Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
1B_25/2011
Sentenza del 14 marzo 2011
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Fonjallaz, Presidente,
Reeb, Raselli, Merkli, Eusebio,
Cancelliere Crameri.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Yasar Ravi,
ricorrente,
contro
1. Giudice dei provvedimenti coercitivi,
via Bossi 3, 6900 Lugano,
2. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di Giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
opponenti.
Oggetto
proroga della carcerazione preventiva, pericolo
di recidiva, art. 221 cpv. 1 lett. c CPP,
ricorso contro la sentenza emanata il 31 gennaio 2011 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello
del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
A.________ è stato arrestato l'11 maggio 2010, siccome accusato d'essere il responsabile della morte di B.________ avvenuta il 22 agosto 2009 presso un'area di sosta dell'autostrada. Egli, sentitosi offeso e oltraggiato dalle provocazioni di stampo omosessuale della vittima, l'avrebbe colpita con una gomitata e, caduta questa per terra, due volte con un piede. L'arresto è stato confermato il giorno seguente dall'allora Giudice dell'istruzione e dell'arresto (GIAR). Il 29 ottobre 2010 il Procuratore pubblico (PP) ha presentato una richiesta di proroga del carcere preventivo fino all'11 gennaio 2011, per poter concludere l'inchiesta e presentare l'atto d'accusa. Il 9 novembre seguente il GIAR ha accolto l'istanza. Con giudizio del 6 dicembre 2010 l'allora Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello ha respinto un ricorso dell'interessato.
B.
Il 15 dicembre 2010 il PP ha chiesto un'ulteriore proroga del carcere preventivo fino all'11 febbraio 2011. Il 10 gennaio 2011 il Giudice dei provvedimenti coercitivi (GPC) l'ha accolta. Ammessa l'esistenza di gravi indizi di reato, ha rilevato che scopo della carcerazione preventiva per pericolo di recidiva, di cui all'art. 221 cpv. 1 lett. c del Codice di diritto processuale penale svizzero del 5 ottobre 2007 (CPP; RS 312.0), entrato in vigore il 1° gennaio 2011, è la tutela della sicurezza pubblica, finalità che si realizzerebbe in presenza di una prognosi di recidiva infausta, attestata in concreto da una perizia psichiatrica.
C.
Adita dall'interessato, con giudizio del 31 gennaio 2011, la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP) ne ha respinto il ricorso. Ha ritenuto che scopo della citata norma è la prevenzione dei reati, per cui, considerate le sue finalità, l'elemento determinante e prevalente è la prognosi della recidiva, non da ultimo in relazione alla tutela dei diritti fondamentali di altre persone. Ha poi considerato che nella fattispecie il rischio di recidiva non può essere escluso mediante l'adozione di misure sostitutive.
D.
Avverso questa decisione A.________ presenta un ricorso in materia penale al Tribunale federale. Chiede, in via preliminare, il beneficio dell'assistenza giudiziaria e il gratuito patrocinio e, in via principale, di annullare la decisione impugnata, di respingere l'istanza di proroga del carcere preventivo e di essere posto immediatamente in libertà provvisoria; in via subordinata, di sostituire la carcerazione preventiva con l'obbligo di residenza presso il suo domicilio, con o senza sorveglianza elettronica.
E.
La CRP rinvia alla propria decisione, come il GPC, il quale rileva che al ricorrente è stato revocato il gratuito patrocinio, in seguito alla sua scelta di nominare l'avv. Ravi quale patrocinatore di fiducia. Il PP osserva che, dopo la promozione dell'accusa per omicidio intenzionale (art. 111 CP), il procedimento è pendente presso la Corte delle Assise Criminali di Bellinzona. Aggiunge che nel frattempo il GPC ha accolto la domanda di carcerazione di sicurezza nei confronti del ricorrente. Postula quindi di respingere sia la domanda di assistenza giudiziaria sia il ricorso. Con osservazioni del 15 febbraio 2011, il ricorrente si esprime sull'ammissibilità del ricorso e sull'assistenza giudiziaria.
Diritto:
1.
