Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
{T 0/2}
1C_184/2010
Sentenza del 7 aprile 2011
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Fonjallaz, Presidente,
Aemisegger, Raselli, Merkli, Eusebio,
Cancelliere Crameri.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Paolo Tamagni,
ricorrente,
contro
Gran Consiglio del Cantone Ticino, 6501 Bellinzona, rappresentato dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona.
Oggetto
Legge cantonale sul consorziamento dei Comuni
(diritto di voto dei rappresentanti),
ricorso contro la legge sul consorziamento dei
Comuni adottata dal Gran Consiglio del Cantone
Ticino il 22 febbraio 2010.
Fatti:
A.
Il 22 febbraio 2010, il Gran Consiglio del Cantone Ticino ha adottato la nuova legge sul consorziamento dei Comuni (LCCom), pubblicata sul Foglio ufficiale n. 17/2010 del 2 marzo 2010 (pag. 1729 segg.), che abroga quella in vigore del 21 febbraio 1974. Il termine di referendum scadeva il 16 aprile 2010.
B.
Contro la nuova legge, segnatamente il suo art. 16 cpv. 5 secondo cui i rappresentanti nel consiglio consortile "agiscono su istruzione dei Municipi dei Comuni e redigono un resoconto annuo al loro indirizzo", A.________ presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di concedere l'effetto sospensivo al gravame, di accertare la non conformità al diritto federale della citata norma e di annullarla.
C.
Il Consiglio di Stato, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio, propone, in via principale, di dichiarare irricevibile l'impugnativa e, in via subordinata, di respingerla in quanto ammissibile. Esprimendosi al riguardo, il ricorrente si riconferma nelle proprie conclusioni e motivazioni.
Con decreto presidenziale del 28 aprile 2010 al ricorso è stato conferito effetto sospensivo.
L'8 novembre 2010 il ricorrente ha inoltrato un suo scritto indirizzato al Dipartimento delle istituzioni e la relativa risposta.
Diritto:
1.
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio se e in che misura un ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 136 II 497 consid. 1).
1.2 Secondo l'art. 82 lett. b LTF, il Tribunale federale giudica i ricorsi contro gli atti normativi cantonali. Poiché il diritto ticinese non prevede una procedura di un loro controllo astratto, il ricorso al Tribunale federale è direttamente aperto in applicazione dell'art. 87 cpv. 1 LTF (cfr. DTF 124 I 159 consid. 1b; sentenze 1C_94/2009 del 16 novembre 2010 consid. 1.2.1 e 2C_750/2008 del 2 giugno 2009 consid. 1.1, in RtiD 2010 I n. 30).
1.3 L'art. 101 LTF prevede che il ricorso contro un atto normativo dev'essere depositato presso il Tribunale federale entro trenta giorni dalla pubblicazione di tale atto secondo il diritto cantonale.
Il decreto impugnato è stato adottato il 22 febbraio 2010 e pubblicato nel Foglio ufficiale n. 17/2010 del 2 marzo seguente (pag. 1729 segg.) con l'indicazione del termine di referendum, scadente il 16 aprile 2010. Quando un atto normativo cantonale è soggetto, come nella fattispecie, al referendum facoltativo, il termine per impugnarlo dinanzi al Tribunale federale nel quadro del controllo astratto delle norme non inizia a decorrere dalla sua pubblicazione nel Foglio ufficiale (cfr. art. 141 cpv. 1 della legge ticinese sull'esercizio dei diritti politici, del 7 ottobre 1998), ma dalla pubblicazione della decisione di promulgazione, ossia dall'accertamento che il termine di referendum è scaduto infruttuoso o che, nel caso di referendum, l'atto normativo è stato accettato nella votazione popolare: la procedura legislativa termina infatti con la decisione di promulgazione (DTF 133 I 286 consid. 1; 135 I 43 consid. 1.1). Un invio prematuro, come nella fattispecie, non pregiudica tuttavia l'ammissibilità del gravame, ma comporta di regola unicamente la sospensione della causa dinanzi al Tribunale federale (DTF 136 I 17 consid. 1.2). Nella situazione attuale, nulla osta all'esame di merito del gravame.
