Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
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{T 0/2}
6B_869/2013
6B_871/2013
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Sentenza del 27 febbraio 2014
Corte di diritto penale
Composizione
Giudici federali Mathys, Presidente,
Eusebio, Oberholzer,
Cancelliere Gadoni.
Partecipanti al procedimento
6B_869/2013
A.________ SA,
patrocinata dall'avv. Mario Molo e
dall'avv. dr. Davide Cerutti,
ricorrente,
e
6B_871/2013
B.________,
patrocinato dall'avv. Mario Molo e
dall'avv. dr. Davide Cerutti,
ricorrente,
contro
1.
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
2. C.C.________,
patrocinato dall'avv. dr. Tuto Rossi,
opponente.
Oggetto
Decreti di abbandono,
ricorsi in materia penale contro le sentenze emanate
il 30 luglio 2013 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
Con esposti del 9 e del 13 dicembre 2011, A.________ SA, società editrice del quotidiano D.________ e B.________, direttore della testata, hanno presentato querela penale per reati contro l'onore e concorrenza sleale contro C.C.________, redattore responsabile del sito internet E.________ e allora direttore del giornale F.________, in relazione ad un articolo intitolato
"D.________: un giornale di assassini?", pubblicato il 5 dicembre 2011 sul sito internet e il 7 dicembre 2011 sul giornale.
Nell'articolo, C.C.________ ascriveva a D.________ il suicidio dell'avv. G.________, avvenuto nella notte tra il 4 e 5 dicembre 2011, il quale non avrebbe retto la pressione mediatica provocata dal quotidiano che aveva pubblicato il 3 dicembre 2011 un articolo in cui il legale era indicato come membro di un'organizzazione criminale. Nella versione su F.________, in un fotomontaggio accanto al testo, era ritratto B.________ con un coltello in mano e gli indumenti macchiati di sangue. C.C.________ ha pure scritto negli articoli oggetto delle querele penali di avere disdetto l'abbonamento a D.________, così come avevano fatto anche molti altri ticinesi, risparmiando fr. 300.--.
B.
Con due distinte decisioni del 21 marzo 2013 il Procuratore pubblico (PP) ha decretato l'abbandono del procedimento contro C.C.________ per i reati di calunnia, diffamazione e infrazione alla legge federale contro la concorrenza sleale (LCSl; RS 241). Il PP ha ritenuto che l'imputato fosse riuscito a provare giusta l'art. 173 n. 2 CP la sua buona fede riguardo all'articolo diffamatorio da lui redatto. Ha poi considerato non realizzati gli elementi costitutivi di un'infrazione alla LCSl.
C.
Con separate sentenze del 30 luglio 2013, la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello (CRP) ha dichiarato irricevibili i reclami presentati dai querelanti contro i decreti di abbandono. Ha ritenuto improponibili le domande ricorsuali di emanare un decreto di accusa e di rinviare in via subordinata gli atti al PP perché procedesse in tal senso. La Corte cantonale è comunque entrata nel merito dei gravami, confermando sostanzialmente le conclusioni del magistrato inquirente.
D.
La A.________ SA e B.________ impugnano le sentenze della Corte cantonale con due distinti ricorsi in materia penale al Tribunale federale, chiedendo di annullarle e di rinviare gli atti all'istanza inferiore, affinché annulli i decreti di abbandono e trasmetta le cause al PP perché emani un decreto o un atto di accusa. I ricorrenti fanno valere l'accertamento manifestamente inesatto dei fatti e la violazione del diritto federale.
E.
La Corte cantonale si rimette al giudizio del Tribunale federale. Il PP chiede di respingere i gravami. Il querelato chiede in via principale di dichiararli inammissibili e in via subordinata di respingerli.
Diritto:
1.
1.1. Le due impugnative riguardano la medesima fattispecie. Le censure sollevate sono analoghe, così come le sentenze impugnate, che si differenziano essenzialmente per il fatto che la violazione della LCSl è stata fatta valere da A.________ SA. Si giustifica pertanto trattare i ricorsi congiuntamente, in un unico giudizio (art. 71 LTF in relazione con l'art. 24 cpv. 2 PC).
