BGer 1B_699/2012 |
BGer 1B_699/2012 vom 30.04.2013 |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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{T 0/2}
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1B_699/2012
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Sentenza del 30 aprile 2013
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I Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Fonjallaz, Presidente,
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Karlen, Eusebio,
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Cancelliere Crameri.
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Partecipanti al procedimento |
A.________,
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ricorrente,
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contro
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Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
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Oggetto
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procedimento penale: nomina dell'avv. Laura Rigato, quale difensore d'ufficio della ricorrente,
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ricorso contro la sentenza emanata il 5 ottobre 2012 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello
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del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Nell'ambito di denunce penali presentate da tre ex clienti nei confronti della loro legale A.________, il Ministero pubblico del Cantone Ticino ha aperto tre procedimenti penali (n. 2010.10322, 2010.10723 e 2010.10727) per titolo di estorsione, subordinatamente coazione tentata, coazione, appropriazione indebita, violazione del segreto professionale, soppressione di documenti, amministrazione infedele, ingiuria, diffamazione e calunnia.
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B.
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Nel quadro del procedimento MP n. 2010.10322, con scritto del 31 agosto 2011 il Procuratore pubblico (PP), ritenuto un caso di difesa obbligatoria (art. 130 lett. b CPP), ha ingiunto alla denunciata di nominare un difensore di fiducia, indicando che in caso contrario, al più tardi il 7 settembre seguente, ne avrebbe nominato uno d'ufficio (art. 132 cpv. 1 lett. a cifra 1 CPP). L'ultimo giorno del termine, all'inizio del suo interrogatorio la legale ha segnalato al magistrato che il mandato sarebbe stato assunto da un difensore di sua scelta, tuttavia assente per un altro impegno. Il 13 ottobre 2011 il PP le ha nuovamente ingiunto di nominare un difensore di fiducia entro il 21 ottobre seguente, ordine ribadito il 27 giugno 2012. Il 3 luglio 2012 il PP ha poi nominato l'avv. Laura Rigato patrocinatrice d'ufficio della querelata. Adita dall'interessata, con decisione del 5 ottobre 2012 la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello (CRP) ha respinto un reclamo della denunciata.
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C.
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Avverso questo giudizio A.________ presenta un ricorso in materia penale al Tribunale federale. Chiede di accertarne la nullità, subordinatamente di annullarlo. Fa valere in sostanza il diritto, quale avvocato, di difendersi da sé.
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Con decreto presidenziale dell'11 gennaio 2013 la domanda di effetto sospensivo è stata respinta. Un'istanza di riesame di questo decreto è stata respinta il 29 gennaio 2013.
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D.
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La Corte cantonale non presenta osservazioni e si rimette al giudizio del Tribunale federale. La patrocinatrice d'ufficio non formula osservazioni, mentre il PP propone di respingere il ricorso.
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Il 19 febbraio 2013 la ricorrente ha prodotto determinati atti e, con replica del 4 marzo 2013, si riconferma nelle proprie conclusioni.
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Diritto:
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1.
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1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio se e in che misura un ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 138 I 367 consid. 1).
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1.2 La tempestività del ricorso in materia penale come pure la legittimazione della ricorrente sono pacifiche (art. 78 cpv. 1, 80 cpv. 1, 81 lett. a e lett. b n. 1, art. 100 cpv. 1 LTF).
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1.3 La domanda della ricorrente di riunire i tre ricorsi da lei presentati nel contesto del procedimento penale in esame dev'essere respinta, ritenuto che le cause 1B_697/2012 e 1B_698/2012, nell'ambito delle quali non è stato ordinato uno scambio di scritti, sono state decise l'8 marzo 2013. Una domanda di ricusazione del PP è stata poi respinta il 13 marzo seguente (causa 1B_89/2013). Nella misura in cui la ricorrente accenna alle critiche sollevate con detti gravami, le stesse esulano dal presente giudizio. La medesima conclusione vale per le censure inerenti alla contestata fondatezza delle denunce penali.