1.4 Il Consiglio di Stato, richiamando la prassi (DTF 135 I 43 consid. 1.4; 133 I 286 consid. 2), esprime riserve sulla legittimazione attiva del ricorrente, rilevando che destinatari della contestata legge sono i consorzi e i comuni: essa non tocca invece direttamente la posizione giuridica privata dei cittadini, né i loro obblighi o doveri. Se non può essere escluso che il ricorrente possa ricoprire se del caso cariche in seno agli organi consortili, ciò non toglie che la legge litigiosa esplica solo conseguenze indirette sulla sua situazione personale.
Il Governo non contesta che il ricorrente, domiciliato nel Cantone Ticino e residente nel Comune di X.________, possa entrare in considerazione quale potenziale rappresentante del suo Comune in un consiglio consortile ed essere pertanto toccato per lo meno virtualmente, dall'impugnata legge (DTF 136 I 17 consid. 2.1). Secondo l'art. 89 cpv. 1 lett. b e c LTF, è legittimato a ricorrere soltanto chi è particolarmente toccato dall'atto normativo impugnato e ha un interesse degno di protezione al suo annullamento o alla sua modifica. L'interesse degno di protezione può essere di natura giuridica o fattuale (DTF 135 II 243 consid. 1.2; 133 I 286 consid. 2.2 pag. 290). Visto l'esito del gravame, la questione di sapere se il ricorrente sia legittimato a far valere asseriti interessi minacciati dei consorzi, non dev'essere esaminata oltre.
1.5 Le esigenze di motivazione previste per i ricorsi al Tribunale federale valgono anche per i gravami contro gli atti normativi cantonali. Secondo l' art. 42 cpv. 1 e 2 LTF , occorre quindi spiegare perché l'atto impugnato viola il diritto (cfr. art. 95 segg. LTF). Questa Corte non è tenuta a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste non sono presentate nella sede federale (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1). Inoltre, quando è invocata la violazione di diritti fondamentali e di norme del diritto cantonale, a mente dell'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina soltanto le censure motivate in modo chiaro e preciso (DTF 136 II 304 consid. 2.4 e 2.5; 136 I 49 consid. 1.4.1). Il ricorso adempie solo in minima parte queste esigenze di motivazione.
2.
2.1 Secondo la giurisprudenza, nell'ambito del controllo astratto di un atto normativo cantonale, è determinante se alla norma interessata possa essere attribuito, facendo capo alle regole di interpretazione riconosciute, un senso che la possa fare ritenere compatibile con le garanzie costituzionali invocate. Il Tribunale federale annulla una disposizione cantonale solo se non si presta ad alcuna interpretazione conforme al diritto costituzionale o del diritto federale di rango superiore (DTF 135 II 243 consid. 2). Occorre considerare al riguardo la portata dell'ingerenza nel diritto fondamentale, la possibilità di ottenere una sufficiente protezione di questo diritto nel contesto di un successivo controllo puntuale della norma, le circostanze concrete in cui essa viene applicata, come pure la possibilità di una correzione nel caso di una sua applicazione e gli effetti sulla sicurezza del diritto. La semplice circostanza che in singoli casi la disposizione impugnata possa essere applicata in modo lesivo della Costituzione non conduce di per sé al suo annullamento da parte di questo Tribunale (DTF 134 I 293 consid. 2; 133 I 77 consid. 2).
2.2 Per interpretare una norma di legge ci si riferisce in primo luogo al suo tenore letterale. Secondo la giurisprudenza, ci si discosta dal senso letterale di un testo chiaro, facendo capo all'interpretazione, solamente qualora delle ragioni obiettive inducano a ritenere ch'esso non restituisce il vero significato della disposizione in esame. Simili ragioni possono risultare dai lavori preparatori, dallo scopo e dal senso della disposizione legale, così come dalla sistematica della legge. Se il testo di una norma non appare invece completamente chiaro o si presta a diverse possibili interpretazioni, la sua portata viene allora determinata tenendo conto dei lavori preparatori (interpretazione storica), del suo senso e scopo (interpretazione teleologica), nonché della sua relazione con altri disposti (interpretazione sistematica). Il Tribunale federale non privilegia un criterio d'interpretazione in particolare: per accedere al senso di una norma preferisce, pragmaticamente, ispirarsi a un pluralismo interpretativo (DTF 135 II 243 consid. 4.1; 135 III 483 consid. 5.1).
