BGer 2C_912/2018
 
BGer 2C_912/2018 vom 09.01.2020
 
2C_912/2018
 
Sentenza del 9 gennaio 2020
 
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Seiler, Presidente,
Zünd, Donzallaz,
Cancelliere Gadoni.
 
Partecipanti al procedimento
A.________ Srl,
patrocinata dall'avv. Vinh Giang,
ricorrente,
contro
Dipartimento delle finanze e dell'economia, Ufficio dell'ispettorato del lavoro, viale Stefano Franscini 17, 6501 Bellinzona,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
Residenza governativa, 6501 Bellinzona.
Oggetto
Infrazione alla legge sui lavoratori distaccati
(violazione dell'obbligo di dare informazioni),
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 31 agosto 2018 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (incarto n. 52.2017.38).
 
Fatti:
A. Nell'ambito di un controllo eseguito il 3 settembre 2015 presso un cantiere di X.________, l'Associazione interprofessionale di controllo (AIC) ha rilevato che due lavoratori distaccati in Svizzera dalla ditta A.________Srl di Y.________ (Italia), che stavano completando la posa di una cucina, erano sprovvisti di diversi documenti, in particolare dell'attestato di notifica e del modulo A1, che certifica l'assoggettamento del lavoratore alla legislazione in materia di sicurezza sociale dello Stato da cui è distaccato.
B. L'AIC ha segnalato il mancato rispetto dell'obbligo di notifica dei due lavoratori distaccati all'Ufficio per la sorveglianza del mercato del lavoro che, con decisione del 22 gennaio 2016 passata in giudicato, ha sanzionato la A.________Srl con una multa di fr. 500.--.
C. Il 7 settembre 2015 l'AIC ha invitato la A.________Srl a presentare entro il 17 settembre successivo una serie di documenti, tra cui in particolare i moduli A1 relativi ai lavoratori presenti sul cantiere, allo scopo di verificare il rispetto delle condizioni lavorative e salariali minime prescritte. Con scritto del 23 settembre 2015, questo termine è stato prorogato fino al 12 ottobre 2015. Poiché anche il nuovo termine è trascorso infruttuoso, l'AIC ha notificato l'infrazione all'Ufficio dell'ispettorato del lavoro (UIL) del Dipartimento delle finanze e dell'economia. Il 4 dicembre 2015 l'UIL ha comunicato alla società italiana l'apertura di una procedura contravvenzionale per violazione dell'obbligo di dare informazioni, prospettandole quale sanzione amministrativa il divieto di offrire i suoi servizi in Svizzera per un periodo da uno a cinque anni. L'UIL le ha contestualmente assegnato un termine di quindici giorni per presentare eventuali osservazioni e la documentazione richiesta. Rilevato che entro la fissazione di un ulteriore termine, la società aveva prodotto soltanto una parte della documentazione, l'UIL ha comunicato il 25 gennaio 2016 alla A.________Srl che risultavano ancora mancanti le copie dei moduli A1 e la copia del contratto di appalto con il committente, invitandola a trasmetterli entro cinque giorni. La società ha risposto lo stesso giorno tramite posta elettronica all'autorità cantonale, comunicandole che, come aveva già esposto precedentemente, non disponeva di tali documenti.
D. Con decisione dell'11 febbraio 2016, l'UIL ha rilevato che la documentazione prodotta era incompleta e ha sanzionato la A.________Srl con un divieto di prestare i suoi servizi in Svizzera per il periodo di un anno a decorrere dalla crescita in giudicato della decisione. Questa risoluzione è stata presa segnatamente in applicazione dell'art. 9 cpv. 2 lett. b della legge federale concernente le misure collaterali per i lavoratori distaccati e il controllo dei salari minimi previsti nei contratti normali di lavoro, dell'8 ottobre 1999, nel tenore allora in vigore (legge sui lavoratori distaccati, LDist; RS 823.20). La decisione è stata confermata il 30 novembre 2016 dal Consiglio di Stato, adito su ricorso dalla società sanzionata.
