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Original
 
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
[img]
{T 0/2}
2C_720/2014
Sentenza del 12 maggio 2015
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Zünd, Presidente,
Haag, De Rossa Gisimundo, Giudice supplente,
Cancelliere Savoldelli.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinata dall'avv. Claudia Conca Soldati,
ricorrente,
contro
Autorità di vigilanza sull'esercizio delle
professioni di fiduciario, 6501 Bellinzona.
Oggetto
Autorizzazione ad esercitare la professione di
fiduciario commercialista e immobiliare,
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 10 giugno 2014 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
A.________ ha conseguito l'attestato federale di capacità quale impiegata di commercio nel 1987, dopo aver svolto un apprendistato presso la banca B.________ a Lugano. In seguito ha lavorato in qualità di contabile alle dipendenze di diverse società, tra le quali la C.________ (attiva nel settore fiduciario commercialistico e immobiliare), da luglio 1992 a dicembre 1993. Dopo un periodo di pausa di due anni per maternità, ha poi ripreso la propria attività lavorando presso la D.________SA di X.________ in veste di amministratrice, dal 1996 al 2003. Dal luglio 2003, è amministratrice unica della E.________SA di Y.________ e si occupa di consulenza commerciale e aziendale, di registrazioni contabili di piccole aziende e dell'intermediazione in ambito di compravendite di attività commerciali.
Parallelamente alla sua attività professionale, A.________ ha seguito alcuni corsi di postformazione, essenzialmente nel ramo contabile e il 18 ottobre 2012, dopo aver frequentato il relativo corso triennale, ha ottenuto l'Attestato federale di fiduciario.
Il 16 luglio 2013 A.________ ha chiesto all'Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario del Cantone Ticino (in seguito: l'Autorità di vigilanza) il rilascio delle autorizzazioni all'esercizio delle professioni di fiduciario commercialista e immobiliare.
B.
L'Autorità di vigilanza si è pronunciata negativamente con una prima decisione datata 17 ottobre 2013, riferita tuttavia soltanto alla richiesta tendente all'ottenimento dell'autorizzazione all'esercizio della professione di fiduciario commercialista. L'interessata ha quindi tempestivamente impugnato tale pronuncia contestando, oltre al merito della stessa, anche il fatto che essa non si fosse determinata sulla richiesta relativa all'esercizio della professione di fiduciario immobiliare. Il 13 novembre 2013, quindi, l'Autorità di vigilanza, accortasi della svista, ha emanato - in sostituzione della precedente - una nuova decisione con la quale ha respinto entrambe le domande, ritenendo essenzialmente che A.________ non avesse acquisito il periodo di due anni di pratica imposto dalla legge secondo le modalità e le tempistiche stabilite dalla prassi in materia. Dei motivi si dirà in seguito, per quanto necessario.
C.
Con sentenza 10 giugno 2014, il Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, dinanzi al quale A.________ ha impugnato anche la seconda decisione del 13 novembre 2013 dell'Autorità di vigilanza, ha respinto sia il ricorso contro quest'ultima, sia (nella misura in cui non era divenuto privo d'oggetto a seguito della seconda decisione) quello contro la prima decisione del 17 ottobre 2013. Dopo aver ritenuto che la seconda decisione non avesse del tutto reso priva d'oggetto la prima, la Corte cantonale - nel merito - ha giudicato che la ricorrente disponesse (dal 18 ottobre 2012, data del conseguimento del diploma di fiduciaria con attestato federale) di un titolo di studio riconosciuto per l'ottenimento dell'autorizzazione ad operare quale fiduciario commercialista (art. 11 lett. d della legge ticinese sull'esercizio delle professioni di fiduciario del 1° dicembre 2009 [LFid; RL/TI 11.1.4.1]). Ha tuttavia considerato che non fosse soddisfatta la condizione relativa allo svolgimento del periodo di pratica di due anni nello specifico settore di attività, secondo le modalità e le tempistiche poste dalla giurisprudenza in materia. I giudici cantonali hanno in effetti constatato che le esperienze maturate dalla ricorrente prima dell'ottenimento del diploma non possono essere prese in considerazione poiché, per prassi, l'acquisizione delle conoscenze teoriche deve precedere la pratica professionale e che, comunque, quelle che potrebbero essere determinanti poiché svolte in una posizione subordinata, ovvero sotto la sorveglianza e responsabilità di un professionista autorizzato, difetterebbero del necessario legame temporale ragionevole con il momento dell'inoltro della richiesta dell'autorizzazione. Infine, il Tribunale cantonale amministrativo ha negato che fosse stata violata la libertà economica dell'interessata siccome la limitazione, supportata da una valida base legale, appare dettata da preminenti interessi pubblici ed è proporzionale.
