BGer 5A_192/2011
 
BGer 5A_192/2011 vom 07.02.2012
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
{T 1/2}
5A_192/2011
Sentenza del 7 febbraio 2012
II Corte di diritto civile
Composizione
Giudici federali Hohl, Presidente,
Meyer L., Marazzi,
Cancelliere Savoldelli.
 
Partecipanti al procedimento
Matteo Cheda,
ricorrente,
contro
Associazione consumatrici della Svizzera italiana (ACSI), ora Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana,
opponente.
Oggetto
protezione della personalità, diritto di risposta,
ricorso contro la sentenza emanata l'8 febbraio 2011 dalla I Camera civile del Tribunale d'appello del
Cantone Ticino.
Fatti:
A.
A.a Nell'edizione del settembre 2006 del periodico La Borsa della Spesa è apparso un breve articolo, nel quale si segnalava che il Consiglio svizzero della stampa aveva accolto un ricorso di Mario Jäggli contro due articoli di Marco Jeitziner e Matteo Cheda, pubblicati nel dicembre 2005 e gennaio 2006 rispettivamente in Spendere Meglio e L'Inchiesta, due periodici pure votati all'informazione dei consumatori. Gli articoli menzionati avevano messo in cattiva luce Mario Jäggli, al momento dei fatti (1999) direttore del Laboratorio cantonale e al momento degli articoli (2005/2006) presidente dell'Associazione consumatrici della Svizzera italiana (acsi). Il 21 settembre 2006 Matteo Cheda, in qualità di editore di Spendere Meglio e L'Inchiesta, ha inviato all'acsi, con l'invito a pubblicarlo sul successivo numero de La Borsa della Spesa, un testo a valere quale esercizio del proprio diritto di risposta.
A.b A fronte del rifiuto dell'acsi, Matteo Cheda ha allora adito il Pretore del Distretto di Bellinzona. Quest'ultimo, udite le parti in data 3 ottobre 2006 e suggerite all'istante alcune modifiche al testo, ha accolto nella medesima data l'istanza.
B.
Contro la sentenza pretorile è insorta l'acsi con appello 13 ottobre 2006, chiedendo la reiezione dell'istanza e la corrispondente riforma del giudizio impugnato. Con la sentenza qui impugnata dell'8 febbraio 2011, il Tribunale d'appello ha accolto il gravame e respinto l'istanza inoltrata da Matteo Cheda, ponendo gli oneri processuali a carico del medesimo.
C.
Contro la menzionata sentenza insorge avanti al Tribunale federale Matteo Cheda (qui di seguito: ricorrente). Con il proprio ricorso in materia civile datato 14 marzo 2011, egli postula la reiezione dell'appello e la conferma della sentenza pretorile del 3 ottobre 2006, che riconosceva il suo diritto di risposta, in subordine il rinvio della causa al Tribunale d'appello. Rinuncia, invece, a mantenere la subordinata sottoposta al Tribunale d'appello, con cui domandava di condannare l'acsi a pubblicare una risposta elaborata direttamente dalla Corte cantonale.
Non sono state chieste osservazioni.
Diritto:
1.
1.1 La sentenza, finale (art. 90 LTF) e pronunciata su ricorso dall'ultima istanza cantonale (art. 75 cpv. 1 e cpv. 2 LTF), è qui tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) impugnata dalla parte risultata soccombente in appello e particolarmente toccata da quella decisione, che le nega l'esercizio di un diritto di risposta (art. 76 cpv. 1 lit. a e lit. b LTF nel suo tenore in vigore dal 1° gennaio 2011, qui applicabile poiché la sentenza impugnata è stata pronunciata successivamente a questa data, art. 132 cpv. 1 LTF). Nel merito essa riguarda l'esercizio del diritto di risposta previsto dagli art. 28g segg. CC, ovvero una questione civile di natura non pecuniaria (art. 72 cpv. 1 LTF; DTF 112 II 193 consid. 1b pag. 195; 122 III 301 consid. 1 pag. 302 segg.; sentenza 5A_275/2011 dell'8 agosto 2011 consid. 2, non pubblicato in DTF 137 III 433). Il ricorso in materia civile è in linea di principio ammissibile.