E. Con sentenza del 31 agosto 2018, il Tribunale cantonale amministrativo ha respinto un ricorso della A.________Srl contro la decisione governativa. La Corte cantonale ha ritenuto che, per quanto concerne il contratto di appalto, l'esistenza di un rapporto contrattuale con il committente era già stata dimostrata mediante la produzione delle fatture relative ai lavori eseguiti. Quanto ai moduli A1, la Corte cantonale ha rilevato che la società non aveva provato il versamento dei contributi sociali all'estero a favore dei suoi lavoratori distaccati ed ha ravvisato una violazione dell'art. 7 cpv. 2 e 3 LDist. Ha ritenuto la sanzione amministrativa conforme all'art. 9 cpv. 2 lett. b vLDist e rispettosa del principio della proporzionalità.
F. La A.________Srl impugna questa sentenza con un ricorso in materia di diritto pubblico del 10 ottobre 2018 al Tribunale federale, chiedendo di annullarla e di porre le spese giudiziarie e le ripetibili di tutte le sedi a carico dello Stato del Cantone Ticino. La ricorrente fa valere la violazione del diritto federale, segnatamente degli art. 6, 7 e 9 LDist e del principio della proporzionalità.
G. La Corte cantonale si conferma nella sua sentenza. Il Consiglio di Stato si rimette al giudizio del Tribunale federale. L'UIL chiede di respingere il ricorso e di confermare la sua decisione. Con osservazioni del 7 gennaio 2019 la ricorrente si conferma nelle sue conclusioni.
Con decreto presidenziale del 1° novembre 2018 è stata dichiarata priva di oggetto l'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo contenuta nel gravame.
 
Diritto:
1. Il ricorso è diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) pronunciata in una causa di diritto pubblico (art. 82 lett. a LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF). Il ricorso è tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e di principio ammissibile, non essendo realizzata alcuna eccezione prevista dall'art. 83 LTF. La ricorrente è particolarmente toccata dalla sentenza impugnata e ha un interesse degno di protezione all'annullamento o alla modifica della stessa (art. 89 cpv. 1 LTF).
 
Erwägung 2
2.1. Nella fattispecie, è incontestato che la ricorrente, impresa con sede in Italia, che ha svolto per un periodo limitato un lavoro presso un cantiere in Ticino, riveste la qualità di prestatore di servizi ai sensi dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681). A questo titolo essa beneficia del diritto di fornire sul territorio svizzero un servizio per una prestazione di durata non superiore a 90 giorni di lavoro effettivo per anno civile (art. 5 n. 1 ALC in relazione con 17 segg. Allegato I ALC). Quale prestatore di servizi, la ricorrente può di principio impiegare come lavoratori distaccati i propri lavoratori dipendenti, a prescindere dalla loro nazionalità, purché tali lavoratori siano integrati nel mercato regolare del lavoro di una parte contraente dell'Accordo (cfr. art. 17 lett. b n. ii Allegato I ALC in relazione con l'art. 18 Allegato I ALC). L'art. 22 n. 2 Allegato I ALC, che fa riferimento alla direttiva 96/71/CE del 16 dicembre 1996 relativa al distacco di lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi, riserva nondimeno alle parti contraenti il diritto di adottare delle "disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono l'applicazione di condizioni di lavoro e di occupazione ai lavoratori distaccati nell'ambito di una prestazione di servizi". Questa possibilità mira ad ovviare ai rischi di dumping salariale e sociale che possono essere causati dal distacco di lavoratori in Svizzera da parte di prestatori di servizi europei. Sulla base di questa riserva, il legislatore svizzero ha adottato, a titolo di misure di accompagnamento, la legge sui lavoratori distaccati (DTF 140 II 447 consid. 4.3; 143 II 102 consid. 2.1 e 2.2).