D.
Il 18 agosto 2014 A.________ ha interposto dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata e che le siano rilasciate le due autorizzazioni richieste. Censura, in sintesi, la violazione della sua libertà economica, la limitazione imposta alla stessa dalla normativa non essendo a suo avviso sorretta da una base legale sufficientemente chiara e non rispettando il principio della proporzionalità. Invoca inoltre un'incompatibilità della legge cantonale con i principi instaurati dalla legge federale del 6 ottobre 1995 sul mercato interno (LMI; RS 943.02).
Chiamati ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nelle motivazioni e nelle conclusioni del giudizio impugnato senza formulare osservazioni, mentre l'Autorità di vigilanza ha proposto la reiezione del gravame con argomentazioni che verranno riprese, per quanto necessario, più oltre.
Diritto:
1.
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la propria competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 137 I 371 consid. 1 pag. 372 e rinvio).
1.2. Di carattere finale (art. 90 LTF), la decisione contestata è stata emanata da un'autorità di ultima istanza cantonale con natura di tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF) e riguarda una causa di diritto pubblico (art. 82 LTF).
1.3. La decisione querelata verte sostanzialmente sulla questione se la richiedente soddisfi o meno la condizione posta dall'art. 8 cpv. 1 lett. d LFid in relazione all'assolvimento del periodo di pratica professionale biennale. Occorre quindi verificare se il ricorso sia escluso in virtù dell'art. 83 lett. t LTF, secondo cui il rimedio ordinario è inammissibile contro le decisioni concernenti l'esito di esami e di altre valutazioni della capacità, segnatamente nei settori della scuola, del perfezionamento e dell'esercizio della professione. Orbene, secondo la giurisprudenza, l'art. 83 lett. t LTF rende inammissibile il ricorso laddove la decisione di accesso ad una professione dipenda dalla valutazione delle capacità personali dell'interessato, ad esempio dalla presa in considerazione della sua esperienza professionale (DTF 136 II 61 consid. 1.1.1 pag. 63 e sentenze 2D_14/2009 del 2 aprile 2009 consid. 1 e 2C_438/2008 del 16 ottobre 2008 consid. 2), ma non si applica quando, senza che il risultato stesso dell'esame sia controverso, occorre stabilire se un esame o un titolo sia necessario o meno per ottenere l'autorizzazione ad esercitare una professione (sentenze 2C_417/2011 del 13 gennaio 2012 consid. 1.3 e 2C_1016/2011 del 3 maggio 2012 consid. 1.1 con rinvii, non pubblicato in DTF 138 I 196).
In concreto, la sentenza impugnata si china sulla possibilità di considerare o meno l'attività professionale svolta dalla ricorrente negli anni precedenti il conseguimento del titolo di studio come periodo di pratica biennale ai sensi dell'art. 8 cpv. 1 lett. d LFid. In questa sede, la decisione di non concedere all'insorgente l'autorizzazione all'esercizio della professione di fiduciario non è direttamente legata alle attitudini personali della stessa. Non si tratta in particolare di valutare dal profilo qualitativo le capacità e le competenze da lei acquisite nel corso della sua esperienza professionale, bensì di individuare - mediante un'interpretazione della legge cantonale - le modalità e soprattutto il momento rispetto al conseguimento del titolo di studio determinanti per lo svolgimento della pratica professionale (in senso analogo, sentenza 2C_738/2013 del 27 novembre 2013, consid. 1.2). L'aspetto della valutazione delle capacità personali della ricorrente non entra per contro in considerazione, o conserva comunque un carattere meramente accessorio, per cui occorre ammettere che la fattispecie non ricade sotto l'art. 83 lett. t LTF.
