Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
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1C_396/2019
Sentenza dell'8 novembre 2019
I Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Chaix, Presidente,
Merkli, Fonjallaz, Kneubühler, Muschietti,
Cancelliere Crameri.
Partecipanti al procedimento
1. Ivano Boldini,
2. Sezione Liberale Democratica di Roveredo GR,
patrocinati dall'avv. Simone Gianini,
ricorrenti,
contro
1. Guido Schenini,
2. Daniele Togni,
3. Renzo Rigotti,
4. Cinzia Fibbioli Rigotti,
5. Martina Schenini,
patrocinati dall'avv. Fabrizio Keller,
opponenti,
Comune di Roveredo,
patrocinato dall'avv. Andrea Toschini.
Oggetto
Elezioni del Municipio di Roveredo del 28 ottobre 2018; riconteggio,
ricorso contro la sentenza emanata il 2 luglio 2019
dal Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni,
1a Camera, (V 18 10).
Fatti:
A.
Il 28 ottobre 2018 hanno avuto luogo, con il sistema del voto proporzionale, le elezioni per il quadriennio 2019-2022 per il rinnovo del Municipio di Roveredo (5 mandati). Contro i risultati consolidati pubblicati dall'Ufficio elettorale, Guido Schenini era insorto al Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni. Accertato che il risultato molto serrato dell'elezione (0,18 %) ammontava a meno dello 0,3 %, ciò che secondo la normativa cantonale imponeva un secondo conteggio d'ufficio, con sentenza del 27 novembre 2018 (V 18 8) la Corte cantonale ha accolto il ricorso e invitato il Comune a indire un riconteggio, da eseguirsi ad opera di un nuovo Ufficio elettorale composto di membri imparziali.
B.
Il secondo scrutinio ha avuto luogo l'11 dicembre 2018. L'Ufficio elettorale ha confermato il numero di 809 votanti su 1'609 aventi diritto di voto, considerato nulle 65 schede e rilevato 29 schede bianche. La congiunzione tra il Partito liberale democratico (PLD) e la lista RORÉ ETICA ha ottenuto 1'404 suffragi, mentre il Gruppo RORÉ VIVA 1'401. Eletti erano quindi i due candidati del PLD (tra cui Ivano Boldini), la candidata della lista RORÉ ETICA e i primi due candidati del Gruppo RORÉ VIVA.
C.
Avverso questi risultati Guido Schenini, candidato del Gruppo RORÉ VIVA e primo dei non eletti, nonché i firmatari di tale Gruppo, segnatamente Daniele Togni, Renzo Rigotti, Cinzia Fibbioli Rigotti e Martina Schenini, sono insorti dinanzi al Tribunale amministrativo. Con giudizio del 2 luglio 2019 la Corte cantonale ha accolto il gravame e riformato i risultati del riconteggio, attribuendo tre invece di due seggi al gruppo RORÉ VIVA e due seggi anziché tre alla congiunzione di lista PLD e RORÉ ETICA, segnatamente Juri Ponzio (PLD), Alessandro Manzoni, Andrea Pellandini e Guido Schenini (Gruppo RORÉ VIVA) nonché Silva Ponzio (GRUPPO RORÉ ETICA).
D.
Ivano Boldini e la Sezione Liberale Democratica di Roveredo impugnano questa sentenza con un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiedono, in via principale, di annullarla e di confermare la proclamazione dei risultati dell'Ufficio elettorale, in via subordinata di riformarla nel senso di confermare detta proclamazione, in via ancor più subordinata di rinviare la causa alla Corte cantonale per nuovo giudizio; non postulano l'annullamento dell'elezione litigiosa.
Nelle osservazioni il Tribunale amministrativo, rinviando alla sentenza impugnata, propone di respingere il ricorso in quanto ammissibile. Il Comune non ha presentato osservazioni. Gli opponenti, dopo aver richiesto una proroga, con risposta del 4 ottobre 2019 postulano di dichiarare inammissibile il gravame in caso di frode elettorale perché non è stato chiesto l'annullamento dell'elezione in esame, subordinatamente di respingerlo in quanto ammissibile. Proceduralmente chiedono di sospendere la procedura fino all'esito della denuncia penale presentata da Guido Schenini, Sindaco di Roveredo, alla Procura pubblica dei Grigioni.
Diritto:
1.
1.1. Il Tribunale federale vaglia d'ufficio se e in che misura un ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 145 II 168 consid. 1).
1.2. Il ricorso in materia di diritti politici (art. 82 lett. c LTF) è dato contro la violazione del diritto di voto dei cittadini e le elezioni a livello federale, cantonale e anche comunale, e pure avverso decisioni inerenti al riconteggio (DTF 138 I 171 consid. 1.1). Tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e diretto contro una decisione dell'autorità cantonale di ultima istanza (art. 88 cpv. 1 lett. a e cpv. 2 LTF in relazione con l'art. 57 cpv. 1 lett. b della legge grigionese sulla giustizia amministrativa del 31 agosto 2006 [LGA]), il gravame è di massima ammissibile (cfr. DTF 143 I 426 consid. 1.1 e 3.3). L'ordine di procedere al secondo conteggio imposto dalla Corte cantonale nella sentenza del 27 novembre 2018, non impugnata, non è litigioso.
