72. Estratto della sentenza 3 novembre 1976 nella causa X., Y. e W.S.A. contro Procuratore pubblico della giurisdizione sottocenerina
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Regeste
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Durchsuchung von Akten bei der (statutarischen oder tatsächlichen) Verwaltung einer juristischen Person im Rahmen eines Strafverfahrens wegen Verstoss gegen den BewB.
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2. Die Durchsuchung als Zwangsmassnahme setzt einen hinreichenden Tatverdacht voraus; sie muss auf einer gesetzlichen Grundlage beruhen, im öffentlichen Interesse liegen und nicht unverhältnismässig sein.
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3. Die unterschiedslose Durchsuchung aller den Grundstückhandel betreffenden Dokumente verstösst gegen das Verhältnismässigkeitsprinzip.
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Sachverhalt
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BGE 102 Ia 529 (529):
Nell'ambito di un procedimento penale per violazione del DF sull'acquisto di fondi da parte di persone all'estero del BGE 102 Ia 529 (530):
23 marzo 1961/21 febbraio 1972 (DAFE), incoato contro ignoti, la cui identità è circoscritta ai titolari dello studio legale degli avvocati X. e Y. della W.S.A., la Procura pubblica della giurisdizione sottocenerina ha ordinato una perquisizione nei locali dello studio legale e della società in questione. Tale perquisizione si riferiva in particolare agli incarti relativi alle società immobiliari:
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- che sono state costituite da persone dello studio legale X. e Y.;
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- nei cui organi statutari figurano persone dello studio legale X.-Y. oppure della W.S.A.;
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- la cui amministrazione e contabilità sia curata dallo studio legale X.-Y. e dalla W.S.A.;
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- alcune società singolarmente indicate nell'ordine di perquisizione.
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Il reclamo interposto contro il provvedimento del magistrato veniva respinto dalla Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello del Cantone Ticino.
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Gli avvocati X. e Y. e la W.S.A. hanno interposto un ricorso di diritto pubblico che il Tribunale federale ha parzialmente accolto.
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Considerato in diritto:
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Le autorità amministrative fruiscono di un ampio potere di indagine. L'amministratore di una persona giuridica o di una società di persone sprovvista di personalità giuridica non può appellarsi al segreto professionale di cui è detentore per rifiutare le informazioni o l'edizione dei documenti sollecitati dall'autorità amministrativa preposta al rilascio delle autorizzazioni ad acquistare fondi ai sensi del DAFE. In caso di rifiuto di informazioni, l'autorità amministrativa potrà ritenere non provate le circostanze che giustificano il non assoggettamento di un negozio giuridico al regime dell'autorizzazione o che giustificano il rilascio di un'autorizzazione (art. 15 cpv. 2 DAFE; cfr. le dichiarazioni di entrambi i relatori del Consiglio nazionale - Boll.Sten. CN 1972 II BGE 102 Ia 529 (531):
2251 segg.). L'obbligo di edizione e informazione previsto dall'art. 15 DAFE assume però una portata diversa nell'ambito di un procedimento penale e, considerato il diverso fine perseguito, il potere d'indagine delle autorità penali non si identifica con quello dell'autorità amministrativa.
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A norma dell'art. 247 cpv. 2 PP, le autorità cantonali sono tenute ad applicare il diritto penale federale. Ma, ove il diritto penale federale non disponga altrimenti, la causa viene istruita secondo le norme della legislazione cantonale (art. 243 cpv. 3 PP; sentenza non pubblicata del 28 novembre 1975 della Corte di cassazione penale in re Kröber e Riva, consid. 1c). Nel caso concreto, stante l'obbligo di edizione previsto dal DAFE, i poteri di indagine dei magistrati inquirenti devono esercitarsi nell'ambito delle norme specifiche del CPP, in particolare dell'art. 123 cpv. 1 CPP. Misura coercitiva, la perquisizione è ammissibile solo in presenza di sufficienti indizi di reato: essa deve fondarsi su di una valida base legale, rispondere a un interesse pubblico e non ledere il principio della proporzionalità.