1.2. Le decisioni impugnate confermano i decreti di abbandono e pongono quindi fine al procedimento penale. Si tratta di decisioni finali pronunciate in materia penale dall'autorità cantonale di ultima istanza, contro le quali è ammissibile il ricorso in materia penale (art. 78 cpv. 1, 80 cpv. 1 e 90 LTF). I ricorsi sono tempestivi (art. 100 cpv. 1 in relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. b LTF). I ricorrenti sono legittimati ad adire il Tribunale federale giusta l'art. 81 cpv. 1 lett. b n. 5 LTF, siccome hanno partecipato alla procedura dinanzi alla precedente istanza e hanno sufficientemente spiegato quali pretese civili (di risarcimento del danno per la perdita di abbonati al quotidiano e di riparazione del torto morale) intendono fare valere nei confronti di C.C.________.
2.
2.1. Secondo i ricorrenti, la Corte cantonale avrebbe violato l'art. 397 CPP ritenendo irricevibili i reclami per il fatto che nelle conclusioni avevano domandato, in via principale, di emanare un decreto d'accusa nei confronti del querelato e, in via subordinata, di annullare il decreto di abbandono e rinviare gli atti al PP per l'emanazione di un decreto o atto d'accusa. Sostengono che la CRP avrebbe ignorato il cpv. 2 dell'art. 397 CPP, omettendo di considerare la facoltà di riformare o cassare la decisione del PP.
2.2. Giusta l'art. 397 cpv. 2 CPP, se accoglie il reclamo, la giurisdizione di reclamo emana una nuova decisione o annulla la decisione impugnata, rinviandola alla giurisdizione inferiore perché statuisca nuovamente. Secondo l'art. 397 cpv. 3 CPP, se accoglie il reclamo contro un decreto d'abbandono, la giurisdizione di reclamo può impartire al pubblico ministero o all'autorità penale delle contravvenzioni istruzioni circa il seguito della procedura. Il rimedio del reclamo può quindi avere sia effetto riformatorio sia cassatorio (cfr. messaggio concernente l'unificazione del diritto processuale penale, del 21 dicembre 2005, in FF 2006, pag. 989 segg., in particolare pag. 1215; NIKLAUS SCHMID, Schweizerische Strafprozessordnung, Praxiskommentar, 2a ed., 2013, n. 2 all'art. 397).
2.3. La Corte cantonale ha richiamato unicamente il cpv. 3 della citata disposizione e ritenuto che non poteva emanare un decreto d'accusa, né ordinare al PP di farlo, potendo eventualmente solo imporgli di chiudere l'istruzione e di procedere celermente nelle proprie incombenze. In concreto, le conclusioni dei reclamanti erano comunque chiare e tendevano in sostanza all'annullamento del decreto di abbandono, siccome erano dati sufficienti indizi di colpevolezza a carico del querelato. A prescindere dalla formulazione del petitum dei reclami, la CRP avrebbe quindi anche potuto soltanto annullare i decreti impugnati e rinviare gli atti al PP per una nuova decisione, conformemente all'art. 397 cpv. 2 CPP. Ritenendo irricevibili i gravami dei ricorrenti già per il solo fatto ch'essi non avevano esplicitamente formulato una simile domanda, la Corte cantonale è incorsa in un formalismo eccessivo. Va altresì rilevato che, contrariamente a quanto ritenuto dalla CRP, qualora ne siano dati i presupposti, l'istruzione impartita al PP di promuovere l'accusa è di massima ammissibile (cfr. sentenza 1B_480/2012 del 6 marzo 2013 consid. 4 e 5).
3.
La questione di sapere se un procedimento penale possa essere abbandonato dal pubblico ministero deve essere vagliata sulla base del principio "in dubio pro duriore", che deriva dal principio della legalità (art. 5 cpv. 1 Cost. e 2 cpv. 2 CPP in relazione con gli art. 319 cpv. 1 e 324 CPP ; DTF 138 IV 86 consid. 4.2). Esso comporta che, di massima, un abbandono o un non luogo a procedere non possono essere decretati se non quando appaia chiaramente che i fatti non sono punibili o le condizioni per il perseguimento penale non sono adempiute. In quest'ambito, il pubblico ministero e l'autorità di ricorso dispongono di un potere di apprezzamento che il Tribunale federale esamina con ritegno. Per contro, l'accusa dev'essere di principio promossa, nella misura in cui non entri in linea di conto l'emanazione di un decreto d'accusa, quando una condanna appaia più verosimile che un'assoluzione (DTF 138 IV 86 consid. 4.1.1; 137 IV 219 consid. 7.1-7.2 pag. 226 seg.). Ugualmente, quando la probabilità di assoluzione e di condanna appaiono equivalenti, di massima s'impone la promozione dell'accusa, in particolare quando il reato è grave (cfr. DTF 138 IV 86 consid. 4.1.2; sentenza 1B_248/2012 del 2 ottobre 2012 consid. 2.6, in: RtiD I-2013, pag. 160 segg.).
