Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
4A_232/2009
Sentenza del 30 novembre 2009
I Corte di diritto civile
Composizione
Giudici federali Klett, Presidente,
Rottenberg Liatowitsch, Kolly,
cancelliera Gianinazzi.
Parti
A.________,
B.________,
ricorrenti,
contro
C.________SA,
patrocinata dall'avv. Raffaele Bernasconi,
opponente.
Oggetto
mandato; responsabilità della banca,
ricorso in materia civile contro la sentenza emanata
il 20 marzo 2009 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
A.________ e B.________ detengono presso la succursale chiassese di C.________SA una relazione bancaria, sulla quale tra il 1992 e il 1998 sono state effettuate numerose operazioni speculative su divise, che hanno cagionato ingenti perdite.
B.
Asserendo di aver autorizzato solo una parte di queste operazioni, il 20 giugno 2002 i titolari del conto hanno adito direttamente il Tribunale d'appello del Cantone Ticino postulando la condanna dell'istituto bancario al risarcimento del danno causato dalle operazioni eseguite senza il loro consenso, pari a fr. 1'278'120.--, oltre interessi. In sede di conclusioni questo importo è stato ridotto a fr. 1'132'098.-- e così precisato: fr. 417'939.-- per le perdite risultanti dalle operazioni a termine e opzioni su divise non ordinate né approvate dai clienti; fr. 4'845.-- quale maggior interesse debitore sopportato dai clienti per operazioni di trapasso non ordinate né autorizzate dai clienti; fr. 22'902.-- a titolo di addebiti per interessi passivi e commissioni cagionati da operazioni non ordinate né approvate dai clienti; fr. 298'986.-- quale perdita patrimoniale accertata dal perito di parte per il 1995; fr. 337'426.-- per margini indebitamente lucrati dalla banca sulle operazioni contestate; fr. 50'000.-- per le spese di allestimento della perizia di parte.
La banca ha negato ogni responsabilità: d'un canto, perché essa non era stata incaricata della gestione del conto e, dall'altro, perché tutte le operazioni erano avvenute dietro precise istruzioni dei clienti, i quali peraltro seguivano costantemente l'andamento degli investimenti e conoscevano quindi la situazione.
Con sentenza del 20 marzo 2009 la II Camera civile del Tribunale d'appello ha integralmente disatteso le pretese avanzate da A.________ e B.________. In sintesi, pur ammettendo che buona parte delle operazioni contestate era effettivamente avvenuta all'insaputa dei clienti, come da loro affermato, sulla scorta delle risultanze istruttorie la Corte cantonale è giunta alla conclusione che le operazioni irregolari non hanno comunque cagionato loro un danno, donde la reiezione della petizione.
C.
Prevalendosi della violazione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.), del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.), così come dell'errata applicazione di varie norme del diritto privato federale, in particolare dell'art. 398 CO, il 14 maggio 2009 A.________ e B.________ sono insorti dinanzi al Tribunale federale con un ricorso in materia civile volto a ottenere, in via principale, la modifica della predetta sentenza nel senso dell'accoglimento della petizione limitatamente a complessivi fr. 823'112.-- e, in via subordinata, il rinvio della causa all'autorità cantonale per nuovo giudizio.
L'istanza tendente alla concessione dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio presentata contestualmente al gravame è stata respinta il 13 luglio 2009.
Con successivo decreto del 25 agosto 2009 ai ricorrenti è stata concessa una proroga unica del termine per il versamento dell'anticipo spese fino al 30 ottobre 2009. Avendo il loro legale nel frattempo comunicato al Tribunale federale l'avvenuta rescissione del rapporto di patrocinio, nel medesimo atto essi sono stati inoltre invitati a indicare, in virtù dell'art. 39 cpv. 3 LTF, le generalità e l'indirizzo di una persona in Svizzera a cui notificare con effetto vincolante gli atti giudiziari a loro destinati. Ambedue le richieste sono state soddisfatte entro il termine assegnato.
Né la banca opponente né l'autorità cantonale sono state invitate a determinarsi sul ricorso.
Diritto:
1.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sulla propria competenza e sull'ammissibilità del rimedio esperito (art. 29 cpv. 1 LTF; DTF 135 III 1 consid. 1.1 pag. 3).