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1.4 La ricorrente, contrariamente al suo obbligo, non si esprime sull'ammissibilità del gravame presentato contro una decisione che chiaramente non mette fine al procedimento penale (art. 90 LTF). Avverso una decisione incidentale, il ricorso è ammissibile soltanto alle condizioni dell'art. 93 cpv. 1 LTF, ossia quando può causare un pregiudizio irreparabile (lett. a) o quando l'accoglimento del ricorso comporterebbe immediatamente una decisione finale consentendo di evitare una procedura probatoria defatigante o dispendiosa (lett. b). L'adempimento di questi requisiti dev'essere di massima dimostrato dalla ricorrente, a meno che non siano manifesti (art. 42 cpv. 2 LTF; DTF 138 III 46 consid. 1.2; 133 III 629 consid. 2.3.1), ritenuto che il Tribunale federale deve occuparsi di massima solo una volta della stessa causa (DTF 135 I 261 consid. 1.2).
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1.4.1 In concreto il giudizio impugnato conferma la decisione del PP di nominare un avvocato d'ufficio, poiché si è in presenza di un caso di difesa obbligatoria e l'imputata, nonostante numerose ingiunzioni, non ha designato un difensore di fiducia. Riguardo alla sussistenza di un pregiudizio irreparabile, dall'atto di ricorso risulta soltanto, qualora la ricorrente non possa difendersi da sé, semmai un possibile aumento dei costi del procedimento penale. Ora, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, nell'ambito di procedimenti penali la nozione di pregiudizio irreparabile dev'essere interpretata restrittivamente (DTF 134 IV 43 consid. 2.1; 133 IV 139 consid. 4). Un pregiudizio è quindi irreparabile quando è suscettibile di provocare un danno di natura giuridica, che nemmeno una decisione favorevole nel merito permetterebbe di eliminare completamente, segnatamente con il giudizio finale: semplici pregiudizi di fatto, come il prolungamento della procedura, un suo conseguente maggior costo o pregiudizi relativi alla reputazione, non rappresentano di massima pregiudizi di natura giuridica (DTF 133 IV 288 consid. 3.2, 131 I 57 consid. 1).
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1.4.2 Sotto il profilo dell'art. 93 cpv. 1 LTF, il rifiuto di nominare un avvocato d'ufficio, la sua destituzione o il mancato intervento dell'autorità quando questi trascuri gravemente i suoi obblighi costituiscono motivi che possono causare un pregiudizio irreparabile (DTF 135 I 261 consid. 1.2; sentenza 1B_372/2011 del 29 agosto 2011 consid. 2). Anche quando l'autorità impone la nomina di un avvocato d'ufficio e rifiuti di autorizzare la designazione di un difensore di fiducia, per esempio a causa di conflitti d'interesse, è dato un pregiudizio irreparabile (DTF 135 I 261 consid. 1.4), come pure nel caso in cui, nell'ambito della nomina di un difensore d'ufficio, chi dirige il procedimento non tiene conto dei desideri dell'imputato riguardo al difensore (sentenza 1B_387/2012 del 24 gennaio 2013 consid. 1.1 e 1.2 e rinvii, destinata a pubblicazione).
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Ciò di massima non è il caso di una decisione relativa a una domanda di cambiamento dell'avvocato d'ufficio, poiché la parte rimane comunque assistita da un patrocinatore (DTF 133 IV 335 consid. 4 pag. 339; 126 I 207 consid. 2b). La questione è tuttavia differente quando il cambiamento del difensore d'ufficio non è chiesto dalla parte assistita, ma imposto, contro la sua volontà, dall'autorità competente in materia (DTF 133 IV 335 consid. 4 pag. 339; 129 I 281 consid. 1.1). In concreto, nell'imposizione di un avvocato d'ufficio da parte dell'autorità contro la volontà della ricorrente, che come legale intende difendersi da sola, scegliendo in modo autonomo le strategie difensive, può essere ravvisato un pregiudizio irreparabile.