2.2. In concreto, la controversia verte sul divieto imposto alla ricorrente di offrire i suoi servizi in Svizzera per il periodo di un anno. Questa sanzione è stata pronunciata in applicazione dell'art. 9 cpv. 2 lett. b LDist, nel tenore previgente (vLDist). Secondo questa disposizione, l'autorità competente può, per infrazioni ai sensi dell'art. 2 che non sono di lieve entità, per infrazioni ai sensi dell'art. 12 cpv. 1 o per il mancato pagamento dell'importo della sanzione amministrativa passata in giudicato di cui alla lettera a, vietare alle imprese o alle persone interessate di offrire i loro servizi in Svizzera per un periodo da uno a cinque anni (cfr. art. 9 cpv. 2 lett. e LDist vigente).
L'autorità cantonale ha addebitato alla ricorrente una violazione dell'obbligo di dare informazioni (art. 12 cpv. 1 lett. a LDist), rimproverandole segnatamente di avere disatteso l'art. 7 cpv. 2 e 3 LDist. Quest'ultima norma disciplina il controllo del rispetto dei requisiti legali e prevede in particolare che il datore di lavoro deve mettere a disposizione degli organi competenti, su richiesta, tutti i documenti che provano l'osservanza delle condizioni lavorative e salariali dei lavoratori. I documenti devono essere presentati in una lingua ufficiale (art. 7 cpv. 2 LDist). Se i documenti necessari non ci sono o non sono più disponibili, il datore di lavoro deve dimostrare l'osservanza delle condizioni legali, in quanto non possa fornire la prova di non avere alcuna colpa nella perdita dei documenti giustificativi (art. 7 cpv. 3 LDist).
Nella fattispecie, la Corte cantonale ha considerato che la ricorrente non aveva dimostrato entro i termini che le erano stati assegnati l'assoggettamento dei suoi lavoratori distaccati alla legislazione italiana in materia di sicurezza sociale e la conseguente esenzione dall'obbligo contributivo in Svizzera. La precedente istanza, ha rilevato che il mancato adempimento dell'obbligo di notifica ai sensi dell'art. 6 LDist, giustificava la richiesta di esigere dalla ricorrente la dimostrazione di tale circostanza sulla base dell'art. 8 lett. b dell'ordinanza sui lavoratori distaccati in Svizzera, del 21 maggio 2003 (ODist; RS 823.201).
 
Erwägung 3
3.1. La ricorrente sostiene che la prestazione lavorativa in questione non sarebbe stata soggetta all'obbligo di notifica ai sensi dell'art. 6 LDist, siccome si tratterebbe di una semplice riparazione, rispettivamente di una sostituzione, di alcuni elementi di una cucina già posata. A suo dire, l'intervento non avrebbe modificato la sostanza della costruzione esistente e non rientrerebbe pertanto nel settore dell'edilizia e dei rami accessori dell'edilizia giusta l'art. 6 cpv. 2 lett. a ODist. Adduce quindi che, in tali circostanze, essendo la durata del lavoro in questione inferiore a otto giorni, una notifica non sarebbe stata necessaria.
3.2. Nella fattispecie, non è contestato che la ricorrente costituisce un datore di lavoro con domicilio o sede all'estero che ha distaccato in Svizzera i suoi lavoratori allo scopo di fornire, per un periodo limitato, una prestazione lavorativa per conto e sotto la sua direzione nell'ambito di un rapporto contrattuale concluso con il destinatario della prestazione (cfr. art. 1 cpv. 1 lett. a LDist). Non è quindi di per sé litigioso ch'essa rientra di principio nel campo di applicazione della LDist. Sono per contro contestate l'esistenza dell'infrazione e la legittimità della sanzione amministrativa.
L'art. 6 cpv. 1 LDist prevede che, prima dell'inizio dell'impiego, il datore di lavoro deve notificare all'autorità designata dal Cantone, per iscritto e nella lingua ufficiale del luogo d'impiego, le indicazioni necessarie per l'esecuzione dei controlli, in particolare: l'identità e il salario delle persone distaccate in Svizzera (lett. a), l'attività svolta in Svizzera (lett. b), il luogo in cui saranno eseguiti i lavori (lett. c). Il datore di lavoro deve allegare alla notifica una dichiarazione secondo la quale egli ha preso atto delle condizioni previste negli art. 2 e 3 e si impegna a rispettarle (art. 6 cpv. 2 LDist). Il lavoro può iniziare il più presto otto giorni dopo la notifica dell'impiego (art. 6 cpv. 3 LDist).
