Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
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{T 0/2}
5A_294/2016
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Sentenza del 2 novembre 2016
II Corte di diritto civile
Composizione
Giudici federali von Werdt, Presidente,
Marazzi, Schöbi,
Cancelliera Antonini.
Partecipanti al procedimento
A.________ SA,
patrocinata dall'avv. Daniele Meier,
ricorrente,
contro
Comitato direttivo dell'OAD-FCT, Organismo di autodisciplina dei fiduciari del Cantone Ticino,
opponente.
Oggetto
sanzione pecuniaria (associazione),
ricorso contro il lodo emanato il 24 febbraio 2016
dal Tribunale arbitrale OAD-FCT.
Fatti:
A.
A.a. A.________ SA è una società anonima affiliata all'Organismo di autodisciplina dei fiduciari del Cantone Ticino (OAD-FCT). Nell'ambito di un'inchiesta penale nei confronti dell'allora presidente di A.________ SA, B.________, era segnatamente emersa l'esistenza di una cassetta di sicurezza, la n. 161, presso gli uffici della società a X.________. In questa cassetta erano custoditi diversi importi di denaro. In sede di interrogatorio di polizia 6 ottobre 2013, a B.________ era stata contestata l'assenza di qualsivoglia pezza giustificativa in proposito (ricevute, mandati, contratti); a propria giustificazione, aveva spiegato che la gestione di quegli importi era basata sulla fiducia.
A.b. I rappresentanti dell'OAD-FCT hanno consultato gli atti dell'inchiesta penale l'11 febbraio 2015. In data 27 febbraio 2015, il Comitato direttivo dell'OAD-FCT ha sanzionato le gravi violazioni commesse da A.________ SA in merito agli obblighi di identificazione dei clienti con una multa di fr. 10'000.--.
B.
Con allegato 16 marzo 2015, A.________ SA ha adito il Tribunale arbitrale OAD-FCT con un ricorso inteso all'annullamento della sanzione citata, che il Tribunale arbitrale ha respinto con il qui impugnato lodo 24 febbraio 2016.
C.
In data 13 aprile 2016, A.________ SA (di seguito: ricorrente) ha inoltrato ricorso in materia civile contro il succitato lodo arbitrale, chiedendone in via principale la riforma nel senso di annullare la sanzione e in via subordinata l'annullamento con rinvio dell'incarto all'autorità inferiore affinché statuisca di nuovo.
Non sono state chieste determinazioni.
Diritto:
1.
1.1. Le parti alla procedura arbitrale hanno entrambe sede in Svizzera, sicché si è in presenza di un arbitrato interno ai sensi dell'art. 353 cpv. 1 CPC. In assenza di un accordo giusta l'art. 390 cpv. 1 CPC (RS 272), il relativo lodo può essere impugnato con ricorso in materia civile avanti al Tribunale federale alle condizioni previste agli art. 389-395 CPC (art. 77 cpv. 1 lett. b LTF; sentenze 5A_978/2015 del 17 febbraio 2016 consid. 1.1; 4A_466/2011 del 30 gennaio 2012 consid. 2, non pubblicato in DTF 138 III 107).
1.2. La questione a sapere se l'esigenza di un valore litigioso minimo (art. 74 LTF) valga anche per il ricorso in materia civile rivolto contro un lodo arbitrale è controversa (sentenze 4A_422/2015 del 16 marzo 2016 consid. 1.2, non pubblicato in DTF 142 III 284; 4A_392/2008 del 22 dicembre 2008 consid. 2.3 con rinvii; 5A_978/2015 cit. consid. 1.1; a favore, fra i molti: THOMAS ROHNER, in Kommentar Schweizerische Zivilprozessordnung, 2a ed. 2016, n. 30 ad art. 389 CPC con rinvii; contrario, fra i molti: MICHAEL MRÁZ, in Basler Kommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, 2a ed. 2013, n. 31 ad art. 389 CPC con rinvii); il Tribunale federale non ha mai preso posizione. Nel presente caso, la discussione non può essere evitata con riferimento alla natura non patrimoniale delle decisioni prese da organi di associazioni: tale argomento trova applicazione unicamente qualora la vertenza riguardi l'appartenenza all'associazione (in tal senso v. DTF 108 II 77 consid. 1a; sentenza 5A_202/2012 del 1° giugno 2012 consid. 1.3; fraintendibile: sentenza 5A_978/2015 cit. consid. 1.1), mentre qui è litigiosa unicamente una sanzione pecuniaria, la cui natura patrimoniale non dovrebbe essere contestabile (v. in proposito anche la già citata DTF 108 II 77 consid. 1b). Ora, poiché la sanzione posta a carico della ricorrente ammonta a fr. 10'000.--, il valore di lite di cui all'art. 74 cpv. 1 lett. b LTF non sarebbe raggiunto; né la ricorrente pretende essere confrontata con una questione giuridica di importanza fondamentale (art. 74 cpv. 2 lett. a LTF). Tuttavia, poiché il gravame si rivela comunque inammissibile, la questione può - ancora una volta - essere lasciata indecisa.