1.4. Presentato in tempo utile (art. 46 cpv. 1 lett. b in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) e nella forma prescritta dalla legge (art. 42 cpv. 1 LTF) dalla destinataria dell'atto impugnato, che ha un interesse degno di protezione all'annullamento del medesimo (art. 89 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia di diritto pubblico è quindi di massima ammissibile.
2.
2.1. Con il ricorso in materia di diritto pubblico può in particolare venir censurata la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 133 III 446 consid. 3.1 pag. 447 seg.). Salvo che per i casi citati espressamente dall'art. 95 LTF, con il ricorso in materia di diritto pubblico non può invece essere criticata la violazione del diritto cantonale, di cui può semmai essere denunciata un'applicazione arbitraria (DTF 133 III 462 consid. 2.3 pag. 466).
2.2. Di principio, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF); esso non è vincolato né agli argomenti fatti valere nel ricorso né ai considerandi sviluppati dall'istanza precedente. La violazione di diritti fondamentali è tuttavia esaminata unicamente se il ricorrente ha sollevato e motivato tale censura (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246). Nella sua impugnativa, è necessario che egli specifichi quali diritti ritiene lesi ed esponga le critiche in modo chiaro e circostanziato, accompagnandole da un'argomentazione esaustiva; in caso di asserita violazione del divieto d'arbitrio, segnatamente in relazione all'applicazione del diritto cantonale, deve spiegare in che misura la decisione impugnata sia - non solo a livello di motivazione, ma anche di risultato - manifestamente insostenibile, gravemente lesiva di una norma o di un principio giuridico indiscusso, oppure in contraddizione urtante con il sentimento di giustizia ed equità (DTF 133 III 393 consid. 6 pag. 397; 129 I 8 consid. 2.1 pag. 9). Il Tribunale federale non entra invece nel merito di critiche formulate in maniera puramente appellatoria (DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246).
2.3. Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Esso può scostarsene solo se è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, profilo sotto il quale viene esaminato anche l'apprezzamento delle prove addotte (DTF 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560; sentenza 2C_959/2010 del 24 maggio 2011 consid. 2.2). A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non tiene inoltre conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono in ogni caso essere posteriori al giudizio impugnato (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 343 consid. 2.1 pag. 343 seg.).
2.4. In quanto volto a criticare i disposti su cui poggia il rifiuto del rilascio delle autorizzazioni (cfr. consid. D), il gravame è ugualmente ammissibile. Per mezzo dell'impugnazione di un atto concreto davanti al Tribunale federale può in effetti essere fatta valere anche l'incostituzionalità della norma applicata (cosiddetto controllo accessorio: DTF 133 I 1 consid. 5.6 pag. 5). Va tuttavia precisato che, quando si esprime in un simile contesto, il Tribunale federale non esamina la conformità alla Costituzione con riguardo a tutte le fattispecie possibili, bensì unicamente nell'ottica del caso specifico e, qualora la critica si dimostrasse fondata, annulla solamente l'atto concreto, non invece la norma litigiosa sulla quale esso si basa (DTF 132 I 49 consid. 4 pag. 54; 131 I 272 consid. 3.1 pag. 274 e rinvii).
3.
