Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
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1C_4/2018
Sentenza del 31 gennaio 2019
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Chaix, Presidente,
Merkli, Karlen, Kneubühler, Muschietti,
Cancelliere Gadoni.
Partecipanti al procedimento
1. World Wide Fund for Nature Schweiz (WWF),
2. Pro Natura,
patrocinati dall'avv. Reto Nigg,
ricorrenti,
contro
1. A.________ SA,
2. Comune di Buseno,
patrocinati dall'avv. Fabrizio Keller,
Governo del Cantone dei Grigioni.
Oggetto
sfruttamento della forza idrica (concessione),
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 25 ottobre 2017 dal Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni, 1a Camera (U 16 92 ses).
Fatti:
A.
La A.________ SA prevede, allo scopo di sfruttare la forza idrica del fiume Calancasca per la produzione di energia, di realizzare una piccola centrale idroelettrica sul territorio del Comune di Buseno. Il progetto prevede di captare le acque ad una quota di circa 758 m.s.m e di rilasciarle ad una quota di circa 692 m.s.m., a monte del lago artificiale di Buseno. L'impianto avrebbe una portata massima normale di 4,5 m3 /s e una potenza installata di 2,34 MW. La produzione annua media è stata valutata tra 7,33 e 9,03 GWh. I costi d'investimento preventivati per la sua costruzione ammontano a circa 13,5 milioni di franchi.
B.
Il 12 dicembre 2007 l'Assemblea comunale di Buseno ha accettato il rilascio della concessione per lo sfruttamento della forza idrica del fiume Calancasca nel tratto in questione. Con istanza del 28 dicembre 2011 il Comune di Buseno ha presentato all'Ufficio dell'energia e dei trasporti, all'attenzione del Governo del Cantone dei Grigioni, la domanda di avviare la procedura di approvazione della concessione. Entro il termine di esposizione pubblica della domanda sono state presentate diverse opposizioni, tra cui quella di WWF e di Pro Natura.
C.
Dopo una serie di atti che non occorre qui evocare, con decisione del 6 settembre 2016 il Governo del Cantone dei Grigioni ha approvato la concessione dei diritti d'acqua e il progetto dell'impianto, disponendo una serie di condizioni in materia di protezione dell'ambiente e delle acque. Il Governo ha contestualmente respinto, nella misura in cui non era diventata priva di oggetto, l'opposizione di WWF e di Pro Natura.
D.
Con sentenza del 25 ottobre 2017, comunicata il 16 novembre 2017, il Tribunale amministrativo dei Grigioni ha respinto un ricorso delle opponenti contro la decisione governativa.
E.
WWF e Pro Natura impugnano questa sentenza con un ricorso in materia di diritto pubblico del 3 gennaio 2018 al Tribunale federale, chiedendo di annullarla e di negare l'approvazione della concessione e del progetto dell'impianto idroelettrico. Le ricorrenti fanno valere la violazione del diritto federale e l'accertamento inesatto dei fatti.
F.
Il Governo postula la reiezione del ricorso mentre la Corte cantonale, il Comune di Buseno e la concessionaria chiedono di respingerlo nella misura della sua ammissibilità. Invitato ad esprimersi sul gravame, l'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM), ha presentato osservazioni sulle censure in tema di coordinamento, di protezione delle acque e dei pesci nonché di protezione della natura e del paesaggio, senza tuttavia formulare richieste esplicite. Con osservazioni del 10 settembre 2018 la concessionaria e il Comune di Buseno si sono confermati nelle loro conclusioni. Con prese di posizione del 25 settembre 2018, rispettivamente del 10 ottobre 2018, pure il Governo e le ricorrenti si sono confermati nelle loro precedenti domande.
G.
Con decreto presidenziale del 5 febbraio 2018 al ricorso è stato conferito l'effetto sospensivo limitatamente all'inizio dei lavori di costruzione del progetto litigioso.
Diritto:
1.
1.1. Secondo l'art. 54 cpv. 1 LTF, il procedimento si svolge di regola nella lingua ufficiale della decisione impugnata, che nella fattispecie è quella italiana. Non vi sono motivi per scostarsi da questa regola, né le ricorrenti lo chiedono espressamente. Nonostante il gravame sia steso in tedesco, questo giudizio è quindi redatto in italiano.
1.2. Presentato tempestivamente contro una decisione finale dell'ultima istanza cantonale che ha confermato il rilascio di una concessione per l'utilizzazione di forze idriche, il ricorso in materia di diritto pubblico è ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d, 90 e 100 cpv. 1 in relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF (cfr. DTF 136 II 436 consid. 1.1).
1.3.
1.3.1. La concessionaria e il Comune di Buseno contestano la legittimazione ricorsuale delle ricorrenti. Adducono che l'opposizione al rilascio della concessione era stata presentata da WWF Svizzera e da Pro Natura Svizzera rappresentate dalle rispettive sezioni cantonali: poiché tali sezioni non figurerebbero nel registro di commercio, la loro costituzione e i relativi diritti di firma dovrebbero essere dimostrati dalle ricorrenti. In caso contrario, l'opposizione al rilascio della concessione potrebbe essere nulla e il ricorso dinanzi alla Corte cantonale avrebbe dovuto essere dichiarato irricevibile.
Le ricorrenti si sono espresse nella presa di posizione del 10 ottobre 2018, comunicata alle controparti, sulla facoltà di rappresentanza delle loro sezioni cantonali.
1.3.2. WWF Svizzera e Pro Natura fanno parte delle organizzazioni attive a livello nazionale legittimate a ricorrere ai sensi dell'art. 12 cpv. 1 lett. b della legge federale sulla protezione della natura e del paesaggio, del 1° luglio 1966 (LPN; RS 451) in relazione con l'art. 1 e i n. 3 e 6 dell'allegato dell'ordinanza che designa le organizzazioni di protezione dell'ambiente nonché di protezione della natura e del paesaggio legittimate a ricorrere, del 27 giugno 1990 (ODO; RS 814.076). La protezione delle acque, la garanzia di adeguati deflussi minimi, la tutela della fauna ittica e la salvaguardia dei suoi spazi vitali rientrano nei compiti della Confederazione (art. 76 cpv. 3 e art. 78 cpv. 4 Cost. , art. 18 segg. LPN, art. 29 segg. della legge federale sulla protezione delle acque, del 24 gennaio 1991 [LPAc; RS 814.20]). Le organizzazioni ricorrenti sono quindi di principio legittimate ad adire il Tribunale federale con un ricorso in materia di diritto pubblico (art. 89 cpv. 2 lett. d LTF; DTF 136 II 101 consid. 1.1).