1.3. Per il rimanente, la ricorrente ha partecipato alla procedura arbitrale ed ha un interesse degno di tutela all'annullamento del lodo impugnato (art. 76 cpv. 1 LTF). Il ricorso in materia civile, presentato infine entro i termini di legge (combinati art. 100 cpv. 1 e art. 46 cpv. 1 lett. a LTF ), è pertanto ammissibile nella prospettiva delle disposizioni citate.
1.4. Salvo eccezioni qui inconferenti, il ricorso in materia civile contro un lodo arbitrale interno ha natura cassatoria; il Tribunale federale non lo riforma, ma rinvia semmai la causa al Tribunale arbitrale (art. 77 cpv. 2 LTF, che esclude l'applicazione dell'art. 107 cpv. 2 LTF per quanto permetta al Tribunale federale di giudicare esso stesso nel merito; art. 395 cpv. 1 e 2 CPC ; sentenze 4A_422/2015 cit. consid. 2, non pubblicato in DTF 142 III 284; 5A_978/2015 cit. consid. 1.1 con numerosi rinvii). La conclusione riformatoria della ricorrente è pertanto inammissibile; ammissibile, di contro, la subordinata conclusione cassatoria.
2.
Il ricorso in materia civile contro un lodo arbitrale, retto dagli art. 389 segg. CPC, risponde a regole parzialmente diverse da quelle che si applicano al ricorso contro una decisione statale. In particolare, le censure ammissibili sono quelle elencate esaustivamente all'art. 393 CPC. Inoltre, il Tribunale federale esamina unicamente le censure sollevate e motivate (art. 77 cpv. 3 LTF); le esigenze di motivazione corrispondono a quelle poste in generale per le censure fondate sulla presunta violazione di diritti costituzionali (art. 106 cpv. 2 LTF: principio attitatorio). Il ricorrente deve allora discutere i motivi alla base del lodo impugnato e indicare con precisione perché l'autorità inferiore ha violato il diritto; la semplice reiterazione del punto di vista sostenuto avanti al Tribunale arbitrale non è sufficiente (sentenza 4A_599/2014 del 1° aprile 2015 consid. 2 con rinvio).
3.
La ricorrente solleva tre censure contro il lodo arbitrale: in primo luogo, richiamando il motivo di ricorso di cui all'art. 393 lett. d CPC, si duole del fatto che il Comitato direttivo dell'OAD-FCT abbia reso la propria decisione senza interpellarla, violando in tal modo il suo diritto di essere sentita. In secondo luogo, lamenta una decisione arbitraria nel risultato ai sensi dell'art. 393 lett. e CPC. In appendice critica infine la determinazione dell'importo della sanzione pecuniaria.
4.
4.1. L'art. 393 lett. d CPC stabilisce che il lodo di un arbitrato interno può essere impugnato se è stato violato il principio della parità di trattamento delle parti o il loro diritto di essere sentite. Questo motivo di ricorso è già conosciuto nell'arbitrato internazionale, sicché può essere richiamata la giurisprudenza scaturita dall'applicazione dell'art. 190 cpv. 2 lett. d LDIP (RS 291). In linea di principio, il diritto di essere sentito in procedura contraddittoria garantito dagli art. 182 cpv. 3 e 190 cpv. 2 lett. d LDIP non si distingue da quello scaturente dal diritto costituzionale: anche nel campo dell'arbitrato, ogni parte ha la facoltà di esprimersi sui fatti essenziali per il giudizio, di esporre la propria argomentazione giuridica, di proporre mezzi di prova su fatti pertinenti, ed infine di partecipare alle sedute del Tribunale arbitrale. Considerata la natura essenzialmente formale del diritto di essere sentito, una sua violazione implica in linea di principio l'annullamento del lodo (DTF 142 III 284 consid. 4.1).