2.
Interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) dalle parti soccombenti in sede cantonale (art. 76 cpv. 1 lett. a LTF) contro una decisione finale (art. 90 LTF) pronunciata dall'autorità ticinese di ultima istanza (art. 75 cpv. 1 LTF) in una causa civile di carattere pecuniario il cui valore litigioso supera fr. 30'000.-- (art. 74 cpv. 1 lett. b LTF), il ricorso è ricevibile.
3.
Con il ricorso in materia civile può essere fatta valere la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), che include anche i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 133 III 462 consid. 2.3 pag. 466). Le censure sollevate nell'impugnativa, che riguardano l'applicazione del diritto privato federale e del diritto costituzionale, sono quindi di per sé proponibili.
Considerato il tenore dell'impugnativa, prima di chinarsi su di esse appare tuttavia opportuno rammentare le esigenze di motivazione poste dalla legge e dalla giurisprudenza al ricorso in materia civile. La ricevibilità delle tesi ricorsuali verrà poi esaminata contestualmente alle singole censure.
3.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dall' art. 42 cpv. 1 e 2 LTF , la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame (art. 108 cpv. 1 lett. b LTF), il Tribunale federale esamina di regola solo le critiche sollevate nell'impugnativa (DTF 134 III 102 consid. 1.1).
Le esigenze di motivazione sono più rigorose quando viene fatta valere la violazione di diritti fondamentali e di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale. II Tribunale federale vaglia infatti queste censure solo se la parte ricorrente le ha debitamente sollevate e motivate, come prescritto dall'art. 106 cpv. 2 LTF, il cui campo di applicazione corrisponde a quello del precedente ricorso di diritto pubblico per violazione dei diritti costituzionali e valgono pertanto i requisiti di motivazione posti dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG (DTF 133 III 638 consid. 2). Ne discende che l'allegato ricorsuale deve indicare chiaramente i diritti costituzionali che si pretendono violati, precisando altresì in che consista tale violazione (DTF 134 II 244 consid. 2.2). In particolare, quando viene fatta valere la violazione del divieto dell'arbitrio, non ci si può limitare a criticare la decisione impugnata come in una procedura d'appello, dove l'autorità di ricorso gode di cognizione libera, opponendo semplicemente la propria opinione a quella dell'autorità cantonale, bensì occorre dimostrare, attraverso un'argomentazione chiara e dettagliata, che la decisione impugnata è - e ciò non solo nella sua motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesiva di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 132 III 209 consid. 2.1 con rinvii).
3.2 In linea di massima il Tribunale federale fonda inoltre il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può scostarsene o completarlo solo se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF).
Tocca alla parte che propone una fattispecie diversa da quella contenuta nella sentenza querelata il compito di esporre in maniera circostanziata il motivo che la induce a ritenere adempiute le predette condizioni (art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 286 consid. 6.2). Se intende completare l'accertamento dei fatti per ottenere una corretta applicazione del diritto, essa deve indicare segnatamente di aver già allegato le circostanze di fatto addotte nel gravame in sede cantonale, nei modi e nei tempi previsti dalle disposizioni procedurali applicabili e di aver fornito i relativi mezzi di prova; deve inoltre fornire l'evidenza che la decisione finale sarebbe stata diversa se i fatti fossero stati accertati conformemente al diritto (Messaggio concernente la revisione totale dell'organizzazione giudiziaria federale del 28 febbraio 2001, FF 2001 pag. 3894 e 3899). Se intende invece rimproverare all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto, ovvero arbitrario (DTF 133 Il 249 consid. 1.2.2 pag. 252), deve motivare la censura conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (cfr. quanto appena esposto in coda al consid. 3.1), tenendo ben presente che nell'ambito della valutazione delle prove e dell'accertamento dei fatti il giudice dispone di un ampio margine di apprezzamento. Per costante giurisprudenza egli incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 129 I 8 consid. 2.1).
3.3 Nuovi fatti e nuovi mezzi di prova possono essere addotti dinanzi al Tribunale federale soltanto se ne dà motivo la decisione dell'autorità inferiore (art. 99 cpv. 1 LTF; cfr. DTF 133 III 393 consid. 3).