1.3. Le esigenze in materia di motivazione previste dall'art. 42 cpv. 2 LTF e quelle - accresciute - prescritte dall'art. 106 cpv. 2 LTF valgono anche per i ricorsi secondo l'art. 82 lett. c LTF (DTF 141 I 78 consid. 4.1 pag. 82, 36 consid. 1.3 pag. 41), segnatamente riguardo al preteso accertamento arbitrario dei fatti (DTF 138 I 171 consid. 1.4). Questa Corte non è pertanto di massima tenuta a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste non sono presentate nella sede federale (DTF 145 II 153 consid. 2.1; 139 I 306 consid. 1.2 pag. 309).
1.4. La legittimazione di Ivano Boldini, avente diritto di voto nell'affare in causa e che ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità inferiore (art. 89 cpv. 1 lett. a e cpv. 3 LTF), è pacifica; e ciò anche nella misura in cui non abbia alcun interesse giuridico personale all'annullamento della decisione impugnata (DTF 138 I 171 consid. 1.3). Ne segue che le disquisizioni degli opponenti sulla legittimazione di Guido Schenini a inoltrare una presa di posizione al Tribunale federale, poiché al loro dire anche in caso di annullamento della decisione impugnata rimarrebbe comunque sindaco e non avrebbe quindi un interesse individuale a ricorrere, ma solo volto a tutelare il risultato del suo gruppo politico, sono ininfluenti. Gli opponenti sostengono ch'egli ora agirebbe quale Sindaco, come rappresentante di tutti i cittadini di Roveredo e quindi anche dei ricorrenti, postulando nondimeno, in maniera contraddittoria, la reiezione del loro gravame.
1.5. Contrariamente all'assunto degli opponenti, il diritto di ricorrere può essere riconosciuto anche alla Sezione di Roveredo del Partito Liberale Democratico, partito che ha partecipato all'elezione litigiosa (DTF 139 I 195 consid. 1.4; 134 I 172 consid. 1.3.1 e rinvii; sentenza 1C_225/2016 del 14 dicembre 2016 consid. 1.2 non pubblicato nella DTF 143 I 129). La circostanza, sottolineata dagli opponenti, ch'essa non ha chiesto di partecipare, quale "convocata", alla procedura ricorsuale a livello cantonale non è decisiva, visto che, come si vedrà, contrariamente all'assunto degli opponenti, l'esito della stessa era tutt'altro che assodato. Per di più, la Corte cantonale nella precedente sentenza del 27 novembre 2018 aveva negato a detto partito il diritto d'inoltrare una presa di posizione.
Giova osservare che il Comune, poiché non è titolare di diritti politici, non sarebbe per contro stato legittimato a inoltrare un ricorso per violazione di tali diritti in senso proprio secondo gli art. 82 lett. c e 89 cpv. 3 LTF, ma se del caso soltanto un ricorso per violazione delle garanzie costituzionali ai sensi dell'art. 89 cpv. 2 lett. c LTF, invocando la garanzia della sua autonomia (DTF 136 I 404 consid. 1.1.1-1.1.3; 134 I 172 consid. 1.3 e 1.3.2-1.3.4). I privati, come i ricorrenti, possono nondimeno invocare l'autonomia comunale (art. 50 Cost.), censura soggetta alle esigenze di motivazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 143 II 120 consid. 7.1 pag. 133; sulla portata dell'autonomia comunale e il potere cognitivo dell'istanza cantonale di ricorso vedi DTF 145 I 52 consid. 3.1 pag. 56; 144 I 193 consid. 7.4.1 pag. 201).
Riguardo all'invocata violazione dell'autonomia comunale i ricorrenti rilevano, rettamente, che il diritto cantonale lascia ai comuni un'autonomia legislativa nella materia in esame, che al loro dire la Corte cantonale avrebbe disatteso. In effetti, l'art. 16 della legge sui comuni del Cantone dei Grigioni del 17 ottobre 2017 (LCom) dispone che nel comune i diritti politici sono garantiti a norma dello statuto comunale e della legge grigionese sui diritti politici del 17 giugno 2005 (LDPC). Secondo l'art. 17 LCom i comuni disciplinano autonomamente la procedura di votazione e di elezione nel quadro del diritto sovraordinato, ritenuto che in via sussidiaria si applicano le norme della LDPC (vedi anche art. 1 cpv. 3 LDPC). Nel Comune di Roveredo ciò è avvenuto con l'adozione del Regolamento comunale sulle elezioni e votazioni (REV). I ricorrenti sostengono che il Tribunale amministrativo, dopo aver sottolineato di non disporre di pieno potere cognitivo e di dover rispettare pertanto l'autonomia e il margine di apprezzamento del Comune convenuto (in rappresentanza del secondo Ufficio di accertamento), avrebbe nondimeno rivalutato liberamente le schede litigiose, ledendo in tal modo anche l'autonomia comunale. Il Tribunale federale vaglia liberamente se l'ultima istanza cantonale di ricorso ha rispettato il potere d'apprezzamento rientrante nell'autonomia comunale (DTF 145 I 52 consid. 3.1).