La libertà economica garantita dall'art. 27 Cost. include in particolare la scelta della professione, il libero accesso a un'attività economica privata e il suo esercizio. Anche chi esercita la professione di fiduciario - nel senso inteso dalla legge qui applicabile - può quindi richiamarsi, in linea di principio, a questa garanzia costituzionale (sentenze 2C_536/2009 del 21 giugno 2010 in RtiD I-2011, n. 25, consid. 4.1 con riferimenti e 2C_1022/2013 del 25 marzo 2014, in RtiD II-2014, n. 31, consid. 5.2). Come tutti i diritti fondamentali, anche la garanzia della libertà economica non è tuttavia assoluta. Essa può essere soggetta a limitazioni, secondo le condizioni previste dall'art. 36 Cost. Ogni restrizione deve cioè fondarsi su una base legale sufficiente, essere giustificata da un interesse pubblico o dalla protezione di diritti fondamentali altrui ed essere proporzionata allo scopo perseguito. La proporzionalità dev'essere data a livello dei contenuti della norma stessa. Nella misura in cui essa conferisca all'autorità un potere di apprezzamento, proporzionale deve però anche essere la sua applicazione in un caso concreto (Pierre Moor, Droit administratif, vol. I, 2a ed. 2012, pag. 809 seg.; Paul Richli, Grundriss des schweizerischen Wirtschaftsverfassungsrechts, 2007, pag. 95 segg.). Chiamato ad esprimersi in merito, il Tribunale federale esamina liberamente tali aspetti (sentenza 2C_655/2009 del 23 marzo 2010 consid. 4.1 con rinvii). Nella fattispecie, dati i gravi effetti dell'atto impugnato, libero è inoltre pure l'esame dell'interpretazione e dell'applicazione del diritto cantonale ad essi connesso (DTF 134 I 153 consid. 4.2.2 pag. 157 seg.).
4.
4.1. L'art. 1 cpv. 1 LFid prescrive che le attività di fiduciario commercialista, fiduciario immobiliare e fiduciario finanziario svolte per conto di terzi a titolo professionale nel Cantone Ticino sono soggette ad autorizzazione. Tra i requisiti necessari per il suo rilascio - che compete all'Autorità di vigilanza - l'art. 8 cpv. 1 lett. d LFid impone il possesso di un titolo di studio riconosciuto ed il compimento di un periodo di due anni di pratica in Svizzera nel ramo per il quale si domanda l'autorizzazione. Costituiscono tra l'altro titoli di studio riconosciuti per l'ottenimento dell'autorizzazione di fiduciario commercialista e di fiduciario immobiliare "l'attestato professionale in finanza e contabilità o di fiduciario" (art. 11 cpv. 1 lett. d, rispettivamente cpv. 2 lett. f LFid).
4.2. Come accennato in precedenza, il rifiuto dell'autorizzazione poggia sul fatto che l'esperienza professionale maturata dall'istante, che peraltro è in possesso di un titolo di studio riconosciuto (diploma di fiduciaria con attestato professionale federale), non ottempera, per tempistica e modalità, alle esigenze poste dall'art. 8 cpv. 1 lett. d LFid. Secondo il Tribunale cantonale amministrativo, benché la normativa in questione non lo precisi espressamente, la sua ratio impone che il periodo di pratica sia svolto in posizione subordinata, ovvero sotto la sorveglianza e la responsabilità di un professionista autorizzato, garante verso la clientela della competenza e dell'affidabilità richieste dalla legge. Le sue finalità richiedono inoltre, sempre a mente della Corte cantonale, che vi sia un legame temporale ragionevole tra lo svolgimento della pratica e il momento in cui viene chiesta l'autorizzazione e, d'altro canto, che l'acquisizione delle conoscenze teoriche preceda la pratica professionale (sentenza impugnata, consid. 4.1 con i rinvii).
4.3. La ricorrente non contesta né la facoltà del Cantone Ticino di sottoporre ad autorizzazione l'esercizio dell'attività di fiduciario, né il principio di esigere, per poter ottenere tale autorizzazione, l'adempimento di condizioni personali specifiche. Se è cosciente che una limitazione della libertà economica (art. 27 Cost.) è ammissibile alle condizioni poste dall'art. 36 Cost., afferma però che difetterebbe il requisito della base legale sufficiente. In sintesi, ponendo tali precise e stringenti esigenze in relazione alle modalità dello svolgimento del periodo di pratica, la decisione impugnata sarebbe andata oltre il tenore della norma, che si limita a porre la condizione della durata e del luogo in cui deve essere svolta la pratica. Inoltre, la decisione impugnata violerebbe il principio della proporzionalità siccome non avrebbe tenuto in considerazione la lunga esperienza professionale maturata.