4.
4.1. I ricorrenti sostengono che la Corte cantonale avrebbe ravvisato in modo manifestamente inesatto una controversia politica, dandola per acquisita come fatto notorio. Sulla scorta di questo accertamento, arbitrario, a torto avrebbe poi ammesso il querelato alla prova liberatoria, violando di conseguenza l'art. 173 n. 3 CP.
4.2. Si rende colpevole di diffamazione ai sensi dell'art. 173 n. 1 CP chiunque, comunicando con un terzo, incolpa o rende sospetta una persona di condotta disonorevole o di altri fatti che possano nuocere alla reputazione di lei, come pure chiunque divulga una tale incolpazione o un tale sospetto. Giusta l'art. 173 n. 2 CP, il colpevole non incorre in alcuna pena se prova di avere detto o divulgato cose vere oppure prova di avere avuto seri motivi di considerarle vere in buona fede. L'art. 173 n. 3 CP prevede che il colpevole non è ammesso a fare prova della verità ed è punibile se le imputazioni sono state proferite o divulgate senza che siano giustificate dall'interesse pubblico o da altro motivo sufficiente, prevalentemente nell'intento di fare della maldicenza, in particolare quando si riferiscono alla vita privata o alla vita di famiglia. La giurisprudenza e la dottrina interpretano restrittivamente le condizioni poste dall'art. 173 n. 3 CP. Di massima, il colpevole deve essere ammesso a fornire le prove liberatorie, questa possibilità potendo essergli rifiutata soltanto eccezionalmente. Perché tali prove siano escluse, occorre, da una parte, che l'imputato abbia tenuto i suoi propositi lesivi dell'onore senza un sufficiente motivo d'interesse pubblico o privato, dall'altra, che abbia agito principalmente nell'intento di fare della maldicenza. Queste due condizioni devono essere adempiute cumulativamente (DTF 132 IV 112 consid. 3.1).
Fatta eccezione del regime particolare derivante dall'art. 28a CP, il giornalista non beneficia di alcun privilegio in caso di lesione dell'onore perpetrata per mezzo della stampa (DTF 137 IV 313 consid. 2.1.5). Il giudice può nondimeno tenere conto della situazione e della missione specifica della stampa nella misura in cui la legge gli concede una latitudine di giudizio, come è il caso per le questioni dei motivi sufficienti, dell'interesse pubblico alla divulgazione e del dovere di verifica delle informazioni (DTF 131 IV 160 consid. 3.3.2).
4.3. In concreto, la Corte cantonale ha riconosciuto che mediante l'incriminata pubblicazione, tacciando D.________ di
"giornale di assassini" per avere indotto l'avv. G.________ al suicidio, l'imputato aveva leso l'onore penalmente protetto dei ricorrenti. Ha lasciato indecisa la questione di sapere se l'intento del colpevole, che aveva chiesto di essere ammesso alla prova liberatoria, fosse prevalentemente quello di oltraggiare il quotidiano e quindi il suo direttore e la sua società editrice. Ha infatti ritenuto che era comunque dato un interesse pubblico e in ogni caso un motivo sufficiente alla divulgazione. La CRP al riguardo ha rilevato come fosse noto a chi legge i giornali e segue la cronaca locale che, nel corso del 2011, anno in cui si eleggevano i membri dell'esecutivo e del legislativo cantonale e quelli del legislativo federale, si è accentuato il confronto tra, da una parte, il movimento H.________ e i suoi sostenitori (tra i quali I.________ e F.________) e, dall'altra parte, un gruppo di persone sostanzialmente identificabile con l'associazione J.________, che criticava duramente le opinioni e il modo di esprimerle di H.________ e dei suoi media di riferimento. Sempre secondo quanto esposto dalla CRP, il movimento leghista si manifestava sul suo giornale domenicale, sul sito online e su F.________, mentre D.________ lo criticava sostenendo la parte avversa. La Corte cantonale ha ritenuto che nell'esame dell'ammissione del querelato alla prova liberatoria non si poteva prescindere da questo contesto politico e giornalistico esistente nel periodo della pubblicazione incriminata.
