, invero in maniera generica, che il criticato provvedimento non costituirebbe una misura di sospensione dei lavori ai sensi dell'art. 42 LE. In tale evenienza infatti, vista la sua natura cautelare, la situazione d'illegalità non dev'essere preventivamente accertata in maniera inconfutabile, essendo sufficiente l'apparenza, suffragata da indizi di un probabile contrasto con il diritto edilizio formale o materiale: ciò avrebbe impedito loro di far assumere tutte le prove proposte, in particolare il richiesto sopralluogo dell'esercizio pubblico, allo scopo di verificare l'attività effettivamente svoltavi. Al loro dire, l'ordine litigioso costituirebbe piuttosto un provvedimento di ripristino, ai sensi dell'art. 43 LE, concernente la demolizione, poiché tenderebbe ad adeguare l'uso di un'opera edilizia alla destinazione prevista dalla licenza accordata. In tale ambito, visto che il loro potere cognitivo non sarebbe limitato alla verosimiglianza come nel quadro di provvedimenti cautelari secondo l'art. 42 LE, le autorità cantonali avrebbero dovuto quindi procedere a un'assunzione più diligente delle prove.
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Richiamano al riguardo la prassi cantonale, secondo cui nel caso del divieto d'uso come misura cautelare ai sensi dell'art. 42 LE è sufficiente la parvenza di un'effettiva difformità, che dev'essere ancora accertata nell'ambito di una domanda di costruzione a posteriori, mentre nel quadro dell'ordine di ripristino secondo l'art. 43 LE la discrepanza risulta da un preventivo e definitivo accertamento dell'illegittimità sostanziale del cambiamento di destinazione abusivamente attuato (MECCA/PONTI, Legge edilizia annotata, 2006, pag. 127 ad art. 42 e pag. 131 e 135 ad art. 43).
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2.3 I ricorrenti medesimi rilevano tuttavia, a ragione, che la motivazione dell'impugnata sentenza, conforme peraltro anche alla dottrina (SCOLARI, Commentario, 1996, n. 1261-1263 ad art. 42 LE; LUCCHINI, Compendio giuridico per l'edilizia, 1999, pag. 186 seg.), non appare insostenibile e quindi arbitraria. Essi adducono semplicemente che la scelta, al loro dire arbitraria, della natura giuridica della decisione municipale, quale provvedimento cautelare e non di ripristino, e la derivante differente valutazione dei mezzi di prova avrebbero comportato una lesione del loro diritto di essere sentiti.
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2.4 Come si è visto, la criticata soluzione non è arbitraria e la tesi ricorsuale è per di più ininfluente. In effetti, i ricorrenti non criticano del tutto né contestano l'accertamento fattuale operato dai giudici cantonali, secondo cui l'esercizio pubblico sia notoriamente diventato di fatto un postribolo. Questo accertamento è del resto corretto, ritenuto che, nel ricorso presentato alla Corte cantonale, essi si sono limitati, da un lato, a sostenere che nella zona in questione sarebbe senz'altro possibile autorizzare "attività di indole prevalentemente commerciale quali i postriboli" insistendo sul fatto che detta attività non comporterebbe alcuna immissione materiale e/o immateriale tale da renderla incompatibile con le funzioni previste per la zona, visto che l'esercizio pubblico è ubicato in un comparto isolato, e, dall'altro lato, a contestare la base legale per imporre un divieto di esercitare la prostituzione su tutto il territorio comunale.
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2.5 Quando la decisione impugnata, come in concreto, si fonda su diverse motivazioni indipendenti e di per sé sufficienti per definire l'esito della causa, il ricorrente è tenuto, pena l'inammissibilità, a dimostrare che ognuna di esse viola il diritto (DTF 133 IV 119). Ora, come già rilevato, i ricorrenti neppure sostengono che questo accertamento sarebbe manifestamente inesatto, per cui esso è vincolante per il Tribunale federale (art. 97 cpv. 1 e art. 105 cpv. 1 LTF; DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 e 1.4.3). Mal si comprende quindi perché essi insistono sulla mancata assunzione di determinate prove, quando nemmeno contestano il citato accertamento.
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2.6 Per di più i ricorrenti, accennando a una lesione del diritto di essere sentiti, non dimostrano affatto che, rinunciando a esperire il richiesto sopralluogo sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove (al riguardo vedi DTF 131 I 153 consid. 3; 130 II 425 consid. 2.1), la Corte cantonale sarebbe incorsa nell'arbitrio. Ritenendo che l'esercizio pubblico è diventato di fatto un postribolo, l'assunzione di questa prova era infatti inutile. I ricorrenti disattendono d'altra parte che potranno semmai riproporne l'assunzione e tutelare compiutamente i loro diritti di difesa nel quadro della presentazione di una domanda di costruzione in sanatoria, ritenuto che, come rettamente stabilito dalla Corte cantonale, la questione di sapere se l'insediamento di un bordello nell'area in esame sia conforme alla funzione commerciale della zona, esula dall'oggetto del litigio ed è quindi inammissibile.
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3.
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Ne segue, che, in quanto ammissibile, il ricorso è respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti.
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3.
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Comunicazione ai patrocinatori dei ricorrenti e del Municipio di X.________, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
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Losanna, 15 giugno 2009
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In nome della I Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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Féraud Crameri
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