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Original
 
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
[img]
{T 1/2}
1C_278/2016
Sentenza 14 novembre 2016
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Fonjallaz, Presidente,
Merkli, Karlen, Eusebio, Chaix,
Composizione
Cancelliere Crameri.
Partecipanti al procedimento
1. Ivano Rizzi,
2. Alberto Tamagni,
3. Miriam Rotanzi,
4. Marco Crameri,
5. Fulvia Maccanetti,
6. Igor Rossi,
7. Armando Bomio,
8. Margherita Frei,
9. Silvio Donadini,
10. Cristian Sina,
11. Celso Donati,
12. Marco Ferrari,
13. Boris Maccanetti,
14. Maria-Pia Pellanda,
15. Miguel Angel Sanchez,
16. Nadia Solari,
17. Nicola Soldini,
18. Fausta Muggiasca,
19. Patrizia Stefani,
20. Michelle Grossi,
21. Cesare Tallone,
22. Ines Innocenti,
23. Stefania Gross,
24. Dieter Trummer,
25. Susan Trummer,
26. Thomas Bossart,
27. Daniele Del Don,
28. Diego Mossi,
29. Aurelio Bagnovini,
30. Roberto Jauch,
31. Heinz Hämmerli,
32. Fernanda Schittone,
33. Pio Gianolini,
34. Giorgio Pedraita,
35. Christian Mossi,
36. Rosmarie Jauch,
37. Alex Manighetti,
38. Gabriella Mossi,
39. Rino Schittone,
40. Bruno Manighetti,
41. Davide Senatore,
42. Elisabetta Nonella,
43. Moreno Bacciarini,
44. Fiorenzo Grossi,
45. Margrit Padlina,
46. Ivo Grossi,
47. Mauro Bacciarini,
48. Claudio Padlina,
49. Laura Bacciarini,
50. Emilio Giacolini,
51. Giordano Grossi,
52. Bruna Maldini,
53. Pierina Morisoli,
54. Samuele Rossini,
55. Sergio Nani,
56. Jasmine Lazzari,
57. Mauro Giacolini,
58. Matteo Bacciarini,
59. Annemarie Erni,
60. Johanna Cremetti,
61. Giovanni Banfi,
62. Aleardo Bionda,
63. Angelo Jemora,
64. Luigi Calderoni,
65. Manuela Genetelli,
66. Jarno Bionda,
67. Christian Köppel,
68. Federico Widmer,
69. Margherita Frey,
70. Arianna Calderone,
71. Bruna Jemora,
72. Marco Brocco,
73. Davida Bassetti-Simeunovic,
74. Mauro Lucchini,
75. Aurelio Bassetti,
76. Carla Brocco,
77. Rossana Sala,
78. Albina Brocco,
79. Magda Guidotti,
80. Amos Brocco,
81. Nicoletta Lucchini,
patrocinati dall'avv. Fabrizio Monaci,
ricorrenti,
contro
Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino, 6501 Bellinzona, rappresentato dal Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino, Residenza governativa, 6501 Bellinzona,
Comune di Bellinzona,
Comune di Camorino,
Comune di Claro,
Comune di Giubiasco,
Comune di Gnosca,
Comune di Gorduno,
Comune di Gudo,
Comune di Moleno,
Comune di Monte Carasso,
Comune di Pianezzo,
Comune di Preonzo,
Comune di Sant'Antonio,
Comune di Sementina,
rappresentati dai rispettivi Municipi e
patrocinati dall'avv. Marco Cereda,
opponenti,
Comune di Cadenazzo,
Comune di Lumino,
Comune di Sant'Antonino,
rappresentati dai rispettivi Municipi.
Oggetto
aggregazione dei Comuni di Bellinzona, Camorino, Claro, Giubiasco, Gnosca, Gorduno, Gudo, Moleno, Monte Carasso, Pianezzo, Preonzo, Sant'Antonio e Sementina in un unico Comune denominato Bellinzona,
ricorso contro il decreto legislativo emanato il
21 marzo 2016 dal Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino.
Fatti:
A.
All'inizio del 2012 il Municipio di Giubiasco ha promosso l'idea di un'aggregazione del Bellinzonese. L'istanza di aggregazione di 17 Comuni è stata sottoscritta il 6 novembre 2012 dai rappresentanti di tutti i Comuni interessati. In seguito è stata costituita la relativa Commissione di studio, che il 26 marzo 2015 ha trasmesso al Consiglio di Stato il "Rapporto finale sul progetto di aggregazione del Bellinzonese". Nell'ambito della votazione consultiva del 18 ottobre 2015, il progetto aggregativo, accettato favorevolmente dal 59.42 % della popolazione del comprensorio interessato, è stato accolto da tredici Comuni, con percentuali che vanno dal 52 % all'83 % e respinto da quattro, ossia Arbedo-Castione, Cadenazzo, Lumino e Sant'Antonino, con percentuali contrarie dal 52 % all'87 %.
B.
Dopo aver preso conoscenza del messaggio n. 7164 del 27 gennaio 2016 del Consiglio di Stato e del rapporto n. 7164R del 9 marzo 2016 della Commissione speciale aggregazione di Comuni, con decreto legislativo del 21 marzo 2016 il Gran Consiglio, rifiutati gli scenari di indire una nuova votazione consultiva e di un'aggregazione coatta di uno o più Comuni contrari, ha decretato l'aggregazione dei Comuni di Bellinzona, Camorino, Claro, Giubiasco, Gnosca, Gorduno, Gudo, Moleno, Monte Carasso, Pianezzo, Preonzo, Sant'Antonio e Sementina in un nuovo Comune denominato Bellinzona a far tempo dalla costituzione del Municipio, prescindendo dalla fusione dei quattro Comuni contrari (Bollettino ufficiale delle leggi n. 22/2016 del 13 maggio 2016, pag. 227-230).