Secondo l'art. 12 cpv. 5 LPN, le organizzazioni possono abilitare le loro sottoorganizzazioni cantonali e sovracantonali giuridicamente autonome a fare opposizione in generale e a presentare ricorso in singoli casi nell'ambito locale d'attività. Le ricorrenti confermano in questa sede di avere abilitato le loro rispettive sezioni cantonali a rappresentarle nella procedura dinanzi alle autorità cantonali. D'altra parte, non risulta né è seriamente addotto dalle controparti ch'esse abbiano contestato la facoltà di rappresentanza di tali sezioni cantonali nella procedura cantonale, segnatamente dinanzi alla precedente istanza. In tali circostanze, non vi sono ragioni per negare alle organizzazioni ricorrenti la legittimazione ricorsuale nel procedimento dinanzi al Tribunale federale.
1.4. Misure probatorie sono ordinate solo in via eccezionale nella procedura di ricorso dinanzi al Tribunale federale, il quale fonda il suo ragionamento giuridico e statuisce sulla base dei fatti accertati dall'autorità inferiore (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF; DTF 136 II 101 consid. 2). Alla luce di questa premessa e ritenuto che gli atti di causa sono sufficienti per potersi pronunciare sul gravame, il sopralluogo chiesto dalla concessionaria e dal Comune in questa sede non appare necessario e non viene quindi esperito. Visto l'esito del ricorso, considerato che non occorre stabilire nel presente giudizio le caratteristiche dell'opera di presa dell'acqua e le concrete misure compensative, non si giustifica nemmeno di assumere le ulteriori prove da loro richieste con le osservazioni del 10 settembre 2018 (perizia sull'adeguatezza di una presa d'acqua con griglia di tipo Coanda e descrizione dei progetti di compensazione ecologica progettati o in corso di esecuzione nel Cantone dei Grigioni).
2.
2.1. Le ricorrenti rimproverano alla Corte cantonale di avere violato il loro diritto di essere sentite, siccome non si sarebbe confrontata con tutte le censure sollevate. Sostengono che i precedenti giudici avrebbero semplicemente confermato i pareri dei servizi cantonali specialistici, segnatamente quelli dell'Ufficio per la natura e l'ambiente (UNA), senza vagliarli criticamente alla luce delle contestazioni ricorsuali.
Le ricorrenti rilevano di avere censurato delle carenze sotto il profilo della compatibilità ambientale del progetto, in particolare per quanto concerne il rapporto relativo alle conseguenze del prelievo d'acqua sui deflussi residuali, che non terrebbe conto, quale situazione di partenza, dello stato naturale del corso d'acqua. Sostengono di avere inoltre criticato il fatto che i profili, le profondità e le velocità delle correnti sarebbero stati misurati soltanto in uno specifico momento, con un deflusso di 1'200 l/s, mentre sarebbe occorso eseguire due o tre rilevamenti con deflussi e tempi diversi. Hanno altresì lamentato accertamenti insufficienti riguardo alla fauna terrestre, in particolare per quanto concerne gli eventuali pregiudizi agli spazi vitali per gli anfibi, che non sarebbero stati esclusi nemmeno dalla perizia idrobiologica e naturalistica del marzo 2013. Le ricorrenti rilevano di avere invocato carenze del referto peritale relativamente agli effetti sulla vegetazione golenale, sugli ambienti naturali degni di protezione, nonché sulle specie animali e vegetali protette (in particolare riguardo a specie rare quali organismi macrobenthos). Evidenziano infine di avere sollevato dubbi sia sulla conformità dei deflussi residuali della captazione di Valbella, situata su un tratto del fiume Calancasca più a monte, sia sulla corretta determinazione della portata Q347 del corso d'acqua, sia sul rispetto delle esigenze degli art. 31 cpv. 2 e 33 LPAc . Secondo le ricorrenti, su tutti questi aspetti la motivazione della sentenza impugnata sarebbe insufficiente.
2.2. Il diritto di essere sentito, sancito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., esige che l'autorità si confronti con le censure sollevate e le esamini seriamente, dando atto di questo esame nella motivazione della sua decisione. Questa garanzia impone all'autorità di motivare il suo giudizio. La motivazione è sufficiente quando l'interessato può afferrare la portata della decisione e, se del caso, impugnarla con cognizione di causa, permettendo altresì all'istanza di ricorso di esaminarne la fondatezza. L'autorità deve quindi almeno succintamente esporre le argomentazioni su cui si è fondata; non occorre che esamini espressamente ogni allegazione in fatto e in diritto sollevata, potendosi limitare ai punti rilevanti per il giudizio (DTF 142 IV 245 consid. 4.3; 141 IV 249 consid. 1.3.1 e rinvii).
2.3. La Corte cantonale si è pronunciata al considerando n. 8 della sentenza impugnata sulla conformità del progetto alla LPAc, in particolare per quanto concerne l'adeguatezza dei deflussi residuali. Ha rilevato che la portata Q347 e il deflusso residuale minimo accertati dall'UNA apparivano attendibili anche per quanto concerne la sovrastante captazione di Valbella (cfr. consid. n. 8a/cc). Ha spiegato per quali ragioni ha ritenuto giustificato l'aumento del deflusso residuale secondo quanto disposto dall'autorità cantonale allo scopo di soddisfare le esigenze dell'art. 31 cpv. 2 lett. c e d LPAc (cfr. consid. n. 8b/cc). La precedente istanza ha poi escluso un abuso del potere di apprezzamento del Governo nella ponderazione degli interessi giusta l'art. 33 LPAc ed ha negato un ulteriore aumento dei deflussi residuali minimi in applicazione di questa disposizione (cfr. consid. n. 8c/cc). Ha altresì ritenuto non realizzate le condizioni per adottare eventuali misure relative ai deflussi discontinui (cfr. art. 39a LPAc in relazione con l'art. 41e dell'ordinanza sulla protezione delle acque, del 28 ottobre 1998 [OPAc; RS 814.201], cfr. sentenza impugnata, consid. 9). La Corte cantonale si è inoltre pronunciata sull'aspetto della protezione del paesaggio, ammettendo un conveniente inserimento dell'impianto nel contesto paesaggistico (cfr. sentenza impugnata, consid. 10). Quanto alla protezione della fauna e della flora indigene, la precedente istanza ha ritenuto che le misure compensative potessero ancora essere adottate in seguito, nell'ambito di una progettazione successiva, sicché non ha escluso eventuali accertamenti ulteriori e non si è quindi pronunciata al riguardo in modo definitivo (cfr. sentenza impugnata, consid. 5d-f).