Nuove conclusioni sono inammissibili (art. 99 cpv. 2 LTF).
4.
Prima di procedere al vaglio del ricorso, occorre ancora determinare il diritto applicabile.
Considerato il domicilio italiano dei ricorrenti, la controversia presenta infatti un aspetto internazionale, che impone al Tribunale federale di verificare d'ufficio e con pieno potere d'esame tale questione (DTF 132 III 626 consid. 2; 131 III 153 consid. 3 pag. 156; 130 III 417 consid. 2). Nella fattispecie essa non pone alcun problema, posto come, stando a quanto accertato nella sentenza cantonale - e non contestato in questa sede - le parti hanno convenuto l'applicazione del diritto svizzero (art. 116 cpv. 1 LDIP).
5.
La controversia verte sulla responsabilità della banca per il danno che i ricorrenti sostengono aver subito in seguito a una serie di operazioni speculative su divise eseguite a loro insaputa. Essi hanno segnatamente contestato l'esecuzione delle seguenti 94 operazioni speculative su divise:
- 51 operazioni su 52 eseguite nel 1992, con una perdita di
fr. 12'957.10 e fr. 62'040.--;
- 10 operazioni su 40 nel 1993, con un utile di fr. 20'329.74;
- 1 operazione su 46 nel 1994, con una perdita di fr. 76'363.--;
- 10 operazioni su 18 nel 1995, con una perdita di fr. 351'238.--;
- 6 operazioni su 6 nel 1996, con un utile di fr. 34'264.52;
- 7 operazioni su 23 nel 1997, con una perdita di fr. 30'905.35;
- 9 operazioni su 24 nel 1998, con un utile di fr. 60'971.26.
L'esecuzione degli ordini del cliente da parte della banca e la responsabilità che può derivarne soggiacciono di principio alle regole del mandato (art. 394 segg. CO). Se non è stata esplicitamente concordata, l'estensione del mandato viene determinata dalla natura dell'affare che ne forma l'oggetto (art. 396 cpv. 1 CO). In assenza di un mandato di gestione - con il quale viene incaricata di gestire in maniera autonoma tutto o parte del patrimonio del mandatario, nei limiti da lui stabiliti - la banca può eseguire una determinata operazione sul conto del cliente solo dietro sua istruzione o con il suo accordo. La banca che procede ad operazioni all'insaputa rispettivamente senza l'accordo del cliente è tenuta a rispondere del danno cagionatogli, secondo le regole della gestione d'affari senza mandato (art. 419 segg. CO; cfr. sentenza 4A_262/2008 del 23 settembre 2008 consid. 2.1).
5.1 In concreto, all'opponente non era stato affidato un mandato di gestione patrimoniale, su questo punto le parti concordano.
I ricorrenti sostengono di aver concluso, per atti concludenti, un contratto di consulenza d'investimento (conseil en placements; su questa nozione cfr. sentenza 4A_168/2008 dell'11 giugno 2008 consid. 2 in SJ 2009 I pag. 13). Non risulta tuttavia ch'essi abbiano evocato l'esistenza di una simile relazione contrattuale nel procedimento giudiziario cantonale. Ora, la presentazione in sede federale di un nuovo argomento giuridico - qual è la qualifica di un contratto - non è di per sé esclusa. Tale facoltà trova però il suo limite nel vincolo del Tribunale federale ai fatti accertati dall'autorità cantonale (art. 99 cpv. 1 LTF); una nuova argomentazione giuridica viene pertanto ammessa solamente se si basa su fatti regolarmente accertati dall'autorità cantonale (DTF 134 III 643 consid. 5.3.2 pag. 641; Bernard Corboz, Commentaire de la LTF, 2009, n. 41, 42 e 44 ad art. 99 LTF). Questa eventualità non è realizzata nel caso in rassegna, non trovandosi nel giudizio querelato, come detto, nessun accenno all'asserito contratto di consulenza e, di conseguenza, nessun accertamento in merito alla volontà delle parti di stipulare un simile accordo, rispettivamente in merito a un loro comportamento suscettibile di essere interpretato in tal senso. Gli argomenti addotti dai ricorrenti in relazione all'asserito contratto di consulenza d'investimento si avverano quindi irricevibili e non possono venir tenuti in nessuna considerazione ai fini del presente giudizio.