3.
3.1 Nel messaggio n. 6164 sulla LCCom del 20 gennaio 2009 si rileva che l'ottantina di enti intercomunali operanti nel Cantone Ticino hanno di fatto assunto un ruolo con dinamiche proprie e talvolta indipendenti rispetto ai comuni membri, sottraendo loro integralmente le relative competenze decisionali, rilevato come questi ultimi non abbiano che una voce consultiva in materia di preventivi e consuntivi del consorzio e una mera facoltà di preavviso sui principali investimenti, benché siano tenuti per legge a finanziare l'attività degli enti intercomunali sia di gestione corrente che di investimento. Si sottolinea che con l'attribuzione di compiti strategici a un ente consortile, il singolo comune perde quasi interamente la sua autonomia decisionale, operativa e finanziaria in quell'ambito (pag. 2 e 3). L'obiettivo della nuova legge è quindi quello di fornire loro strumenti decisamente più incisivi di sorveglianza sui consorzi cui partecipano e di garantire loro un più ampio controllo finanziario. A tale scopo si propone, agli art. 15 e 16, un consiglio consortile composto di un solo delegato per comune, strettamente controllato e vincolato all'istruzione municipale. Ciò poiché le decisioni fondamentali della politica consortile, compresi l'onere per la loro presa e la relativa responsabilità, sono di fatto di pertinenza dei comuni membri attraverso i loro delegati istruiti (pag. 9). Nel commento all'art. 16, si indica che il legame tra comune e delegato viene rafforzato con l'indicazione secondo cui questi è vincolato alle istruzioni del municipio del comune che lo designa e dall'obbligo per il delegato di fornire un rapporto annuale, come del resto avviene in altri Cantoni. In parallelo, ai legislativi comunali è data la facoltà di revoca dei delegati comunali (pag. 26).
Sempre nel messaggio, si precisa che per garantire l'auspicato efficace controllo al comune e per rimediare a legislativi consortili con troppi membri, si propone un consiglio consortile composto di un solo membro per comune, che detiene, salvo diversa disposizione statutaria, un numero di voti in proporzione alla relativa popolazione. Con questa impostazione cade quindi il criterio della rappresentanza proporzionale delle forze comunali (numero di delegati proporzionale alla popolazione del comune) in seno al legislativo consortile. L'adozione delle decisioni di quest'ultimo sarà pertanto dettata da parte di delegati comunali istruiti e dalla posizione delle maggioranze nei municipi dei comuni che detengono più voti (pag. 14). Sia sui conti sia sugli investimenti, il controllo non sarà più esercitato da organi di preavviso interni al consorzio, ma dai municipi. In un siffatto sistema di stretto controllo, non vi è inoltre più spazio per un ulteriore controllo popolare dei consorzi tramite l'esercizio del diritto di referendum e di iniziativa. I comuni, attraverso i loro delegati, diventano quindi attori primari dell'attività consortile (pag. 15 seg.).
3.2 Il ricorrente, richiamando la legge cantonale sui consorzi del 21 luglio 1913 (Lcons 1913), insiste sulla diversa natura, ossia di corporazione di diritto privato o di diritto pubblico dei consorzi, dei quali possono far parte i comuni. Ne deduce che la diversa natura avrebbe conseguenze sul grado e sul genere dell'autonomia riconosciuta al delegato del comune. Ammette che, sebbene di regola i delegati comunali rappresentino gli interessi dei comuni cui appartengono, essi sarebbero nondimeno tenuti a operare nell'interesse del consorzio. Per dimostrare l'asserito grado d'autonomia del delegato, il ricorrente richiama EROS RATTI (Il Comune, vol. II, pag. 1052 seg.), secondo il quale lo stesso dipende dallo statuto giuridico del consorzio: qualora si tratti di enti di diritto privato (associazioni in particolare, ossia enti ai sensi della Lcons 1913), il delegato comunale è tenuto a rappresentare il comune e a difenderne gli interessi. Per contro, nel quadro di enti di diritto pubblico (consorzi in particolare), il delegato comunale è sì tenuto a rappresentare il comune, ma, a differenza di quanto avviene di regola presso l'ente privato, dovrebbe difendere in primo luogo gli interessi dell'ente di cui fa parte. Il ricorrente ne deduce l'illegalità della criticata norma.