1.2 Il Tribunale federale applica il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Ciò nondimeno, giusta l'art. 42 cpv. 2 LTF, nei motivi del ricorso occorre spiegare in modo conciso perché l'atto impugnato viola il diritto. Ciò significa che il ricorrente deve almeno confrontarsi brevemente con i considerandi della sentenza impugnata pena l'inammissibilità del gravame (DTF 134 II 244 consid. 2.1 pag. 245 seg.).
In linea di massima il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene o completarlo soltanto se è stato effettuato in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario ai sensi dell'art. 9 Cost. (DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252) - il ricorrente deve motivare la censura conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Ne discende che il ricorrente deve spiegare in modo chiaro e dettagliato, alla luce dei considerandi della sentenza impugnata, in che modo sarebbero stati violati diritti costituzionali (DTF 135 III 232 consid. 1.2 pag. 234 con rinvii; 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246).
2.
2.1 Chi è direttamente toccato nella sua personalità dall'esposizione di fatti ad opera di mezzi di comunicazione sociale di carattere periodico ha il diritto di rispondere con una propria esposizione dei fatti (art. 28g cpv. 1 CC). Il testo della risposta deve limitarsi concisamente all'oggetto dell'esposizione di fatti contestata (art. 28h cpv. 1 CC). A fatti vanno dunque contrapposti fatti. Mere opinioni o semplici giudizi di valore non legittimano un diritto di risposta e non possono neppure fare l'oggetto di una risposta. Nemmeno le conclusioni che, secondo la parte toccata, un lettore medio potrebbe trarre dall'esposizione di determinati fatti giustifica una risposta. Per contro l'esposizione di fatti può anche essere suggerita o realizzata tramite l'evocazione di una connessione di fatti (DTF 130 III 1 consid. 2.2 pag. 5 seg. con rinvii).
2.2 Una risposta manifestamente inesatta o contraria alla legge o ai buoni costumi può essere rifiutata (art. 28h cpv. 2 CC). Contrario alla legge poiché costitutivo di un abuso di diritto è un testo di risposta redatto in malafede (Andreas Bucher, Natürliche Personen und Persönlichkeitsschutz, 4a ed. 2009, n. 702).
2.3 La giurisprudenza ammette che il giudice chiamato in causa con un'istanza di risposta possa adattare il testo alle esigenze legali; non si giustificherebbe respingere l'istanza solo perché lacunosa in pochi punti e negare al giudice la possibilità di intervenire. D'altra parte il testo modificato non deve, dal punto di vista del contenuto, proporre affermazioni che vadano oltre a quelle già menzionate nel testo sottoposto dall'istante: in altri termini, il testo modificato dal giudice dev'essere, per rapporto all'originale, un minus. Né un accorciamento da parte del giudice appare ammissibile qualora il testo originale della risposta contenga elementi ammissibili per se stessi, ma questo contenuto lecito sia soltanto un aspetto secondario del testo rifiutato, cosicché esso appare un aliud rispetto al testo originale. Il confine fra una risposta inammissibile nel suo insieme, e pertanto non suscettibile di essere abbreviata dal giudice, ed una ammissibile e dunque accorciabile, deve essere tracciato di caso in caso e non può essere descritto in termini astratti (DTF 130 III 1 consid. 3.2 pag. 8 seg. con rinvii). Un accorciamento anche significativo può essere giustificato (DTF cit. consid. 3.3 pag. 9 seg.), mentre un rifacimento redazionale completo da parte del giudice è escluso (DTF 119 II 104 consid. 3e pag. 108; 117 II 1 consid. 2c pag. 5; 115 consid. 3c pag. 120 seg.; Franz Riklin, Schweizerisches Presserecht, 1996, § 8 n. 46).
3.
Il Tribunale d'appello, ammettendo il ricorso, ha respinto l'istanza del qui ricorrente dopo attenta analisi dei quattro punti del testo di risposta da lui proposto.