C.
Avverso questo decreto legislativo Ivano Rizzi e 80 litisconsorti presentano un ricorso in materia di diritto pubblico per violazione del diritto di voto al Tribunale federale. Chiedono, concesso al gravame l'effetto sospensivo, di annullare l'impugnato decreto.
Con decreto presidenziale del 5 luglio 2016 al ricorso è stato conferito effetto sospensivo.
D.
Il Comune di Sant'Antonino, rilevato che i suoi cittadini hanno ampiamente rifiutato l'aggregazione ed essendo toccato solo marginalmente dal decreto, non si pronuncia sul ricorso e si rimette al giudizio del Tribunale federale. Il Comune di Cadenazzo, estromesso dalla fusione, rinuncia a presentare una risposta, mentre quello di Arbedo-Castione, anch'esso escluso, rileva che il tema non lo concerne e chiede di non considerarlo quale parte. Il Comune di Lumino non si è espresso. I Comuni di Bellinzona, Camorino, Claro, Giubiasco, Gnosca, Gorduno, Gudo, Moleno, Monte Carasso, Pianezzo, Preonzo, Sant'Antonio e Sementina propongono la reiezione del ricorso. Il Consiglio di Stato, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio, postula di respingerlo in quanto ammissibile. In replica i ricorrenti si riconfermano nelle loro tesi e domande di giudizio. Nella duplica, gli opponenti ribadiscono le loro conclusioni, mentre il Consiglio di Stato, con scritto del 7 ottobre 2016, rinuncia a presentare ulteriori osservazioni.
Diritto:
1.
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio se e in che misura un ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 140 I 252 consid. 1).
1.2. I ricorrenti fanno valere una lesione del loro diritto di voto ai sensi degli art. 82 lett. c e 95 lett. d LTF. Quali aventi diritto di voto nei Comuni coinvolti nella votazione consultiva, che chiedono di sottomettere a un ulteriore scrutinio il progetto aggregativo a 13 Comuni, essi sono legittimati a proporre un ricorso in materia di diritto pubblico, nella misura in cui riguarda il diritto di voto e le votazioni popolari (art. 89 cpv. 3 LTF).
1.3. L'impugnato decreto, concernente la fusione di Comuni, seppure emanato dal Gran Consiglio, non costituisce un atto di natura legislativa, bensì amministrativa, vale a dire una decisione concernente l'applicazione del diritto (DTF 131 I 91 consid. 3.1; sentenze 1C_844/2013 del 3 giugno 2016 consid. 6.4 in fine e rinvii). Le relative motivazioni vanno dedotte dal messaggio governativo e dal rapporto della Commissione speciale aggregazioni di Comuni del Gran Consiglio (sentenza 1C_91/2009 del 10 novembre 2009 consid. 1.3, in: RtiD I-2010 n. 3 pag. 27, cosiddetta causa "Monteceneri").
1.4. Il ricorso, interposto entro trenta giorni dalla pubblicazione del decreto legislativo nel BU, è tempestivo (art. 101 LTF), poiché solo con la sua adozione e l'accertamento che il termine di referendum è scaduto infruttuoso i ricorrenti hanno saputo in che misura è stato valutato l'esito della votazione consultiva (DTF 133 I 286 consid. 1 e rinvii; sentenza 1C_91/2009, citata, consid. 1.4).
1.5. Nel Cantone Ticino, il Legislatore cantonale ha deliberatamente escluso d'introdurre un rimedio giuridico cantonale contro atti del Parlamento e del Governo concernenti atti che possono violare i diritti politici dei cittadini in materia cantonale, per cui essi sono definitivi e possono essere impugnati direttamente dinanzi al Tribunale federale (art. 88 cpv. 2 secondo periodo LTF; sentenze 1C_349/2016 del 20 settembre 2016 consid. 1.5 e 1C_287/2014 del 25 agosto 2015 consid. 2.2).
1.6. Conformemente all'art. 95 lett. a-d LTF, nel ricorso per violazione dei diritti politici si può far valere la lesione del diritto federale, dei diritti costituzionali cantonali, come pure delle disposizioni cantonali in materia di diritto di voto dei cittadini e di elezioni e votazioni popolari. Il Tribunale federale esamina liberamente queste censure (DTF 141 I 221 consid. 3.1 pag. 224; 138 I 171 consid. 1.5 e rinvii). Ciononostante, nell'ambito dell'esame del diritto cantonale, il Tribunale federale non si scosta facilmente dalle valutazioni del Parlamento cantonale (DTF 135 I 19 consid. 4 pag. 24). Inoltre, chiamato a esaminare l'applicazione di norme del diritto cantonale sotto il profilo dell'arbitrio, in concreto degli art. 7 cpv. 2 e 8 cpv. 2 della legge sulle aggregazioni e separazioni dei Comuni del 16 dicembre 2002 (LAggr), il Tribunale federale si scosta dalla soluzione ritenuta dall'ultima istanza cantonale solo qualora appaia addirittura insostenibile e quindi arbitraria (DTF 141 I 70 consid. 2.2 pag. 72), ciò che spetta ai ricorrenti dimostrare (DTF 133 II 396 consid. 3.2). Le esigenze in materia di motivazione previste dall'art. 42 cpv. 2 LTF e quelle - accresciute - prescritte dall'art. 106 cpv. 2 LTF valgono anche per i ricorsi giusta l'art. 82 lett. c LTF (DTF 141 I 78 consid. 4.1 pag. 82, 36 consid. 1.3 pag. 41; 138 I 171 consid. 1.4 pag. 176). Come si vedrà, in concreto queste esigenze in gran parte non sono adempiute.