4.2. Il Tribunale arbitrale ha ritenuto che la ricorrente, nel ricorso sottopostogli, aveva eccepito la violazione del diritto di essere sentita soltanto di transenna, senza alcun approfondimento, ed era stata addotta rispetto a un argomento irrilevante. Ha concluso che l'argomento non meritava approfondimento. Ha nondimeno invitato il Comitato direttivo dell'OAD-FCT "per il futuro" a concedere la possibilità di esprimersi all'affiliato nei confronti del quale una sanzione è presa in considerazione.
4.3. La ricorrente censura che il Comitato direttivo dell'OAD-FCT non l'abbia minimamente interpellata prima di rendere la propria risoluzione; afferma anzi che non era nemmeno stata messa a conoscenza dell'apertura di un procedimento disciplinare a suo carico. A suo giudizio, il fatto di aver sollevato, avanti al Tribunale arbitrale, soltanto di transenna la sua critica, non le può essere di nocumento, tant'è che il Tribunale arbitrale ha accertato tale violazione. Questa, commessa su un diritto di natura formale, doveva portare all'annullamento della decisione del Comitato direttivo ed al "rinvio dell'incarto all'autorità di prima istanza perché avesse a condurre un'istruttoria con tutti i crismi".
4.4.
4.4.1. Affermando che l'argomento ricorsuale non meritava ulteriore approfondimento, il Tribunale arbitrale potrebbe anche aver inteso dichiarare irricevibile la censura. Ma l'espressione è ambigua, sicché, nell'interesse della ricorrente, essa va piuttosto interpretata come un rigetto della censura. Il Tribunale federale deve allora esaminare le critiche di merito che la ricorrente solleva, se formalmente ricevibili.
4.4.2. Le critiche ricorsuali sono essenzialmente dirette contro il Comitato direttivo dell'OAD-FCT e il procedimento condotto dall'associazione. Ora, conformemente all'art. 77 cpv. 1 LTF, oggetto del ricorso in materia civile avanti al Tribunale federale è unicamente la decisione arbitrale e non la risoluzione "di prima istanza" sulla quale gli arbitri hanno dovuto esprimersi. A questa analogia si aggiunga che la misura (disciplinare) adottata dall'organo associativo non ha valore di decisione (giudiziaria o arbitrale; MRÁZ, op. cit., n. 11 ad art. 389 CPC). Siccome rivolta contro il procedimento avanti al Comitato direttivo dell'OAD-FCT, la censura è inammissibile.
4.4.3. Non è necessario decidere se, ed eventualmente in quale misura, quando emanano le loro risoluzioni gli organi associativi sono tenuti a rispettare il diritto di essere sentito, come afferma apoditticamente il Tribunale arbitrale (v. nel medesimo senso, tra i tanti, HEINI/SCHERRER, in Basler Kommentar, Zivilgesetzbuch vol. I, 5aed. 2014, n. 13 ad art. 75 CC). Sussiste infatti la possibilità che il Tribunale arbitrale abbia sanato le pecche del procedimento condotto dall'associazione (in merito alla sanatoria della violazione del diritto di essere sentito v. DTF 142 II 218 consid. 2.8.1 con rinvii). Ora, in proposito si noterà in primo luogo che la ricorrente non rimprovera agli arbitri di non averle concesso il diritto di esprimersi; essa non lamenta nemmeno di non aver potuto evocare, avanti agli arbitri, tutti i fatti che riteneva necessari per il corretto esito del procedimento, ed offrire le relative prove; infine, essa non contesta, per ipotesi, una cognizione limitata del Tribunale arbitrale. La censura non soddisfa le severe esigenze di motivazione che vigono nel quadro del ricorso in materia civile contro un lodo arbitrale (supra consid. 2) e deve essere dichiarata inammissibile.
4.4.4. Per i motivi suesposti la censura di violazione del diritto di essere sentito è integralmente inammissibile.
5.
La seconda censura trae spunto dal mancato accertamento della persona avente l'uso della cassetta di sicurezza n. 161 - nella quale sono state rinvenute somme di denaro non riconducibili su base documentale ai loro aventi diritto (supra consid. in fatto A.a).