Giusta l'art. 6 cpv. 1 ODist, la procedura di notifica ai sensi dell'art. 6 della legge è obbligatoria per tutti i lavori che durano più di otto giorni per anno civile. Nel caso di attività in determinati settori, segnatamente in quelli dell'edilizia, dell'ingegneria e dei rami accessori dell'edilizia, la notifica deve essere effettuata indipendentemente dalla durata dei lavori (cfr. art. 6 cpv. 2 lett. a ODist). L'art. 5 ODist precisa che le prestazioni di servizio concernenti i settori dell'edilizia e dell'ingegneria civile, nonché i rami accessori dell'edilizia comprendono tutte le attività del settore della costruzione volte alla realizzazione, riparazione, manutenzione, modifica o eliminazione di costruzioni. La norma elenca in particolare i lavori di montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati (n. 4), di installazione o equipaggiamento (n. 5), di rinnovo (n. 7), di riparazione (n. 8), di manutenzione (n. 11) e di mantenimento: lavori di pittura e pulitura (n. 12).
3.3. La ricorrente sostiene che soltanto la posa di una cucina nuova rientrerebbe nei lavori dei rami accessori dell'edilizia, soggetti all'obbligo di notifica indipendentemente dalla loro durata. Ritiene per contro che un simile obbligo non si imporrebbe per la riparazione o la sostituzione di alcuni elementi di una cucina già posata.
Contrariamente all'opinione della ricorrente, alla luce dei citati art. 5 e 6 ODist, i settori dell'edilizia e dei rami accessori dell'edilizia, in cui la notifica deve essere effettuata indipendentemente dalla durata della prestazione, non comprendono soltanto i lavori di una certa portata, che comportano una modifica rilevante delle costruzioni. Vi rientrano anche le attività di minore impatto sulle caratteristiche della costruzione, quali il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati, l'equipaggiamento, la riparazione e la manutenzione (cfr. 5 ODist; allegato alla direttiva 96/71/CE). In concreto, i lavori di completamento, rispettivamente di riparazione e di sostituzione di parti della cucina già installata in loco, costituiscono prestazioni di servizio nel ramo edilizio e presuppongono quindi una notifica indipendentemente dalla loro durata.
 
Erwägung 4
4.1. Secondo la ricorrente, la richiesta dell'autorità cantonale di provare il versamento dei contributi sociali all'estero a favore dei suoi lavoratori, violerebbe l'art. 8 lett. b ODist, giacché, per le ragioni da lei già esposte in precedenza, la notifica dell'impiego in questione non sarebbe stata necessaria. Adduce inoltre che questa norma sarebbe di carattere potestativo e che, in considerazione della sua incensuratezza e della documentazione inviata, il pagamento dei contributi sociali ai propri dipendenti sarebbe stato provato 
4.2. L'art. 8 ODist prevede che gli organi di controllo possono esigere dal datore di lavoro estero l'esibizione di un documento che provi i versamenti dei contributi sociali all'estero a favore dei suoi lavoratori se un controllo ai sensi dell'art. 7 LDist ha accertato il mancato rispetto da parte del datore di lavoro di tutti o parte dei suoi obblighi (lett. a), se il datore di lavoro non soddisfa spontaneamente o soddisfa solo in modo incompleto all'obbligo di notifica ai sensi dell'art. 6 LDist (lett. b), se altri elementi fanno sorgere nell'autorità il dubbio sul mancato rispetto della legge da parte del datore di lavoro (lett. c).