Risulta quindi che i giudici cantonali hanno esposto i motivi per cui hanno ritenuto il progetto a questo stadio conforme alle esigenze in materia di protezione dell'ambiente e delle acque nonché di tutela della natura e del paesaggio. Certo, la Corte cantonale non si è espressa specificatamente su ogni singola contestazione sollevata dalle ricorrenti ed ha sostanzialmente confermato la valutazione del Governo, resa sulla base dei pareri dei servizi specializzati, in particolare dell'UNA. Ha tuttavia precisato che, non essendo autorità specialistica in materia di protezione ambientale né autorità di approvazione della concessione e del progetto e, trattandosi in concreto di questioni tecniche, si sarebbe scostata dalle valutazioni specialistiche dei servizi cantonali soltanto in presenza di motivi fondati, non riscontrati nel caso in esame. Ha d'altra parte sufficientemente indicato le ragioni per cui l'impianto progettato poteva a questo stadio essere approvato, riservate le successive fasi di progettazione dettagliata. Il fatto che i giudici cantonali abbiano sostanzialmente confermato la valutazione delle istanze inferiori non costituisce di per sé una violazione del diritto di essere sentite delle ricorrenti, ma concerne il merito della causa. Determinante sotto il profilo dell'invocata garanzia costituzionale è unicamente la circostanza che la Corte cantonale si sia espressa sui punti rilevanti per il giudizio, permettendo alle ricorrenti di impugnarlo in questa sede compiutamente e con cognizione di causa. Non ha quindi disatteso il loro diritto di essere sentite.
In questo contesto, le ricorrenti rimproverano pure alla Corte cantonale di avere accertato in modo inesatto i fatti. Sollevano però la censura in modo generico, senza confrontarsi specificatamente con gli accertamenti contenuti nella sentenza impugnata, spiegando con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF, per quali ragioni sarebbero chiaramente in contrasto con gli atti, manifestamente insostenibili o fondati su una svista evidente (cfr., sull'accertamento arbitrario dei fatti, DTF 143 IV 500 consid. 1.1 e rinvii). La censura è inammissibile e non deve essere vagliata oltre.
3.
3.1. Richiamando gli art. 8b LPT, 2 OPT (RS 700.1), 10 della legge federale sull'energia, del 30 settembre 2016 (LEne; RS 730.0) e 46 LPAc, le ricorrenti lamentano una mancata coordinazione del progetto con la pianificazione di rango superiore e con altri impianti idroelettrici esistenti o previsti sullo stesso fiume. Sostengono che la procedura cantonale di approvazione della concessione e del progetto avrebbe dovuto essere sospesa fino all'adozione di una pianificazione complessiva sulle possibilità di utilizzazione dell'energia idroelettrica nell'intero bacino imbrifero del fiume Calancasca. Adducono che attualmente sarebbero in corso progetti per la realizzazione di altre centraline, segnatamente a Cauco e ad Arvigo e che ulteriori impianti potranno sorgere in futuro. Le ricorrenti lamentano inoltre una mancata coordinazione con il risanamento dei deflussi residuali degli impianti della B.________ SA.
3.2. Giusta l'art. 10 LEne, entrato in vigore il 1° gennaio 2018, i Cantoni provvedono affinché nel piano direttore siano definiti in particolare i territori e le sezioni di corsi d'acqua adeguati per l'impiego della forza idrica e della forza eolica. Vi includono le ubicazioni già sfruttate e possono indicare anche territori e sezioni di corsi d'acqua che devono in linea di massima essere preservati (cpv. 1). Se necessario, i Cantoni provvedono affinché siano allestiti nuovi piani di utilizzazione o siano adeguati quelli esistenti (cpv. 2).
Secondo l'art. 8b LPT, pure entrato in vigore il 1° gennaio 2018 e al quale rinvia l'art. 10 cpv. 1 LEne, il piano direttore specifica i territori e le sezioni di corsi d'acqua adeguati per l'impiego delle energie rinnovabili. Queste norme, di natura pianificatoria, perseguono l'obiettivo di agevolare le procedure volte alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (cfr. messaggio del 4 settembre 2013 concernente il primo pacchetto di misure della Strategia energetica 2050, in: FF 2013 6489, pag. 6594 seg.). Prima della loro entrata in vigore, la giurisprudenza ha ritenuto che la costruzione di una piccola centrale idroelettrica di dimensioni ridotte, seppure ubicata in un paesaggio degno di protezione di importanza cantonale, fosse possibile anche se non contemplata nel piano direttore, nella misura in cui una ponderazione completa degli interessi poteva essere eseguita nel quadro del rilascio della concessione (DTF 140 II 262 consid. 2.3.4; sentenze 1C_139/2017 del 6 febbraio 2018 consid. 4.6.1, in: ZBl 119/2018 pag. 595 segg.; 1C_231/2015 del 23 novembre 2016 consid. 3.1 e 3.3).
Nella fattispecie, il dimensionamento della centralina idroelettrica e la sua incidenza territoriale appaiono limitati, non equiparabili a quelli di un grande progetto globale di sistemazione dei corsi d'acqua (cfr. sentenza 1C_231/2015, citata, consid. 3.1). Le sue ripercussioni sul territorio e sull'ambiente non sono tali da potere essere compiutamente valutate soltanto mediante l'adozione di una base nel piano direttore (cfr. art. 8 cpv. 2 LPT). Nella misura in cui l'ubicazione dell'impianto litigioso è stata ritenuta idonea sulla scorta di una corretta ponderazione degli interessi coinvolti, il fatto che il Cantone non l'abbia ancora indicata nel piano direttore tra le sezioni dei corsi d'acqua adeguate per l'utilizzazione della forza idrica giusta gli art. 10 LEne e 8b LPT non osta di per sé all'approvazione del progetto in esame. Come visto, queste disposizioni concorrono ad attuare l'obiettivo di uno sviluppo rapido e tangibile delle energie rinnovabili e non sono quindi di principio idonee ad impedire la realizzazione di un impianto idroelettrico d'incidenza territoriale limitata che dovesse essere conforme al diritto. Peraltro, la domanda di approvazione della concessione è stata presentata all'autorità cantonale il 28 dicembre 2011, mentre gli art. 10 LEne e 8b LPT sono entrati in vigore il 1° gennaio 2018, vale a dire dopo l'emanazione della decisione governativa e della sentenza impugnata. Nel corso della procedura cantonale, difettava pertanto della base legale per esigere che l'ubicazione dell'impianto fosse preventivamente definita a livello della pianificazione direttrice. Spetterà se del caso all'autorità cantonale riportare nel piano direttore il progetto approvato.
