Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
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4A_445/2017
Sentenza del 16 maggio 2018
I Corte di diritto civile
Composizione
Giudici federali Kiss, Presidente,
Klett, Niquille,
Cancelliere Piatti.
Partecipanti al procedimento
A.________,
ricorrente,
contro
Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), casella postale, 6501 Bellinzona,
opponente,
Oggetto
riduzione del tasso di occupazione in caso di invalidità parziale,
ricorso contro il lodo emanato il 4 luglio 2017 dalla Commissione speciale di ricorso in materia di controversie derivanti dall'applicazione del ROC/EOC.
Fatti:
A.
A.________ è impiegata quale infermiera all'Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), il quale le ha comunicato con lettera 30 dicembre 2016 che al 1° gennaio 2017 sarebbero stati raggiunti 720 giorni di assenza (in seguito specificati per malattia/infortunio) e che quindi dal 2 gennaio 2017 sarebbe stata occupata solo per la parte abile, e cioè al 50 %.
L'EOC ha concluso un contratto collettivo di lavoro (CCL) denominato "Regolamento organico per il personale occupato presso gli Istituti dell'EOC del Cantone Ticino" (ROC), in cui sono previste una Commissione paritetica cantonale (in seguito: Commissione paritetica) e un tribunale arbitrale denominato Commissione speciale di ricorso (in seguito: Commissione speciale), che annoverano fra i loro compiti quello di decidere controversie derivanti dal rapporto di lavoro.
B.
Dopo essersi infruttuosamente rivolta alla Commissione paritetica contro il predetto provvedimento del datore di lavoro, A.________ ha adito la Commissione speciale che, con lodo del 4 luglio 2017, ha respinto l'impugnativa. Il Tribunale arbitrale ha ritenuto che non vi è motivo di dubitare dell'esattezza del dettagliato conteggio dei periodi di assenza e di temporanea ripresa del lavoro prodotto dall'EOC. Ha poi indicato che in base al ROC, scaduto il periodo di 720 giorni di assenza dall'inizio della malattia, lo scioglimento (parziale) del rapporto di lavoro con la continuazione dello stesso solo per la parte abile non necessita di una disdetta ma avviene automaticamente (art. 44 cpv. 2 ROC). Per questa ragione ha considerato che l'art. 58 n. 3 ROC concernente l'obbligo del datore di lavoro di provare di aver cercato un ricollocamento del dipendente all'interno dell'istituto non era applicabile. Ha tuttavia aggiunto che la questione era superata, poiché dagli atti risulta che vi erano stati incontri fra il datore di lavoro e l'infermiera nel tentativo di trovarle un'occupazione confacente, rimasti tuttavia infruttuosi in seguito all'invalidità persistente.
C.
Con ricorso in materia civile del 5 settembre 2017 A.________ postula l'annullamento del lodo. Afferma di non aver " dato la propria esplicita adesione alla procedura arbitrale " e che il sistema previsto dal ROC sarebbe illegale. Lamenta poi una violazione del diritto di essere sentita (art. 393 lett. d CPC) e sostiene che il lodo sarebbe arbitrario nel suo esito sia per gli accertamenti di fatto che per la manifesta violazione del diritto e dell'equità (art. 393 lett. e CPC).
L'8 settembre 2017 la ricorrente ha chiesto di essere posta al beneficio dell'assistenza giudiziaria. Ha successivamente prodotto documenti a comprova della sua situazione economica.
Non è stato ordinato uno scambio di scritti.
Diritto:
1.
Un ricorso in materia civile diretto contro una decisione emanata in una procedura arbitrale retta dal CPC è unicamente ammissibile per i motivi di ricorso elencati nell'art. 393 CPC. È pertanto escluso prevalersi di una violazione del diritto federale non annoverata in tale articolo.