1.1 La decisione impugnata, pronunciata il 31 gennaio 2011, è stata resa nell'ambito di un procedimento penale pendente al momento dell'entrata in vigore del CPP e si fonda (art. 448 cpv. 1 CPP) segnatamente sul suo art. 221, concernente i presupposti per la carcerazione preventiva o di sicurezza. Il gravame va quindi trattato come ricorso in materia penale ai sensi dell'art. 78 e segg. LTF (cfr. DTF 133 IV 335 consid. 2). La legittimazione del ricorrente è pacifica; il ricorso è tempestivo e il corso delle istanze cantonali è stato esaurito. La richiesta di scarcerazione immediata è ammissibile (art. 107 cpv. 2 LTF; DTF 133 I 270 consid. 1.1).
1.2 Nella replica il ricorrente rileva che l'8 febbraio 2011 il GPC ha accolto la domanda di carcerazione di sicurezza formulata dal PP. Egli, richiamando l'art. 212 cpv. 2 lett. a e lett. c CPP, afferma che questa nuova decisione, fondata sugli stessi motivi di quella impugnata, non renderebbe privo d'oggetto il gravame, poiché nell'ipotesi di un suo accoglimento la stessa dovrebbe essere revocata d'ufficio. L'accoglimento di continue domande di proroga della carcerazione impedirebbe inoltre l'esame giudiziario della fattispecie, la quale pone una questione giuridica di principio.
Certo, un eventuale annullamento della decisione impugnata non parrebbe avere di primo acchito portata pratica, visto che il ricorrente rimarrebbe in carcere sulla base della decisione dell'8 febbraio 2011 del GPC. Nel caso di specie egli ha nondimeno un interesse pratico e attuale alla disamina dell'impugnativa (art. 81 cpv. 1 lett. b n. 1 LTF). In effetti, ricordato che i presupposti per la carcerazione preventiva o di sicurezza sono identici, anche quest'ultima si fonda, in concreto, esclusivamente sul citato pericolo di recidiva. Si è inoltre in presenza di una questione non meramente teorica ma di principio, che il Tribunale federale dovrà comunque vagliare: evidenti motivi di economia processuale impongono quindi di esaminare il merito della causa (DTF 136 I 274 consid. 1.3; sentenza 1B_9/2011 del 7 febbraio 2011 consid. 1). Ciò non vale tuttavia di massima, come si vedrà, per la mancata adozione delle richieste misure sostitutive della carcerazione, che non costituisce una decisione di principio ed è verosimilmente oggetto del preannunciato ricorso contro la decisione di carcerazione di sicurezza.
2.
2.1 Il ricorrente rileva che, trattandosi di una misura cautelare, egli può far valere soltanto la violazione di diritti costituzionali (art. 98 LTF). Adduce poi l'assenza di un interesse pubblico alla criticata misura poiché l'asserito limitato pericolo di recidiva attestato nella perizia giudiziaria non sarebbe sufficiente a giustificarla. Fa valere inoltre una violazione del principio di legalità e della separazione dei poteri, per avere la CRP interpretato la norma litigiosa in preteso contrasto con la volontà del legislatore. Ravvisa infine una lesione del principio della proporzionalità a causa della mancata adozione di misure sostitutive della carcerazione.