2.
2.1. La richiesta degli opponenti di sospendere la presente procedura fino all'esito della citata denuncia inoltrata alla Procura pubblica dei Grigioni, sulla base di affermazioni contenute nel ricorso in materia di diritto pubblico riguardo all'asserita mancata messa in sicurezza del materiale di voto e di fatti già noti al denunciante a partire da luglio e agosto 2019, dev'essere disattesa. Non spetta infatti al Tribunale federale esprimersi quale prima e unica istanza su eventuali nuovi accertamenti fattuali derivanti da quella procedura. Per lo stesso motivo esso non deve pronunciarsi sull'accennata sussistenza o meno di una pretesa frode elettorale (art. 282 CP), questione che non è stata oggetto di alcuna decisione di un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 e art. 86 cpv. 1 lett. d LTF). Per lo stesso motivo, contrariamente all'assunto degli opponenti, il Tribunale federale non può né deve esaminare ulteriori fatti.
Gli opponenti fanno valere in effetti che i ricorrenti avrebbero prodotto nuovi documenti, in parte anteriori e in parte posteriori all'emanazione della decisione impugnata, anche riguardo alla pretesa non corretta conservazione del materiale di voto. Certo, l'art. 99 cpv. 1 LTF dispone che possono sì essere addotti fatti e nuovi mezzi di prova se ne dà motivo la decisione dell'autorità inferiore. Secondo la giurisprudenza i fatti e i mezzi di prova devono riferirsi tuttavia a fatti esistenti già al momento della votazione, ma che all'epoca erano sconosciuti o rimasti ignorati (fatti nuovi impropriamente detti; falsi
nova). La procedura ulteriore non può però servire a sanare la mancata presentazione di un ricorso né la mancata assunzione di prove pertinenti al momento della votazione o elezione (DTF 145 I 207 consid. 1.4; 138 I 61 consid. 4.5 pag. 76). Gli opponenti osservano inoltre che non sarebbe stato chiarito perché i risultati consolidati dello spoglio avvenuto il giorno stesso siano stati pubblicati solo tre giorni dopo. Nel caso in esame, occorre rilevare che la Corte cantonale, contrariamente all'obbligo che le incombeva ( art. 112 cpv. 1 e 3 LTF ), non si è espressa compiutamente sulla sussistenza né sulla portata di determinati fatti, peraltro non addotti dalle parti, che, al dire degli opponenti, potrebbero costituire gli estremi di possibili irregolarità o addirittura di brogli elettorali; né essa si è confrontata con gli asseriti fatti nell'ambito delle osservazioni al ricorso. Né le parti adducono d'aver inoltrato domande di revisione alla Corte cantonale in relazione ai pretesi nuovi mezzi di prova. Come si vedrà, nell'emanare il presente giudizio il Tribunale federale non si fonda comunque su queste circostanze, non debitamente accertate, dovendosi limitare a vagliare se la normativa pertinente sia stata correttamente applicata dalla Corte cantonale.
Infine, mal si comprende il rimprovero mosso dagli opponenti all'inammissibilità delle pretese nuove conclusioni del ricorso (art. 99 cpv. 2 LTF), volte all'annullamento della sentenza impugnata.
2.2. Gli opponenti adducono che la Corte cantonale si sarebbe pronunciata soltanto su una parte delle censure sollevate da Guido Schenini e litisconsorti, criticando in particolare, invero in maniera generica, la motivazione con la quale i giudici cantonali hanno respinto quella relativa all'asserita parzialità di alcuni membri dell'Ufficio elettorale. Essi non indicano tuttavia compiutamente quali censure non sarebbero state trattate a torto dalla Corte cantonale e potrebbero quindi semmai essere esaminate dal Tribunale federale sotto il profilo di un diniego di giustizia formale lesivo dell'art. 29 cpv. 1 Cost. (DTF 144 II 184 consid. 3.1). Né essi spiegano se, visto il dispositivo della decisione cantonale, avrebbero o meno un interesse degno di protezione alla modifica o all'annullamento della stessa, da loro non impugnata ma criticata su determinati punti. Non spetta infatti al Tribunale federale compulsare l'incarto cantonale a tale scopo. Del resto, gli accenni di critica a pretese valutazioni errate da parte del Tribunale amministrativo circa l'esame di ulteriori schede, anche nell'ipotesi in cui fossero ricevibili, non adempirebbero comunque le esigenze di motivazione (art. 42 LTF) e sarebbero quindi inammissibili.
3.
3.1. In larga misura i Cantoni sono di massima liberi nell'organizzare i loro sistemi politici e le procedure di elezione in materia cantonale e comunale (art. 39 cpv. 1 Cost.). Questa competenza viene esercitata nel quadro dell'art. 34 cpv. 2 Cost. secondo cui la garanzia dei diritti politici protegge la libera formazione della volontà e l'espressione fedele del voto (DTF 145 I 207 consid. 2.1; 143 I 211 consid. 3.1).