5.1. Giusta l'art. 393 lett. e CPC un lodo di un arbitrato interno può essere impugnato se appare arbitrario nel suo esito perché si fonda su accertamenti di fatto palesemente in contrasto con gli atti oppure su una manifesta violazione del diritto o dell'equità. Si tratta di un motivo di ricorso già conosciuto sotto l'egida del previgente Concordato intercantonale sull'arbitrato del 27 marzo 1969 (v. art. 36 lett. f CA), sicché permane attuale la giurisprudenza resa in proposito. Arbitraria ai sensi della norma citata è una constatazione di fatto unicamente qualora il Tribunale arbitrale, a causa di una svista, sia incorso in una contraddizione con gli atti dell'incarto, vuoi perché gli sono sfuggiti dei passaggi di un documento o perché ha attribuito loro un contenuto diverso da quello reale, vuoi perché ha considerato erroneamente che un certo documento confermi un determinato fatto, mentre in realtà non dà alcuna indicazione in proposito. Il campo d'applicazione della censura di arbitrio nell'accertamento dei fatti è dunque ristretto: in particolare, non comprende l'apprezzamento delle prove e le conclusioni da trarne, bensì si limita alle constatazioni di fatto chiaramente smentite da atti della causa. L'esercizio del potere di apprezzamento da parte del Tribunale arbitrale non può fare oggetto di ricorso: la censura di violazione del divieto d'arbitrio è circoscritta alle constatazioni che non dipendono da alcun apprezzamento, ossia a quelle inconciliabili con i documenti agli atti (sentenze 5A_978/2015 cit. consid. 3 e 4A_599/2014 cit. consid. 3.1, che rinviano alla DTF 131 I 45 consid. 3.6 e 3.7). Detto altrimenti, l'errore che configura una violazione dell'art. 393 lett. e CPC è più vicino alla nozione di svista manifesta dell'art. 63 cpv. 2 della previgente legge federale del 16 dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG) che non a quella di accertamento manifestamente inesatto dei fatti dell'art. 105 cpv. 2 (e 97) LTF (sentenze 5A_978/2015 cit. consid. 3 con rinvii).
Porta altresì a un esito arbitrario la manifesta violazione del diritto, ma soltanto di quello sostanziale e non processuale, fatta riserva di violazioni dell'ordine pubblico processuale. La violazione manifesta dell'equità, infine, presuppone che il Tribunale arbitrale sia stato autorizzato a decidere in equità oppure abbia applicato una norma che rimanda all'equità (sentenze 5A_978/2015 cit. consid. 3; 4A_599/2014 cit. consid. 3.1).
Comunque, la violazione constatata deve aver condotto ad un lodo dall'esito arbitrario, come la norma medesima ha cura di precisare (sentenza 5A_978/2015 cit. consid. 3 con rinvii).
5.2. Il Tribunale arbitrale ha constatato che per l'uso della cassetta di sicurezza in questione non esisteva alcun contratto con i titolari degli averi rinvenuti. Al contrario, dal verbale dell'allora presidente di A.________ SA, B.________, era emerso che detta cassetta non era intestata né locata a nessuno, bensì in uso e nella disponibilità della ricorrente quale deposito provvisorio per i clienti (non della moglie e della figlia di B.________). Il denaro era preso in consegna dalla fiduciaria, per il tramite del suo presidente, che in seguito lo depositava nella propria cassetta e lo custodiva. Mancando una locazione, sarebbe stato ininfluente, a giudizio del Tribunale arbitrale, che a locare le cassette fosse usualmente un'altra entità sociale, la C.________ Sagl (peraltro partecipata al 100 % dalla ricorrente); parimenti ininfluente sarebbe stato definire quale complesso di norme dovesse applicarsi alla locazione. In realtà, l'utilizzo della cassetta ai fini descritti rientra nelle attività caratteristiche di un intermediario finanziario, alla stregua dell'utilizzo di un conto bancario transitorio per clienti - attività che la legge federale del 10 ottobre 1997 sul riciclaggio di denaro (LRD; RS 955.0) ha inteso disciplinare.
5.3. La ricorrente obietta che, al contrario, sarebbe stato essenziale accertare se la cassetta fosse in uso a sé medesima o a C.________ Sagl, visto che il procedimento era stato avviato unicamente nei suoi confronti, e che C.________ Sagl non era affiliata all'OAD-FCT. Il Tribunale arbitrale avrebbe omesso di confrontarsi con la censura di carenza di legittimazione passiva e si sarebbe posizionato in contrasto con l'incarto penale, segnatamente con le dichiarazioni di D.________, dalle quali emergerebbe che le cassette di sicurezza erano gestite da C.________ Sagl. Il lodo impugnato sarebbe pertanto arbitrario nel risultato.