2.2 Riguardo al contestato pericolo di recidiva, nella perizia psichiatrica del 4 ottobre 2010 e nel verbale di delucidazione del 7 dicembre seguente si afferma che il ricorrente, sia al momento dei fatti sia attualmente, sarebbe affetto da una turba psichica nell'ambito di un disturbo della personalità di tipo narcisistico, con gravi tratti antisociali (ICD 10, F 60.8 della scala diagnostica). Secondo il perito, che fornisce due spiegazioni diverse (versione A, fondata sulle dichiarazioni del ricorrente, ossia reato perpetrato in preda a un "raptus"; versione B, frutto di un'ipotesi della psichiatra, secondo la quale egli avrebbe raggiunto il luogo del delitto dietro un preciso disegno volto a cercare la vittima probabilmente per chiarire e puntualizzare la sua non-omosessualità), il reato troverebbe la sua spiegazione in una problematica narcisistica, con un'omosessualità che il ricorrente non potrebbe ammettere coscientemente. Questa turba sarebbe permanente e di lunga durata, aggravata da tratti antisociali e di difficile cura. Per guarirla sarebbe necessario un trattamento psicoterapico a lungo termine, effettuato da un terapeuta esperto, che tuttavia non può essere imposto contro la volontà del ricorrente: questi non aveva espresso l'accordo a sottoporsi a una siffatta terapia. Nella delucidazione orale della perizia, l'esperto sostiene che senza il citato lungo trattamento il ricorrente rimane a rischio di recidiva. In relazione a questo pericolo, il perito rileva poi che il reato è avvenuto in una particolare e precisa situazione a sfondo sessuale: la possibilità di commettere un nuovo reato sarebbe strettamente inerente a questo ambito finché l'omosessualità viene risentita come dissintona, quindi per lui non accettabile. Ne ha concluso di non ritenere che "al di fuori di questa particolare situazione che si è venuta a configurare (...) il peritando sia a rischio di commettere reati", precisando che "al momento attuale il rischio di commettere nuovi reati dello stesso tipo è legato alle particolari circostanze in cui sarebbe stato commesso il reato ed inerente la sfera sessuale". Anche tenuto conto delle parziali e generiche critiche appellatorie mosse al referto peritale (art. 42 cpv. 2 LTF; DTF 136 II 304 consid. 2.4 e 2.5; 136 IV 117 consid. 2.3 inedito; 134 I 140 consid. 5.4), che non ne dimostrano l'insostenibilità, spetterà in definitiva al giudice del merito valutarne compiutamente la portata.
2.3 Il litigio verte, oltre che sulla mancata adozione di misure sostitutive alla carcerazione, sostanzialmente sull'applicazione dell'art. 221 CPP, dal tenore seguente:
"1 La carcerazione preventiva o di sicurezza è ammissibile soltanto quando l'imputato è gravemente indiziato di un crimine o un delitto e vi è seriamente motivo da temere che:
a. si sottragga con la fuga al procedimento penale o alla prevedibile
sanzione;
b. influenzi persone o inquini mezzi di prova, compromettendo in tal
modo l'accertamento della verità; o
c. minacci seriamente la sicurezza altrui commettendo gravi crimini o
delitti, dopo aver già commesso in precedenza reati analoghi.
2 La carcerazione è pure ammissibile se vi è seriamente da temere che chi ha proferito la minaccia di commettere un grave crimine lo compia effettivamente."
2.4 Il ricorrente non contesta, ritenendola pacifica e ammessa, la sussistenza di gravi e seri indizi di colpevolezza. Né in concreto si è in presenza del pericolo di fuga e di collusione o di inquinamento di mezzi di prova. Litigiosa è unicamente l'interpretazione del pericolo di recidiva ai sensi dell'art. 221 cpv. 1 lett. c CPP.
2.5 A sostegno del mantenimento della carcerazione, il PP, fondandosi sulla perizia psichiatrica e sul relativo verbale di delucidazione, ha addotto il pericolo di recidiva, suffragato da una prognosi infausta e dalla gravità dei crimini, dei quali si teme la commissione futura. Nella decisione di proroga del 10 gennaio 2011, il GPC ha ritenuto che, al di là di un'interpretazione letterale della norma, il pericolo di recidiva, anche in assenza di reati analoghi commessi in precedenza, può fondarsi su un elemento di prova oggettivo, quale una perizia psichiatrica che concluda per un siffatto pericolo e sulla pericolosità del prevenuto.