3.3. Quanto alla lamentata mancata coordinazione con altri impianti, la Corte cantonale ha accertato, in modo vincolante per il Tribunale federale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF), unicamente l'esistenza di una captazione della B.________ SA a Valbella, situata oltre 10 km a monte del progetto litigioso, e di una presa d'acqua a valle, presso il lago artificiale di Buseno, di cui è concessionaria la società C.________ SA. Gli ulteriori impianti che, secondo quanto asserito dalle ricorrenti, sarebbero in corso di progettazione, non sono stati oggetto di accertamenti ed esulano quindi dal tema del litigio. La questione della loro coordinazione con gli impianti esistenti e con quello in esame, dovrà, dandosene il caso, essere vagliata nell'ambito delle relative procedure di approvazione.
Con riferimento alla captazione di Valbella, la Corte cantonale ha rilevato che è tuttora in corso un risanamento dei suoi deflussi residuali (cfr. DTF 139 II 28). Ha accertato ch'essa è ubicata oltre 10 km più a monte dell'impianto progettato ed ha condiviso la decisione del Governo secondo cui, in considerazione della distanza tra le due prese d'acqua, dei numerosi affluenti laterali lungo questo tratto del fiume Calancasca e del suo ampio bacino imbrifero, nonché dello sfruttamento autonomo degli impianti da parte di due distinti concessionari, una coordinazione della procedura di approvazione del nuovo impianto con quella di risanamento non si imponeva. La Corte cantonale ha parimenti rilevato che la centrale idroelettrica a valle, presso il lago artificiale di Buseno, era indipendente da quella progettata e non ne ostacolava lo sfruttamento razionale.
Le ricorrenti non censurano d'arbitrio gli accertamenti relativi alle ubicazioni degli impianti esercitati dai diversi concessionari, all'ampiezza del bacino imbrifero del fiume Calancasca e ai suoi affluenti laterali. Da questi accertamenti, vincolanti per il Tribunale federale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF), risulta che gli impianti non sono tra di loro strettamente connessi. La lunghezza del tratto di fiume tra la captazione di Valbella e quella progettata è notevole e il suo deflusso è influenzato da quello dei diversi corsi d'acqua laterali all'interno di un bacino imbrifero vasto. I deflussi residuali dell'impianto progettato sfociano d'altra parte nel lago artificiale di Buseno e sono quindi interrotti dallo sbarramento idroelettrico della centrale esercitata dalla C.________ SA, che costituisce un impianto a sé stante. La zona golenale d'importanza nazionale Pian di Alne, accennata dalle ricorrenti, è ubicata più a monte, in direzione di Valbella, e concerne esclusivamente gli effetti di tale captazione (cfr. DTF 139 II 28 consid. 2.8.6 e 3.8.2). La fattispecie in esame diverge quindi manifestamente da quella oggetto della DTF 142 II 517, richiamata dalle ricorrenti, in cui gli impianti idroelettrici appartenevano alla medesima concessionaria e costituivano un'unità sotto il profilo funzionale e dell'esercizio (DTF 142 II 517 consid. 3.3 e 3.5.1). Nelle esposte circostanze, la decisione della Corte cantonale che ha negato la necessità di una coordinazione del progetto in esame con gli impianti esistenti a Valbella e presso il sottostante lago artificiale non viola il diritto federale.
4.
4.1. Le ricorrenti contestano la decisione della Corte cantonale che ha confermato la possibilità di stabilire nell'ambito di una successiva progettazione di dettaglio sia le caratteristiche dell'opera di captazione dell'acqua (esaminando soltanto in quella sede, tra le possibili varianti, anche una captazione con griglia di tipo Coanda), sia quelle dell'edificio destinato alla centralina idroelettrica. Sostengono che queste parti dell'impianto, così come la prevista scala di risalita dei pesci, costituirebbero elementi costruttivi fondamentali dell'impianto. Essi sarebbero determinanti per la ponderazione degli interessi, in particolare riguardo agli effetti sulla flora, la fauna e il paesaggio, e non potrebbero pertanto essere rinviati ad una procedura successiva. Le ricorrenti lamentano al riguardo un'insufficiente coordinazione delle procedure (art. 25a LPT). Adducono inoltre che il tipo di captazione potrebbe influire sul bilancio in materiale detritico del corso d'acqua (art. 43a LPAc), sulle condizioni di esistenza della fauna acquatica e sulla libera migrazione dei pesci (art. 9 della legge federale sulla pesca, del 21 giugno 1991 [LFSP; RS 923.0]). Secondo le ricorrenti, nelle esposte circostanze, non sarebbero nemmeno dati i presupposti per rilasciare già nella fase della procedura di approvazione della concessione, tutte le autorizzazioni necessarie alla realizzazione dell'impianto, rinunciando allo svolgimento della procedura di approvazione del progetto prevista dagli art. 57 segg. della legge sui diritti d'acqua del Cantone dei Grigioni, del 12 marzo 1995 (LGDA; CSC 810.100). Le ricorrenti rimproverano inoltre alla Corte cantonale di avere violato l'art. 18 cpv. 1ter LPN e l'art. 54 lett. d della legge federale sull'utilizzazione delle forze idriche, del 22 dicembre 1916 (LUFI; RS 721.80) per avere rinviato pure la fissazione delle misure compensative ad una futura progettazione di dettaglio.
4.2. Nelle osservazioni al ricorso, l'UFAM non condivide la decisione della Corte cantonale di permettere una progettazione successiva dell'opera di captazione dell'acqua, nell'ambito della quale esaminare la fattibilità di una variante mediante una griglia di tipo Coanda. Rileva che questo dispositivo consente di aspirare soltanto l'acqua, lasciando scorrere sabbia, ghiaia, materiale organico e organismi acquatici. Esso permette di rinunciare a un sistema per la discesa dei pesci e ad un dissabbiatore. Adduce che nei corsi d'acqua alpini e prealpini, l'installazione di questo genere di presa offrirebbe vantaggi indiscutibili per la fauna e la flora acquatiche, e sotto questo profilo sarebbe preferibile alle classiche prese d'acqua "tirolesi". Ritiene che il tipo di captazione non potrebbe essere considerato un aspetto secondario dell'impianto, esaminabile in una fase ulteriore. L'UFAM rileva inoltre che pure le misure di compensazione secondo gli art. 18 cpv. 1ter LPN e 9 LFSP sono parte integrante del progetto e devono perciò essere concretamente stabilite già nella decisione governativa di approvazione.
