BGE 104 Ib 280 |
45. Estratto della sentenza 3 marzo 1978 nella causa X. contro Amministrazione federale delle contribuzioni (Divisione principale tasse di bollo e imposta preventiva) |
Regeste |
BG vom 13. Oktober 1965 über die Verrechnungssteuer (VStG). |
2. Übergang der dem Steuerpflichtigen zustehenden Rückgriffsansprüche auf den Bund (Art. 46 Abs. 1 VStG); Sachlage im konkreten Fall und zusätzliche Anwendbarkeit des Art. 12 VStrR (E. 5 und 6). |
3. Sicherstellung gemäss Art. 47 VStG: Begriff der "Steuer" im Sinne dieser Bestimmung und Voraussetzungen, die eine solche Sicherstellung erlauben (E. 7). |
Sachverhalt |
La FVA era un'Anstalt con sede nel Principato del Liechtenstein, fondata nel 1965 con un capitale di Fr. 25'000.-. Due dei suoi amministratori erano contemporaneamente azionisti, membri del Consiglio di amministrazione e funzionari della Banca B. Da indagini effettuate nella primavera del 1977, è risultato tuttavia che, nel Liechtenstein, la FVA aveva soltanto sede statutaria, ma non vi esercitava alcuna attività commerciale, né vi possedeva uffici propri. La direzione effettiva era infatti assicurata in Svizzera, dove l'Anstalt disponeva di un'azienda commerciale sviluppata e ben organizzata di tipo bancario che si serviva del personale della Banca B. per incassare, versare interessi ed eventualmente rimborsare somme di denaro a clienti svizzeri e stranieri; essa, inoltre, possedeva uffici propri nel Cantone Ticino presso la C. S.A. (una filiale della Banca B.), ove teneva tra l'altro i suoi libri contabili. |
Nel corso degli anni 1965/1977, la FVA ha ricevuto somme di denaro a termine (per 3, 6, 9 o 12 mesi) contro interesse leggermente superiore a quello praticato sull'euromercato da oltre mille clienti, e per un ammontare complessivo di circa 240 milioni di Fr.; tali somme erano poi state investite in altre imprese sparse in tutto il mondo. Dal 1974, tuttavia, sono state registrate anche importanti perdite che, a fine febbraio 1977, ammontavano a circa 120 milioni di Fr. Per la raccolta dei fondi, l'Anstalt procedeva tramite i funzionari della Banca B. (segretariato, cassa, servizio clientela), i quali offrivano ai probabili clienti la possibilità di investire capitali senza dover far fronte all'imposta preventiva; se tali clienti accettavano l'offerta, i loro versamenti erano effettuati presso la Banca B., e poi accreditati alla FVA a favore del singolo cliente, sotto un numero di conto fissato dalla Banca stessa. I corrispondenti giustificativi erano poi trasmessi alla direzione generale della Banca B. nonché alla contabile della FVA, che eseguiva le necessarie registrazioni e, di volta in volta, calcolava i relativi interessi. Secondo gli accertamenti dell'Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), dal 1972 al 1977, la FVA ha cosi corrisposto ai suoi clienti interessi per un valore globale di circa 62 milioni di Fr.
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Dopo la concessione di una moratoria concordataria da parte del Tribunale del Principato del Liechtenstein (28 febbraio 1977), la FVA è stata dichiarata fallita il 25 maggio successivo.