3.3 Ora, secondo l'invocata legge sui consorzi del 1913, nel caso di opere di prevalente interesse particolare devono far parte del consorzio anche tutti i privati e le persone giuridiche (art. 4 cpv. 2). Ciò non toglie che anche questi consorzi sono di diritto pubblico, come risulta dagli art. 9 cpv. 2, 11 e 28 Lcons 1913. Essa concerne inoltre principalmente consorzi per la sistemazione di acque, di premunizione, ecc. (art. 3 cpv. 1 e 29), per cui non dev'essere confusa con la legge in esame, ritenuto che l'attività dei consorzi secondo la Lcons 1913 è vincolata a determinate attività e che si è in presenza di due istituti strutturalmente diversi, essendo escluse dal consorzio di comuni secondo la LCCom, le persone di diritto privato (cfr. GIAMPIERO GIANELLA, I consorzi e le convenzioni intercomunali, in: Costituzione in cammino, 1989, pag. 88).
L'assunto ricorsuale è poi impreciso, già per il fatto che lo stesso autore non tratta specificatamente dei consorzi, ma di enti di diritto pubblico o privato in generale. D'altra parte, contrariamente alla tesi ricorsuale, egli non poteva riferirsi, nel 1988, anno di pubblicazione del citato volume, alla legge impugnata, promulgata nel 2010 e alla relativa volontà del legislatore cantonale.
4.
4.1 Il ricorrente sostiene che il consiglio consortile è l'organo tramite il quale il consorzio esprime la propria autonomia, la quale dovrebbe essere riconosciuta anche dalla nuova legge. Al suo dire, la contestata norma violerebbe in primo luogo il principio dell'interesse pubblico e quello della proporzionalità. Secondo la nuova legge, due o più comuni possono formare un consorzio per l'esercizio di una o più attività di pubblico interesse (art. 1 cpv. 1 LCCom): la norma litigiosa, privando di una qualsiasi autonomia decisionale i membri del consiglio consortile eletti dai legislativi comunali, conterrebbe una grave contraddizione, poiché pregiudicherebbe lo svolgimento autonomo delle attività di interesse pubblico perseguite dai consorzi. Egli insiste sulla tesi secondo cui i delegati dovrebbero avere piena autonomia e decidere in primo luogo secondo gli interessi del consorzio e non quelli del comune di appartenenza. Ciò, anche perché la LCCom non prevede sanzioni a garanzia dello svolgimento dell'attività di pubblico interesse perseguita dal consorzio.
Il ricorrente fa poi valere una violazione del principio della separazione dei poteri sancito dall'art. 51 Cost./TI e del divieto dell'arbitrio. Poiché l'autorità di nomina e di revoca dei delegati di un consiglio consortile (che funge da organo legislativo) è il legislativo comunale del comune di appartenenza (art. 15 cpv. 2 e 16 cpv. 6 LCCom), esso sarebbe un'emanazione diretta del legislativo comunale, motivo per il quale non sarebbe lecito conferire al municipio la facoltà di imporre ai delegati cosa decidere, poiché la facoltà di nomina non potrebbe essere disgiunta da quella dell'"istruzione". La criticata norma lederebbe pure l'art. 19 Cost./TI, concernente la collaborazione intercomunale e i consorzi di comuni, visto l'obbligo del consorzio, e quindi dei suoi organi, di perseguire un'attività di pubblico interesse.