5.2 Sia come sia, dinanzi al Tribunale d'appello l'opponente ha dichiarato di aver sempre agito dietro istruzione dei ricorrenti, rispettivamente con il loro accordo.
Esaminate le risultanze istruttorie, i giudici ticinesi hanno stabilito che questa circostanza non è stata provata: le dichiarazioni rese in tal senso dall'impiegato che all'epoca curava le relazioni con i ricorrenti non possono infatti essere considerate disinteressate, essendosi egli nel 1998 autodenunciato per malversazioni compiute su vari conti (anche se non su quelli dei ricorrenti), e la documentazione agli atti è risultata assai lacunosa. Visto che la banca non è riuscita a dimostrare di aver sottoposto ai clienti tutti i documenti relativi alle operazioni contestate, i giudici hanno respinto anche la tesi dell'avvenuta ratifica di tutte le operazioni.
5.3 Il Tribunale d'appello ha poi comunque tenuto conto delle obiezioni formulate dalla banca secondo cui alcune delle operazioni ritenute dal perito di parte per quantificare il danno patito dai ricorrenti - e i cui calcoli sono stati confermati dal perito giudiziario - erano in realtà da considerarsi regolari e non potevano pertanto essere prese in considerazione.
5.3.1 Contrariamente a quanto asseverato nel gravame, l'esame degli argomenti dell'opponente in merito alla regolarità di alcune e ben determinate operazioni non è in contraddizione con quanto deciso dall'autorità ticinese nella prima parte del proprio giudizio, qui riassunta al consid. 5.2. La Corte si è infatti limitata a respingere la tesi secondo la quale la banca avrebbe sempre agito dietro istruzione dei clienti, senza esaminare la regolarità delle singole operazioni. Il fatto che l'opponente non possa prevalersi di un'autorizzazione dei ricorrenti per l'apertura rispettivamente per la chiusura di ciascuna delle operazioni contestate non significa ancora ch'esse debbano, tutte, automaticamente essere considerate illecite.
5.3.2 Come verrà meglio esposto nei successivi considerandi, in accoglimento degli argomenti dell'opponente, il Tribunale d'appello ha considerato come autorizzate quattro operazioni su divise, avendo B.________ firmato i relativi ordini di apertura rispettivamente di chiusura. Le perdite generate da queste operazioni sono state pertanto dedotte dal calcolo effettuato dal perito.
I ricorrenti si oppongono a questa decisione e rimproverano all'autorità cantonale di non aver tenuto conto del fatto che, in questi casi, la banca aveva "raccolto un consenso condizionato da informazioni incomplete, errate, confezionate per indurre i clienti a lanciarsi in operazioni speculative". Sennonché il giudizio querelato non contiene il benché minimo accertamento in merito alle informazioni che la banca ha fornito ai ricorrenti. Nel loro allegato questi non pretendono il contrario, non sostengono di essersi prevalsi di queste circostanze già in sede cantonale né affermano che la presentazione dei nuovi fatti sia stata resa necessaria dalla sentenza impugnata (cfr. quanto esposto al consid. 3.3). Gli argomenti da loro addotti a questo riguardo si avverano quindi irricevibili e non possono venir tenuti in nessuna considerazione ai fini del presente giudizio.
6.
Tenuto conto di tutte le operazioni irregolari - incluse quelle che hanno generato un utile - il perito di parte ha quantificato la perdita complessiva in fr. 417'938.88. Tale importo è stato reputato corretto dal perito giudiziario, il quale però non si è espresso in merito alla regolarità delle operazioni. Per questo motivo i giudici cantonali hanno esaminato le obiezioni mosse dall'opponente contro alcune delle operazioni prese in considerazione dal perito di parte, accogliendole.
6.1 La prima obiezione riguardava l'operazione aperta l'11 febbraio 1994 e chiusa il successivo 13 maggio 1994 con una perdita di fr. 76'363.--.