La libertà di voto e di elezione garantisce al cittadino elettore che siano riconosciuti solo i risultati elettorali corrispondenti in modo affidabile e non falsato alla sua volontà liberamente espressa (art. 34 cpv. 2 Cost.) e pertanto di criticare attraverso un ricorso fondato sull'art. 82 lett. c LTF ogni circostanza che si presti a falsare l'espressione della volontà dei votanti. Questa garanzia tutela il diritto dei cittadini di non subire pressioni o di essere influenzati in maniera inammissibile nella formazione e nell'espressione della loro volontà politica (DTF 143 I 211 consid. 3.1; 140 I 338 consid. 5 e 5.1 pag. 342 seg.). Sulla base di questa garanzia, ogni cittadino elettore che adempie i requisiti all'uopo stabiliti e conformi alla Costituzione deve poter partecipare come candidato o elettore su un piano di pari opportunità rispetto a ogni altro cittadino elettore o candidato.
Il diritto costituzionale federale impone che nel quadro di uno spoglio, l'autorità incaricata di procedervi conti con cura e diligenza i suffragi e garantisca la regolarità del conteggio nonché la corretta determinazione dei risultati dello scrutinio (DTF 141 II 297 consid. 5.2). In particolare, l'autorità deve procedere con cura, e conformemente alle norme applicabili, alle differenti operazioni di cernita del materiale di voto, della qualificazione delle schede e del conteggio dei suffragi (DTF 141 I 221 consid. 3.2; 138 II 13 consid. 6.3 pag. 20; 131 I 442 consid. 3.1 e 3.3). L'art. 34 Cost., trattandosi dell'esattezza dello scrutinio, impone un obbligo di risultato, ma non prescrive alcuna procedura particolare riguardo alle operazioni di spoglio. Spetta in primo luogo al diritto cantonale definire la natura e la portata delle verifiche da effettuare nell'ambito dello spoglio; le autorità di ricorso devono tuttavia esaminare accuratamente le censure sollevate contro i risultati di elezioni o votazioni, in ogni caso qualora, come nella fattispecie, il risultato sia molto serrato e i ricorrenti indichino elementi precisi che permettano di desumere un conteggio errato dei voti o un comportamento non consono delle autorità incaricate di garantire lo svolgimento corretto della votazione o dell'elezione (DTF 141 I 221 consid. 3.2). Questi aspetti garantiscono un funzionamento sicuro, regolare e corretto della democrazia (DTF 145 I 207 consid. 2.1 e consid. 4.1 pag. 5; 143 I 78 consid. 4.3 pag. 82).
3.2. Quando il Tribunale federale accerta l'esistenza di errori nello spoglio di uno scrutinio, esso annulla l'elezione soltanto qualora le criticate irregolarità siano rilevanti e abbiano potuto influenzare l'esito dello scrutinio. In questi casi, il cittadino non deve dimostrare che il vizio ha avuto ripercussioni importanti sull'esito della votazione, essendo sufficiente che una siffatta conseguenza sia possibile, ciò che il Tribunale federale esamina, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie, liberamente. In tale contesto, esso considera in particolare l'ampiezza della differenza dei voti, la gravità del vizio accertato e la sua importanza nel quadro complessivo della votazione (DTF 145 I 1 consid. 4.2 pag. 5; 143 I 78 consid. 7.1 pag. 91 seg.; 141 I 221 consid. 3.3). Vista l'esigua differenza di voti, in concreto è pacifico che le censurate irregolarità, ove fossero assodate, possono aver influenzato la sorte dell'elezione in esame, mutandone l'esito e l'attribuzione dei seggi.
4.
4.1. I ricorrenti fanno valere la violazione del diritto federale, di diritti costituzionali cantonali, di norme cantonali e comunali in materia di diritto di voto dei cittadini e di elezioni popolari (art. 95 lett. a, c ed d LTF). Adducono poi un accertamento arbitrario dei fatti (art. 97 cpv. 1 LTF).
Secondo l'art. 95 lett. a, c, nonché d LTF, nel ricorso per violazione dei diritti politici si può far valere la lesione del diritto federale, dei diritti costituzionali cantonali, come pure delle disposizioni cantonali in materia di diritto di voto dei cittadini e di elezioni e votazioni popolari, tra le quali rientrano anche quelle comunali (DTF 136 I 364 consid. 2.1). Il Tribunale federale esamina liberamente queste censure nonché l'interpretazione e l'applicazione del diritto federale e del diritto costituzionale cantonale, come pure delle norme di rango inferiore che sono strettamente legate al diritto di voto o ne precisano il contenuto e la portata; vaglia per contro soltanto sotto il ristretto profilo dell'arbitrio l'applicazione delle norme di procedura e d'organizzazione che non toccano il contenuto stesso dei diritti politici (DTF 141 I 221 consid. 3.1 pag. 224; 138 I 171 consid. 1.5).