2.6 Riguardo al pericolo di recidiva, la CRP, circa la relativa concretezza, ha rimandato alla precedente sentenza confermandone l'esistenza. Ha invece ritenuto che, sotto il profilo giuridico, la situazione è mutata con l'entrata in vigore del CPP. Al riguardo, essa ha constatato che il testo legale non è perfettamente chiaro, per cui la sua interpretazione non può limitarsi solo a quella letterale. Ha rilevato che dai lavori preparatori risulta che lo scopo della norma litigiosa è la prevenzione, ossia un motivo di carcerazione non propriamente procedurale, bensì una misura preventiva e coercitiva di polizia (rapporto esplicativo, pag. 157). Insistendo sulla finalità della norma, essa ha dedotto che un'interpretazione eccessivamente restrittiva e rigida della condizione relativa ai reati anteriori, come quella deducibile dall'interpretazione storica, può quindi contraddire la finalità e lo scopo stessi perseguiti dall'art. 221 cpv. 1 lett. c CPP e comportare risultati manifestamente insostenibili, in evidente contrasto con la volontà del legislatore. Del resto, nei casi di reati violenti, la recidiva sarebbe spesso dedotta più da valutazioni peritali che non da precedenti analoghi. La CRP ha quindi privilegiato un'interpretazione logica e teleologica della norma rispetto a quella meramente letterale e storica.
Nell'ottica dello scopo di prevenzione perseguito dalla norma in discussione, la CRP ha poi ricordato che la recente casistica dimostrerebbe che simili situazioni (di disturbi psichici all'origine di reati gravi e di seri rischi di recidiva) sarebbero sempre più frequenti. Ne ha concluso, premessa l'esistenza di pesanti indizi di un grave crimine o delitto, che in presenza di disturbi psichici e di un pericolo di recidiva accertati da una perizia giudiziaria, quest'ultima può sostituire l'esigenza della commissione in precedenza di reati analoghi.
3.
3.1 Per interpretare una norma di legge ci si riferisce in primo luogo al suo tenore letterale. Secondo la giurisprudenza, ci si discosta dal senso letterale di un testo chiaro, facendo capo all'interpretazione, solamente qualora delle ragioni obiettive inducano a ritenere ch'esso non restituisce il vero significato della disposizione in esame. Simili ragioni possono risultare dai lavori preparatori, dallo scopo e dal senso della disposizione legale, così come dalla sistematica della legge. Se il testo di una norma non appare invece completamente chiaro o si presta a diverse possibili interpretazioni, la sua portata viene allora determinata tenendo conto dei lavori preparatori (interpretazione storica), del suo senso e scopo (interpretazione teleologica), nonché della sua relazione con altri disposti (interpretazione sistematica). Il Tribunale federale non privilegia un criterio d'interpretazione in particolare: per accedere al senso di una norma preferisce, pragmaticamente, ispirarsi a un pluralismo interpretativo (DTF 135 II 243 consid. 4.1; 135 III 483 consid. 5.1).
3.2 L'art. 212 CPP enuncia il principio, statuito dall'art. 9 n. 3 secondo periodo Patto ONU II (RS 0.103.2), secondo cui, pur non parlando di recidiva, la privazione della libertà costituisce l'eccezione, l'imputato restando di massima in stato di libertà durante il procedimento giudiziario (messaggio del 21 dicembre 2005 del Consiglio federale concernente l'unificazione del diritto processuale penale, FF 2006 pag. 1126 ad art. 210). Nel contesto della recidività, per evitare che siano poste in carcerazione preventiva persone sulla base di supposizioni poco fondate, l'art. 221 CPP prevede le citate limitazioni.
3.3 Nel rapporto della Commissione esperti "Aus 29 mach 1", del 1997, non si prevedevano condizioni particolari per la fattispecie della recidiva (pag. 111), mentre il rapporto esplicativo, richiamato come il CPP debba limitarsi a disciplinare in modo alquanto generale gli strumenti procedurali e in particolare le misure coercitive (pag. 145), rileva che, non trattandosi in linea di principio di un motivo di carcerazione propriamente procedurale, bensì di una misura preventiva e coercitiva di polizia, si rendono necessarie restrizioni legali.