2.
2.1. I ricorrenti hanno partecipato a una votazione consultiva e hanno quindi il diritto che la stessa, che costituisce di massima l'unica possibilità attraverso la quale possono esprimere la loro volontà in materia di aggregazioni, rispetti il loro diritto di voto, ricordato che i Comuni, non titolari di diritti politici ai sensi dell'art. 82 lett. c LTF, non sarebbero di massima legittimati a insorgere (DTF 136 I 404 consid. 1.1.1; 134 I 172 consid. 1.3; sentenza 1C_287/2014 del 25 agosto 2015 consid. 5.2, in: RtiD I-2016 n. 1). Il ricorso è d'altra parte fondato in primo luogo sullo scopo, la portata e le conseguenze della votazione consultiva litigiosa, nella quale l'esercizio della volontà popolare sarebbe stato falsato, poiché essa non prevedeva, a torto al dire dei ricorrenti, più scenari aggregativi, in particolare quello fra 13 Comuni. Occorrerebbe pertanto indirne una nuova. Essi adducono, oltre alla violazione del diritto di voto (art. 34 Cost.), la lesione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.), poiché le autorità cantonali avrebbero applicato in maniera arbitraria gli art. 7 cpv. 2 e 8 cpv. 2 LAggr. È tuttavia manifesto che le censure inerenti al merito dell'aggregazione, nella misura in cui non attengono alla violazione del diritto di voto, sono inammissibili (sentenza 1C_91/2009, citata, consid. 4.7).
2.2. Per lo svolgimento di una votazione consultiva valgono in effetti, di massima, le stesse norme di procedura applicabili per quelle ordinarie (cfr. DTF 104 Ia 226 consid. 1a, 236 consid. 2; sentenze 1C_51/2014 del 25 marzo 2014 consid. 2.3 e 1C_181/2007 del 9 agosto 2007 consid. 1.3.1 in: RtiD I-2008 pag. 539). Per di più, nel Canton Ticino l'aggregazione di comuni può solo aver luogo previa votazione consultiva delle assemblee comunali (art. 6 cpv. 3 LAggr). I ricorrenti hanno inoltre un interesse pratico e attuale alla disamina del gravame, ritenuto che essi di massima, come cittadini, contrariamente ai Comuni interessati, non sono legittimati a esprimersi ulteriormente sul merito della fusione (sentenze 1C_91/2009, citata, consid. 2.1.2 e 1P.242/2005 del 18 aprile 2006, in: RtiD II-2006 n. 1).
2.3. La garanzia della libera formazione della volontà e l'espressione fedele del voto dell'art. 34 cpv. 2 Cost. assicura al cittadino che siano riconosciuti solo i risultati delle votazioni corrispondenti in modo affidabile e non falsato alla sua volontà liberamente espressa e pertanto di criticare attraverso un ricorso fondato sull'art. 82 lett. c LTF ogni circostanza che si presti a falsare l'espressione della volontà dei votanti. Questa garanzia tutela il diritto dei cittadini di non subire pressioni o di essere influenzati in maniera inammissibile nella formazione e nell'espressione della loro volontà politica (DTF 141 I 221 consid. 3.2 pag. 224; 140 I 338 consid. 5 e 5.1 pag. 342 seg.). Le modalità con cui deve avvenire l'informazione vengono dedotte in primo luogo dal diritto cantonale (DTF 132 I 104 consid. 3.1 e rinvii).
3.
3.1. I ricorrenti fanno valere una violazione dei loro diritti politici garantiti dall'art. 34 Cost. e dalla LAggr poiché sarebbero stati privati del loro diritto di esprimersi sulla fusione decretata dal Gran Consiglio di soltanto 13 Comuni. Al loro dire il voto consultivo sul progetto sottoposto a votazione di 17 Comuni si scosterebbe sostanzialmente da quello a 13, per cui dovrebbe essere indetta una nuova votazione consultiva. Non avendo proceduto in tal modo, le autorità cantonali avrebbero inoltre applicato in maniera arbitraria gli art. 6, 7 cpv. 2 e 8 cpv. 2 LAggr. L'assenza di uno scrutinio popolare sul progetto approvato lederebbe inoltre l'art. 5 della Carta europea dell'autonomia locale, conclusa a Strasburgo il 15 ottobre 1985 (RS 0.102), direttamente applicabile, per la quale per ogni modifica dei limiti territoriali le collettività locali interessate devono essere preliminarmente consultate, eventualmente mediante referendum, qualora ciò sia consentito dalla legge.
3.2. I ricorrenti adducono, manifestamente a torto, una lesione dell'art. 5 della Carta, sulla quale si diffondono in maniera teorica, dilungandosi su questioni che esulano dall'oggetto del litigio. Infatti, come peraltro da loro rilevato, già nella sentenza "Monteceneri" il Tribunale federale aveva accertato che le garanzie della LAggr eccedono largamente quelle della Carta (sentenza 1C_91/2009, citata, consid. 3.2); ciò vale a maggior ragione dopo le recenti modifiche della LAggr, poiché, oltre alle votazioni consultive nei Comuni interessati, attualmente i decreti aggregativi soggiacciono indistintamente al referendum facoltativo (art. 8 cpv. 1 LAggr; sentenza 1C_459/2011 del 4 settembre 2013 consid. 7, in: RtiD I-2014 n. 22 pag. 87).