4.2. La Corte cantonale ha ritenuto, accennando genericamente a una sentenza del Tribunale federale (1P.537/2002 del 14 gennaio 2003, apparsa in: ZBl 104/2003 pag. 584), che, in presenza di un'inequivocabile volontà dell'elettore, non bisognerebbe attenersi rigorosamente al testo del Regolamento comunale sulle elezioni e votazioni nonché alle modalità di voto indicate nelle Direttive comunali sul sistema di scrutinio relative all'elezione litigiosa. Ha ritenuto che, in tali circostanze, considerare nulle determinate schede di voto in applicazione del Regolamento sarebbe costitutivo di un formalismo eccessivo. Ne ha concluso, in maniera invero indifferenziata, che le norme del Regolamento rivestirebbero quindi piuttosto il carattere di prescrizioni d'ordine, ma non di validità. Ha pertanto stabilito che occorrerebbe accertare in primo luogo l'incontrovertibile volontà dell'elettore; per contro, qualora ciò non fosse possibile, le schede dovrebbero essere valutate rigorosamente sulla base del Regolamento. Ha sottolineato che, nell'interpretazione di quest'ultimo, la Corte cantonale non dispone di pieno potere cognitivo, dovendo rispettare quindi l'autonomia e il margine di apprezzamento che competono al Comune; in applicazione dell'art. 51 cpv. 1 lett. a LGA, la stessa può infatti esaminare soltanto se l'interpretazione dell'Ufficio elettorale costituisca un uso eccessivo o un abuso del potere discrezionale.
4.3. Al riguardo, i ricorrenti, ricordato che si tratta delle prime elezioni comunali dopo anni di notorie turbolenze politiche, adducono che la Corte cantonale, sostenendo che una presunta volontà dell'elettore andrebbe sempre anteposta al citato regolamento, anche a chiare norme dello stesso, avrebbe tratto conclusioni errate dalla richiamata sentenza del Tribunale federale del 14 gennaio 2003.
A ragione. Detta sentenza, invocata in effetti in maniera del tutto generica, non può senz'altro essere trasposta e applicata tale e quale al caso in esame. In quella causa, la norma litigiosa, applicata peraltro in maniera diversa dai differenti Uffici elettorali, prevedeva la nullità delle schede qualora nella stessa busta vi fossero state più schede di voto. La circostanza che, in quella vertenza, numerose buste contenessero contemporaneamente una scheda di voto prestampata e una vuota non è stata ritenuta, contrariamente a un'applicazione letterale della relativa norma, un motivo di nullità delle schede interessate. Ciò tuttavia poiché, nonostante la presenza di due schede di voto, in quella causa era evincibile una chiara e inequivocabile volontà dell'elettore, né era ravvisabile alcuna intenzione di manipolazione, per cui a una dichiarazione di nullità si opponeva il divieto del formalismo eccessivo. Il legislatore non aveva inoltre manifestamente pensato a una siffatta costellazione e, per di più, la scheda vuota non era riconoscibile come tale per molti elettori. Oltre a ciò, si sottolineava che l'inclusione di una scheda vuota non aveva alcun senso, poiché tali schede erano nulle e non venivano conteggiate per il calcolo della maggioranza assoluta, né sussisteva un pericolo di abuso (sentenza del 14 gennaio 2003 consid. 3.1). Soltanto in quella particolare, specifica costellazione le schede, contrariamente alla chiara normativa in vigore all'epoca nelle fattispecie analizzate in quella causa, erano state considerate valide. Ora, tali specificità e condizioni, con le quali il Tribunale amministrativo non si è confrontato, non sono realizzate nel caso in esame.
5.
5.1. In concreto, i giudici cantonali, rilevato che l'Ufficio elettorale ha ritenuto nulla una scheda priva del timbro di tale Ufficio, l'ha per contro considerata valida, sebbene l'art. 24 lett. a REV disponga chiaramente " che il blocco delle schede non portante il bollo del Municipio e dell'Ufficio elettorale " è dichiarato nullo (consid. 4.5 della sentenza impugnata). L'art. 22 REV prevede inoltre che l'Ufficio elettorale terrà il controllo dei votanti: prima di essere deposta nell'urna di voto, ogni busta contenente il blocco delle schede dovrà essere timbrata. L'art. 23 cpv. 1 REV stabilisce che ogni questione relativa alla validità di una scheda è di competenza dell'Ufficio elettorale. Come visto, queste norme, il cui tenore, lo scopo e la portata sono chiari e facilmente intelligibili, non necessitano di alcuna interpretazione, ritenuto che il limite dell'interpretazione è costituito dal senso letterale chiaro e univoco della disposizione (interpretazione letterale; sulle regole d'interpretazione e sul pluralismo interpretativo cui s'inspira il Tribunale federale vedi DTF 145 I 26 consid. 5 pag. 35; 145 IV 146 consid. 2.3 pag. 149).