I ricorrenti sostengono che l'accertamento relativo al "contesto politico" sarebbe arbitrario, siccome non troverebbe riscontro negli atti e sarebbe anzi fondato sul nulla. Sottolineano che D.________ è un quotidiano indipendente, non un organo di partito, e che le elezioni cantonali e federali citate dalla CRP sarebbero avvenute prima dei fatti oggetto del litigio, che non concernono peraltro alcun evento politico. La censura è fondata giacché l'accertamento relativo a una controversia politica è considerato dalla Corte cantonale semplicemente quale fatto noto a chi legge i giornali, ma non è basato su specifici riscontri agli atti. Del resto, la fattispecie concerne la modalità con cui è stato redatto un articolo giornalistico di cronaca giudiziaria e non rientra in un dibattito politico. I ricorrenti non risultano essere stati attaccati dall'imputato in quanto politici o per avere espresso determinate opinioni politiche ma in quanto direttore e società editrice del quotidiano in discussione, per il contenuto dell'articolo che collegava l'avv. G.________ a un'organizzazione criminale. L'accertamento della CRP relativo a una controversia di natura politica non trova pertanto fondamento negli atti ed è di conseguenza arbitrario.
4.4. Visto l'esito del gravame, non occorre esaminare se la decisione della CRP di ammettere il querelato alla prova liberatoria è comunque conforme all'art. 173 n. 3 CP, poiché in ogni modo vi sarebbero stati motivi sufficienti per ponderare la liceità degli articoli incriminati. Va in effetti rilevato che il pezzo giornalistico pubblicato da D.________ era oltremodo discutibile, ove si consideri che dava come
"già ben delineato" un coinvolgimento dell'avv. G.________ in un procedimento penale condotto in Italia addebitandogli gravi accuse, quando in realtà la situazione non era ancora chiarita, né tantomeno i fatti erano stati oggetto di decisioni giudiziarie definitive. La giurisprudenza esige infatti che la stampa dia prova di particolare circospezione e tenga conto della presunzione d'innocenza, quando si tratta di riportare notizie su una procedura penale pendente, in cui l'eventuale reato non è ancora stato accertato mediante una decisione cresciuta in giudicato (cfr. DTF 122 IV 311 consid. 2c; 116 IV 31 consid. 5a).
5.
5.1. Secondo i ricorrenti, quand'anche si volesse ammettere il querelato a fornire la prova liberatoria, essa non sarebbe riuscita. Sostengono che C.C.________ avrebbe dato per scontato che la causa del suicidio del legale era l'articolo pubblicato su D.________, omettendo di eseguire le verifiche che gli sarebbero spettate in quanto giornalista.
5.2. Come visto, giusta l'art. 173 n. 2 CP, il colpevole non incorre in alcuna pena se prova di avere detto o divulgato cose vere oppure prova di avere avuto seri motivi di considerarle vere in buona fede. L'imputato deve quindi dimostrare di avere compiuto gli atti che si potevano pretendere da lui per controllare la veridicità di quanto affermato. Deve, in altre parole, provare che ha creduto alla veridicità delle sue allegazioni, dopo avere fatto coscienziosamente tutto quanto ci si poteva attendere da lui per assicurarsi della loro esattezza. Una particolare prudenza è inoltre richiesta a chi dà larga diffusione alle proprie affermazioni mediante un mezzo di comunicazione di massa (DTF 128 IV 53 consid. 2a; 124 IV 149 consid. 3b). L'autore non può fidarsi ciecamente delle dichiarazioni di un terzo. Per determinare se l'imputato aveva seri motivi di considerare in buona fede come vere le sue allegazioni, occorre fondarsi esclusivamente sugli elementi di cui aveva conoscenza al momento in cui le ha proferite. Mezzi di prova scoperti successivamente o fatti posteriori non possono per contro essere presi in considerazione (DTF 124 IV 149 consid. 3b).
5.3. Secondo gli accertamenti dell'autorità cantonale, vincolanti per il Tribunale federale (cfr. art. 105 cpv. 1LTF), il querelato ha pubblicato l'articolo incriminato dopo avere letto il pezzo apparso su D.________ e dopo avere parlato con suo zio, K.C.________, il quale gli avrebbe riferito che il padre dell'avv. G.________ si era presentato presso i suoi uffici asserendo che il suicidio del figlio era stato causato dall'articolo pubblicato sul quotidiano dei ricorrenti. Risulta quindi che il querelato ha attribuito la morte del legale direttamente a D.________, utilizzando peraltro l'espressione particolarmente grave di
"assassini", riportando semplicemente quanto riferitogli da un terzo. Il fatto che quest'ultimo fosse suo parente non lo dispensava tuttavia dall'eseguire verifiche ed approfondimenti sulla situazione del legale e sullo stato della procedura penale. In considerazione della fattispecie delicata, della gravità del rimprovero mosso al quotidiano e del fatto che l'espressione lesiva dell'onore è stata divulgata mediante mezzi di comunicazione di massa di cui l'imputato era direttore, rispettivamente redattore responsabile, si sarebbe imposta una maggiore circospezione. In tali circostanze, ritenendo ch'egli avesse compiuto tutti gli atti che si potevano ragionevolmente esigere da lui per assicurarsi dell'esattezza delle accuse rivolte a D.________, la Corte cantonale ha disatteso l'art. 173 n. 2 CP.