6.1.1 Sulla scorta della documentazione prodotta dalle parti, la Corte cantonale ha constatato che effettivamente, pur mancando l'ordine firmato dai clienti per l'apertura dell'operazione, tre mesi più tardi B.________ ha sottoscritto l'ordine di chiusura senza nulla eccepire. La mancata contestazione immediata dell'operazione siccome non autorizzata ha portato la Corte ticinese a concludere che, con il suo comportamento, la cliente ha implicitamente riconosciuto la regolarità dell'operazione o quantomeno ratificato l'agire della banca.
6.1.2 I ricorrenti rilevano a ragione che il documento su cui si basa il giudizio, il doc. M42, non concerne l'operazione in questione. Questa circostanza non è tuttavia suscettibile di mutare la conclusione dei magistrati cantonali, giacché l'indicazione errata del documento è manifestamente il risultato di una svista: in realtà la Corte ha basato il suo giudizio sul doc. M100, come peraltro indicato nel gravame stesso. Contrariamente a quanto preteso dai ricorrenti, la relazione fra questo documento e l'operazione aperta l'11 febbraio 1994 emerge in maniera chiara dall'allegato n. 3 (pag. 1/2) della perizia di parte (doc. K), intitolato "Operazioni speculative con divise valuta 1994", che al n. 41 espone l'operazione +USD/-DM aperta l'11 febbraio 1994 e chiusa il 16 febbraio 1994: la somma investita, le date di apertura e chiusura, il genere di operazione e il tasso di cambio corrispondono perfettamente a quelli indicati nel doc. M100, ciò che esclude una valutazione arbitraria (art. 9 Cost.) di questo documento (cfr. quanto esposto al consid. 3.2).
Alla Corte cantonale non può venir rimproverata nemmeno la violazione del principio dell'affidamento per aver considerato che la cliente avrebbe dovuto contestare immediatamente l'operazione, qualora non l'avesse condivisa. Quand'anche si volesse ammettere che nel doc. M100 il riferimento all'operazione aperta l'11 febbraio 1994 non era immediatamente riconoscibile, il fatto che apponendo la propria firma su tale documento B.________ autorizzava una deduzione di 1 milione di dollari dal conto intestato a lei e al marito avrebbe perlomeno dovuto indurla a chiedere spiegazioni alla banca.
6.2 A mente dei ricorrenti la Corte ticinese sarebbe incorsa in un ulteriore errore considerando ratificate tre operazioni - quella del 28 dicembre 1994, quella del 29 dicembre e infine quella del 12 gennaio 1995 - che l'opponente ha in realtà chiuso a loro insaputa il 19 giugno 1995, con una perdita complessiva di fr. 361'951.--.
6.2.1 Dopo aver accertato che gli ordini di apertura di queste tre operazioni erano stati regolarmente firmati da B.________, i giudici cantonali hanno rammentato che le operazioni a termine su divise sono caratterizzate - come lo indica la loro denominazione - dal fatto che hanno un termine di scadenza, sicché non è di per sé necessario un nuovo ordine per procedere alla loro chiusura; questo ordine è già insito nell'ordine iniziale.
In concreto, stando alle indicazioni fornite dal perito, se le tre operazioni in questione fossero state chiuse alla data di scadenza prevista (il 30 giugno 1995) i ricorrenti avrebbero subito una perdita di complessivi fr. 322'706.--. Il Tribunale d'appello ha comunque negato ai ricorrenti il diritto alla differenza fra la perdita realizzatasi e quella che si sarebbe in ogni caso verificata, pari a fr. 39'245.--. Considerato che le operazioni erano state da loro ordinate, si deve infatti ritenere ch'essi ne abbiano poi seguito lo svolgimento, di modo che la chiusura anticipata non può essere loro sfuggita; anche in questo caso, la mancata contestazione immediata dell'agire della banca va pertanto intesa quale ratifica del suo operato.
6.2.2 Per i ricorrenti l'ipotesi presa in considerazione ai fini della sentenza impugnata configura un abuso di apprezzamento. La mancata contestazione della chiusura anticipata va infatti ricondotta esclusivamente al fatto ch'essi non sono mai stati informati di siffatta chiusura. I ricorrenti non comprendono inoltre in base a quale principio giuridico possa venir loro rimproverato di non aver vegliato affinché la banca non procedesse di sua sponte a operazioni non autorizzate.