4.3. Giusta l'art. 29 lett. a LPAc, chi, eccedendo l'uso comune, preleva acqua da corsi d'acqua a deflusso permanente, deve essere titolare di un'autorizzazione. Questa comprende l'autorizzazione fondata sulla legislazione sulla pesca (art. 8 cpv. 4 LFSP). La protezione dell'ambiente e delle acque esige una valutazione complessiva che nel risultato equivalga, sotto il profilo materiale, all'applicazione diretta delle norme speciali determinanti (DTF 142 II 517 consid. 3.4). Secondo l'art. 7 LFSP, i Cantoni provvedono alla preservazione dei ruscelli, delle rive naturali e della vegetazione acquatica che servono da rifugio di fregola dei pesci o da biotopo degli avannotti (cpv. 1). Essi prendono, per quanto possibile, misure per migliorare le condizioni di vita della fauna acquatica e per ripristinare localmente i biotopi distrutti (cpv. 2; cfr. analogamente l'art. 37 cpv. 2 LPAc nel caso di arginature e l'art. 3 LPN per gli interventi nel paesaggio). Se vengono autorizzati interventi sulle acque, le autorità devono prescrivere giusta l'art. 9 LFSP tutti i provvedimenti intesi a creare le condizioni favorevoli all'esistenza della fauna acquatica, assicurare la libera migrazione dei pesci, agevolare la riproduzione naturale, evitare che pesci o gamberi possano essere uccisi o lesi da costruzioni o macchine. Questi provvedimenti devono essere stabiliti già nella fase di progettazione degli interventi tecnici (cpv. 3).
Se l'approvazione di un impianto idroelettrico avviene in due fasi, come nel caso del Cantone dei Grigioni (procedura di rilascio della concessione secondo gli art. 50 segg. LGDA seguita dalla procedura di approvazione del progetto secondo gli art. 57 segg. LGDA), tutti gli aspetti fondamentali del progetto devono essere trattati già nella prima fase; essi non possono più essere rimessi in discussione nella seconda fase (cfr. sentenza 1C_526/2015 del 12 ottobre 2016 consid. 8.5 non pubblicato in DTF 142 II 517). Vi rientrano in particolare l'indicazione del deflusso utile (cfr. art. 54 lett. b LUFI) e la connessa autorizzazione giusta l'art. 29 LPAc (cfr. DTF 140 II 262 consid. 4.3; 125 II 18 consid. 4b/aa). Anche i provvedimenti per la protezione degli spazi vitali della fauna acquatica secondo gli art. 7 e 9 LFSP devono di principio essere stabiliti nell'ambito della prima fase, affinché possa essere valutata la compatibilità ambientale del progetto. Ciò vale pure per le misure volte a prevenire i deflussi discontinui. Una regolamentazione a livello della concessione è in ogni caso necessaria quando entrano in considerazione misure di esercizio che possono influire sulla portata di dotazione e quindi sull'ampiezza del diritto di utilizzazione concesso (cfr. sentenza 1C_526/2015, citata, consid. 8.5 e riferimenti). Secondo l'art. 55 cpv. 1 LGDA, l'approvazione governativa del rilascio della concessione deve essere data sulla base di un esame delle premesse legali come pure di una ponderazione dell'insieme degli interessi in gioco.
Nella fattispecie, il Governo ha ritenuto che il progetto presentava un grado di concretezza sufficiente per essere approvato in un'unica fase conformemente all'art. 58 cpv. 2 LGDA. Questa disposizione prevede che se tutte le ulteriori autorizzazioni hanno già potuto essere rilasciate con la decisione di approvazione della concessione, la procedura di approvazione del progetto viene meno.
4.4. Il progetto presentato dalla concessionaria prevede per l'opera di presa la costruzione sul fiume di una traversa di ritenuta in calcestruzzo rivestita in pietra, con una presa laterale per la captazione. La centrale è costituita da un edificio a tetto piano, dalle dimensioni di 9.90 m per 15 m e alto fino a 6.35 m, realizzato in calcestruzzo e con le facciate rivestite da lastre.
Nella decisione di approvazione della concessione e del progetto, il Governo ha posto la condizione che la captazione d'acqua sia progettata nel dettaglio con l'Ufficio per la caccia e la pesca prima dell'inizio dei lavori e sia realizzata di conseguenza, imponendo in particolare che nell'esame delle possibili varianti di attuazione venga considerata anche una captazione con griglia di tipo Coanda. Quanto all'edificio della centrale, il Governo ha imposto ch'esso fosse interrato, in considerazione della sua ubicazione in zona di pericolo. Ha inoltre stabilito che, qualora un interramento dovesse rivelarsi sproporzionato, l'architettura della centrale dovrà essere rielaborata e adeguata alle caratteristiche costruttive degli edifici situati nelle immediate vicinanze. Ha altresì deciso che, nel caso in cui siano necessarie ulteriori misure per la protezione del manufatto, dovrà essere inoltrata la relativa documentazione all'UNA, fermo restando che tali misure non dovranno limitare le funzioni naturali ed ecologiche del corso d'acqua.
4.5. Richiamando la giurisprudenza del Tribunale federale in materia di grandi progetti ferroviari (DTF 121 II 378 consid. 6b), la Corte cantonale ha addotto che oltre alle due fasi procedurali previste dalla LGDA per l'approvazione della concessione e del progetto (art. 49 segg. LGDA), la prassi permetterebbe una progettazione dettagliata successiva nell'ambito della quale sarebbe in concreto possibile approvare la variante definitiva dell'opera di presa d'acqua e le caratteristiche della centralina. Nella fattispecie, la procedura di approvazione dell'impianto idroelettrico è tuttavia retta dal diritto cantonale, che come visto prevede due sole fasi, le quali possono peraltro essere riunite in un'unica fase nella misura in cui tutte le autorizzazioni possono già essere rilasciate con la decisione di approvazione della concessione (cfr. art. 58 cpv. 2 LGDA). La possibilità di eseguire un'ulteriore fase progettuale può comunque rimanere qui indecisa, giacché, come è stato esposto, gli aspetti principali e fondamentali dell'impianto non possono essere rinviati ad una successiva progettazione particolareggiata. Il Tribunale federale ha inoltre precisato che una simile scissione è eventualmente ammissibile solo laddove non è pregiudicata la necessaria coordinazione materiale e formale delle decisioni. Ciò presuppone in particolare che nella prima fase dell'esame siano trattati tutti gli aspetti che non possono più essere rimessi in discussione nella fase successiva (DTF 126 II 26 consid. 5d pag. 39).