3.4 Nel messaggio al CPP si ricorda che non tutti ma una gran parte dei codici processuali penali menzionano, seppure in forme diverse, il pericolo di recidiva quale motivo di carcerazione, se giustificato da due ragioni. La prima, se esso contribuisce a permettere la sollecita conclusione di un procedimento pendente, impedendo che l'imputato differisca o renda impossibile la fine del procedimento commettendo sempre nuovi atti di delinquenza. La seconda, che interessa nel caso di specie, se può servire soltanto per prevenire pericoli. In questo senso si tratta però di un provvedimento coercitivo di sicurezza di polizia. Secondo il messaggio, poiché il capoverso 1 lett. c dell'art. 221 CPP non esige che l'imputato abbia commesso un reato mentre era pendente il procedimento, il pericolo di recidiva, quale motivo di carcerazione, va inteso in questo secondo senso, ossia siccome teso a prevenire pericoli futuri (pag. 1132). Durante i dibattiti commissionali la norma litigiosa, che del resto a quel momento non trovava più riscontro in alcun codice di procedura penale cantonale, in sostanza non è stata oggetto di discussioni, se non per la definizione di "gravi crimini o delitti". Come rettamente rilevato dalle istanze cantonali, la dottrina non si esprime specificatamente sul tema litigioso, insistendo semmai sulla necessità e sul numero dei reati commessi in precedenza.
4.
4.1 Questa prevenzione speciale contro la commissione di reati, ritenuta dalla dottrina quale motivo principale della carcerazione ai sensi dell'art. 221 CPP, è espressamente prevista e ammessa quale motivo di carcerazione anche dall'art. 5 n. 1 lett. c CEDU, secondo cui la privazione della libertà è ammissibile quando vi sono ragioni plausibili per sospettare che l'interessato abbia commesso un reato o ci sono motivi fondati per ritenere necessario di impedirgli di commetterlo, pur ricordato che una siffatta ipotesi dev'essere ammessa con ritegno e la carcerazione ordinata e mantenuta soltanto quale "ultima ratio" (DTF 123 I 268 consid. 2c). Giova ricordare che la CEDU non esige la commissione, in precedenza, di reati analoghi.
4.2 In concreto si è in presenza di due differenti beni giuridici da proteggere: da una parte, la libertà personale del carcerato in attesa di giudizio e, dall'altra, la sicurezza pubblica e quindi i diritti fondamentali di terzi. Come visto, secondo il messaggio, il pericolo di recidiva dell'art. 221 cpv. 1 lett. c CPP ha lo scopo di prevenire pericoli e costituisce un provvedimento coercitivo di sicurezza. Nemmeno l'art. 5 n. 1 lett. c CEDU esige ulteriori presupposti per giustificare la privazione della libertà, quando vi sono motivi fondati, seri e concreti per ritenere necessario di impedire all'interessato di commettere un reato, decisivo essendo il criterio della sicurezza pubblica.
4.3 In effetti, la sicurezza pubblica non è meno compromessa dal pericolo serio e concreto che un imputato gravemente indiziato di un crimine o un delitto minacci seriamente la sicurezza altrui commettendone altri, pericolo derivante nel caso di specie dal comportamento e dall'accertata turba psichica del ricorrente, che quando vi è seriamente da temere che chi ha proferito la minaccia di commettere un grave crimine lo compia poi effettivamente, come previsto dall'art. 221 cpv. 2 CPP. Dalla perizia psichiatrica, dal relativo verbale di delucidazione e dagli accertamenti operati dalla Corte cantonale risulta infatti chiaramente che, nel caso di specie, la messa in libertà del ricorrente costituirebbe una minaccia grave, seria e concreta per la sicurezza pubblica. Ora, dall'interpretazione sistematica e teleologica dell'art. 221 cpv. 1 lett. c CPP in relazione al suo cpv. 2, risulta la volontà del legislatore, precisata nel messaggio, di tutelare in casi particolarmente gravi la sicurezza altrui prevenendo pericoli seri e concreti.
4.4 Nel caso in esame, ricordati la situazione personale del ricorrente e il suo rifiuto di sottoporsi al necessario citato trattamento psicoterapico di lunga durata, si è in presenza di un pericolo potenziale particolarmente intenso, grave e realistico, non altrimenti evitabile, se non con la carcerazione. Egli stesso ha ammesso la sussistenza di gravi e seri indizi di colpevolezza; si è inoltre in presenza di un crimine grave, in relazione al quale la perizia conclude in determinate condizioni per un chiaro pericolo di recidiva. Considerate le specificità di questo caso, appare manifesto che il legislatore non intendesse, in siffatte circostanze, esporre a un serio pericolo la sicurezza di altre persone. Decidere in senso contrario, tenuto conto della situazione psichica dell'imputato, della sua imprevedibilità o aggressività, significherebbe esporre a un rischio irresponsabile le vittime potenziali di nuovi, gravi atti di violenza (cfr. DTF 123 I 268 consid. 2d pag. 271). In concreto decisiva è quindi la circostanza che la sicurezza altrui non è meno minacciata in questo specifico caso che in quello previsto dalla fattispecie dell'art. 221 cpv. 2 CPP.