In tale contesto i ricorrenti richiamano, in maniera inconferente come rettamente rilevato dagli opponenti, la sentenza 1C_844/2013 del 3 giugno 2016, consid. 7 destinato a pubblicazione, adducendo in modo incomprensibile e manifestamente errato che nella stessa il Tribunale federale avrebbe deciso che il progetto approvato dal Gran Consiglio dovrebbe corrispondere in modo assoluto a quello posto in votazione. Sostengono poi, sempre in maniera incorretta, che con quella sentenza la giurisprudenza del Tribunale federale parrebbe aver subito un'importante, non meglio precisata modifica. I ricorrenti travisano completamente la portata dell'invocata sentenza, che non ha apportato alcun cambiamento della prassi per rapporto all'applicazione della LAggr, misconoscendo che oggetto di quel litigio era proprio il fatto che l'iniziativa popolare costituzionale elaborata, rettamente dichiarata irricevibile dal Gran Consiglio ticinese perché lesiva del diritto superiore, intendeva sopprimere le garanzie offerte dalla LAggr, in particolare il diritto degli aventi diritto di voto dei Comuni interessati dal previsto progetto aggregativo di essere previamente consultati, imponendone l'aggregazione coatta dall'alto. Non si era quindi in presenza di alcun progetto aggregativo approvato dal Gran Consiglio che doveva corrispondere a quello posto in votazione. Nel caso in esame è per contro manifesto che i cittadini interessati sono stati previamente consultati, ragione per cui la procedura in esame, retta dalla LAggr, rispetta le esigenze fissate dall'art. 5 della Carta. Oggetto della causa in esame è unicamente la questione di sapere se sulla base della LAggr le autorità cantonali avrebbero dovuto indire una seconda votazione consultiva, questione che non era oggetto dell'invocata sentenza.
3.3. I ricorrenti incentrano le loro critiche fondandosi, a torto come si vedrà, sulla sentenza relativa alla creazione del nuovo Comune di Monteceneri. Quel progetto aggregativo prevedeva inizialmente la fusione di sette Comuni, ma in seguito all'opposizione di Isone e di Mezzovico-Vira, ritenuto che non sussistevano le condizioni per decretare un'aggregazione coatta di questi due Comuni contrari, è stata decisa la fusione dei cinque favorevoli. In quella causa il Tribunale federale aveva accertato una violazione del diritto di voto poiché il Parlamento non poteva decretare la fusione relativa a un progetto a cinque Comuni, sostanzialmente diverso, per l'inattesa assenza di Mezzovico-Vira. Trattavasi del Comune finanziariamente più forte, che costituiva il perno principale del progetto e la cui esclusione comportava un comprensorio geograficamente incoerente, rispetto a quello posto in votazione. Si imponeva pertanto di procedere a una nuova consultazione popolare, se del caso alla luce di più scenari (sentenza 1C_91/2009, citata, consid. 4 e 5).
3.4. Ora, le due cause non sono per nulla comparabili, visto che tra l'oggetto dell'appena menzionata sentenza e il caso in esame esistono differenze sostanziali. Inoltre, in seguito a detta decisione sono stati modificati gli art. 6 cpv. 2, 7 cpv. 2 e 8 cpv. 2 LAggr, norme sulle quali si fonda il decreto impugnato (messaggio n. 6363 del 25 maggio 2010 concernente la revisione della LAggr, punti 1.3.2 pag. 18 seg. e 2 pag. 31 e il commento all'introduzione del nuovo capoverso 2 dell'art. 7). In effetti, il previgente art. 6 LAggr disponeva che il Consiglio di Stato, esaminato lo studio di aggregazione, trasmetteva la sua proposta "con uno o più scenari di aggregazione" ai municipi dei Comuni interessati, affinché lo sottoponessero con il loro preavviso alle assemblee per la votazione consultiva. Per contro, il nuovo art. 6 LAggr attualmente in vigore, prevede che l'Esecutivo cantonale esamina lo studio d'aggregazione e, su richiesta o preavviso degli istanti e dei Municipi coinvolti, può escludere per giustificati motivi, uno o più Comuni dal comprensorio di aggregazione "a condizione che il progetto non sia modificato sostanzialmente" (cpv. 2), trasmettendo in seguito la sua proposta ai Municipi in vista della votazione consultiva (cpv. 3). In seguito, il Governo sottopone la sua proposta di aggregazione o di abbandono al Gran Consiglio (art. 7 cpv. 1). Esso può proporre anche la fusione di un numero inferiore di Comuni rispetto al progetto posto in votazione consultiva " a condizione che non vi si discosti sostanzialmente " (cpv. 2). Pure il Gran Consiglio può decidere alle condizioni dell'art. 7 cpv. 2 l'aggregazione di un numero inferiore di Comuni rispetto al progetto posto in votazione (art. 8 cpv. 2 LAggr).
4.
4.1. I ricorrenti sostengono che il criticato progetto aggregativo sarebbe sostanzialmente diverso da quello oggetto della votazione consultiva, per cui già solo per il numero inferiore dei Comuni coinvolti, in assenza di un nuovo scrutinio, anche per la mancanza di un solo ente pubblico, sarebbero lesi gli art. 7 cpv. 2 e 8 cpv. 2 LAggr e la loro libertà di voto. Si limitano poi a trascrivere il testo degli art. 4-8 LAggr e i relativi passaggi del messaggio, in particolare il richiamo ai motivi della citata sentenza "Monteceneri".