Le censure che l'insorgente oppone sono invero formulate in maniera piuttosto generica e poco strutturata. Per la maggior parte hanno inoltre carattere appellatorio e sono pertanto inammissibili. La ricorrente si limita ad evocare le sue pregresse esperienze lavorative sia sotto la responsabilità di professionisti fiduciari, sia in posizione indipendente, adducendo che le stesse le avrebbero procurato un bagaglio di competenza e professionalità tale da assicurare l'interesse pubblico perseguito dalla legge. Non spiega però in maniera chiara e diffusa i motivi per i quali non considerare tale sua esperienza e la sua attuale posizione di amministratrice della E.________SA ai fini della pratica costituirebbe una restrizione inammissibile della libertà economica o sarebbe arbitrario. Dalle sue argomentazioni va pertanto in sostanza ritenuto che controversa è unicamente la questione relativa alla finestra temporale nella quale la legge impone di svolgere la pratica professionale sotto la responsabilità di un professionista autorizzato. Su questo punto occorre quindi interpretare la legge.
5.
5.1. La legge s'interpreta esaminandone dapprima il testo (interpretazione letterale). Quando una norma non è assolutamente chiara, si presta a più interpretazioni o se vi sono motivi fondati per ritenere che la lettera non riproduca il senso vero della disposizione, occorre tuttavia delinearne la portata tenendo conto del suo senso e scopo (interpretazione teleologica), della relazione con altri disposti (interpretazione sistematica) e dei lavori preparatori (interpretazione storica). Applicando tali metodi, il Tribunale federale non ne privilegia uno in particolare, preferendo ispirarsi a un pluralismo interpretativo (DTF 136 II 233 consid. 4.1 pag. 236; 134 II 308 consid. 5.2 pag. 311; 131 II 562 consid. 3.5 pag. 567); nel caso siano possibili più interpretazioni, esso opta inoltre per quella che corrisponde al meglio alle prescrizioni di rango costituzionale (DTF 136 II 149 consid. 3 pag. 154 con rinvii).
5.2. L'art. 8 cpv. 1 lett. d LFid impone, come detto, oltre al possesso di un titolo di studio riconosciuto, un periodo di pratica biennale in Svizzera, nello specifico settore di attività. Nondimeno, la legge non precisa né il momento in cui deve essere svolto il periodo di pratica, né le relative modalità. Sul punto specifico, il contenuto della norma è stato ripreso senza modifiche dalla previgente legge ticinese sull'esercizio delle professioni di fiduciario del 18 giugno 1984 (art. 8 cpv. 1 lett. e vLFid). Il Messaggio n. 5896 del 6 marzo 2007 concernente la revisione della suddetta legge non si china sulla questione. A ragione, quindi, la Corte cantonale ha assunto che dovessero valere i principi sviluppati riguardo alla previgente legge.
5.2.1. L'esigenza di un periodo di pratica è una misura di polizia a tutela della collettività, destinata a garantire che alle conoscenze acquisite nell'ambito di una formazione teorica venga abbinata un'esperienza professionale diretta (Mauro Bianchetti, Aspetti giuridici concernenti l'applicazione della Legge sull'esercizio delle professioni di fiduciario, in RDAT I-2000 pag. 39 con riferimenti). Già in passato, sotto l'egida della previgente legge, il Tribunale federale ha considerato che tale esigenza fosse sorretta da un sufficiente interesse pubblico ed adeguata alle finalità perseguite dalla legge. Ha al riguardo giudicato che i requisiti cumulativi di titolo di studio e periodo di pratica erano sorretti da ragioni pertinenti, erano idonei a tutelare l'interesse pubblico e la buona fede commerciale e rispettavano il principio della proporzionalità. In particolare, il titolo di studio attesta l'acquisizione delle conoscenze tecniche e specialistiche (contabili, economiche e giuridiche) necessarie per l'esercizio della professione e assicura uno standard minimo di preparazione. Protegge inoltre, unitamente all'esperienza pratica, dai pericoli derivanti dall'attività di persone non qualificate, incapaci e inesperte. Per contro, il periodo di pratica, da solo, non garantisce sufficientemente l'interesse pubblico, nemmeno se fosse accompagnato da un esame finale (sentenza 2C_204/2010 del 24 novembre 2011, in RtiD I-2012, n. 22, consid. 5 e 6.2 con riferimenti).