6.
6.1. La A.________ SA critica infine la CRP per non avere ravvisato un'infrazione alla LCSl, in particolare perché avrebbe accertato a torto che l'imputato non aveva esortato gli abbonati a rescindere il contratto né li aveva incitati a sottoscriverne altri con i media da lui diretti. Sostiene che la Corte cantonale non avrebbe tenuto conto delle frasi denigratorie contenute nell'articolo incriminato, secondo cui i giornalisti di D.________
"ammazzano la gente", nonché del complesso della campagna negativa nei confronti del giornale, continuata per diverse settimane. Adduce altresì che i giudici cantonali avrebbero omesso di prendere in considerazione i risultati delle statistiche wemf/remp, che dimostrerebbero una perdita rilevante di abbonamenti nel periodo in questione.
6.2. La Corte cantonale ha circoscritto l'esame del reato di concorrenza sleale alla dichiarazione
"Noi, intanto, abbiamo disdetto l'abbonamento a D.________, . E come noi molti altri ticinesi, soprattutto nel Sottoceneri. 300 Franchi ben risparmiati!". Ha quindi omesso di considerare che nell'articolo incriminato il quotidiano era pure tacciato di
"giornale di assassini", espressione ritenuta come visto diffamatoria dalla stessa CRP. Per quali ragioni tale espressione non può costituire anche un'allegazione denigratoria ai sensi dell'art. 3 cpv. 1 lett. a LCSl non è spiegato nel giudizio impugnato. D'altra parte, la constatazione della Corte cantonale, secondo cui l'imputato non ha incitato gli abbonati di D.________ a disdire i contratti, non appare appieno corretta ove si consideri il tenore della citata dichiarazione e il contesto in cui è stata proferita, in particolare alla luce del fatto che la ricorrente aveva prodotto con la querela anche l'edizione del 4 dicembre 2011 di I.________ in cui l'invito risultava esplicito. Non è poi decisivo che il querelato non abbia esortato i lettori a stipulare abbonamenti alle pubblicazioni da lui dirette, giacché sotto il profilo della LCSl non è necessario che l'autore sia lui stesso un concorrente. Questa legge si applica infatti anche nei confronti di persone che non sono in rapporto diretto di concorrenza con il fornitore o il cliente interessato, in particolare anche nei confronti dei giornalisti (DTF 120 II 76 consid. 3a; 117 IV 193 consid. 1). È piuttosto rilevante che il comportamento dell'autore sia riferito direttamente alla concorrenza e sia oggettivamente idoneo, questione comunque da accertare, a influenzare il mercato (DTF 126 III 198 consid. 2c/aa; 124 IV 262 consid. 2b). Nonostante gli elementi disponibili, tali aspetti non sono stati esaminati nella fattispecie.
7.
Tutto ciò considerato, non risulta chiaramente che i fatti in discussione non sono punibili o che le condizioni per il perseguimento penale non sono adempiute. L'emanazione di un decreto di abbandono a questo stadio della procedura viola pertanto il principio "in dubio pro duriore", che esige in caso di dubbio la continuazione della procedura.
8.
Ne segue che i ricorsi devono essere accolti. Le sentenze impugnate sono annullate e gli atti sono rinviati alla Corte cantonale, affinché si pronunci nuovamente sulla fattispecie tenendo conto di quanto esposto. Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico dell'opponente (art. 66 cpv. 1 e art. 68 cpv. 1 LTF ).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Le cause 6B_869/2013 e 6B_871/2013 sono congiunte.
2.
I ricorsi sono accolti e le sentenze impugnate sono annullate. Le cause sono rinviate alla CRP per una nuova decisione nel senso dei considerandi.
3.
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico di C.C.________, che rifonderà alla A.________ SA un'indennità di fr. 2'000.-- e a B.________ un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale.
4.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico e alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 27 febbraio 2014
In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Mathys
Il Cancelliere: Gadoni