4.2. Come visto, la nuova normativa ticinese è chiara: il Governo può proporre un'aggregazione e il Gran Consiglio decidere l'aggregazione di un numero inferiore di Comuni rispetto al progetto posto in votazione consultiva "a condizione che non vi si discosti sostanzialmente". I ricorrenti non dimostrano del tutto l'incostituzionalità delle citate norme, né si confrontano con la sentenza del Tribunale federale che ne ha accertato la costituzionalità (1C_459/2011, citata, consid. 11.4 e 11.6). Oggetto del ricorso in esame è pertanto soltanto la questione di sapere se la decretata fusione di 13 Comuni non si discosti sostanzialmente da quella inizialmente prevista di 17.
4.3. I ricorrenti adducono che detta condizione non sarebbe adempiuta poiché il progetto a 13 differirebbe sostanzialmente da quello posto in votazione per il ridotto numero dei Comuni coinvolti, nonché sotto il profilo geografico, pianificatorio, per il diverso apporto di risorse umane, industriali ed economiche. Insistendo sul fatto che la LAggr in vigore non prevede più la possibilità per il Governo di proporre ai Comuni più proposte aggregative, i ricorrenti ammettono, rettamente, ch'essa non prevede esplicitamente un secondo scrutinio. Sostengono nondimeno, in maniera del tutto vaga, che una tale votazione s'imporrebbe senz'altro in considerazione della natura imperativa della votazione consultiva. Al riguardo richiamano, a torto, sia il messaggio n. 5355 del 14 gennaio 2003 (pag. 24), secondo cui allora la votazione consultiva poteva estendersi a più scenari aggregativi, sia la giurisprudenza del Tribunale federale. Essi parrebbero disattendere che, secondo la normativa ticinese e la relativa giurisprudenza, prima di decretare un'aggregazione deve aver luogo una votazione consultiva, ma che un secondo scrutinio è necessario soltanto qualora quella relativa a un numero inferiore di comuni si discosti "sostanzialmente" da quella posta in votazione.
Certo, come i ricorrenti rilevano a livello meramente teorico, il Consiglio di Stato, che non è più tenuto a proporre più scenari, può modificare lo scenario aggregativo proposto con l'istanza di aggregazione anche in corso di procedura (art. 4a cpv. 2 LAggr; vedi sentenza 1C_459/2011, citata, consid. 9.2.4). Essi non dimostrano tuttavia perché avrebbe dovuto procedere in tal modo prima della votazione consultiva del 18 ottobre 2015, e neppure in seguito. Si limitano a sostenere che le differenze tra i due progetti sarebbero notevoli e sostanziali, insistendo, senza tuttavia dimostrarlo né renderlo verosimile, ch'esse sarebbero addirittura più evidenti di quelle riscontrate nel caso "Monteceneri". Le disquisizioni ricorsuali sulle percentuali favorevoli e contrarie al progetto aggregativo posto in votazione non sono tuttavia decisive per imporre una nuova votazione, ritenuto del resto che le prime, dal 52.43 % di Pianezzo al 56.49 % di Monte Carasso e in crescita fino all'83.06% di Gnosca, sono chiare, come quelle negative nettissime di Sant'Antonino (87.57 %) e Arbedo-Castione (77.67 %), chiara di Lumino (57.73 %) e leggermente contraria di Cadenazzo (52.39 %). Né, contrariamente all'assunto ricorsuale, di per sé è determinante il minor numero degli enti coinvolti, considerato che l'asserita importanza e il presunto peso economico-industriale dei Comuni contrari non è affatto dimostrato nella fattispecie.
5.
5.1. Riguardo alle pretese differenze sostanziali sotto il profilo strategico, industriale ed economico, i ricorrenti adducono l'asserita grande importanza dei quattro Comuni contrari, richiamando il rapporto della Commissione di studio, nel quale si rileva che il polo di sviluppo economico nella zona di Arbedo-Castione fa parte della strategia di sviluppo economico del Cantone e che la sua annessione ha un importante valore strategico dal punto di vista della promozione industriale e dello sviluppo economico del futuro Comune di Bellinzona (pag. 81 e 82). Il progetto senza i quattro Comuni asseritamente di grande peso economico-industriale, si scosterebbe quindi sostanzialmente da quello posto in votazione.
5.2. Giova dapprima ricordare che nel messaggio n. 7164 il Governo, preso atto dell'esito della votazione consultiva, ha esaminato tre possibili scenari per il seguito della procedura, ossia una nuova votazione all'interno del perimetro aggregativo ridotto, la fusione volontaria dei tredici Comuni che hanno accettato il progetto e, infine, l'aggregazione coatta dei quattro comuni contrari. Ha rammentato che il comprensorio aggregativo deve costituire un'entità territoriale coerente (art. 3 lett. a LAggr), che qualora includa un numero inferiore di comuni rispetto al progetto posto in votazione non vi si discosti sostanzialmente (art. 7 cpv. 2 e art. 8 cpv. 2 LAggr) e che per procedere a un'aggregazione coatta la partecipazione dei Comuni contrari dev'essere necessaria alla costituzione del nuovo Comune (art. 9 lett. b LAggr), condizione non realizzata in concreto. Ha osservato, tra l'altro, che nei casi in cui, come quello in esame, dalla votazione scaturisce una doppia maggioranza di popolazione e comuni favorevoli, la valutazione sul prosieguo del progetto aggregativo assume una valenza più politica, da esaminare caso per caso. Ha stabilito che, contrariamente alla vertenza "Monteceneri", in concreto i quattro Comuni esclusi non sono essenziali ai fini della fusione e la loro valenza nel progetto non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella fattispecie (pag. 7 e 11). In merito al polo di sviluppo economico nella zona di Arbedo-Castione nelle osservazioni il Consiglio di Stato, richiamando lo studio aggregativo, precisa ch'esso è fermo e aggiunge che il Piano direttore cantonale indica quale unico altro polo di sviluppo economico nel comprensorio in esame, il comparto di Giubiasco-Camorino.