4.5.1. In concreto, il progetto è chiaramente delimitato e non riveste una complessità tale da rendere necessario un suo frazionamento. La presa per la captazione dell'acqua è parte integrante dell'impianto e ne costituisce un elemento rilevante. Le sue caratteristiche possono influire in modo differenziato sul corso d'acqua, segnatamente sull'esistenza della fauna e della flora acquatica. Come rilevato dall'UFAM, una griglia di tipo Coanda presenterebbe vantaggi sotto il profilo della tutela della natura e dell'ambiente; permetterebbe inoltre di rinunciare ad un sistema per la discesa dei pesci. Il sistema di captazione dell'acqua può quindi influenzare anche la costruzione di altre parti dell'impianto o la fissazione delle misure di compensazione. Considerato che, secondo l'accertamento della Corte cantonale vincolante per il Tribunale federale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF), l'opera di presa è ubicata all'interno di una zona di protezione del paesaggio di importanza regionale, essa ha pure un'incidenza sotto il profilo della valutazione dell'inserimento paesaggistico. In tali circostanze, non costituisce quindi un aspetto di dettaglio, che può essere rinviato ad una progettazione particolareggiata. La condizione imposta dal Governo di esaminare le possibili varianti dell'opera di presa in una fase successiva, prevedendo se del caso una captazione con griglia di tipo Coanda, rimetterebbe peraltro in discussione l'esame della compatibilità ambientale del progetto.
4.5.2. Questa conclusione vale analogamente per l'edificio della centrale, che pure costituisce una parte essenziale dell'impianto. Le sue dimensioni non sono trascurabili, così come non appare di secondaria importanza la questione di un suo eventuale completo interramento, che ne modificherebbe in misura significativa l'inserimento nel paesaggio. L'onere imposto dal Governo di interrare la centrale o di rielaborarla ed adeguarla alle caratteristiche costruttive degli edifici situati nelle immediate vicinanze qualora un suo interramento dovesse rivelarsi sproporzionato, appare poi generico e comporta un riesame completo dell'edificio progettato secondo i piani della domanda di approvazione. L'adempimento di questo onere implica una nuova progettazione per chiarire come devono essere eliminate le carenze riscontrate, al fine di tutelare la centralina dai pericoli naturali e garantire un migliore inserimento paesaggistico.
Il principio della coordinazione giusta l'art. 25a LPT esige che un progetto di costruzione sia esaminato in una procedura unitaria di autorizzazione. Un procedimento successivo è ammissibile soltanto su aspetti secondari del progetto, quali per esempio la scelta dei colori e dei materiali della costruzione, e nella misura in cui non ne risultino nuovi effetti o modifiche rilevanti (cfr. sentenza 1C_615/2017 del 12 ottobre 2018 consid. 2.5). In concreto, le modifiche progettuali richieste potrebbero essere importanti e comportare la necessità di una rielaborazione concettuale dei piani. Il risultato finale e gli effetti della nuova progettazione non sono ancora chiari. In tali condizioni, non si tratta quindi di difetti minori che possono essere corretti facilmente senza particolari cambiamenti. L'onere imposto alla concessionaria di riprogettare la centralina nell'ambito di una procedura successiva viola pertanto il diritto federale (cfr. sentenza 1C_615/2017, citata, consid. 2.6).
4.6. Nella decisione di approvazione della concessione e del progetto, osservato in particolare che l'eliminazione di un ostacolo alla migrazione delle trote fario non rientrava nelle misure compensative ai sensi dell'art. 18 cpv. 1ter LPN, il Governo ha imposto alla concessionaria di presentare all'UNA, prima dell'inizio dei lavori,
"altre prestazioni compensative rispetto a quelle proposte nella domanda". La Corte cantonale, pur rilevando che tali misure devono essere definite con il rilascio della licenza edilizia, ha ritenuto che nel caso specifico, in considerazione delle evidenti difficoltà a stabilirle concretamente, si giustificava di posticiparle ad una fase successiva.
Giusta l'art. 18 cpv. 1ter LPN, se, tenuto conto di tutti gli interessi, non è possibile evitare che gli interventi tecnici pregiudichino biotopi degni di protezione, chi opera l'intervento prende misure speciali onde assicurarne la migliore protezione possibile, il ripristino o una sostituzione confacente. L'art. 54 lett. d LUFI invocato dalle ricorrenti, prevede che l'atto di concessione deve indicare le condizioni e gli oneri basati su altre leggi federali. La giurisprudenza ha già avuto modo di precisare che, nel caso di un progetto sottoposto all'esame sull'impatto ambientale, le indagini e le misure necessarie in materia di pesca e di protezione della natura devono essere eseguite nella prima fase. Le questioni riguardanti la protezione delle acque, della natura e del paesaggio rivestono, sia per la tutela dell'ambiente sia per lo sfruttamento delle forze idriche, un'importanza tale che il loro esame non può essere rinviato alla seconda fase. Gli oneri o le condizioni stabilite sulla base della LPN devono essere descritti con precisione in una decisione amministrativa e il loro contenuto deve essere chiaramente definito (sentenza 1C_67/2011 del 19 aprile 2012 consid. 9.1.1 e riferimenti). Le misure di ripristino o di sostituzione secondo l'art. 18 cpv. 1ter LPN costituiscono parte integrante del progetto e soggiacciono quindi all'obbligo di coordinazione (sentenza 1C_156/2012 del 12 ottobre 2012 consid. 6.2.2 in: URP 2013 pag. 357 segg.). La qualità di tali provvedimenti influisce inoltre sulla ponderazione degli interessi, che deve essere eseguita in modo completo (sentenza 1C_346/2014 del 26 ottobre 2016 consid. 4.4 in: URP 2017 pag. 45 segg.).