Come i precedenti, anche questi argomenti sono destinati all'insuccesso. Nell'allegato ricorsuale non viene spiegato per quale motivo sarebbe arbitrario ritenere che, dopo aver ordinato l'esecuzione di tre operazioni speculative rischiose e concernenti importi di varie centinaia di milioni di franchi, i ricorrenti ne abbiano seguito anche l'andamento indi per cui, omettendo di contestare immediatamente la chiusura anticipata, essi l'hanno ratificata.
6.3 Non potendo la perdita generata dalle quattro operazioni appena descritte essere imputata all'opponente, la Corte cantonale ha rielaborato il calcolo effettuato dal perito in relazione alle operazioni non autorizzate, giungendo alla conclusione ch'esse non hanno causato una perdita bensì un utile di fr. 43'196.02.
6.3.1 I ricorrenti rimproverano ai giudici cantonali di aver tenuto conto, nel loro calcolo, anche di un'ulteriore operazione a termine su divise aperta con il consenso di B.________ e chiusa anticipatamente dalla banca, ch'essi avevano contestato e la banca aveva invece dichiarato essere regolare, così come quelle già trattate al consid. 6.2. Omettendo di pronunciarsi sulla regolarità di tale operazione, salvo poi considerarla autorizzata senza alcuna spiegazione, la Corte ticinese avrebbe, secondo i ricorrenti, violato il diritto federale in materia di onere della prova (art. 8 CC) e il diritto di essere sentito (art. 29 Cost.).
Questa censura si avvera d'acchito inammissibile siccome non motivata conformemente alle esigenze descritte al consid. 3. L'argomentazione dei ricorrenti è infatti formulata in maniera troppo generica: essi non fanno riferimento ad alcun atto, non allegano di essersi richiamati all'operazione ora evocata nei modi e nei tempi previsti dal diritto processuale cantonale né tantomeno spiegano in che misura la decisione finale sarebbe stata diversa se i giudici cantonali avessero proceduto come da loro auspicato.
6.3.2 Considerato l'utile di fr. 43'196.02 conseguito dai ricorrenti, la Corte cantonale ha per finire respinto integralmente la loro domanda di risarcimento in quanto basata sulle operazioni irregolari eseguite dalla banca, perché anche qualora le ulteriori poste di danno avanzate in tale contesto - fr. 4'845.15 a titolo di perdite per trapassi da conti correnti e fr. 22'901.60 per interessi negativi e commissioni - fossero fondate, risulterebbe comunque ancora un attivo a loro favore. Non avendo, come visto, i ricorrenti censurato adeguatamente la determinazione dell'utile da loro conseguito, non v'è motivo di rivedere la sentenza impugnata su questo punto.
7.
Fra i rimproveri mossi alla Corte cantonale vi è pure quello di non aver esaminato la domanda dei ricorrenti tendente alla consegna dei margini (commissioni) lucrati dalla banca sulle operazioni di cambio irregolari eseguite tra il 1992 e il 1998, pari a fr. 337'400.--, in applicazione delle norme sulla gestione d'affari senza mandato. Anche a questo riguardo essi fanno valere la violazione del diritto di essere sentito (art. 29 Cost.), quella del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.) e, da ultimo, quella dell'art. 398 CO "per quanto attiene alla quantificazione del danno".
7.1 In effetti la motivazione del giudizio impugnato su questa pretesa è assai sommaria. La Corte cantonale si è limitata a osservare - di transenna e nel quadro dell'esame della pretesa di rimborso delle spese di perizia - che lo stesso perito di parte aveva già escluso di poterla considerare quale danno e l'aveva poi abbandonata nel suo calcolo. Forse per questo motivo non l'ha poi trattata più approfonditamente.
7.2 Sta di fatto che, come indicato nel gravame, i ricorrenti hanno esplicitamente domandato il versamento di questa somma sia nella petizione che nelle conclusioni di causa. Da questi atti, così come dalla sentenza impugnata, risulta tuttavia ch'essa veniva menzionata fra le componenti del danno vantato dai ricorrenti in relazione all'esecuzione irregolare delle operazioni su divise, non invece quale richiesta di consegna dell'utile in applicazione delle regole della gestione d'affari senza mandato, che non è stata mai evocata, né i ricorrenti pretendono il contrario in questa sede.