Riguardo agli elementi finanziari e di risorse umane, nel messaggio si rileva che dopo la votazione consultiva i comuni in cui l'esito è stato favorevole hanno incaricato i consulenti di aggiornare le valutazioni finanziarie limitatamente ai 13 comuni, confluite in un documento del 13 dicembre 2015. Dai relativi risultati emerge che dal confronto tra l'aggregazione a 17 comuni e quella a 13 non risultano differenze significative riguardo ai principali indicatori finanziari di gestione corrente, che il gettito d'imposta base delle persone fisiche e giuridiche pro-capite rimane invariato, che il moltiplicatore medio aumenta leggermente a causa dell'assenza di Sant'Antonino, che i Comuni di Arbedo-Castione, Cadenazzo e Lumino presentano dei fondamentali finanziari del tutto simili alla media del comprensorio e quindi non ne influenzano il moltiplicatore, osservato che questi Comuni dopo il voto consultivo hanno già annunciato innalzamenti futuri del proprio moltiplicatore, che la quota del contributo di livellamento sul gettito base rimane invariata, che unici a registrare una variazione negativa sono gli indicatori relativi agli investimenti, che si riducono leggermente e che, infine, gli indicatori di bilancio presentano differenze poco significative. È rilevato che il moltiplicatore d'imposta del nuovo Comune va aumentato di circa 2.5 punti percentuali, precisando tuttavia che questo adeguamento è da imputare non tanto alla riduzione del numero dei comuni, quanto piuttosto alle modificate condizioni finanziarie che si sono verificate nel corso del 2014 e che si prospettano negli anni a venire, esito che non sarebbe stato diverso mantenendo il progetto a 17 comuni. Se ne conclude che sotto l'aspetto finanziario, quello che cambia sarebbe comunque cambiato in larga misura anche mantenendo il progetto originario, a causa delle mutate circostanze generali (pag. 15 seg.).
Si aggiunge che l'apporto di risorse umane, in popolazione e in addetti si riduce in proporzione. Anche con l'aggregazione di 13 Comuni, quello nuovo conterà oltre 40'000 abitanti, assumendo quindi una dimensione estremamente solida, per cui anche sotto questo aspetto non vi sono cambiamenti nell'equilibrio del progetto (pag. 16). Riguardo alla progettualità e alle realizzazioni del nuovo Comune, già esposte alla popolazione, si accerta che tutti i progetti strategici e/o di valenza regionale indicati nello studio aggregativo, ripresi nel messaggio, sono previsti all'interno del comprensorio dei tredici Comuni favorevoli all'aggregazione, per cui gli elementi costitutivi del nuovo Comune rimangono inalterati e pure l'equilibrio del comparto a tredici Comuni resta il medesimo di quello originario. Si sottolinea che, sotto il profilo quantitativo, si tratta semplicemente di una conversione proporzionale all'80 %, che mantiene quindi la larghissima parte di tutte le componenti (78 % del territorio, 79 % della popolazione, 80 % delle risorse fiscali e 81 % dei posti di lavoro). Si elencano poi alcune caratteristiche indicative tra la causa "Monteceneri" e quella in esame, dalle quali risulta ch'esse non sono comparabili (pag. 17 seg.).
Anche nel rapporto n. 7164 R si evidenzia che il nuovo Comune offre tutte le premesse affinché possa affrontare, con la medesima efficacia di quello inizialmente progettato a 17, le questioni legate alla pianificazione e alla gestione territoriale, alla mobilità, all'organizzazione e alla logistica dei propri servizi, rispondendo in tal modo alle aspettative preannunciate alla popolazione prima della votazione consultiva (pag. 6 seg.). Si sottolinea poi che tutti i progetti strategici di valenza regionale sono previsti nel comprensorio dei tredici Comuni (pag. 8).
5.3. I ricorrenti non si confrontano con questi accertamenti fattuali, dei quali non dimostrano del tutto l'arbitrarietà, limitandosi ad addurre in maniera del tutto generica un preteso peso economico-industriale dei quattro Comuni contrari alla fusione, tesi che non trova tuttavia riscontro negli atti di causa. Certo, i citati accertamenti sono posteriori alla votazione consultiva, ma essi dimostrano chiaramente che nel caso in discussione sono adempiute le condizioni legali per poter decretare un'aggregazione di un numero inferiore di Comuni rispetto al progetto posto in votazione.