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1.5 Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali ragioni l'atto impugnato viola il diritto. La ricorrente deve quindi almeno concisamente confrontarsi con le considerazioni esposte nella decisione impugnata (DTF 136 I 49 consid. 1.4.1 e 1.4.2). Questa Corte non è pertanto tenuta a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste non sono presentate nella sede federale (DTF 136 I 229 consid. 4.1). Inoltre, quando è invocata la violazione di diritti fondamentali secondo l'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina soltanto le censure motivate in modo chiaro e preciso (DTF 138 I 171 consid. 1.4; 136 II 304 consid. 2.4 e 2.5). Nel caso di specie queste esigenze sono adempiute soltanto in parte.
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2.
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2.1 Nella decisione impugnata la CRP ha ricordato che secondo l'art. 129 cpv. 1 CPP in ogni procedimento penale e in ogni fase dello stesso l'imputato ha il diritto di affidare la sua difesa a un patrocinatore di fiducia, oppure - fatto salvo l'art. 130 - di difendersi da sé. Ha ritenuto che, nella fattispecie, la difesa obbligatoria (o necessaria) è imposta dall'art. 130 lett. b CPP, perché l'imputata rischia di subire una pena detentiva superiore a un anno oppure una misura privativa della libertà. Ha poi ricordato che secondo l'art. 132 cpv. 1 lett. a CPP chi dirige il procedimento dispone una difesa d'ufficio se, in caso di difesa obbligatoria, l'imputato nonostante ingiunzione non designa un difensore di fiducia.
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2.2 La ricorrente, quale avvocato, intende difendersi da sola, allo scopo di evitare asseriti danni materiali ed esorbitanti spese di patrocinio. Al riguardo, insiste sul fatto che i suoi precedenti legali di fiducia avrebbero svolto i loro mandati in maniera dispendiosa e insoddisfacente. In relazione alla contestata nomina richiama l'art. 6 n. 3 lett. c CEDU, secondo cui ogni accusato ha il diritto di difendersi da sé o avere l'assistenza di un difensore di propria scelta, e accenna all'art. 14 n. 3 lett. d Patto ONU II (RS 0.103.1), per il quale l'imputato ha diritto di difendersi personalmente o mediante un difensore di sua scelta e, ogni qualvolta l'interesse della giustizia lo esiga, a vedersi assegnato un difensore d'ufficio. Invoca inoltre gli art. 129, 130 e 132 CPP. Accenna, senza tuttavia motivarla se non in maniera del tutto generica, a un'asserita incostituzionalità dell'art. 130 CPP qualora l'interpretazione operata dalla CRP fosse ritenuta valida, poiché essa si scontrerebbe con i precetti di un equo processo sanciti dall'art. 6 CEDU. Quest'ultima critica è inammissibile per manifesta carenza di motivazione (art. 42 LTF).
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2.3 Sempre in maniera del tutto generica e quindi inammissibile, la ricorrente rileva che non ricorrerebbero le condizioni di una difesa obbligatoria secondo l'art. 130 CPP. Al proposito si limita infatti a sostenere che la CRP avrebbe condiviso le errate tesi del PP, procedendo a un'analisi poco comprensibile ed illogica delle denunce, priva di "supporto logico-normativo", "su cui non occorre soffermarsi e ancora meno entrare nei singoli punti". Ora, sulla base dei prospettati reati, il rischio di subire una pena detentiva superiore a un anno oppure una misura privativa della libertà, non è escluso. Del resto, insistendo sull'art. 129 cpv. 1 CPP, la ricorrente disattende che questa norma, riconosciuta la garanzia di difendersi da sé, riserva espressamente l'applicazione dell'art. 130 relativo alla difesa obbligatoria.