Se tale è la sua legittima finalità, appare logico ammettere - da un lato - che la pratica debba essere svolta in posizione subordinata, ovvero sotto la sorveglianza e la responsabilità di un professionista autorizzato che si renda garante della competenza e dell'affidabilità richieste dalla legge e - d'altro lato - che l'acquisizione delle conoscenze teoriche debba precedere la pratica professionale (per la giurisprudenza cantonale in questo senso, cfr. la sentenza del Tribunale cantonale amministrativo n. 52.2012.54 delll'11 luglio 2013, in RtiD I-2014, n. 16, consid. 4.1), la quale serve quindi a mettere in atto sotto la guida di un professionista già sperimentato le conoscenze acquisite nel corso della propria formazione (in senso analogo, sentenza 2C_738/2013 del 27 novembre 2013 consid. 4.2 e 4.3).
5.2.2. Riguardo all'importanza del requisito relativo allo svolgimento del periodo di pratica occorre altresì considerare quanto segue. Tra le numerose revisioni cui è stata sottoposta la vLFid nel corso degli anni, una risalente al 1998 proponeva tra l'altro di introdurre all'art. 8 cpv. 1 lett. e l'espressione "di regola" in riferimento all'obbligo di aver assolto un periodo di pratica di due anni. Con tale correttivo, la revisione avrebbe inteso mitigare il suddetto obbligo al fine di "disporre di una norma più flessibile, che permett[esse] di tenere maggiormente conto di casi specifici nei quali il richiedente appare già particolarmente qualificato". Veniva altresì proposta l'abolizione del requisito dello svolgimento della pratica in Svizzera, ritenuto troppo restrittivo alla luce degli sviluppi della professione (Messaggio n. 4727 del 4 marzo 1998 concernente la revisione della Legge sull'esercizio delle professioni di fiduciario del 18 giugno 1984, ad art. 8, nonché Mauro Mini, La legge sull'esercizio delle professioni di fiduciario, Lugano/Basilea, 2002, pag. 78 seg.). Per una serie di ragioni qui non rilevanti, tale revisione è rimasta bloccata per diversi anni. In seguito, il progetto poi sfociato nell'attuale LFid ne ha ripreso i principali aspetti, tra i quali non figura tuttavia la proposta di mitigare le esigenze relative al periodo di pratica. Il legislatore si è pertanto attenuto alla tradizionale formulazione, confermando così la volontà di non rendere più duttili i requisiti di accesso alla professione di fiduciario in relazione all'esigenza dell'esperienza professionale, quanto meno nei casi in cui il richiedente acceda per la prima volta alla professione senza aver precedentemente esercitato tale attività in un altro Cantone (ciò che esclude quindi l'applicazione della LMI; cfr. infra, consid. 7).
5.2.3. Da quanto precede, si deve quindi concludere che l'interpretazione della disposizione in questione sposata dal Tribunale cantonale amministrativo rispetta lo spirito della legge e va quindi tutelata.
5.3. La ricorrente sostiene altresì che la norma cantonale sarebbe in contrasto con la normativa federale che disciplina le condizioni per l'ottenimento dell'Attestato professionale federale di fiduciario. Adduce che se gli anni di esperienza da lei maturati in passato sono stati tenuti in considerazione ai fini dell'adempimento di tutte le condizioni per sostenere il suddetto esame federale, non è ammissibile che l'Autorità di vigilanza non ne riconosca la validità sulla base della legge cantonale. La censura è invero appena accennata; la ricorrente non indica nemmeno la norma con la quale sussisterebbe l'asserita incompatibilità. Su questi aspetti, il ricorso non adempie manifestamente le esigenze di motivazione e sfugge pertanto ad un esame di merito.