Ora, in ingresso al considerando dedicato alla determinazione del danno, i giudici ticinesi hanno pertinentemente ricordato che il danno si definisce - nel senso giuridico del termine e pertanto applicabile anche quando la richiesta si fonda su una gestione d'affare senza mandato - come una diminuzione involontaria del patrimonio netto del danneggiato; corrisponde alla differenza fra lo stato attuale del suo patrimonio e quello presumibile se l'evento dannoso non si fosse prodotto (DTF 133 III 462 consid. 4.4.2 pag. 471 con rinvii).
Alla luce di questa definizione, la decisione dei giudici cantonali di non tenere in considerazione l'importo asseritamente guadagnato dalla banca con le operazioni irregolari, che peraltro non hanno cagionato un danno ai ricorrenti, è perfettamente conforme al diritto federale.
7.3 In assenza di una corrispondente domanda, la Corte cantonale non ha effettuato nessun accertamento in merito all'utile realizzato dalla banca (margini, commissioni) mediante le operazioni eseguite senza l'autorizzazione dei ricorrenti né tantomeno si è pronunciata su di un eventuale obbligo di consegna dello stesso. Formulata per la prima volta dinanzi al Tribunale federale e fondata su fatti privi di riscontro nel giudizio criticato questa conclusione si avvera pertanto inammissibile ( art. 99 cpv. 2 e 3 LTF ).
8.
Nell'ultima parte dell'allegato i ricorrenti si aggravano anche contro il rifiuto di conceder loro il diritto al rimborso delle spese affrontate per la perizia di parte. In particolare, reputano arbitraria l'affermazione della Corte cantonale per cui tale referto non sarebbe stato a ben vedere di alcuna utilità.
Non è necessario approfondire la questione dell'utilità del lavoro svolto dal perito. Salvo eccezioni che in concreto non sono realizzate - ad esempio per la prova del diritto straniero o per il chiarimento di aspetti tecnici nei procedimenti che vertono su brevetti - i costi di una perizia privata non rientrano infatti fra i costi processuali (Martin Sterchi, Gerichts-und Parteikosten im Zivilprozess, in Gerichtskosten, Parteikosten, Prozesskaution, unentgeltliche Prozessführung, 2001 pag. 16). Sia some sia, il rimborso di tali spese presuppone che l'allestimento della perizia fosse una condizione indispensabile per poter avviare la causa giudiziaria. Dinanzi al Tribunale federale i ricorrenti evocano invero questa eventualità, ma non la sostanziano adeguatamente. Dalla sentenza cantonale non emerge ch'essi fossero inesperti in materia di operazioni speculative su divise e non basta affermare semplicemente il contrario per rendere arbitrario il giudizio impugnato su questo punto (cfr. quanto esposto al consid. 3.1). I ricorrenti non dimostrano nemmeno che necessitavano di conoscenze specialistische per poter comprendere, sulla base dei documenti considerati nella perizia, l'evoluzione del patrimonio da loro depositato presso l'opponente. Ma anche se tale fosse stato il caso, essi avrebbero potuto avviare la causa giudiziaria facendo valere una pretesa di almeno fr. 100'000.-- - importo minimo richiesto per giustificare la competenza diretta del Tribunale d'appello - e riservarsi la quantificazione precisa in sede di conclusioni, una volta preso conoscenza del contenuto della perizia giudiziaria (Bruno Cocchi/Francesco Trezzini, Codice di procedura civile ticinese massimato e commentato, Appendice 2000/2004, 2005, n. 49 ad art. 78 CPC/TI).
Anche su questo punto il ricorso è pertanto destinato all'insuccesso.
9.
In conclusione, il ricorso dev'essere integralmente respinto nella misura in cui è ammissibile.
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono poste a carico dei ricorrenti, in solido ( art. 66 cpv. 1 e 5 LTF ). Alla controparte, che non è stata invitata a determinarsi sull'impugnativa non spetta alcuna indennità per ripetibili della sede federale.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 10'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti, in solido.
3.
Comunicazione ai ricorrenti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 30 novembre 2009
In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: La Cancelliera:
Klett Gianinazzi