5.4. Gli insorgenti adducono poi alcune differenze tra i due progetti aggregativi sotto il profilo demografico e della rappresentanza politica, senza rendere perlomeno verosimile che si sarebbe in presenza di modifiche sostanziali. Al riguardo si limitano a osservare che il nuovo Comune a 17 avrebbe contato 52'549 abitanti, mentre quello a 13 ne avrà 10'800 in meno, rilevando che i Comuni che si sono opposti all'aggregazione, contrariamente agli abitanti dell'area urbana centrale, rappresenterebbero una popolazione suburbana o periurbana, per cui la popolazione non-urbana del progetto a 13 verrebbe drasticamente ridotta e, in maniera non meglio precisata, svantaggiata. Nelle osservazioni il Governo rileva rettamente che tuttavia i ricorrenti condividono espressamente che il nuovo Comune comprende l'intera aerea urbana qualificante, per cui l'assenza dei quattro Comuni "non urbani" né modifica né intacca la natura e la sostanza del progetto di Città posto in votazione.
6.
6.1. I ricorrenti sostengono che nel nuovo Comune si porrebbe un problema di coerenza territoriale riguardo al Comune di Claro, che non sarebbe più legato al centro del nuovo Comune attraverso la strada principale che passa da Castione e Arbedo, come sarebbe stato il caso nel progetto a 17, bensì solo tramite un ponte secondario sul Ticino all'altezza di Preonzo. Ne concludono che ciò, visto questo scenario asseritamente del tutto inatteso, giustificherebbe una nuova votazione consultiva, per lo meno riguardo a quel Comune.
6.2. L'assunto è chiaramente infondato. È sufficiente infatti dare uno sguardo alla cartina per accertare che l'aggregazione dei 13 Comuni forma un'entità territoriale coerente e ch'essi, come rilevato nel messaggio n. 7164 e nel relativo rapporto, formano un comprensorio contiguo, compatto e collegato, visto che l'esclusione dei Comuni contrari, tutti situati ai margini del comparto, non crea alcuna cesura territoriale, né si configurano quali perno o polo del progetto. La circostanza che un Comune sia raggiungibile attraverso un'altra via di transito non è decisiva al riguardo, né questo fatto, di secondaria importanza, impone una nuova votazione, ricordato che i Comuni aggregati sono collegati da una strada cantonale. L'assenza dei quattro Comuni comporta certo un ridimensionamento del comprensorio e una sua configurazione territoriale diversa, ma in sé non una sostanziale differenza dal progetto originario.
Al riguardo i ricorrenti insistono nel richiamare l'importanza riconosciuta alla mancata coerenza territoriale dipendente dall'esclusione dell'enclave di Mezzovico-Vira nel contesto della fusione "Monteceneri". A torto, ritenuto che in quella causa la sostanziale differenza tra i due progetti aggregativi e le enormi diversità fra gli stessi era già stata chiaramente accertata e ammessa sia dal Consiglio di Stato nel suo messaggio sia nei relativi rapporti e in seguito pure dal Parlamento (consid. 4.3 e 4.4). Nel caso in esame, già nel messaggio e nel rapporto è per contro stato compiutamente accertato che tra i due progetti non sussistono differenze sostanziali. Durante le deliberazioni del Gran Consiglio, dove la contestata proposta aggregativa è stata accolta con 78 voti favorevoli, un'astensione e un solo voto contrario peraltro non motivato, la circostanza che i due progetti non si discostano sostanzialmente non è stata oggetto di particolari disquisizioni, considerato che tale conclusione risulta in maniera più che evidente dai citati materiali (seduta XXXI pomeridiana del 21 marzo 2016, pag. 4238, 4240 e 4247 seg.). Le generiche affermazioni dei ricorrenti, non sostenute da riscontri oggettivi, non dimostrano per nulla che nel caso in esame non sarebbero adempiute le condizioni fattuali richieste dalla normativa cantonale per procedere all'aggregazione di un numero inferiore di Comuni rispetto a quella prevista originariamente.
6.3. Giova inoltre ricordare che le decisioni in materia di aggregazioni rivestono un carattere prevalentemente politico e che in tale ambito le autorità cantonali dispongono di un potere di apprezzamento estremamente ampio, in particolare per quanto riguarda le scelte adottate dal Legislatore cantonale, organo politico soggetto a un controllo democratico (cfr. sentenze 1C_409/2012 del 20 dicembre 2013 consid. 2.4 e 1C_287/2014 del 25 ottobre 2015 consid. 8.5); il giudice deve rispettare questo margine di manovra (DTF 140 I 201 consid. 6.1 pag. 205 seg.). Del resto, il Parlamento cantonale non ha abusato dell'ampio margine di apprezzamento che gli compete nella materia in esame. Per di più, trattandosi di circostanze locali meglio conosciute e valutate dalle autorità cantonali, il Tribunale federale si impone un certo riserbo nell'interferire in questioni di spiccato apprezzamento, come quelle in esame (sentenza 1P_265/2005 del 18 aprile 2006 consid. 4.6 in fine).
7.
7.1. I ricorrenti ammettono che l'informazione alla popolazione è stata ampia, seppure al loro dire non sufficientemente circostanziata perché non indicava uno scenario d'aggregazione alternativo, in particolare un progetto limitato a 13 Comuni. Con quest'assunto, sul quale è incentrato il gravame, essi disattendono tuttavia che questa condizione non è più prevista dalla LAggr.