A titolo del tutto abbondanziale, nella misura in cui - per quanto si possa intuire - la ricorrente faccia riferimento alla legislazione federale in materia di formazione professionale e al Regolamento dell'esame professionale di fiduciario (ed. 2005, applicabile all'epoca cui risale la formazione da lei seguita; cfr. www.sbfi.admin.ch/bvz/hbb/index.html?detail=1&typ=BP&item=491&lang=it ), appare nondimeno utile rammentare quanto segue. In questo contesto, occorre distinguere tra professione regolamentata, il cui esercizio è cioè riservato ai titolari di un certificato determinato, e formazione regolamentata, che prevede un percorso di formazione con carattere professionalizzante disciplinato da una normativa che ne determina il livello, la struttura, la durata, ecc. (sulla distinzione, cfr. ad es. Frédéric Berthoud, La reconnaissance des diplômes dans l'Accord sur la libre circulation des personnes, in Astrid Epiney/Beate Metz/Robert Mosters (a cura di), L'accord sur la libre circulation des personnes Suisse-UE, Zurigo 2011, pag. 127 segg., pag. 133 ; id., Commentaire de l'ATF 134 II 341, in AJP/PJA 2009, pag. 515 segg., pag. 516). La pratica professionale a cui accenna la ricorrente costituisce in realtà un requisito relativo alla formazione professionale superiore, posto dal summenzionato regolamento, e non all'esercizio stesso della professione. Essa persegue obiettivi diversi e più estesi rispetto alla pratica professionale biennale richiesta per l'accesso alla professione, la quale intende assicurare - per i motivi di polizia evocati in precedenza (consid. 5.2.1) - un consolidamento, più specifico al ramo fiduciario e sotto la vigilanza di un professionista autorizzato, delle conoscenze acquisite nell'ambito della formazione teorica. Appare quindi giustificato stabilire requisiti differenti per i due tipi di pratica professionale.
6.
Va ora esaminata la censura relativa all'asserita violazione del principio di proporzionalità. Secondo questo principio, le disposizioni cantonali che limitano la libertà economica ai sensi dell'art. 27 Cost. non devono incidere più di quanto richieda lo scopo di polizia che le sorregge; esse devono inoltre apparire come un mezzo adeguato per realizzare gli scopi di interesse pubblico perseguiti (DTF 137 I 167 consid. 3.6, pag. 175 e DTF 136 I 197 consid. 4.4.4 pag. 205).
6.1. L'esigenza di una formazione pratica susseguente alla formazione teorica certificata da un diploma qualificato non configura un'esigenza eccessiva, bensì sufficiente a tutelare la collettività e la buona fede nelle relazioni commerciali. Il Tribunale federale ha già in passato rilevato che la legge sull'esercizio delle professioni di fiduciario è stata voluta per poter esercitare un controllo a tutela del pubblico e del buon nome di una categoria di professionisti, alla luce dell'aggravarsi della delinquenza economica. È in base a queste considerazioni che il legislatore ha quindi deciso di adottare una più stretta disciplina delle attività in questione, disciplina che per sua stessa natura doveva essere selettiva e pertanto limitativa (sentenza 2C_1022/2013 del 25 marzo 2014 consid. 5.5, con riferimento al Messaggio n. 2697 dell'8 marzo 1983 concernente una legge sull'esercizio delle professioni di fiduciario commercialista, di fiduciario immobiliare e di fiduciario finanziario ed al Rapporto sul messaggio n. 2697 del 6 aprile 1984, le cui considerazioni rimangono valide anche per la vigente LFid, che, come detto, su questi aspetti ricalca lo spirito della vLFid). Questa Corte ha inoltre già giudicato che i requisiti cumulativi di titolo di studio e periodo di pratica erano sorretti da ragioni pertinenti, erano idonei a tutelare l'interesse pubblico e la buona fede commerciale e rispettavano perciò il principio della proporzionalità. Il titolo di studio attesta l'acquisizione delle conoscenze tecniche e specialistiche (contabili, economiche e giuridiche) necessarie per l'esercizio della professione e assicura uno standard minimo di preparazione. Protegge inoltre, unitamente all'esperienza pratica, dai pericoli derivanti dall'attività di persone non qualificate, incapaci e inesperte (sentenza 2C_204/2010 del 24 novembre 2011 consid. 6.2.2).