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2.4 La ricorrente accenna poi, in maniera inconferente e superficiale, alla prassi della Corte europea dei diritti dell'uomo, in particolare alla sentenza Hany contro Italia del 18 gennaio 2007. In quella sentenza è infatti stato semplicemente ricordato che per la nozione di equo processo secondo l'art. 6 CEDU un accusato che non vuole difendersi da sé può far ricorso a un avvocato d'ufficio. È stato rilevato che se l'art. 6 n. 3 lett. c CEDU riconosce a ogni accusato il diritto "di difendersi da sé o avere l'assistenza di un difensore", la Convenzione non precisa le condizioni del suo esercizio.
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2.4.1 Nella sentenza del 15 novembre 2001 Correia de Matos Carlos contro Portogallo, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che il rifiuto di autorizzare un avvocato ad assumere egli medesimo la propria difesa non viola l'art. 6 n. 1 e n. 3 lett. c CEDU. La Corte ha ricordato che l'art. 6 n. 3 lett. c CEDU non garantisce all'imputato il diritto di decidere egli stesso la maniera di assicurare la propria difesa (in questo senso anche la sentenza della Commissione del 17 maggio 1995 Michel Weber contro Svizzera, consid. 3). La questione di sapere se l'imputato possa difendersi da sé o debba essere rappresentato da un avvocato, liberamente scelto o designato dal tribunale, rientra infatti nel campo della legislazione nazionale o del codice di procedura del tribunale: la scelta spetta pertanto alle autorità nazionali competenti. La relativa decisione rientra nel margine di apprezzamento degli Stati contraenti, mentre alla Corte compete il compito di ricercare se il sistema scelto rispetti le esigenze di un equo processo.
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2.4.2 Sempre secondo la Corte, la circostanza che l'imputato sia egli medesimo avvocato non muta tale conclusione, poiché gli interessi della giustizia possono imporre la nomina di un legale alla persona oggetto di un'accusa penale perché proprio per questo motivo non è in misura di valutare correttamente gli interessi in gioco e pertanto d'assicurare in maniera efficace la propria difesa.
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2.5 La ricorrente misconosce poi che nella causa da lei citata la questione non concerneva tanto la nomina di un difensore d'ufficio quanto l'eventuale responsabilità dello Stato di fronte a errori o negligenze di un avvocato d'ufficio o scelto dall'accusato. Come in quella sentenza, anche nel caso in esame la ricorrente ha potuto nominare legali di fiducia. Nella richiamata causa, il Tribunale competente si era accorto che l'accusato aveva revocato il mandato al suo patrocinatore e gliene aveva nominato uno d'ufficio. La Corte europea ne ha pertanto concluso che le autorità statali avevano adempiuto in maniera soddisfacente l'obbligo di fornire all'imputato un'assistenza legale adeguata. La stessa conclusione non può che valere anche per il caso di specie. Del resto, già prima dell'entrata in vigore del CPP, il Tribunale federale, fondandosi sulla giurisprudenza degli organi di Strasburgo relativa all'art. 6 n. 1 CEDU, aveva stabilito che il diritto a un procedimento equo, affinché la garanzia sia effettiva e concreta, a determinate condizioni può imporre che all'accusato sia nominato un difensore d'ufficio e che, quando quest'ultimo agisca in maniera insufficiente o in presenza di suoi errori procedurali gravi, il giudice intervenga sulla base del suo dovere di assistenza (art. 32 cpv. 2 Cost.; DTF 138 IV 161 consid. 2.4 e 2.5.4; 131 I 350 consid. 4.1 e 4.2; NIKLAUS RUCKSTUHL, in Basler Kommentar, Schweizerische Strafprozessordnung, 2011, n. 13 ad art. 132). D'altra parte, anche in tale contesto, la ricorrente parrebbe riferirsi alle pretese manchevolezze dei suoi precedenti legali di fiducia, sottintendendo che il difendersi da sé sarebbe più efficace.