L'art. 8 ALC prevede che, conformemente al relativo Allegato II, le parti contraenti disciplinano il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Al riguardo, la Sezione A di detto Allegato II fa in particolare riferimento al Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (RS 0.831.109.268.1) e al Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 che stabilisce le modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (RS 0.831.109.268.11). Questi atti giuridici hanno sostituito precedenti regolamenti e sono entrati in vigore per la Svizzera il 1° aprile 2012 (cfr. DTF 145 V 266 consid. 6.1.2; 144 V 127 consid. 4.1). L'art. 12 n. 1 del Regolamento (CE) n. 883/2004 prevede che, a determinate condizioni, il lavoratore distaccato rimane soggetto alla legislazione dello Stato di origine. L'art. 19 n. 2 del Regolamento (CE) n. 987/2009 prevede che, su richiesta della persona interessata o del datore di lavoro, l'istituzione competente dello Stato membro la cui legislazione è applicabile a norma del titolo II del regolamento di base [Regolamento (CE) n. 883/2004] fornisce un attestato del fatto che tale legislazione è applicabile e indica, se del caso, fino a quale data e a quali condizioni. Tale attestazione è fornita mediante un certificato denominato "certificato A1" (cfr. sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea C-359/16 del 6 febbraio 2018 Altun, punto 16). Per assicurarsi che il datore di lavoro estero versi effettivamente i contributi sociali all'estero, gli organi di controllo possono chiedergli nei citati casi sospetti secondo l'art. 8 ODist di provare tali pagamenti (cfr. KURT PÄRLI, Entsendegesetz, 2018, n. 23 e 53 all'art. 7).
4.3. Come è stato precedentemente esposto, la prestazione di servizio in questione era soggetta all'obbligo di notifica (cfr. consid. 3.3). Il mancato adempimento di questo obbligo da parte della ricorrente, permetteva quindi all'autorità cantonale, conformemente all'art. 8 lett. b ODist, di esigere che fornisse la prova del versamento dei contributi sociali all'estero a favore dei suoi lavoratori distaccati. Questo dovere di fornire informazioni è volto a consentire il controllo da parte degli organi competenti giusta l'art. 7 LDist del rispetto delle condizioni lavorative e salariali minime e dei requisiti legali (cfr. PÄRLI, op. cit., n. 23 e 53 all'art. 7). Esso deve quindi essere adempiuto dinanzi agli organi di controllo che ne fanno richiesta (cfr. art. 7 cpv. 2 e 4 LDist, art. 8 ODist). Nella fattispecie, la ricorrente non ha presentato all'autorità competente per tali verifiche, entro i termini che le erano stati impartiti, i documenti che dimostravano il pagamento dei contributi sociali all'estero a favore dei lavoratori distaccati. In questa sede, essa richiama i certificati E101 concernenti i due suddetti lavoratori, relativi però ad altri distacchi, e le corrispondenti dichiarazioni dell'UFAS che confermano, con riferimento a tali certificati, l'esenzione dall'assoggettamento alla legislazione svizzera concernente la sicurezza sociale. Questi documenti, prodotti dalla ricorrente soltanto nell'ambito della procedura ricorsuale dinanzi al Consiglio di Stato e alla Corte cantonale, si riferiscono ad altri distacchi e non dimostrano conformemente all'art. 8 ODist i versamenti dei contributi sociali all'estero a favore dei suoi dipendenti con riferimento al periodo oggetto delle prestazioni litigiose. Non si tratta pertanto di documenti pertinenti per la procedura in esame. La precedente istanza ha quindi addebitato a ragione alla ricorrente una violazione dell'obbligo di fornire informazioni giusta l'art. 7 cpv. 2 e 3 LDist. Contrariamente alla tesi ricorsuale, una simile violazione è data non soltanto in caso di un chiaro rifiuto di fornire informazioni, ma anche laddove i documenti messi a disposizione siano inefficaci. Dovesse infatti valere il contrario, la ricorrente potrebbe eludere tale obbligo presentando della documentazione irrilevante o comunque non idonea a provare l'osservanza delle condizioni lavorative e salariali dei lavoratori. Ciò priverebbe di qualsiasi portata le citate disposizioni.
 
Erwägung 5
5.1. La ricorrente sostiene che la sanzione amministrativa inflittale in virtù dell'art. 9 cpv. 2 lett. b vLDist, violerebbe il principio della proporzionalità ed avrebbe dovuto essere limitata, al massimo, ad una multa. Reputa non realizzate le condizioni di un'infrazione giusta l'art. 12 cpv. 1 lett. a LDist, alla quale la suddetta disposizione fa riferimento. Secondo la ricorrente, l'infrazione sarebbe in concreto circoscritta alla mancata produzione di un documento e dovrebbe conseguentemente essere considerata di lieve entità.