3.1
3.1.1 In un primo punto il testo di risposta, corretto dal Pretore, puntualizza l'affermazione con la quale esordiva l'articolo de La Borsa della Spesa di settembre 2006, ovvero che negli articoli incriminati di Spendere Meglio e L'Inchiesta "secondo il Consiglio svizzero della stampa non vi è stata ricerca della verità". Ora, secondo il Tribunale d'appello tale affermazione è invero errata, ma il diritto di risposta va negato perché il testo proposto è altrettanto unilaterale e incompleto: il Consiglio della stampa aveva pur sempre constatato - ciò che il ricorrente sottaceva - che l'informazione su Mario Jäggli era stata incorretta, ingigantita e dunque "montata". Il Pretore non era competente per formulare una risposta più equilibrata, e l'istanza di Matteo Cheda andava respinta.
3.1.2 Il ricorrente contesta che il rimprovero di unilateralità del suo testo sia pertinente; conta soltanto che esso non sia manifestamente inesatto, ciò che esso non è. Afferma poi che il suo testo è solo conciso, non incompleto. Conclude negando di aver sottaciuto delle informazioni, ribadendo di aver soltanto voluto essere breve.
3.1.3 Le obiezioni del ricorrente non sono serie. È ovvio che un'incompletezza tendenziosa del testo proposto non è un metodo accettabile di essere concisi, tanto più che conciso non significa breve ed il rispetto di questo requisito va comunque esaminato di caso in caso (Bucher, op. cit., n. 696; Pierre Tercier, Le nouveau droit de la personnalité, 1984, n. 1464 segg.; Mario M. Pedrazzini/Niklaus Oberholzer, Grundriss des Personenrechts, 4a ed. 1993, p.to 6.4.4.5.5, pag. 167; Riklin, op. cit., § 8 n. 27 seg.). Inoltre, seppur sia vero che il testo dell'articolo de La Borsa della Spesa esordiva con una frase inesatta, e benché la risposta proposta dal ricorrente e rivista dal Pretore rettifichi tale fatto, essa è nondimeno incompleta e fuorviante: sottacendo la critica mossagli dal Consiglio della stampa di aver montato un'informazione incorretta ed ingigantita su Mario Jäggli, il ricorrente ha voluto propagare - tramite il suo diritto di risposta - un'immagine degli articoli criticati manifestamente tendenziosa e incompatibile con le censure espresse dal Consiglio della stampa. Si deve dunque parlare di manifesta inesattezza.
3.1.4 La conclusione cui è giunto il Tribunale d'appello non configura una violazione del diritto.
3.2
3.2.1 Il secondo punto della risposta in discussione, anch'esso corretto dal Pretore, consiste nella negazione dell'affermazione contenuta nell'articolo de La Borsa della Spesa secondo la quale gli articoli in Spendere Meglio e L'Inchiesta avrebbero riportato un "attacco personale, frontale" a Mario Jäggli. Il Tribunale d'appello constata che anche qui l'affermazione in questione non è corretta, ma che anche qui il ricorrente ha sottaciuto in sede di risposta che il Consiglio della stampa aveva accertato che "l'equivoco è [...] giocato [...] sulla manipolazione dei fatti". Il testo di risposta avrebbe dovuto essere integrato per fugarne la perentoria unilateralità, ciò che tuttavia oltrepassava le competenze del Pretore.
3.2.2 Pure in questo contesto il ricorrente eccepisce che non poteva entrare nei dettagli, pena il rischio che il suo testo venisse censurato poiché troppo lungo. E ribadisce di non ritenere la propria risposta "manifestamente inesatta" come richiesto dalla legge.
3.2.3 Anche qui vale quanto detto in precedenza. Al ricorrente non viene rimproverato di non aver aggiunto dettagli, bensì di aver positivamente sottaciuto aspetti essenziali della decisione del Consiglio della stampa, proponendo dunque una risposta non soltanto unilaterale, come ritenuto dal Tribunale d'appello, bensì chiaramente fuorviante. Anche qui è giustificato parlare di testo manifestamente errato.
3.2.4 La conclusione del Tribunale d'appello - espressa invero nel senso opposto di come è stata pensata, come rettamente rileva il ricorrente - di respingere l'istanza di risposta appare anche su questo punto ineccepibile.