In concreto, l'onere imposto alla concessionaria di presentare prima dell'inizio dei lavori imprecisate
"altre prestazioni compensative rispetto a quelle proposte nella domanda"è formulato in termini generici e non rispetta le esposte esigenze. L'autorità di approvazione non ha stabilito concrete misure di ripristino o di sostituzione vincolanti per la richiedente, ma le ha rinviate in modo generale ad una procedura successiva. Come visto, tali provvedimenti sono parte integrante del progetto ed avrebbero dovuto essere stabiliti in modo puntuale con la decisione di approvazione. Il loro contenuto dipende peraltro anche dal tipo di captazione scelto, che come visto è pure rimasto aperto a torto.
4.7. Nelle esposte circostanze, la decisione di rinviare il giudizio su aspetti essenziali del progetto ad una fase successiva impedisce una ponderazione globale degli interessi in discussione e viola pertanto il diritto federale. Le censure ricorsuali sono fondate e comportano l'annullamento della sentenza impugnata.
4.8. Le ricorrenti lamentano una violazione del principio della coordinazione siccome il Governo ha rinviato a una procedura successiva anche le modalità di gestione delle piene e degli spurghi, la determinazione delle misure volte a garantire il bilancio in materiale detritico del corso d'acqua nonché l'elaborazione di un concetto per lo smaltimento del materiale di scavo e dei rifiuti edili prodotti. La Corte cantonale non si è pronunciata su tali questioni. Poiché la causa le è rinviata per un nuovo giudizio, le spetterà statuire al riguardo nel seguito della procedura. Giova in particolare rilevare che le operazioni di spurgo e di evacuazione delle piene, così come le misure destinate a riequilibrare il bilancio del materiale detritico concernono il diritto federale (cfr. art. 40 e 43a LPAc ), che la Corte cantonale è di principio tenuta ad applicare d'ufficio (cfr. art. 110 LTF). Le modalità di spurgo toccano diversi interessi, quali quelli della protezione delle acque, quelli della natura e del paesaggio e quelli della pesca (DTF 125 II 591 consid. 5a-c). La problematica del bilancio in materiale detritico presenta analogie con quella dei deflussi discontinui (cfr. art. 39a LPAc) e concerne i provvedimenti destinati a preservare gli habitat della flora e della fauna indigene dagli effetti pregiudizievoli arrecati al corso d'acqua dall'impianto idroelettrico in discussione (cfr. art. 42a OPAc; Rapporto del 12 agosto 2008 della Commissione dell'ambiente, della pianificazione del territorio e dell'energia del Consiglio degli Stati, in: FF 2008 7033, pag. 7052). Pure questi aspetti concernono quindi la compatibilità ambientale del progetto.
Stante il rinvio alla Corte cantonale, è d'uopo, per motivi di economia procedurale, chinarsi di seguito sulle censure sollevate quo ai deflussi residuali.
5.
5.1. Le ricorrenti ritengono insufficienti i deflussi residuali stabiliti nella decisione di approvazione della concessione e confermati dalla Corte cantonale. Sostengono che le valutazioni delle precedenti istanze non terrebbero conto del deflusso naturale del corso d'acqua, ma sarebbero basate sul suo stato attuale, influenzato dal prelievo della captazione di Valbella. Criticano inoltre il calcolo della portata Q347 e il mancato maggiore aumento del deflusso residuale minimo in applicazione degli art. 31 cpv. 2 lett. c e d e 33 LPAc.
5.2. L'autorizzazione a prelevare acqua da corsi d'acqua a deflusso permanente eccedendo l'uso comune (art. 29 lett. a LPAc) può essere rilasciata se sono soddisfatte le esigenze di cui agli art. 31 a 35 LPAc (art. 30 lett. a LPAc). L'art. 31 cpv. 1 LPAc presuppone il rispetto di un deflusso residuale minimo, che viene definito in modo dipendente dalla portata Q347. Quest'ultima costituisce la portata, determinata su un periodo di dieci anni, che è raggiunta o superata in media durante 347 giorni all'anno e non è sensibilmente influenzata né da sbarramenti, né da prelievi, né da apporti d'acqua (art. 4 lett. h LPAc). L'art. 31 cpv. 1 LPAc stabilisce per i corsi d'acqua con una minore portata deflussi residuali minimi percentualmente superiori rispetto a quelli per i corsi d'acqua con una portata elevata (DTF 140 II 262 consid. 5.2). Giusta l'art. 31 cpv. 2 LPAc, i deflussi residuali calcolati secondo il cpv. 1 devono essere aumentati in modo che risultino adempiute determinate esigenze, in particolare di conservazione dei biotopi e delle biocenosi rari (lett. c) e di garanzia della libera migrazione dei pesci (lett. d). In una fase ulteriore i deflussi residuali minimi devono essere aumentati ai sensi dell'art. 33 LPAc nella misura risultante dalla ponderazione degli interessi a favore o contro l'entità del prelievo d'acqua previsto (DTF 140 II 262 consid. 5.2 e riferimenti; sentenza 1C_526/2015, citata, consid. 4 non pubblicato in DTF 142 II 517).
5.3. Le ricorrenti sostengono che nella fattispecie la portata Q347 non sarebbe stata determinata correttamente né dalla concessionaria né dall'autorità cantonale, siccome non sarebbe stato considerato lo stato naturale del corso d'acqua. Adducono che sarebbe occorso sommare i volumi di acqua giornalieri nei punti di misurazione di Valbella e di Buseno, fissando poi sulla base di tali valori la portata Q347 del corso d'acqua. Rimprovera all'UNA di avere determinato a torto la portata Q347 addizionando quella misurata a Valbella con quella accertata a Buseno, nonché di essersi scostata verso il basso dal deflusso residuale minimo di 414 l/s stabilito inizialmente.