I ricorrenti rimproverano, rettamente come si vedrà, alla Corte cantonale d'avere rivalutato liberamente l'agire dell'Ufficio elettorale e di avere in sostanza sostituito il suo apprezzamento a quello dell'Ufficio, per di più sulla base di una motivazione contraddittoria. Essi sottolineano che, al momento della consegna del blocchetto all'elettore, l'Ufficio elettorale vi appone il proprio timbro, operazione effettuata da due persone opportunamente istruite al riguardo, allo scopo di garantire che si tratti di schede effettivamente consegnate all'elettore che si appresta a esprimere il proprio voto. Sottolineano che i ripetuti controlli e la necessaria apposizione di timbri imposta dal REV tendono a impedire manipolazioni, cattive intenzioni e pressioni di qualunque tipo, per tutelare la reale volontà degli elettori. Anche gli opponenti ammettono che la Corte cantonale si è dichiarata competente a eseguire essa medesima il riconteggio, con pieno potere cognitivo, poiché al loro dire non poteva ritenersi vincolata dalla decisione di un Ufficio elettorale del quale alcuni membri avrebbero violato il loro dovere di imparzialità; in caso contrario, essa avrebbe dovuto verosimilmente accogliere la censura di parzialità e annullare il riconteggio.
5.2.
5.2.1. Al riguardo, la Corte cantonale, sebbene sottolinei, a ragione, di non disporre di pieno potere cognitivo, si è limitata a condividere la tesi degli insorgenti, osservando che vi sarebbe una scheda correttamente compilata e che, con riferimento alla stessa, non sussisterebbero motivi che susciterebbero dubbi quanto alla sua validità. Ha rilevato che i blocchetti sono stati consegnati agli elettori dietro rimessa della carta di legittimazione, desumendone ch'essi non potrebbero quindi essere stati aggiunti in seguito: ciò poiché il numero di quelli depositati nell'urna coincide con quello delle carte di legittimazione consegnate agli scrutinatori, motivo per cui non è dato ritenere che il blocchetto litigioso sia stato sostituito a un altro. Aggiunge, in maniera invero poco intelligibile, che, qualora vi fosse stata la volontà di sostituire il blocchetto da parte di uno scrutinatore, questi avrebbe potuto sostituirlo a proprio piacimento, con o senza il timbro dell'Ufficio elettorale. Ne ha concluso che l'importanza del timbro andrebbe relativizzata poiché, seppure apposto sul blocchetto, non sarebbe idoneo a precludere una manipolazione ad opera dell'elettore o di addetti allo spoglio.
5.2.2. Riguardo alla validità del blocchetto litigioso, i giudici cantonali non hanno applicato il REV alla lettera, analogamente ad altri casi, ma in "senso estensivo", tenendo asseritamente conto, seppure in maniera difficilmente intelligibile, della sua ratio legis volta a impedire manipolazioni, inferendone in maniera categorica che, in concreto, nonostante l'assenza del necessario timbro, non vi sarebbero indizi di manipolazioni. Ciò poiché, al dire dei giudici cantonali, che non hanno tuttavia proceduto ad assumere alcuna prova al riguardo, tale mancanza sarebbe "evidentemente" riconducibile a un errore che avrebbe commesso l'Ufficio elettorale. Questo vizio non potrebbe ritorcersi contro l'elettore, che non sarebbe tenuto a vigilare sulla corretta procedura di voto, anche perché non sarebbe usuale che, nel quadro del voto al seggio, tale Ufficio apponga un timbro sul blocchetto, motivo per cui l'elettore non dovrebbe aspettarselo.
Ora, nel caso di specie non appare per nulla manifesto che, come categoricamente ritenuto dalla Corte cantonale, si sarebbe "evidentemente" in presenza di un errore dell'Ufficio elettorale. Inoltre, la mera ipotesi che il blocchetto litigioso non sarebbe stato aggiunto a posteriori, perché il numero di quelli depositati nell'urna coincide con quello delle carte di legittimazione consegnate agli scrutatori, non è decisiva. Come rettamente sostenuto dai ricorrenti, se una scheda timbrata viene sostituita a posteriori con una non timbrata, per esempio dopo la fine dei lavori del primo spoglio e prima del riconteggio, il numero complessivo dei blocchetti rimane invariato. Del resto, la corriva conclusione della Corte cantonale denota una visione ristretta dei compiti dell'Ufficio elettorale, espressamente istituito e istruito per controllare accuratamente le operazioni di voto, come pure dei mezzi di verifica notoriamente applicati nell'ambito di votazioni ed elezioni. Per di più, come indicato nelle menzionate direttive, i membri dell'Ufficio elettorale, nell'ambito dello spoglio, sono previamente convocati a un incontro informativo e di preparazione, circostanza che milita per l'importanza di procedere a verifiche accurate e rigorose, consone all'applicazione corretta, imparziale e coerente, e quindi rispettosa della libera formazione, dell'espressione fedele del voto e della parità di trattamento, conformemente agli scopi perseguiti dalle condizioni formali previste dal REV.
Ammettere la validità di una scheda sprovvista del necessario timbro, fondandosi sulla mera supposizione, non sorretta da riscontri oggettivi, che l'Ufficio elettorale avrebbe "evidentemente" commesso un errore, o sull'azzardata tesi che uno scrutinatore avrebbe potuto sostituirla a piacimento con o senza timbro, comporta un'applicazione arbitraria del REV, approvato dai cittadini proprio per garantire risultati di votazioni ed elezioni corretti, rispettosi della libertà di voto e garanti della parità di trattamento degli elettori e dei candidati (cfr. DTF 141 I 221 consid. 3.7.3 pag. 234).