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Fondandosi sulla descritta fattispecie, l'AFC ha ritenuto che la FVA era una banca o una cassa di risparmio svizzera ai sensi dell'art. 9 cpv. 1 et 2 LIP e che, di conseguenza, gli interessi maturati sugli averi dei suoi clienti erano soggetti all'imposta preventiva giusta l'art. 4 della stessa legge. Considerato tuttavia che la FVA non aveva mai dedotto detta imposta da tali interessi, né aveva quindi provveduto ad addossarla ai singoli clienti, l'autorità federale ha reputato altresì che, con la concessione della moratoria concordataria, i diritti di regresso spettanti alla contribuente nei confronti dei beneficiari erano passati alla Confederazione giusta l'art. 46 cpv. 1 LIP e, con decisioni 2 maggio 1977, ha fatto valere le sue pretese direttamente presso i clienti dell'Anstalt. Nel contempo, l'AFC (richiamandosi all'art. 47 cpv. 1 lett. a o b LIP) ha ordinato a detti clienti la costituzione di garanzie a copertura dell'imposta preventiva da essi dovuta; le relative decisioni sono state eseguite il 5 maggio 1977 mediante sequestro presso la Banca B. e una succursale della Banca D. di titoli e beni mobiliari ivi depositati, nonché di averi, conti e depositi fiduciari appartenenti ai clienti della FVA. In parte, tuttavia, tali sequestri sono poi stati revocati in seguito al pagamento dell'imposta, con o senza riserva di reclamo. |
Secondo gli accertamenti dell'AFC, X., residente a Busto Arsizio in Italia, faceva parte dei clienti della FVA. Sul suo conto n. 3202 "VA" sono stati bonificati interessi per un importo complessivo di Fr. 96'200.45 negli anni 1972/1975, e di Fr. 25'312.25 negli anni 1976 e 1977. L'imposta dovuta su tali interessi ammonta, in base ai calcoli dell'autorità federale, a Fr. 37'719.40. Con decisione 2 maggio 1977, richiamandosi all'art. 47 cpv. 1 lett. b LIP, l'AFC ha chiesto al ricorrente la prestazione di garanzie per un ammontare di Fr. 41'400.-, corrispondente all'imposta dovuta, più un supplemento del 10% per gli interessi e le spese. Detta decisione è stata notificata alla Banca B., per il titolare del cennato conto, il 5 maggio 1977.
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Con tempestivo ricorso di diritto amministrativo, X. ha impugnato codesta pronunzia, chiedendo al Tribunale federale di annullarla. Al gravame è allegata copia fotostatica di un contratto di cessione del 30 marzo 1977, da cui risulta - tra l'altro - che il ricorrente aveva ceduto i suoi diritti sul conto in rassegna alla E. AG in Glarona, con effetto al 24 febbraio 1977.
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Considerando in diritto: |
3. Nell'atto ricorsuale, si legge altresì che l'imposta preventiva oggi richiesta è sicuramente già stata pagata a suo tempo dalla Banca B. o dalla stessa FVA. Anche questa pretesa è tuttavia manifestamente insostenibile, già per il fatto che il sistema scelto dall'Anstalt mirava direttamente alla sottrazione dell'imposta, cosi come risulta dalle assicurazioni che i funzionari della B. rilasciavano agli interessati prima che questi effettuassero eventuali investimenti. D'altro canto, anche il tasso d'interesse promesso non autorizzava a supporre che la FVA potesse addirittura pagare l'imposta senza dedurla dagli interessi versati, ed anche il ricorrente (peraltro a ragione) non invoca argomenti di questo tipo, né pretende d'aver creduto a un modo di pagamento che non implicasse traslazione alcuna. |
a) A mente dell'art. 9 cpv. 1, 2a frase della stessa legge, sono considerate domiciliate in Svizzera ai sensi dell'art. 4 anche le persone giuridiche o le società commerciali senza personalità, la cui sede statutaria si trova all'estero, ma che di fatto hanno la direzione e svolgono un'attività in Svizzera. Orbene, come accertato dall'AFC, nel Principato del Liechtenstein, l'Anstalt aveva una semplice sede statutaria, mentre la direzione effettiva era assicurata in Svizzera ove possedeva uffici propri (presso la C. S.A.) ed esercitava una vera e propria attività commerciale. Ai fini della riscossione dell'imposta preventiva, la FVA deve quindi esser considerata svizzera (o domiciliata in Svizzera) giusta l'art. 9 cpv. 1, 2a frase LIP.