4.2 Nelle osservazioni, il Consiglio di Stato rileva che anche nel quadro della recente revisione della legge organica comunale, entrata in vigore il 1° gennaio 2009, il municipio, l'assemblea e il consiglio comunale possono dare "istruzioni vincolanti" sull'attività di organismi esterni a cui è possibile demandare lo svolgimento di compiti di natura pubblica (art. 193 cpv. 4). Ricorda poi che nell'ambito dell'istituzione di organismi di diritto pubblico il legislatore cantonale è di massima libero di scegliere il loro disciplinamento e la loro organizzazione, optando con la legge in esame per una nuova e diversa impostazione dell'assetto consortile, allo scopo di garantire un maggior controllo dei comuni sui consorzi.
4.3 Come visto, il ricorso si incentra e si esaurisce in sostanza nell'affermazione, invero generica, perentoria e disattendente in larga misura le esigenze di motivazione dell'art. 42 cpv. 2 LTF, che la norma litigiosa conferirebbe ai municipi la facoltà di imporre ai rappresentanti nel consiglio consortile decisioni contrarie allo scopo e all'attività di pubblico interesse del consorzio stesso. Al riguardo, il ricorrente parrebbe disattendere che detta attività corrisponde a quella perseguita dai comuni membri, come risulta chiaramente dall'art. 1 cpv. 1 LCCom. Ciò risulta anche dall'art. 19 cpv. 1 Cost./TI, secondo cui i comuni possono riunirsi in associazioni di diritto pubblico dotate di personalità giuridica, o sotto altre forme organizzative, per eseguire determinate attività di pubblico interesse. Contrariamente all'assunto ricorsuale, non si è quindi in presenza di due diverse, contrapposte attività di interesse pubblico, l'una esercitata dai comuni l'altra dai consorzi, ma della medesima attività, il cui esercizio, se del caso, è delegato al consorzio. Contrariamente all'assunto ricorsuale, lo svolgimento dell'attività di pubblico interesse, esercitata a livello intercomunale, non è pregiudicata dalla contestata norma, che persegue uno scopo logico e razionale, chiaramente precisato nel citato messaggio e assunto dal legislatore cantonale.
La circostanza che i comuni non possano svolgere in maniera ottimale determinati compiti d'interesse pubblico, delegandone quindi l'esecuzione a un consorzio, chiaramente non implica che questi comuni, i quali si assumono le relative spese e la responsabilità, non possano più intervenire in seguito sulla politica consortile. Del resto, il ricorrente medesimo ammette di non avere una risposta alternativa alla regola istituita dalla norma litigiosa e accenna semplicemente al fatto che un'altra soluzione dovrebbe essere ricercata nella concertazione politica fra i comuni consorziati, rispettivamente tra i loro rappresentanti in seno al consiglio consortile. La circostanza che le opinioni dei comuni consorziati possano divergere sui metodi da adottare per perseguire un determinato interesse pubblico, non significa ancora che lo stesso sia pregiudicato. D'altra parte, la scelta del legislatore cantonale di ridare le competenze decisionali ai comuni tenuti a finanziare l'attività dei consorzi, non è insostenibile, e quindi arbitraria, neppure nel suo risultato (DTF 134 I 140 consid. 5.4; 134 II 124 consid. 4.1).
4.4 Per di più, il ricorrente sottace che se è vero che il rappresentante nel consiglio consortile è eletto dai legislativi comunali, tale nomina avviene "su proposta dei Municipi" (art. 15 cpv. 2 LCCom, norma da lui non contestata), ciò che si presta a orientare in maniera significativa la scelta dei legislativi comunali ed eventuali differenze di impostazione tra i due poteri comunali possono venir affrontate già in partenza.