Infine, sempre per quanto riguarda il caso di specie, il principio della celerità del procedimento penale è rispettato, l'atto di accusa per omicidio intenzionale (art. 111 CP) è già stato emanato e la carcerazione, che perdura da dieci mesi, non appare sproporzionata rispetto alla presumibile pena (DTF 133 I 270 consid. 3.4.2 pag. 281).
4.5 Ne segue che nella fattispecie le autorità cantonali non hanno violato i diritti costituzionali del ricorrente, la criticata carcerazione essendo giustificata dall'interesse pubblico e dalla protezione dei diritti fondamentali altrui (art. 36 cpv. 2 Cost.). Ciò non vuole dire che l'art. 221 cpv. 1 lett. c CPP possa indiscriminatamente essere applicato anche in assenza di reati pregressi, ma lo può essere solo con grande ritegno, in presenza di gravi crimini o delitti e di un pericolo serio e concreto per le potenziali vittime. Spetterà alla giurisprudenza delimitarne, di caso in caso, con particolare circospezione la sua applicazione, tenendo conto delle specificità delle singole, differenti fattispecie.
5.
5.1 La CRP ha ritenuto che il pericolo di recidiva non può essere adeguatamente impedito o escluso mediante l'adozione di misure sostitutive, segnatamente con l'obbligo per il ricorrente di rimanere al proprio domicilio. Ha infatti stabilito che, a causa del disturbo diagnosticato e della realizzazione di una situazione a rischio, basterebbero pochi istanti perché egli possa nuovamente incorrere in un comportamento violento e omicida. Vi osterebbe inoltre la circostanza che la legislazione cantonale prevede gli arresti domiciliari soltanto per l'esecuzione di determinate pene. Secondo i giudici cantonali spetterà quindi al Cantone valutare se adottare specifiche norme d'attuazione alle misure sostitutive previste dall'art. 237 cpv. 2 lett. c CPP, oltre l'obbligo di dimora.
5.2 Quest'ultima conclusione non regge. In effetti, di massima, le misure sostitutive della detenzione preventiva (al riguardo vedi DTF 133 I 270 consid. 3.3.1), comportando una restrizione meno grave della libertà personale rispetto alla carcerazione, s'impongono anche in assenza di una base legale esplicita (DTF 133 I 27 consid. 3.2 pag. 30).
D'altra parte, il ricorrente adduce che la possibilità di essere esposto a provocazioni omosessuali esplicite, insistenti e pubbliche da parte di persone di sesso maschile sarebbe superiore in carcere rispetto al suo ambiente domestico. Queste critiche, non del tutto prive di fondamento, ma che non potrebbero essere tuttavia decisive nel quadro dell'esecuzione di un'eventuale pena privativa della libertà, non devono essere esaminate oltre, ricordato che sono o possono essere oggetto di esame da parte delle autorità cantonali.
6.
Ne segue, che il ricorso dev'essere respinto. La domanda di assistenza giudiziaria, vista la situazione finanziaria del ricorrente, nonché quella di gratuito patrocinio dinanzi al Tribunale federale, possono essere accolte ( art. 64 cpv. 1 e 2 LTF ).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
Al ricorrente viene concessa l'assistenza giudiziaria.
3.
Non si prelevano spese giudiziarie.
4.
L'avv. Yasar Ravi viene designato patrocinatore del ricorrente per la procedura innanzi al Tribunale federale. La Cassa del Tribunale federale gli verserà un'indennità di fr. 2'000.--.
5.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico, al Giudice dei provvedimenti coercitivi e alla Corte dei reclami penali del Tribunale di appello del Cantone Ticino,
Losanna, 14 marzo 2011
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Il Cancelliere:
Fonjallaz Crameri