Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
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2C_816/2019
Sentenza del 15 ottobre 2019
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Seiler, Presidente,
Donzallaz, Stadelmann,
Cancelliera Ieronimo Perroud.
Partecipanti al procedimento
A.________,
ricorrente,
contro
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Polizia Cantonale, Servizio armi, esplosivi e sicurezza privata,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
Oggetto
Rifiuto dell'autorizzazione cantonale per l'esercizio di attività private di investigazione e di sorveglianza,
ricorso contro la sentenza emanata il 20 agosto 2019 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2018.19).
Fatti:
A.
Il 25 agosto 2017 la Polizia cantonale, Sezione Polizia amministrativa del Dipartimento ticinese delle istituzioni, ha respinto l'istanza sottopostale il 22 maggio 2017 da B.________ SA, volta ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione ad avvalersi della collaborazione di A.________ quale agente di sicurezza. Il diniego si fondava sul fatto che questi aveva a suo carico un precedente per rapina e un divieto di accedere a manifestazioni sportive in Italia (di seguito: DASPO) e che nei suoi confronti era ancora aperto in Ticino un procedimento penale per i reati di truffa, falsità in documenti e contravvenzione alla legge federale del 20 marzo 1981 sull'assicurazione infortuni. E stato inoltre rilevato che l'interessato era stato in cura presso una psichiatra dal 2011 al 2015, periodo durante il quale aveva anche dovuto assumere psicofarmaci.
B.
Questa decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino, il 13 dicembre 2017, e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 20 agosto 2019.
C.
Il 25 settembre 2019 A.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata e che gli venga rilasciata l'autorizzazione litigiosa. Domanda inoltre il beneficio dell'assistenza giudiziaria con nomina di un avvocato d'ufficio e che venga restituito l'effetto sospensivo al proprio gravame.
Non è stato ordinato alcun atto istruttorio.
Diritto:
1.
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 144 II 184 consid. 1 pag. 186; 143 IV 85 consid. 1.1 pag. 87 e rinvii).
1.2. Il ricorso concerne una causa di diritto pubblico che non ricade sotto nessuna delle eccezioni previste dall'art. 83 LTF ed è diretto contro una decisione finale resa in ultima istanza cantonale da un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF). Esso è stato presentato nei termini dal destinatario del giudizio contestato (art. 100 cpv. 1 LTF), con interesse al suo annullamento (art. 89 cpv. 1 LTF), ed è pertanto ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico giusta l'art. 82 segg. LTF.
2.
2.1. Alla base della controversia vi è la richiesta di rilascio di un'autorizzazione disciplinata dal diritto cantonale. La violazione del diritto cantonale, quand'anche dovesse rinviare a norme o concetti del diritto federale (DTF 140 II 298 consid. 2 pag. 300; 138 I 232 consid. 2.4 pag. 236 seg.), non costituisce motivo di ricorso, il Tribunale federale verificando la corretta applicazione del diritto federale (art. 95 LTF). Tuttavia, è possibile fare valere che l'errata applicazione del diritto cantonale costituisce una violazione del diritto federale, in particolare perché arbitraria ai sensi dell'art. 9 Cost. Secondo giurisprudenza, l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura preferibile a quella contestata; il Tribunale federale annulla la pronuncia criticata solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 140 III 16 consid. 2.1 pag. 18 seg.; 138 I 232 consid. 6.2 pag. 239). Spetta al ricorrente dimostrare questa condizione (DTF 138 V 67 consid. 2.2 pag. 69). Le esigenze di motivazione in queste evenienze sono accresciute (art. 106 cpv. 2 LTF) e il ricorrente deve esporre in maniera chiara e dettagliata, confrontandosi puntualmente con tutti i considerandi del giudizio impugnato, in quale misura sarebbero violati i diritti fondamentali (DTF 139 I 229 consid. 2.2 pag. 232; 138 V 67 consid. 2.2 pag. 69).
2.2. È dubbio che il gravame rispetti queste esigenze. Infatti, il ricorrente si dilunga a presentare una propria visione dei fatti, le censure sono formulate come se il Tribunale federale disponesse di un libero potere di esame e, infine, a seconda degli argomenti sollevati, difetta una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF. La problematica non necessita ulteriori approfondimenti. Come esposto di seguito il ricorso è comunque destinato all'insuccesso.
3.
3.1. Ricordato che la legge ticinese dell'8 novembre 1976 sulle attività private di investigazione e di sorveglianza (Lapis; RL/TI 550.400) prevede un regime autorizzativo restrittivo e che l'esigenza della buona condotta ivi sancita (art. 5 cpv. 1 lett. c Lapis) è concretizzata dall'art. 8 cpv. 2 Lapis, la cui lettera e, conferendo all'autorità un margine di apprezzamento, permette di rifiutare l'autorizzazione a chi
"per i suoi precedenti, non presenta sufficienti garanzie per un corretto adempimento delle sue attività"e, quindi, anche quando le condizioni dell'art. 8 cpv. 2 lett. a Lapis (secondo cui determinate condanne vanno considerate fintanto che sono iscritte al casellario giudiziale) non sono date, la Corte cantonale ha rilevato che la condanna inflitta all'insorgente per rapina nel 2008, benché eliminata dal casellario giudiziale, denotava un carattere violento dell'autore, senza tralasciare che egli aveva optato per una soluzione riprovevole per cercare di risolvere i propri problemi. Il fatto poi che era stato oggetto di un "DASPO" della durata di tre anni in seguito ad eventi accaduti nel 2010, ossia di una misura di prevenzione prevista dal diritto italiano per contrastare la violenza negli stadi, non deponeva certo a suo favore. Infine, l'apertura di un ulteriore procedimento penale, benché tuttora pendente ed indipendentemente dall'esito del medesimo, mostrava che egli aveva nuovamente interessato le autorità di perseguimento penale per dei reati di una certa importanza. Già per questi motivi andavano pertanto confermate le valutazioni operate dalla Polizia cantonale, senza che occorresse pronunciarsi ulteriormente sull'influsso dei problemi medici patiti negli anni 2010-2011 dall'insorgente. I giudici cantonali hanno poi negato che fosse stato disatteso il principio della parità di trattamento, come sostenuto dall'interessato. In primo luogo perché ogni caso andava valutato in base alle peculiarità che lo contraddistinguevano. In seguito perché anche se fossero state rilasciate delle autorizzazioni a persone che, come il richiedente, non offrono sufficienti garanzie di idoneità, i preminenti interessi pubblici in gioco non gli permettevano di avvalersi del diritto alla parità di trattamento nell'illegalità. Andava pertanto tutelata la decisione che gli rifiutava l'autorizzazione richiesta.