3.3
3.3.1 Il terzo punto della contestata risposta riguarda la differenza fra i termini utilizzati a proposito delle pillole a base di pinne di squalo della cui autorizzazione alla vendita è accusato Mario Jäggli: "proibite" secondo La Borsa della Spesa oppure "non autorizzate" secondo il ricorrente nella propria proposta di risposta, anche qui ritoccata dal Pretore. Il Tribunale d'appello ha negato il diritto di risposta poiché il testo proposto non appariva sufficientemente chiaro e comprensibile di primo acchito anche ad un estraneo che non conoscesse gli antefatti; esso avrebbe dovuto venire rielaborato in misura tale da eccedere, ancora una volta, le competenze del Pretore.
3.3.2 In proposito il ricorrente osserva che la risposta avrebbe dovuto essere ammessa anche se il testo fosse stato comprensibile solo a chi ha letto l'articolo contestato. Inoltre, entrare ulteriormente nei dettagli avrebbe ancora una volta creato il pericolo di una censura per mancata concisione.
3.3.3 L'aggettivo "proibite" utilizzato nell'articolo de La Borsa della Spesa non è effettivamente riconducibile agli articoli in Spendere Meglio e L'Inchiesta, come rileva il testo di risposta proposto. D'altro canto, è innegabile che anche qui il ricorrente gioca con i termini: indipendentemente dal fatto che la vendita delle pillole a base di pinne di squalo fosse effettivamente "proibita" o soltanto illecita "in quanto non autorizzata da Berna", l'impressione che il ricorrente e Marco Jeitziner volevano manifestamente suscitare presso il lettore nei loro articoli era quella di un agire di Mario Jäggli contrario alla legge. In tale ottica, la disquisizione sui termini rappresenta soltanto un aspetto secondario rispetto all'impostazione globale degli articoli. Pertanto, anche se la si dovesse definire corretta in astratto, la puntualizzazione del ricorrente è di rilevanza tanto ridotta da non giustificare, presa di per sé, l'esercizio del postulato diritto di risposta (v. anche supra consid. 2.3).
3.3.4 La decisione del Tribunale d'appello, seppur altrimenti motivata, appare conforme al diritto federale.
3.4
3.4.1 Nell'ultimo punto della risposta proposta, il ricorrente contesta l'affermazione de La Borsa della Spesa secondo la quale il Consiglio della stampa avrebbe dato pienamente ragione a Mario Jäggli. Il Tribunale d'appello constata che la contestazione è effettivamente corretta, ma nega la legittimità del testo di risposta proposto - e ritoccato dal Pretore - poiché questo lascia a sua volta credere che Mario Jäggli sia uscito praticamente sconfitto dalla procedura avanti al Consiglio della stampa. Ancora una volta la risposta avrebbe dovuto esser riformulata con un minimo di imparzialità, ciò che eccedeva le prerogative del Pretore.
3.4.2 Il ricorrente contesta che l'impressione che Mario Jäggli sia uscito praticamente sconfitto dalla procedura avanti al Consiglio della stampa sia giustificata, e ritiene comunque che non sia argomento pertinente. Aggiunge poi che il Tribunale d'appello ha fornito una motivazione zoppicante, non indicando chi avrebbe dovuto riformulare il testo in modo imparziale, visto che il compito non spettava al Pretore. Nega, infine, che la legge esiga che il testo della risposta debba essere imparziale.
3.4.3 L'esigenza di una risposta di tenore imparziale è insito nell'idea che essa deve limitarsi ad esporre fatti contro fatti (supra consid. 2.1). Peraltro, la malafede del ricorrente appare in tutta la sua evidenza quando nega che il testo da lui proposto faccia apparire Mario Jäggli praticamente sconfitto. Infine, nulla di zoppicante si rinviene nella soluzione del Tribunale d'appello: il compito di redigere un testo di risposta conforme alle esigenze di legge incombe unicamente alla parte che si prevale di un diritto di risposta, che può farsi semmai aiutare da terzi e addirittura da controparte (senza obbligo per quest'ultima, Riklin, op. cit., § 8 n. 35; Tercier, op. cit., n. 1526). Se il testo non soddisfa tali requisiti, il diritto di risposta va semplicemente negato. La giurisprudenza ha introdotto la possibilità per il giudice di intervenire unicamente al fine di evitare che l'istanza debba essere respinta solo perché lacunosa in pochi punti (supra consid. 2.3), ma non permette di scaricare l'istante dalla propria responsabilità primaria e di trasferirla al giudice, che diverrebbe allora una sorta di consulente di parte, funzione manifestamente incompatibile con il suo ruolo (v. sul tema anche Pedrazzini/Oberholzer, op. cit., p.to 6.4.4.5.5, pag. 168). Per questa ragione il Tribunale d'appello ha correttamente respinto anche la richiesta del qui ricorrente a che venisse pubblicata una risposta redatta dai Giudici cantonali; a buon titolo il ricorrente ha lasciato cadere questa conclusione avanti al Tribunale federale.