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Nel caso in esame l'art. 123 CPP costituisce certamente una base legale sufficiente per una perquisizione di documenti; che tale perquisizione sia giustificata da un interesse pubblico, quello cioè dell'indagine penale e del perseguimento di reati, è pacifico; discutibile, invece, il modo con cui le autorità cantonali hanno applicato il principio della proporzionalità. Le censure sollevate su questo punto dai ricorrenti si appalesano, almeno in parte, fondate.
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Nel caso concreto l'autorità cantonale, avallando il sequestro indiscriminato di tutti i documenti riferentisi all'attività dei ricorrenti nel campo immobiliare svizzero, è andata manifestamente oltre quanto gli elementi di prevenzione di reato a carico dei ricorrenti potessero permettere. Ne consegue una violazione del principio della proporzionalità, per cui il ricorso deve trovare parziale accoglimento e la sentenza cantonale essere annullata nei limiti della cennata violazione.
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Gli incarti o documenti di cui è ordinata la perquisizione possono essere, per ragioni sistematiche, suddivisi in tre gruppi distinti:
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a) Il primo gruppo è costituito dagli incarti di quelle società a proposito delle quali sono emersi indizi di violazione delle norme del DAFE; BGE 102 Ia 529 (532):
in questo gruppo devono essere fatti rientrare gli incarti relativi alle società singolarmente menzionate nell'ordine di perquisizione: con riferimento a dette società sono emersi, nel corso di procedimenti penali e inchieste aperti dalla magistratura sottocenerina per violazione aggravata delle norme del DAFE, indizi di reato e indizi circa la partecipazione di persone dello Studio legale degli avvocati X. e Y. e della W.S.A. alla commissione di tali reati, consumati, in genere, mediante il trapasso dei pacchetti azionari delle citate società a persone con domicilio o sede all'estero. Questi indizi, addotti dal Procuratore pubblico a sostegno delle misure coercitive ordinate nei confronti dei ricorrenti, ed enumerati nella sentenza impugnata, possono essere valutati solo sotto il ristretto profilo dell'arbitrio, applicando gli stessi principi sviluppati in materia di valutazione delle prove. Sotto tale profilo, la decisione della CRP, in quanto riferita agli incarti delle testé citate società e fondata sugli indizi addotti dal Procuratore pubblico, non presta il fianco a critica; nella misura in cui si riferisce a questi incarti, la sentenza impugnata non lede quindi il principio della proporzionalità.
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Gli indizi considerati giustificano indubbiamente la perquisizione richiesta, che deve senz'altro essere ammessa.
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b) Il secondo gruppo è costituito dagli incarti riferentisi a quelle società che fanno capo allo studio degli avvocati ricorrenti o della W.S.A. e che risultano proprietarie di appartamenti siti negli stessi stabili in cui posseggono appartamenti le società immobiliari del gruppo precedente.
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Anche se a proposito di queste società non sono emersi elementi di prevenzione, una certa connessione con le società del primo gruppo può senz'altro essere ammessa. Sotto il ristretto profilo dell'art. 4 Cost., la sentenza impugnata, in quanto riferita a tale secondo gruppo, sfugge a qualsiasi critica e la connessione considerata dalla CRP giustifica la perquisizione: questa deve quindi essere consentita anche per quanto concerne gli incarti di dette società.
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c) Il terzo gruppo è costituito dagli incarti - oltre un centinaio - di società a proposito delle quali, sinora, nulla è emerso. Il solo fatto che esse sono state costituite da persone dello Studio legale degli avvocati X. e Y. e della W.S.A., o che dette persone figurano nei loro organi statutari o ne curano l'amministrazione o la contabilità, non giustifica in alcun BGE 102 Ia 529 (533):
modo, in assenza di ogni indizio di prevenzione di reato, la perquisizione dei relativi incarti. Su questo punto la decisione cantonale avalla una perquisizione di documenti intesa manifestamente alla sistematica ricerca di elementi di prevenzione e di mezzi di prova (la cosiddetta "Beweisausforschung") ed è pertanto lesiva del principio della proporzionalità, per cui deve essere cassata per arbitrio.
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