Il Tribunale federale esamina soltanto le censure che il ricorrente propone e motiva (art. 77 cpv. 3 LTF). Questa norma corrisponde a quanto previsto dall'art. 106 cpv. 2 LTF per le censure attinenti alla violazione di diritti fondamentali o di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale (DTF 134 III 186 consid. 5). Alla stregua di tale disposto essa istituisce il principio dell'allegazione (Rügeprinzip) ed esclude quindi l'ammissibilità di critiche appellatorie (sentenza 4A_355/2016 del 5 agosto 2016 consid. 2.1).
2.
La ricorrente ritiene inoperante il patto di arbitrato perché " non avrebbe dato la propria esplicita adesione alla procedura arbitrale ". Il sistema previsto dal ROC sarebbe inoltre illegale perché non permetterebbe azioni parziali e dichiara inappellabili le decisioni della Commissione speciale.
Qualora con tale critica la ricorrente abbia inteso prevalersi di una violazione dell'art. 393 lett. b CPC, e cioè che il tribunale arbitrale si sarebbe a torto dichiarato competente, giova rilevare che l'obiezione appare assai singolare, atteso che è stata la lavoratrice medesima ad aver adito la Commissione speciale. In questo modo ella ha sanato un eventuale vizio attinente al patto d'arbitrato (cfr. sentenza 4A_292/2013 del 27 gennaio 2014 consid. 1.2, in RtiD 2014 pag. 740; DTF 125 I 389 consid. 4c). Per il resto la ricorrente pare dimenticare che nell'ambito dell'impugnazione di un lodo arbitrale i motivi di ricorso sono limitati a quelli elencati dall'art. 393 CPC.
3.
3.1. La ricorrente lamenta poi una violazione del diritto di essere sentita, perché la Commissione speciale, dopo la mancata adesione del datore di lavoro alla transazione proposta all'udienza del 27 aprile 2017, avrebbe emanato la propria decisione " senza dare la possibilità alle parti di esprimersi - in particolare per la ricorrente sui tabulati sui quali è fondato il conteggio - e di produrre altri mezzi di prova ", pur avendo all'udienza assicurato loro " il pieno diritto di fare valere le loro tesi e di insistere nei loro calcoli rilevati agli atti ". Afferma inoltre che il Tribunale arbitrale avrebbe dovuto applicare il principio inquisitorio sociale e di non aver mai avuto la possibilità di vedere i conteggi. Si duole pure di una motivazione insufficiente del lodo.
3.2. L'art. 393 lett. d CPC permette di annullare la sentenza arbitrale se è stato violato il principio della parità di trattamento delle parti o il loro diritto di essere sentite. Tale disposto deriva dalle regole sull'arbitrato internazionale, ragione per cui pure la giurisprudenza sviluppata in applicazione dell'art. 190 cpv. 2 lett. d LDIP può in linea di principio essere ripresa (DTF 142 III 284 consid. 4.1). Il diritto di essere sentito ha quindi essenzialmente il medesimo contenuto del diritto costituzionale garantito dall'art. 29 cpv. 2 Cost. (DTF 130 III 35 consid. 5), ad eccezione dell'obbligo di motivare il lodo (DTF 133 III 235 consid. 5.2 e rinvii). La giurisprudenza ne ha dedotto che ogni parte ha il diritto di esprimersi sui fatti essenziali per il giudizio, di presentare la sua argomentazione giuridica, di proporre i suoi mezzi di prova sui fatti pertinenti e di partecipare alle udienze del tribunale arbitrale (DTF 142 III 284 consid. 4.1, con rinvii). Il diritto di far amministrare prove presuppone che esso sia stato esercitato tempestivamente e secondo le regole della procedura applicabile.