6.2. La ricorrente non si confronta con le considerazioni esposte a tale riguardo nella sentenza impugnata e non propone argomenti sostanziali atti a scalfirne la portata. Neanche gli esempi da lei esposti in merito all'esperienza acquisita negli anni precedenti il conseguimento dell'Attestato federale di fiduciario, per quanto ammissibili (art. 105 LTF), sono concludenti al fine di dimostrare gli asseriti effetti sproporzionati della norma. A prescindere dal livello qualitativo di tale esperienza, che qui non è oggetto di esame, il fatto che essa non sia stata maturata dopo l'ottenimento del titolo richiesto dalla legge non permette infatti oggettivamente di garantire quel nesso necessario tra apprendimento di nozioni teoriche e attuazione pratica delle stesse in un contesto sorvegliato da un fiduciario autorizzato, che assuma la conduzione delle attività. Sottoporre il rilascio dell'autorizzazione a condizioni difficilmente riconducibili a parametri oggettivi, dipendenti da fattori soggettivi e aleatori quali la complessità delle pratiche trattate dal singolo richiedente o la somma di pregresse esperienze pratiche in contesti diversi lascia troppo spazio all'apprezzamento e rischia in definitiva di mettere in pericolo la parità di trattamento.
6.3. Inoltre, in concreto, il Tribunale cantonale amministrativo ha giustamente rilevato come la limitazione alla libertà economica derivante alla ricorrente dalla decisione impugnata non risulti lesiva del principio di proporzionalità anche alla luce del fatto che ella è già da tempo amministratrice unica e responsabile di una società propria. In tale contesto, nulla le impedirebbe di inserire nel relativo organico un fiduciario commerciale e immobiliare autorizzato dotato di compiti dirigenziali, al fine di poter effettivamente svolgere la pratica che le manca sotto la sorveglianza e la responsabilità di quest'ultimo.
Per tutte queste ragioni, la tesi sostenuta dal Tribunale cantonale amministrativo va condivisa e interamente confermata. Ne discende che anche la censurata violazione del principio della proporzionalità deve essere considerata infondata.
7.
Infine, la ricorrente sostiene che la disposizione in questione sarebbe contraria alla legge federale sul mercato interno e comporterebbe una disparità di trattamento fra i fiduciari provenienti da fuori Cantone che volessero offrire i propri servizi o stabilirsi in Ticino e quelli che accedono alla professione per la prima volta in Ticino, nei confronti dei quali valgono infatti le condizioni più severe di ammissione poste dall'art. 8 cpv. 1 lett. d LFid.
Così formulata, la censura è diretta contro l'atto normativo generale e astratto e sarebbe quindi irricevibile. Tuttavia, anche volendo procedere ad un controllo concreto della norma cantonale, di per sé ammissibile, è escluso che la ricorrente, che non si prevale dell'accesso al mercato ai sensi della legge federale sul mercato interno, possa invocare l'incompatibilità dell'applicazione dell'art. 8 cpv. 1 lett. d LFid con tale normativa. Infatti, il Tribunale federale ha già avuto occasione di rilevare (nella sentenza 2C_204/2010 del 24 novembre 2011 consid. 7.1) che la legge federale sul mercato interno, il cui scopo è assicurare la libera circolazione delle merci e dei servizi a livello intercantonale recependo il cosiddetto principio "Cassis de Dijon", non impone ai Cantoni un livellamento verso il basso delle esigenze che essi intendono stabilire, in particolare riguardo ai requisiti per il rilascio delle autorizzazioni, per adeguarle a quelle del Cantone che pone le condizioni meno severe (DTF 128 I 92 consid. 3 pag. 98). Le disparità di trattamento di cui si prevale la ricorrente possono effettivamente verificarsi, ma sono insite nel sistema della liberalizzazione del mercato interno attuato dalla Confederazione sotto l'influsso del diritto europeo. Anche il legislatore ticinese era cosciente di questa situazione, che ha accettato, peraltro minimizzandone la portata pratica in relazione con il numero limitato dei fiduciari di altri Cantoni che chiedono di potere esercitare in Ticino (menzionato Messaggio n. 5896 p.to 7).
8.
Da quel che precede discende che il ricorso, per quanto ammissibile, dev'essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
3.
Comunicazione alla patrocinatrice della ricorrente, all'Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
Losanna, 12 maggio 2015
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Zünd
Il Cancelliere: Savoldelli