Certo, gli opponenti accennano al fatto che il REV, ispirato ad analoghi sistemi di voto comunali vigenti nel Cantone Ticino, sarebbe anacronistico e complicato, senza averne tuttavia censurato l'asserita incostituzionalità davanti alla Corte cantonale. Ora, nulla impedisce al Comune e ai cittadini di adottare eventuali modifiche del REV, qualora lo ritengano necessario. Non compete tuttavia alla Corte cantonale scardinare, sulla base di semplici congetture, la normativa comunale, della quale non ha accertato alcuna lesione del diritto costituzionale, federale o cantonale.
5.2.3. Anche la tesi della Corte cantonale, secondo cui non sarebbe tipico che, nel quadro di elezioni per urna, l'Ufficio elettorale apponga un timbro, motivo per cui l'elettore non dovrebbe aspettarsi un simile modo di procedere, è chiaramente inconferente. L'apposizione di tale timbro, concepita dal legislatore comunale quale criterio di validità delle schede, è infatti espressamente prevista da anni dall'art. 24 lett. a REV, ed è stata ribadita nelle citate direttive, applicabili all'elezione litigiosa: questa condizione era pertanto manifestamente nota agli elettori.
5.2.4. Certo, i ricorrenti fanno valere inoltre che pure a torto la Corte cantonale avrebbe tassativamente ritenuto che, nelle descritte circostanze, non sussisterebbero indizi di manipolazione. Al riguardo, giova rilevare che il Tribunale federale deve fondare la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF) e che di massima non deve procedere esso medesimo all'assunzione di prove (DTF 136 II 101 consid. 2) : esso non può quindi tener conto del fatto, non accertato dalla Corte cantonale, che al dire di un membro dell'Ufficio elettorale, il materiale di voto non sarebbe stato messo immediatamente in sicurezza.
5.2.5. La soluzione adottata dalla Corte cantonale escluderebbe in sostanza l'applicazione futura della norma comunale appena citata. Sostituendo, in modo irrito, il proprio apprezzamento, fondato peraltro su motivazioni opinabili, a quello dell'Ufficio di accertamento, che ha agito applicando una norma chiara che non necessita di alcuna interpretazione, il Tribunale amministrativo, disattendendo inoltre che le operazioni elettorali e di spoglio esigono per la loro natura un grande formalismo (DTF 141 I 221 consid. 3.5.2 in fine pag. 230), ha abusato del potere di apprezzamento che gli compete.
5.2.6. Nel caso in esame, il generico richiamo della Corte cantonale al divieto del formalismo eccessivo (al riguardo vedi DTF 145 I 201 consid. 4.2.1; 142 IV 299 consid. 1.3.2), i cui estremi non sono adempiuti in concreto per non applicare il REV, non può essere condiviso. Secondo la giurisprudenza occorre in effetti procedere allo spoglio sulla base delle disposizioni applicabili: quando la differenza di voti, come nella fattispecie, è serrata, non ci si può fondare su approssimazioni o supposizioni per valutare l'irregolarità litigiosa. Le operazioni elettorali richiedono infatti un notevole formalismo, proprio allo scopo di evitare di affidarsi a deduzioni per ricostruire lo svolgimento delle differenti operazioni che hanno condotto all'accertamento del risultato del voto (DTF 141 I 221 consid. 3.5.2 pag. 229 seg., consid. 3.6.2 in fine).
Ne segue che i 5 voti di partito (3 personali e 2 di complemento) assegnati dalla Corte cantonale a favore del Gruppo RORÉ VIVA (consid. 4.5.2 in fine della decisione impugnata) devono essere annullati.
6.
6.1. L'art. 24 lett. d REV dispone che devono essere dichiarati nulli i blocchetti " con interventi su più schede ".
Per tale motivo, l'Ufficio elettorale ha dichiarato nulle due schede per il Gruppo RORÉ VIVA. La Corte cantonale ha ritenuto che il blocchetto in esame presenterebbe due schede identiche, poiché su quella bianca sarebbe stata esattamente ripetuta quella prestampata, motivo per cui la volontà dell'elettore di dare il voto al citato gruppo sarebbe manifesta. Richiamata l'evidente volontà, ha ritenuto valido il blocchetto, stabilendo che la scelta dell'Ufficio d'accertamento non era sostenibile (consid. 4.6 della decisione impugnata). Ha quindi conteggiato 5 voti di partito (3 personali e 2 di complemento) a favore del menzionato gruppo.
6.2. I ricorrenti osservano che questo motivo di nullità è previsto dal REV fin dalla sua prima versione del 1990, quando i blocchetti di voto erano già composti da schede prestampate di lista e da quelle bianche. Al loro dire, il legislatore e gli aventi diritto di voto, contrariamente al caso oggetto della sentenza 1P.537/2002 richiamata dalla Corte cantonale, conoscerebbero quindi lo scopo e la portata di questa regolamentazione e le conseguenze della sua disattenzione, motivo per cui l'Ufficio elettorale avrebbe applicato correttamente il REV. Sostengono che la Corte cantonale avrebbe abusato del suo limitato potere cognitivo, esaminando liberamente la valutazione dell'Ufficio elettorale, violando di riflesso anche l'autonomia comunale.