Il giudizio cantonale sia nella sua motivazione che nel suo risultato è tutt'altro che insostenibile o manifestamente inesatto. Infatti i precedenti a carico del ricorrente, evocati dall'autorità, bastano a dimostrare che egli non presenta sufficienti garanzie per un corretto adempimento delle sue attività, sia perché denotano un carattere violento (condanna per rapina, DASPO pronunciato nei suoi confronti) sia perché, avendo di nuovo interessato le autorità penali, provano che è propenso a delinquere. È quindi senza arbitrario che l'autorità precedente ha considerato che il rilascio dell'autorizzazione poteva essere negato giusta l'art. 8 cpv. 2 lett. e Lapis. Come è anche senza arbitrio che ha giudicato che l'insorgente non poteva appellarsi al diritto all'uguaglianza nell'illegalità, le relative condizioni non essendo realizzate in concreto (su questo aspetto DTF 139 II 49 consid. 7.1 pag. 61; sentenza 6B_921/2019 del 19 settembre 2019 consid. 1.1 e rispettivi rinvii), segnatamente risultante preponderante nella fattispecie l'interesse pubblico al rispetto del principio della legalità riguardo a quello alla parità di trattamento.
3.2. Per quanto poi il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 8 cpv. 2 lett. a Lapis, va osservato che la Corte cantonale non vi si è richiamata, ma ha applicato - senza arbitrio come appena illustrato - l'art. 8 cpv. 2 lett. e Lapis. La critica è quindi infondata.
3.3. Riguardo alla presunta disattenzione di una perizia medica da lui prodotta, il ricorrente dimentica che la Corte cantonale non ha tenuto conto di questa problematica nel proprio giudizio. Anche detta critica non merita ulteriore esame.
3.4. Infine, il Tribunale cantonale amministrativo ha giudicato che esulavano dal litigio le censure relative alla violazione della legge sulla protezione dei dati del 19 giugno 1992 (LPD; RS 235.1), inapplicabile nella fattispecie, come quelle concernenti la pretesa trasmissione illecita di dati all'ex datore di lavoro, da sollevare conformemente alla procedura prevista dalla legge sulla protezione dei dati personali del 9 marzo 1987 (LPDP; RL/TI 163.100), mentre eventuali pretese risarcitorie dovevano essere fatte valere conformemente a quanto prescritto dal CPC (RS 272) rispettivamente l'asserito abuso di autorità da parte della Polizia cantonale andava denunciato all'autorità di perseguimento penale (art. 312 CP [RS 311.0] combinato con l'art. 12 segg. CPP [RS 312.0]).
Nella misura in cui su questi aspetti il ricorrente si limita a riproporre gli stessi argomenti di quelli formulati in sede cantonale, senza neanche cercare di dimostrare che l'opinione appena esposta sarebbe inficiata d'arbitrio, la critica non adempie le esigenze di motivazione dei combinati art. 42 cpv. 2 e 106 cpv. 2 LTF e quindi sfugge ad un esame di merito.
3.5. Per i motivi illustrati il ricorso si avvera pertanto manifestamente infondato e come tale va respinto.
4.
4.1. Con l'evasione del ricorso, la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo è divenuta priva d'oggetto. In ogni caso sarebbe stata respinta, non potendo essere conferito effetto sospensivo ad una decisione negativa (DTF 123 V 39 consid. 3 pag. 41).
4.2. L'istanza di assistenza giudiziaria contenuta nel gravame dev'essere parimenti respinta in quanto, indipendentemente dalla pretesa indigenza del ricorrente, il gravame appariva sin dall'inizio privo di probabilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Per quanto concerne la richiesta di designazione di un avvocato d'ufficio, la stessa è stata formulata quando il ricorso era già stato presentato e i termini di ricorso erano ormai spirati; l'eventuale patrocinio d'ufficio avrebbe avuto un ruolo soltanto nell'ambito della presentazione di un'eventuale replica, che non è stata chiesta. Nell'addossare le spese giudiziarie al ricorrente soccombente ( art. 65 e 66 cpv. 1 LTF ) viene comunque considerata la sua particolare situazione finanziaria, fissando un importo ridotto (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
3.
Le spese giudiziarie di fr. 800.-- sono poste a carico del ricorrente.
4.
Comunicazione al ricorrente, al Dipartimento delle istituzioni, Polizia cantonale, Servizio armi, esplosivi e sicurezza privata, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
Losanna, 15 ottobre 2019
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Seiler
La Cancelliera: Ieronimo Perroud