5.2. Come visto, secondo l'art. 9 cpv. 2 lett. b vLDist, l'autorità competente può, per infrazioni ai sensi dell'art. 2 che non sono di lieve entità, per infrazioni ai sensi dell'art. 12 cpv. 1 o per il mancato pagamento dell'importo della sanzione amministrativa passata in giudicato di cui alla lettera a, vietare alle imprese o alle persone interessate di offrire i loro servizi in Svizzera per un periodo da uno a cinque anni. Questa norma non prevede la possibilità del pagamento di un determinato importo quale sanzione amministrativa alternativa. Né essa opera una distinzione secondo la gravità dell'infrazione ai sensi dell'art. 12 cpv. 1 lett. a LDist, riguardante la violazione dell'obbligo di fornire informazioni (cfr. anche l'art. 9 cpv. 2 lett. e LDist vigente). Detta distinzione riguarda infatti esclusivamente le infrazioni all'art. 2 LDist, relative al mancato rispetto delle condizioni lavorative e salariali minime (cfr. anche art. 9 cpv. 2 lett. a vLDist e il vigente art. 9 cpv. 2 lett. b e lett. c LDist; sentenza 2C_150/2016 del 22 maggio 2017 consid. 3.3.2, in: Pra 2017 n. 65 pag. 633 segg.). D'altra parte, la pronuncia di una sanzione amministrativa sulla base dell'art. 9 cpv. 2 lett. b vLDist non presuppone necessariamente una condanna penale ai sensi dell'art. 12 cpv. 1 LDist, essendo sufficiente che siano date le condizioni dell'infrazione, come è qui il caso (cfr. messaggio concernente la legge federale sull'adeguamento delle misure collaterali alla libera circolazione delle persone, del 2 marzo 2012, in: FF 2012 3017 pag. 3043; PÄRLI, op. cit., n. 56 all'art. 7 e n. 77 all'art. 9).
5.3. Ritenendo sproporzionata la sanzione inflittale e prospettando che le venga tutt'al più imposto il pagamento di una multa, la ricorrente fa sostanzialmente valere una restrizione inammissibile alla libera prestazione di servizi. Essa non censura per contro, tantomeno con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 42 cpv. 2 LTF, una discriminazione rispetto alle imprese nazionali a seguito del divieto di offrire i propri servizi in Svizzera per il periodo di un anno.
Già si è detto che l'art. 5 ALC conferisce al prestatore di servizi, comprese le società, il diritto di fornire sul territorio dell'altra parte contraente un servizio per una prestazione di durata non superiore a 90 giorni di lavoro effettivo per anno civile. Secondo l'art. 17 Allegato I ALC, è vietata qualsiasi limitazione a una prestazione di servizi transfrontaliera sul territorio di una parte contraente, che non superi 90 giorni di lavoro effettivo per anno civile. Ciò non significa tuttavia che la libera prestazione di servizi attiva sia illimitata. L'art. 19 ALC prevede che il prestatore di servizi che ha il diritto di fornire un servizio, può esercitare, per l'esecuzione della sua prestazione a titolo temporaneo, la propria attività nello Stato in cui la prestazione è fornita alle stesse condizioni che tale Stato impone ai propri cittadini, conformemente alle disposizioni degli Allegati da I a III ALC. È riconosciuto che la libera prestazione di servizi attiva può essere esercitata dall'impresa interessata soltanto entro i limiti che il diritto nazionale prevede in particolare per proteggere i lavoratori dal dumping salariale e sociale (DTF 140 II 447 consid. 4.5; sentenza 2C_150/2016, citata, consid. 4.2.1). In conformità con la direttiva 96/71/CE, cui fa riferimento l'art. 22 n. 2 Allegato I ALC i.r.c. l'art. 16 n. 1 ALC, spetta agli Stati membri adottare le misure adeguate in caso di inosservanza della stessa (cfr. art. 5 cpv. 1 direttiva 96/71/CE). Ciò, al fine di garantire la protezione dei lavoratori distaccati e il rispetto dell'interesse generale (DTF 140 II 447 consid. 4.4). La protezione dei lavoratori, segnatamente di quelli attivi nel settore edilizio, costituisce un motivo imperativo di interesse generale atto a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi (DTF 140 II 447 consid. 5.2). In particolare, gli Stati membri devono vigilare affinché i lavoratori e/o i loro rappresentanti dispongano di procedure adeguate ai fini dell'esecuzione degli obblighi ivi previsti (cfr. art. 5 cpv. 2 direttiva 96/71/CE). Gli Stati membri beneficiano di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione di forma e modalità delle misure e delle procedure da adottare, che devono comunque rispettare i principi fondamentali del diritto comunitario, quali il principio della proporzionalità e il divieto di discriminazione (DTF 140 II 447 consid. 4.4).