6.3. Certo, i ricorrenti sottolineano, rettamente, che la scheda litigiosa non è esattamente identica a quella prestampata, poiché quest'ultima è intestata a "2 Gruppo RORÉ VIVA", la prima alla "Lista Gruppo 2". Ciò non toglie che, riguardo a tale scheda, la volontà liberamente espressa dall'avente diritto di voto di scegliere la lista 2 è nondimeno chiara, evidente e innegabile, come si evince dall'utilizzazione della denominazione "Gruppo" nonché dalla corretta trascrizione a mano dei tre candidati menzionati sulla scheda prestampata, ciò che esclude ogni rischio di confusione. La conclusione dei giudici cantonali non è quindi lesiva dell'art. 34 cpv. 2 Cost.
7.
7.1. L'art. 24 lett. f RVE dispone infine che sono dichiarati nulli tra l'altro i blocchetti con schede "portanti segni di riconoscimento evidenti".
Il Tribunale amministrativo si è pronunciato su schede portanti potenziali segni di riconoscimento (consid. 4.3 della decisione impugnata), ritenute valide dall'Ufficio di accertamento. Richiamate le direttive della Cancelleria federale relative alla legge federale del 17 dicembre 1976 sui diritti politici (RS 161.1) e riprese dalla Cancelleria di Stato dei Grigioni, ha ritenuto che per ammettere l'esistenza di un segno di riconoscimento sarebbe necessario ravvisare una volontà sistematica di violare il segreto di voto e che, inoltre, il segno sia evidente. Ne ha concluso che un semplice segno su una singola scheda non ne comporterebbe la nullità. Nel caso in esame, si tratta di quattro schede contenenti un segno vicino al nome del 1° candidato (Alessandro Manzoni), in forma di una sottolineatura corta e una lunga, di un cerchietto e di una crocetta. I giudici cantonali hanno ritenuto che in questi segni, diversi tra loro, non è ravvisabile alcuna sistematica, né essi presentano, individualmente, nulla di particolare. Ne hanno concluso che non si tratta di segni evidenti.
7.2. Al riguardo, i ricorrenti si limitano ad addurre che sebbene i segni non siano uguali, vi sarebbe nondimeno una certa sistematica, poiché si riferiscono al medesimo candidato. Scopo della norma in esame sarebbe di impedire che anche un unico elettore possa essere costretto a palesare il suo voto, sanzionando con la nullità siffatti tentativi d'influenzare e di manipolare il voto. Insistono sul fatto che non si tratterrebbe di semplici errori, ma di veri e propri segni di riconoscimento.
Con quest'argomentazione essi misconoscono tuttavia che l'art. 24 lett. f REV richiede la presenza di segni di riconoscimento "evidenti". Ora, essi non dimostrano che, con la citata motivazione, la Corte cantonale avrebbe interpretato in maniera non corretta questa norma (sui metodi interpretativi vedi DTF 145 IV 146 consid. 2.3 pag. 149; 144 V 224 consid. 4.1 pag. 229). Contravvenendo al loro obbligo di motivazione (art. 42 LTF), essi non si confrontano con questa questione, decisiva. Ora, quando la decisione impugnata, come in concreto, si fonda su diverse motivazioni indipendenti e di per sé sufficienti per definire l'esito della causa, i ricorrenti sono tenuti, pena l'inammissibilità, a dimostrare che ognuna di esse viola il diritto, segnatamente la motivazione secondo cui quelli litigiosi non erano da ritenere dei segni evidenti (DTF 142 III 364 consid. 2.4 in fine pag. 368; 138 I 97 consid. 4.1.4 pag. 100). La semplice supposizione, addotta a titolo abbondanziale, secondo cui, a causa di detti segni, l'intenzione dell'elettore sarebbe stata tutt'altro che chiara non adempie le esigenze di motivazione richieste per dimostrare l'infondatezza, su questo punto, della decisione impugnata.
8.
8.1. Ne segue che il ricorso dev'essere parzialmente accolto e la decisione impugnata annullata. Il Tribunale amministrativo si pronuncerà nuovamente sulla causa nel senso del considerando 5 nonché sulla ripartizione delle spese e ripetibili della sede cantonale (art. 107 cpv. 2 LTF).
8.2. Le spese e le ripetibili della sede federale sono poste a carico degli opponenti (art. 66 cpv. 1 e art. 68 cpv. 1 LTF ).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è parzialmente accolto e la decisione emanata il 2 luglio 2019 dal Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni è annullata e la causa gli viene rinviata per nuovo giudizio nel senso dei considerandi. Il Tribunale amministrativo statuirà sulle spese e ripetibili della sede cantonale.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico degli opponenti, che rifonderanno ai ricorrenti un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale.
3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e al Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni, 1a Camera.
Losanna, 8 novembre 2019
In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Chaix
Il Cancelliere: Crameri