Nella fattispecie occorre innanzi tutto rilevare che all'udienza del 27 aprile 2017 la Commissione speciale non ha annunciato che avrebbe proceduto ad ulteriori atti prima di emanare il suo giudizio, limitandosi a rilevare, prima di proporre una soluzione transattiva, che - come anche menzionato nel ricorso - " alle parti resta riservato il pieno diritto di far valere le loro tesi e di insistere nei loro calcoli rilevati negli atti ". Ricordato che il lodo è unicamente stato emanato il 4 luglio 2017, non è ravvisabile, né la ricorrente spiega cosa avrebbe impedito al suo patrocinatore di procedere in tal modo, invece di rimanere semplicemente passivo dopo che il datore di lavoro non aveva aderito alla proposta transattiva. Non bisogna del resto scordare che l'udienza si è svolta dopo che l'opponente aveva formulato le sue osservazioni - trasmesse alla ricorrente - a cui aveva allegato una tabella sui periodi di lavoro e di assenza. Per quanto riguarda invece la pretesa insufficiente motivazione del lodo, basta rilevare che la ricorrente misconosce la portata - summenzionata - della disposizione in discussione. Ne segue che la censura, in larga misura pretestuosa, va interamente disattesa.
4.
La ricorrente lamenta infine una violazione dell'art. 393 lett. e CPC. Dopo aver esposto la giurisprudenza sviluppata da questo tribunale in applicazione della predetta norma, sostiene che il periodo di malattia di 720 giorni durante il quale doveva essere corrisposto il salario sarebbe stato interrotto per 9 mesi (10 marzo 2016 - 5 dicembre 2016) da un infortunio e giungerebbe quindi al termine unicamente nel dicembre 2017, o al più presto, come asseritamente garantito dal datore di lavoro in una missiva del settembre 2015, nel marzo 2017. Afferma poi che la Commissione speciale ha negato, con un'applicazione arbitraria degli art. 64 e 44 ROC, la necessità di una disdetta.
In concreto la censura si rivela interamente inammissibile. La ricorrente non si confronta in alcun modo con la considerazione del tribunale arbitrale secondo cui l'infortunio si è semplicemente aggiunto alla malattia e fonda la pretesa interruzione del periodo di 720 giorni su documenti nuovi, prodotti per la prima volta innanzi al Tribunale federale, senza che siano dati i presupposti di cui all'art. 99 cpv. 1 LTF. La ricorrente afferma invero apoditticamente di non averli potuti versare agli atti in precedenza, ma cosi facendo essa non formula alcuna valida censura di violazione dell'art. 393 lett. d CPC (v. per la garanzia prevista da questa norma, sopra consid. 3.2). Altrettanto apodittica e quindi inammissibile è l'affermazione secondo cui l'opponente le avrebbe assicurato con lettera 15 settembre 2015 che ella avrebbe ancora il diritto allo stipendio per " altri 520 giorni ". Per il resto, l'argomentazione ricorsuale appare speciosa, atteso che la ricorrente medesima indica che in base al 44 ROC il lavoratore " rimane in forza all'istituto per la parte corrispondente alla capacità lavorativa " e che appunto l'opponente aveva deciso di mantenere la ricorrente alle sue dipendenze per la sua capacità lavorativa (50 %) risultante dall'assenza di 720 giorni per malattia.
5.
Da quanto precede discende che il ricorso si palesa, nella ridotta misura in cui è ammissibile, manifestamente infondato. Anche la domanda di assistenza giudiziaria dev'essere respinta indipendentemente dalla comprovata indigenza della ricorrente, facendo difetto il secondo presupposto dell'art. 64 cpv. 1 LTF, ovvero delle " conclusioni che non sembrano prive di probabilità di successo ". Le spese giudiziarie seguono pertanto la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non occorre invece assegnare ripetibili all'opponente che, non essendo stato invitato a determinarsi, non è incorso in spese per la procedura innanzi al Tribunale federale.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
La domanda di assistenza giudiziaria della ricorrente è respinta.
3.
Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
4.
Comunicazione alle parti e alla Commissione speciale di ricorso in materia di controversie derivanti dall'applicazione del ROC/EOC.
Losanna, 16 maggio 2018
In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Kiss
Il Cancelliere: Piatti