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2.6 Con l'adozione degli art. 132-133 CPP è stata codificata la prassi del Tribunale federale finora applicata relativa agli art. 29 cpv. 3 Cost. e 6 n. 3 lett. c CEDU (sentenza 1B_387/2012, citata, consid. 4.3 con riferimenti alla dottrina). Nella fattispecie, risulta dagli atti che alla ricorrente, come imposto dall'art. 132 cpv. 1 lett. a cifra 1 CPP, è stato più volte ingiunto di nominare un difensore di fiducia: l'interessata non vi ha tuttavia dato seguito e correttamente non fa valere che il PP non avrebbe tenuto conto dei suoi desideri nell'ambito della criticata nomina (art. 133 cpv. 2 CPP, al riguardo vedi sentenza 1B_387/2012. citata, consid. 1.2).
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2.7 L'art. 129 cpv. 1 CPP recita che l'imputato ha il diritto di difendersi da sé, fatti salvi i casi di difesa obbligatoria previsti dall'art. 130 CPP, ordinabile anche contro la volontà dell'imputato (messaggio concernente l'unificazione del diritto processuale penale del 21 dicembre 2005 ad art. 128-129, FF 2006 II pag. 1084). Certo, la difesa obbligatoria può trovarsi in parte in conflitto con il diritto di difendersi da sé dell'art. 6 n. 3 lett c CEDU, ma, come visto, tale obbligo non costituisce una violazione delle norme convenzionali: la misura, giustificata dall'obbligo di assistenza dello Stato, dall'interesse pubblico alla ricerca della verità e quale attuazione del principio della parità delle armi non è di massima contraria alla CEDU (sul tema vedi DTF 129 I 281 consid. 4.3; RUCKSTUHL, loc. cit., n. 1, 2 e 16 ad art. 130; VIKTOR LIEBER, in Donatsch/Hansjakob/Lieber (ed.), Kommentar zur Schweizerischen Strafprozessordnung, 2010, n. 2 ad art. 130; MAURICE HARARI/TATIANA ALIBERTI, in Commentaire romand CPP, 2011, n. 9 ad art. 129, n. 1, 4 e 6 ad art. 130, n. 43 seg. ad art. 132; LAURENT MOREILLON/AUDE PAREIN-REYMOND, CPP Code de procédure pénale, 2013, n. 3 ad art. 130; NIKLAUS SCHMID, Schweizerische Strafprozessordnung, 2009, n. 1 ad art. 130; MARIA GALLIANI/LUCA MARCELLINI, in Codice svizzero di procedura penale (CPP), 2010, n. 1 ad art. 130; MARK PIETH, Schweizerisches Strafprozessrecht, 2a ed., 2012, pag. 90; WALTER HAEFELIN, Die amtliche Verteidigung im schweizerischen Strafprozess, 2010, pag. 78, 104 e 258). L'istituto della difesa obbligatoria previsto dall'art. 130 lett. b CPP è per finire improntato anche al principio della parità delle armi, poiché nel caso di richiesta di una pena detentiva superiore a un anno o una misura privativa della libertà, il pubblico ministero deve sostenere personalmente l'accusa al dibattimento (art. 337 cpv. 3 CPP; RUCKSTUHL, loc. cit. n. 16 ad art. 130; sulla difesa facoltativa ai sensi dell'art. 132 cpv. 2 CPP vedi DTF 137 IV 215 consid. 3.1 e 3.2 inediti; sentenze 1B_605/2011 del 4 gennaio 2012 consid. 2.2 e 1B_477/2011 del 4 gennaio 2012 consid. 2.2 in fine; riguardo alle conoscenze giuridiche dell'interessato cfr. DTF 128 I 225 consid. 2.5.2; MOREILLON/ PAREIN-REYMOND, op. cit., n. 24 e 25 ad art. 132).
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3. La ricorrente sostiene che, essendo avvocato di mestiere e cognita del diritto penale, avrebbe il diritto di rifiutare la nomina di un patrocinatore d'ufficio, potendosi difendere da sé.