7.2. Per quanto concerne il rispetto della volontà degli aventi diritto di voto, nel messaggio n. 7164 si ribadisce che l'esclusione dei quattro Comuni contrari, tutti situati ai margini del comparto e non essenziali ai fini della fusione, non è neppure lontanamente paragonabile al caso "Monteceneri". Si osserva che nell'insieme dei 13 comuni favorevoli, il sì raggiunge un ampio consenso, che supera i due terzi dei votanti. Si evidenzia che in una votazione di tali dimensioni con ben 17 comuni coinvolti, in alcuni dei quali, come ad Arbedo-Castione, il dissenso era assolutamente manifesto, mentre in altri l'esito era del tutto incerto, si potesse ritenere con una certa legittimità che nell'esprimere il proprio voto i cittadini favorevoli (o comunque la loro stragrande maggioranza) non abbiano posto quale condizione irrinunciabile al proprio sostegno la premessa che l'aggregazione comprendesse la totalità dei comuni. Si segnala anche il caso di Sant'Antonino, dove il voto negativo era ampiamente pronosticato, da tempo dato per scontato e largamente previsto da media e opinione pubblica, per cui l'esito negativo in questo Comune era praticamente certo già prima del voto. Analoga era in una certa misura, pur se con aspetti diversi, la situazione a Lumino, dove l'opposizione del Municipio e dei contrari lasciava pochissimi dubbi sul risultato. Queste situazioni, ampiamente riportate anche dai media, erano note ai cittadini; solo il rifiuto di Cadenazzo sarebbe stato piuttosto inatteso. Sempre nel messaggio si ricorda che durante tutta la campagna informativa, nelle serate pubbliche e nei media è stato regolarmente sollevato il tema delle conseguenze di eventuali voti negativi, ricordando che, rispettate le condizioni della LAggr, l'aggregazione si sarebbe potuta concretare anche con un numero ridotto di comuni. Già il solo fatto di aver condizionato la totalità degli aiuti promessi all'aggregazione completa, precisando che sarebbero stati rivisti in caso di aggregazione parziale, indicava che l'ipotesi di ridurre il perimetro era possibile. Se ne deduce che i votanti potevano e dovevano pertanto supporre, già prima di pronunciarsi, che "con enorme probabilità" il progetto sarebbe stato ridimensionato e perfino che quasi certamente lo sarebbe stato almeno per alcuni comuni. Se ne conclude che in definitiva non era verosimile supporre che la cittadinanza dei 13 Comuni favorevoli si sarebbe espressa in modo diverso se avesse saputo che i quattro Comuni contrari non sarebbero stati aggregati, cosa che era in parte già praticamente certa e nota prima della votazione consultiva (pag. 12 seg.).
Nel rapporto si ricorda che nei 13 Comuni il voto favorevole è stato del 67.78 %, quindi oltre i due terzi dei votanti, con una partecipazione al voto del 60 %. Si conferma, senza ombra di dubbio, che da subito tutti gli abitanti del comprensorio erano coscienti che il voto a Sant'Antonino sarebbe stato negativo, soprattutto a causa del suo moltiplicatore d'imposta nettamente inferiore alla media degli altri Comuni. Nelle settimane precedenti la votazione consultiva si è poi avuta la netta percezione che anche a Lumino avrebbe prevalso il no, per cui gli aventi diritto di voto erano o dovevano essere coscienti che non tutti i Comuni avrebbero accettato la fusione. Si aggiunge che durante i numerosi incontri informativi è sempre passata l'informazione che l'aggregazione si sarebbe potuta concretizzare anche con un numero ridotto di Comuni, a condizione che il progetto risultasse compatibile con la LAggr (pag. 7). Si sottolinea, a ragione, che anche nel Rapporto alla cittadinanza del settembre 2015 (pag. 22 e pag. 26), distribuito ai cittadini con il materiale di voto, si indicava che nel caso in cui il voto non fosse favorevole in tutti i Comuni, la LAggr, alle citate condizioni, consentiva al Consiglio di Stato di posticipare le elezioni nei Comuni che avrebbero accolto il progetto. Era quindi assolutamente chiaro che i votanti potevano e dovevano supporre che il progetto, con ogni probabilità, sarebbe stato ridimensionato (pag. 7).
7.3. Da questi accertamenti, non contestati dai ricorrenti, risulta che non si è chiaramente in presenza di un caso analogo a quello dell'inatteso rifiuto del progetto aggregativo da parte di Mezzovico-Vira. Non si è quindi in presenza di una violazione del diritto di voto. In considerazione dell'importanza del progetto aggregativo in esame, come rilevato dagli opponenti, allo scopo di tutelare il diritto di voto, nulla impediva inoltre ai ricorrenti di lanciare un referendum facoltativo (art. 8 cpv. 1 LAggr). Nelle osservazioni al ricorso il Consiglio di Stato rileva, a ragione, come sia altamente improbabile che nel quadro di progetti aggregativi come quello in esame, coinvolgenti un elevato numero di comuni, l'aggregazione proposta possa essere accolta in tutti i comuni e che non siano necessari ridimensionamenti dopo la votazione consultiva.
8.
Poiché il progetto a 13 Comuni non si discosta sostanzialmente da quello a 17 posto in votazione, le autorità cantonali non dovevano indire un nuovo scrutinio prima di decretare l'aggregazione litigiosa. Ne segue che il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF; DTF 133 I 141 consid. 4.1). Non si attribuiscono ripetibili ai Comuni vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF; DTF 134 II 117 consid. 7).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti.
3.
Comunicazione alle parti, rispettivamente ai loro patrocinatori, ai Municipi di Cadenazzo, Lumino e Sant'Antonino, e al Consiglio di Stato, del Cantone Ticino, per sé e per il Gran Consiglio.
Losanna, 14 novembre 2016
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Fonjallaz
Il Cancelliere: Crameri