Sulla base della riserva di cui all'art. 22 n. 2 Allegato I ALC e in conformità con gli obiettivi alla base della direttiva 96/71/CE, il legislatore svizzero ha adottato le sanzioni amministrative di cui all'art. 9 LDist. Oltre alla possibilità di sanzionare con il pagamento di un importo le infrazioni di lieve entità all'art. 2 LDist (cfr. art. 9 cpv. 2 lett. a vLDist), l'art. 9 cpv. 2 lett. b vLDist prevede per le infrazioni all'art. 2 LDist che non sono di lieve entità e per quelle ai sensi dell'art. 12 cpv. 1 LDist il divieto di offrire servizi in Svizzera per un periodo da uno a cinque anni. Questo provvedimento risponde all'interesse pubblico volto a fare rispettare le disposizioni relative alle condizioni lavorative e salariali minime giusta l'art. 2 LDist, emanate a tutela dei lavoratori. Il semplice pagamento di una multa non avrebbe infatti lo stesso effetto dissuasivo per l'impresa, che potrebbe prendere in considerazione l'importo della multa nell'ambito della prestazione lavorativa, quale fattore di aumento del prezzo (cfr. sentenza 2C_150/2016, citata, consid. 4.2.2).
Il dovere di fornire informazioni è volto a permettere il controllo del rispetto delle prescrizioni legali. Il rifiuto di fornirle ostacola quindi lo svolgimento dei controlli da parte delle autorità competenti ed è suscettibile di impedire l'accertamento di eventuali infrazioni per il mancato rispetto delle condizioni lavorative e salariali minime (art. 2 LDist). Simili infrazioni potrebbero anche rivelarsi gravi. Disattendendo l'obbligo di dare informazioni, la ricorrente non ha per finire permesso di stabilire se avesse versato i contributi sociali all'estero a favore dei suoi lavoratori distaccati. L'eventuale mancato pagamento di tali contributi potrebbe costituire un'infrazione non lieve alle condizioni lavorative e salariali dei lavoratori. Contrariamente alla sua opinione, la violazione dell'obbligo in questione non costituisce necessariamente un caso di lieve entità, ritenuto che potrebbe ostacolare l'accertamento di un eventuale dumping sociale e salariale potenzialmente grave. In concreto, il divieto per la ricorrente di offrire i suoi servizi in Svizzera è stato pronunciato per il periodo di un anno, che corrisponde alla durata minima prevista dall'art. 9 cpv. 2 lett. b vLDist. Tenuto conto della portata dell'infrazione, esso costituisce una sanzione idonea e proporzionata al raggiungimento dello scopo di protezione dei lavoratori perseguito dalla legge (cfr. sentenza 2C_150/2016, citata, consid. 4.2.2).
6. Ne segue che il ricorso deve essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico della ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1. Il ricorso è respinto.
2. Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
3. Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, all'Ufficio dell'ispettorato del lavoro del Dipartimento delle finanze e dell'economia, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato dell'economia (SECO).
Losanna, 9 gennaio 2020
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Seiler
Il Cancelliere: Gadoni