5.4. Le critiche ricorsuali testé riassunte non rispettano i limiti posti dall'art. 393 lett. e CPC (supra consid. 5.1). Il verbale di D.________, al quale la ricorrente si appella, dice unicamente che la gestione delle cassette era svolta da C.________ Sagl e non nega che i collaboratori di A.________ SA vi avessero accesso. In quale ruolo essi vi accedessero, non emerge da quel documento. La conclusione del Tribunale arbitrale secondo la quale B.________, nel prendere in consegna il denaro di amici e clienti di A.________ SA, abbia agito quale intermediario finanziario, è il risultato dell'apprezzamento di tale prova. Il verbale di D.________ non è formulato in termini talmente univoci da doversi ammettere che l'interpretazione fornita dal Tribunale arbitrale debba essere considerata alla stregua di una svista: la critica ricorsuale è piuttosto il frutto del divergente apprezzamento delle prove da parte della ricorrente, già inammissibile secondo i canoni usuali del ricorso in materia civile, ed a maggior ragione inammissibile nella prospettiva dell'art. 393 lett. e CPC. Peraltro, sia detto abbondanzialmente, non si vede quale beneficio la ricorrente voglia trarre dal fatto che gestione amministrativa delle cassette di sicurezza e contatti operativi con la clientela fossero in mano a due entità giuridiche diverse. Essa non contesta che la presa in consegna del denaro da parte di B.________ debba essere considerato atto di intermediazione finanziaria: voler ridurre le irregolarità rimproveratele alla mera assenza di un contratto di locazione della cassetta n. 161, per poi scaricarne la responsabilità su un'altra entità giuridica, è pretestuoso - per non dire temerario.
6.
La ricorrente lamenta infine l'assenza di motivazione relativamente alla determinazione dell'importo della sanzione pecuniaria.
6.1. Nell'arbitrato non sussiste l'obbligo di motivare il lodo; l'art. 112 cpv. 1 lett. b LTF non si applica (MRÁZ, op. cit., n. 34 ad art. 389 CPC). Tuttavia, qualora le parti non abbiano escluso convenzionalmente la motivazione, la giurisprudenza ha ammesso un dovere minimo a carico del Tribunale arbitrale di esaminare e trattare le questioni pertinenti (sentenza 5A_634/2011 del 16 gennaio 2012 consid. 2.2.1 con rinvio alla DTF 133 III 235 consid. 5.2; BERNARD CORBOZ, in Commentaire de la LTF, 2aed. 2014, combinati n. 145 seg. e 208 ad art. 77 LTF).
6.2. Il Tribunale arbitrale ha spiegato che l'ammontare della sanzione pecuniaria andava esaminato con riferimento al principio della proporzionalità. Ha considerato evidente la gravità della violazione commessa, in parte ridotta in ragione dei rapporti personali e di amicizia con alcuni dei clienti; ha preso a parametro il massimo della sanzione previsto all'art. 46 cpv. 2 del Regolamento dell'OAD-FCT; ha infine rammentato l'ampio potere di apprezzamento di cui dispone il Comitato direttivo dell'OAD-FCT. Il Tribunale arbitrale ha pertanto concluso che una riduzione dell'importo non si giustificava.
6.3. A motivazione del proprio ricorso, la ricorrente si limita a menzionare uno stralcio estratto (presumibilmente, perché manca ogni e qualsiasi indicazione) dalla decisione del Comitato direttivo dell'OAD-FCT; non discute del tutto il considerando del lodo arbitrale appena riassunto. Ovvio che la censura è non solo rivolta contro l'oggetto sbagliato (v. supra consid. 4.4.2), ma anche sprovvista di motivazione. Essa è pertanto inammissibile.
7.
Il ricorso si appalesa pertanto integralmente inammissibile. Tassa e spese giudiziarie vanno poste a carico della ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non sono dovute ripetibili, l'opponente non essendo stato invitato a determinarsi avanti alla sede federale (art. 68 cpv. 1 LTF e contrario).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è inammissibile.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'500.-- sono poste a carico della ricorrente.
3.
Comunicazione alle parti e al Tribunale arbitrale OAD-FCT.
Losanna, 2 novembre 2016
In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: von Werdt
La Cancelliera: Antonini