3.4.4 La conclusione cui giunge il Tribunale d'appello è pertanto conforme al diritto federale.
3.5
3.5.1 L'analisi che precede, svolta seguendo gli argomenti sviluppati dai Giudici d'appello ed esaminando le obiezioni del ricorrente, conduce a concludere che la sentenza impugnata resiste alla critica ricorsuale. Ma anche sottoposto ad un esame globale, il testo della risposta - pure dopo le cure prestategli dal Pretore - dà l'impressione generale di una sostanziale soccombenza di Mario Jäggli avanti al Consiglio della stampa e di una complessiva correttezza degli articoli originariamente proposti dal ricorrente e da Marco Jeitziner. Ciò non è evidentemente quanto ha decretato il Consiglio della stampa. Letto globalmente, il testo di risposta appare dunque manifestamente inesatto (art. 28h cpv. 2 CC) e redatto in malafede, costitutivo di un abuso di diritto espressamente vietato in quest'ambito e pertanto illecito (supra consid. 2.2; Bucher, op. cit., n. 702).
3.5.2 Le ragioni dell'effetto che suscita il testo di risposta sono due: l'intelligente concatenamento, da parte del ricorrente, di mezze verità ed omissioni, le quali - come visto supra in dettaglio - destano un'impressione generale inveritiera per rapporto a quanto detto dal Consiglio della stampa. Secondariamente, il testo dell'articolo pubblicato da La Borsa della Spesa. Questo testo, va detto senza mezzi termini esplicitando quanto sommessamente lascia intendere il Tribunale d'appello, è pure esso scorretto in più punti e merita di essere esplicitamente stigmatizzato. Tuttavia, il problema è che il testo di risposta va esaminato di per se stesso; esso deve essere corretto indipendentemente dalla veridicità e dalla correttezza dell'articolo che vuole con-trobattere. Detto altrimenti, un articolo scorretto non giustifica una risposta scorretta. Se lo considera lesivo della personalità, colui che si sente toccato deve agire con un'azione di merito a protezione della personalità (eventualmente con misure provvisionali, come già previsto dall'abrogato art. 28c cpv. 3 CC, v. in proposito Heinz Hausheer/ Regina E. Aebi Müller, Das Personenrecht des Schweizerischen Zivilgesetzbuches, 2a ed. 2008, n. 15.10 seg.). Se, per contro, opta per il proprio diritto di risposta, allora deve attenersi alle severe regole che ne delimitano i contenuti. Decidere altrimenti condurrebbe ad aprire il campo ad interminabili querelles giornalistiche. È ciò che la dottrina esprime sottolineando come il diritto di risposta non debba essere impiegato abusivamente e trasformato in un mezzo di esposizione personale o in un mezzo per attaccare terze persone (Pedrazzini/ Oberholzer, op. cit., p.to 6.4.4.5.5, pag. 167; Christian Brückner, Das Personenrecht des ZGB, 2000, n. 733) o la controparte stessa (Hausheer/Aebi Müller, op. cit., n. 15.41).
4.
Ne discende che il ricorso va respinto, con conseguenza di tassa e spese a carico del ricorrente soccombente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non sono dovute ripetibili, non essendo stata invitata controparte ad esprimersi avanti al Tribunale federale (art. 68 cpv. 1 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'500.-- sono poste a carico del ricorrente.
3.
Comunicazione alle parti e alla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 7 febbraio 2012
In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Hohl
Il Cancelliere: Savoldelli