4.5 D'altra parte, la competenza di decidere quale organo comunale elegga i rappresentanti costituisce una questione di carattere politico (in questo senso SPARTACO CHIESA, Il consorziamento di comuni nel Canton Ticino, 1975, pag. 11 seg.). Ora, il ricorrente disattende che non spetta al Tribunale federale pronunciarsi sull'opportunità delle scelte politiche che stanno all'origine dell'impugnata legge: la semplice argomentazione secondo cui sarebbero possibili o preferibili altre soluzioni, segnatamente l'assenza di istruzioni vincolanti per i delegati o la loro istruzione da parte del legislativo comunale, non comporta l'annullamento della criticata legge (DTF 134 I 23 consid. 5.3 pag. 31). Poiché in concreto non si è in presenza di una restrizione dei diritti fondamentali (art. 36 cpv. 3 Cost.), il Tribunale federale sanziona una violazione del principio di proporzionalità solo se il provvedimento di diritto cantonale è manifestamente sproporzionato e lede simultaneamente il divieto dell'arbitrio (DTF 134 I 153 consid. 4). Questi estremi non sono chiaramente adempiuti nel caso di specie.
4.6 Giova poi ricordare che già nel quadro di previgenti normative, sebbene anche allora l'organo "legislativo" del consorzio venisse eletto dalle assemblee rispettivamente dai consigli comunali dei comuni partecipanti, secondo la dottrina gli eletti venivano nondimeno regolarmente considerati rappresentanti di un comune e non direttamente dei cittadini, come invece accade a chi siede nei consigli comunali: ciò poiché l'attività medesima del consorzio non è emanazione della volontà popolare (CHIESA, op. cit., pag. 131). La dottrina sottolinea anche espressamente che sia nella teoria sia nella prassi sussiste un ampio consenso sul dovere di subordinazione ai comuni da parte dei delegati, l'obbligo di ubbidire alle istruzioni ricevute risiedendo proprio nello scopo del consorzio di esercitare compiti pubblici che spettano ai comuni e che sono assolti semplicemente da più comuni costituitisi in un nuovo ente. Il potere di istruire i rappresentanti è il mezzo di cui dispongono i comuni membri di partecipare alla formazione della volontà del consorzio e di esercitare un certo controllo sulla sua attività, per cui il delegato è nominato nel consorzio quale rappresentante degli interessi del comune (BARBARA SCHELLENBERG, Die Organisation der Zweckverbänden, 1975, pag. 124 seg., la quale precisa che la competenza per istruire i delegati dovrebbe spettare ai municipi, pag. 127; del resto, nel quadro di un ulteriore ricorso proposto contro la designazione da parte del Consiglio comunale di X.________ dei membri nei diversi Consorzi, il ricorrente sostiene che la facoltà di nomina dovrebbe competere al Municipio, causa 1C_545/2010, decisa in data odierna).
In quest'ottica, l'assunto che il consiglio consortile sarebbe l'emanazione diretta del legislativo comunale, che elegge i delegati, rispettivamente nei comuni nei quali vi è l'assemblea comunale addirittura l'emanazione diretta della volontà popolare, chiaramente non regge. Il consiglio consortile costituisce infatti l'assemblea dei Comuni che vi partecipano e non è una rappresentanza popolare (SCHELLENBERG, op. cit., pag. 112). Del resto, legittimati a ricorrere contro le decisioni degli organi consortili non sono i cittadini privati, ma i comuni tramite i municipi (art. 36 LCCom).
4.7 Infine, solo in sede di replica e quindi tardivamente visto che non ne dava adito la risposta governativa, il ricorrente adduce che secondo la novella legislativa lo svolgimento di compiti di interesse pubblico sovra e intercomunale sarebbe demandato al potere esecutivo, ossia al municipio, che si vedrebbe insignito di competenze legislative dirette che sfuggirebbero al controllo del potere legislativo del comune, ciò che sarebbe incoerente e violerebbe a sua volta segnatamente il principio della separazione dei poteri. Adducendo che la contestata norma potrebbe comportare possibili conflitti di competenza tra il municipio e il legislativo comunale, il ricorrente fa valere, peraltro sempre in maniera generica e quindi inammissibile (art. 42 LTF), solo interessi di terzi, segnatamente del comune, e non suoi personali. La censura sarebbe pertanto irricevibile anche per questa ragione.
5. Il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente.
3.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, per sé e per il Gran Consiglio.
Losanna, 7 aprile 2011
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Il Cancelliere:
Fonjallaz Crameri