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3.1 Certo, riguardo al diritto di difendersi da sé dell'art. 6 n. 3 lett. c CEDU parte della dottrina ritiene che l'istituto della difesa obbligatoria non sia scevro da problemi: una disciplina legale che a determinate condizioni imponga una difesa necessaria contro la volontà dell'imputato (DTF 131 I 350 consid. 2.1), pure quando si tratti di un giurista (DTF 95 I 356 consid. I2 b; GÉRARD PIQUEREZ/ALAIN MACALUSO, Procédure pénale suisse, 3a ed., 2011, n. 822 pag. 286, n. 825 pag. 287), viene nondimeno ritenuta ammissibile sotto il profilo della prassi inerente alla CEDU, per lo meno quando il diritto di difendersi attivamente da sé non sia eliminato (LIEBER, loc. cit., n. 8-10 ad art. 130; FELIX BOMMER, Ueber notwendige Verteidigung, in Felix Bommer/Stephen V. Berti (ed.), Verfahrensrecht am Beginn einer neuen Epoche, 2011, pag. 93 segg., pag. 95 seg.).
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3.2 Giova pure ricordare che la difesa contemporanea da parte di un difensore d'ufficio e di uno di fiducia o da parte della ricorrente medesima non è di massima esclusa, salvo nei casi in cui l'imputato, in modo abusivo del diritto, con la continua incessante nomina e destituzione di difensori cerchi di protrarre il procedimento penale (DTF 131 I 185 consid. 3.2.4 e 3.4; sentenza 1B_289/2012 del 28 giugno 2012 consid. 2.3.2 e 2.3.3; cfr. anche art. 127 cpv. 2 CPP; RUCKSTUHL, loc. cit., n. 4 ad art. 130; GALLIANI/MARCELLINI, loc. cit., n. 5 ad art. 130). La nomina di un difensore d'ufficio non sminuisce pertanto i diritti di difesa della ricorrente, ma, semmai, li garantisce maggiormente.
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3.3 In concreto tenuto conto dei numerosi ricorsi, in gran parte inammissibili, o comunque infondati nel merito, inoltrati dalla ricorrente nel quadro delle denunce in esame alle autorità cantonali e anche al Tribunale federale (oltre una dozzina), la criticata nomina è giustificata anche dall'obbligo di assistenza imposto alle autorità. Per di più i termini sconvenienti frequentemente utilizzati dalla ricorrente nel gravame in questione (e in quelli antecedenti) nei confronti delle autorità, delle controparti e dei suoi precedenti legali, espressioni che al limite avrebbero potuto imporre di rinviarlo all'autrice affinché lo modifichi (art. 42 cpv. 6 LTF), sono indicativi di una sua insufficiente obiettività e distanza. Anche sotto questo profilo il contestato provvedimento non appare pertanto ingiustificato, considerata l'importanza che potrebbero assumere detti procedimenti, in particolare in relazione all'esercizio da parte della ricorrente della sua professione.
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Al riguardo, ella pare disattendere che secondo l'esperienza anche l'imputato che dispone di una formazione giuridica deve poter disporre dell'indipendenza e dell'obiettività proprie di un difensore che non sia direttamente toccato dalle accuse mosse dal pubblico ministero, per poterle controbattere in maniera efficace ed effettiva. Nell'ambito del procedimento penale l'imputato non è infatti soltanto soggetto, ma anche oggetto della procedura, per esempio nel caso di adozione di misure coercitive nei suoi confronti o del proprio interrogatorio. In questi casi, come quando la ricorrente si era avvalsa dell'assistenza di legali di fiducia, il ricorso a un difensore assume più la funzione di assistenza che di rappresentanza, ciò che non esclude la sua facoltà di procedere con atti propri in conformità dell'art. 6 n. 3 lett. c CEDU (cfr. LIEBER/DONATSCH, in Donatsch/Schmid (ed.), Kommentar zur Strafprozessordnung des Kantons Zürich vom 4. Mai 1919, 1996-2007, n. 42 al § 11 Abs. 2, pag. 5).
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4.
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Il ricorso, in quanto ammissibile deve pertanto essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
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3.
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Comunicazione alle parti, al Ministero pubblico e alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Losanna, 30 aprile 2013
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In nome della I Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il Presidente: Fonjallaz
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Il Cancelliere: Crameri
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