Con queste argomentazioni le ricorrenti non si confrontano puntualmente con i considerandi del giudizio impugnato e non fanno valere una violazione del diritto federale con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 42 cpv. 2 LTF (cfr., sulle esigenze di motivazione, DTF 134 II 244 consid. 2.1). Peraltro, il calcolo della portata Q347 costituisce una questione tecnica, riguardo alla quale l'autorità amministrativa specialistica dispone di conoscenze dettagliate e che il Tribunale federale esamina con riserbo (DTF 125 II 643 consid. 4a; 115 Ib 131 consid. pag. 135 seg.). In concreto, la Corte cantonale ha rilevato che la portata Q347 è stata stabilita fondandosi sul deflusso del corso d'acqua allo stato naturale (cfr. sentenza impugnata, consid. 8a/cc e 8c/cc). Nella presa di posizione del 30 ottobre 2015, l'UNA si è confrontata con il calcolo della portata Q347 presentato dalla concessionaria nel rapporto del 12 maggio 2015, rielaborandolo sulla base dei dati più recenti. Ha pertanto stabilito in 100 l/s il valore della portata Q347 a Valbella e in 750 l/s quello presso la stazione di misurazione di Buseno, determinando in 850 l/s la portata Q347 per quanto concerne il deflusso naturale della Calancasca in corrispondenza della captazione litigiosa. In modo conforme all'art. 31 cpv. 1 LPAc, ha di conseguenza fissato in 388 l/s il deflusso residuale minimo. Contrariamente alla tesi delle ricorrenti, risulta quindi che l'autorità cantonale specializzata non si è limitata a considerare il tratto con deflusso residuale a valle della captazione di Valbella, ma ha determinato la portata Q347 del corso d'acqua con riferimento anche al settore del bacino imbrifero a monte, tenendo conto sia del valore misurato all'altezza di Valbella sia di quello rilevato a Buseno. Nella risposta al ricorso, l'UFAM ha ritenuto questo modo di procedere sostanzialmente corretto. Le ricorrenti contestano in maniera generica il fatto che la portata Q347 sia stata determinata addizionando i due citati valori parziali, ma non mettono seriamente in dubbio la modalità di calcolo, segnatamente mediante un referto specialistico (cfr. sentenza 1C_526/2015, citata, consid. 6.7 e 10 non pubblicati in DTF 142 II 517). Non rendono quindi ravvisabili gli estremi di una violazione del diritto federale.
Laddove le ricorrenti criticano poi il fatto che l'UNA abbia diminuito il deflusso residuale minimo giusta l'art. 31 cpv. 1 LPAc di 414 l/s stabilito inizialmente, disattendono che tale valore si basava su una portata Q347 di 934 l/s (cfr. presa di posizione dell'UNA del 20 agosto 2013). In seguito, l'autorità cantonale ha però eseguito un nuovo calcolo sulla base di dati più aggiornati e completi, in particolare per quanto concerne i volumi d'acqua giornalieri misurati presso la captazione di Valbella, giungendo al risultato di una portata Q347 di 850 l/s e conseguentemente a un deflusso residuale minimo di 388 l/s (cfr. presa di posizione dell'UNA del 30 ottobre 2015). Peraltro, il deflusso residuale minimo di 388 l/s, stabilito definitivamente dal Governo nella decisione di approvazione della concessione, era stato esplicitamente riconosciuto dalle ricorrenti nel corso della procedura di opposizione (cfr. opposizione completiva del 23 dicembre 2015). Contestandolo successivamente, dopo avervi aderito, le ricorrenti hanno violato il principio della buona fede. Questo principio, da cui deriva il divieto del comportamento contraddittorio, avrebbe infatti imposto loro di fare valere già in prima istanza eventuali obiezioni giuridicamente rilevanti contro il valore calcolato dall'autorità cantonale specialistica e di non sollevarle soltanto nella procedura ricorsuale, dopo l'emanazione della decisione governativa a loro sfavorevole (DTF 143 IV 397 consid. 3.4.2 pag. 406; 143 V 66 consid. 4.3 e rinvii).
5.4. Le ricorrenti sostengono che il deflusso residuale minimo avrebbe dovuto essere aumentato in applicazione sia dell'art. 31 cpv. 2 lett. c e d LPAc sia dell'art. 33 LPAc. Adducono che per assicurare la libera migrazione dei pesci sarebbe necessario un deflusso di almeno 600 l/s, limite che non sarebbe raggiunto nemmeno nelle condizioni attuali durante diversi mesi dell'anno. Rimproverano inoltre alle precedenti istanze di non avere determinato tutti gli interessi a favore e contro il prelievo d'acqua e di non avere eseguito una ponderazione completa di tali interessi.
Con questa argomentazione le ricorrenti non si confrontano tuttavia puntualmente con i considerandi del giudizio impugnato e non sostanziano una violazione del diritto federale con una motivazione conforme all'art. 42 cpv. 2 LTF. Disattendono che nella decisione di approvazione della concessione è stato concretamente fissato, a dipendenza di un afflusso d'acqua alla captazione superiore a 388 l/s, un incremento della dotazione dei deflussi minimi secondo la formula: 388 l/s + 0.4 x (afflusso - 388) l/s. Le ricorrenti non si confrontano con l'entità di questo aumento dinamico, confermato dalla Corte cantonale in applicazione dell'art. 31 cpv. 2 lett. c e d LPAc e non spiegano con una motivazione specifica per quali ragioni esso sarebbe insufficiente. Né esse si confrontano con la ponderazione degli interessi eseguita dal Governo (cfr. decisione di approvazione della concessione e del progetto, pag. 24 segg.) e parimenti confermata nella sentenza impugnata (cfr. consid. 8c). Non sostanziano quindi un eccesso o un abuso del potere di apprezzamento da parte dei giudici cantonali, sicché la censura deve essere dichiarata inammissibile.
6.
In considerazione di quanto esposto, la sentenza impugnata deve essere annullata e gli atti rinviati alla Corte cantonale, affinché tutti gli aspetti fondamentali del progetto siano decisi in un'unica procedura (cfr. consid. 4). Visto l'esito del ricorso, ritenuto che la precedente istanza dovrà pronunciarsi nuovamente sulla causa, non occorre esaminare in questa sede le censure sollevate contro l'ammontare delle spese giudiziarie e delle ripetibili nella procedura ricorsuale cantonale.
7.
7.1. Ne segue che il ricorso deve essere parzialmente accolto nella misura della sua ammissibilità. La sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata alla Corte cantonale per una nuova decisione nel senso dei considerandi.
7.2. Le spese giudiziarie e le ripetibili della sede federale seguono la soccombenza e sono di conseguenza poste a carico della A.________ SA e del Comune di Buseno, che avevano un interesse pecuniario nella causa ( art. 66 cpv. 1 e 4 LTF e art. 68 cpv. 1 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è parzialmente accolto. La sentenza emanata il 25 ottobre 2017 dal Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni è annullata e la causa gli è rinviata per una nuova decisione nel senso dei considerandi.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste in solido a carico della A.________ SA e del Comune di Buseno, che rifonderanno in solido alle ricorrenti un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale.
3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Governo e al Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni, 1a Camera, nonché all'Ufficio federale dell'ambiente.
Losanna, 31 gennaio 2019
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Chaix
Il Cancelliere: Gadoni