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b) In virtù dell'art. 9 cpv. 2, la frase LIP, si considera banca o cassa risparmio chiunque offre pubblicamente di accettare denari fruttiferi o accetta in modo continuo denari dietro interesse. È pacifico quindi che l'accettazione pianificata e continua di somme di denaro per un ammontare complessivo di 240 milioni di franchi in 12 anni rientra chiaramente nell'ambito di questa norma. Se si guarda poi alla collaborazione messa in atto dalla FVA con la Banca B. onde contattare i futuri clienti, l'indole bancaria della sua attività s'avvera persino manifesta, anche se, per ovvi motivi, detta attività non era riconoscibile come tale da chicchessia (la FVA, infatti, non aveva aperto sportelli al pubblico, né era apparsa quale conduttrice dei locali appigionati). In queste circostanze, ed in mancanza di qualsiasi allegazione che potrebbe eventualmente infirmare gli accertamenti dell'autorità federale, è giocoforza concludere che la FVA era soggetta all'imposta preventiva per gli interessi maturati sugli averi dei clienti, giusta l'art. 4 cpv. 1 lett. d LIP. |
Nel caso in esame, è pacifico e d'altronde palese che la FVA, quale contribuente, non ha dedotto l'imposta preventiva dagli interessi maturati sugli averi dei suoi clienti e, con ciò, non ha quindi soddisfatto all'obbligo di traslazione impostole dalla legge. Tuttavia, nel momento in cui l'AFC ha fatto valere le sue pretese giusta l'art. 46 cpv. 1 LIP direttamente presso i clienti della banca (2 maggio 1977), mancava ancora la dichiarazione di fallimento; quest'ultimo infatti è stato aperto soltanto il 25 maggio successivo, cosicché solo a questo punto le due condizioni poste dall'art. 46 cpv. 1 LIP erano pacificamente adempiute. Ai fini del giudizio, questa circostanza non è però determinante: in effetti, anche se l'autorità federale ha fatto valere i diritti di regresso nei confronti dei beneficiari con un certo anticipo, non v'è motivo alcuno per annullare le relative decisioni del 2 maggio, dappoiché tali diritti sono effettivamente passati alla Confederazione il 25 maggio successivo. Può cosi rimanere indecisa la questione di sapere se, interpretando estensivamente l'art. 46 cpv. 1 LIP, l'apertura di una procedura di concordato (quale forma speciale ed attenuata dell'esecuzione forzata) già possa consentire alla Confederazione di prevalersi dei diritti di regresso che normalmente competono al soggetto fiscale (cfr. PFUND/SALZGEBER/STOCKAR, Die Praxis der Bundessteuern, II Teil: Stempelabgaben und Verrechnungssteuer, vol. I, ad art. 46 cpv. 1 LIP, n. 5).
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Parimenti ininfluente per l'applicazione dell'art. 46 cpv. 1 LIP è altresì il fatto che la FVA abbia sede statutaria all'estero, per cui il fallimento non è stato aperto in Svizzera, ma nel Principato del Liechtenstein. È palese, infatti, che il trasferimento dei diritti di regresso di cui alla norma testé citata debba potersi perfezionare anche se la fallita è una persona giuridica con sede statutaria all'estero giusta l'art. 9 cpv. 1, 2a frase LIP. Ne discende che i diritti di regresso spettanti alla FVA quale contribuente sono ormai passati alla Confederazione, per cui l'AFC era senz'altro legittimata a far valere codesti diritti nei confronti dei clienti della banca, ovvero dei singoli beneficiari delle prestazioni imponibili. |
a) Anche se la cennata disposizione contempla unicamente la nozione di "imposta", mentre le pretese che la Confederazione può far valere nei confronti dei beneficiari sono designate all'art. 46 quali "diritti di regresso", non v'è ragione alcuna per eventualmente pretendere che la costituzione di garanzie possa esser ordinata soltanto al debitore primario dell'imposta e non altresì al beneficiario della prestazione imponibile cui l'imposta stessa, se non pagata né addossata, può esser direttamente richiesta in virtù degli art. 12 DPA e 46 cpv. 1 LIP. Il concetto d'"imposta", infatti, deve qui esser recepito in senso esteso, siccome designante qualsiasi pretesa dello Stato nel campo dell'esazione tributaria, e ciò anche se detta pretesa non è avanzata nei confronti del contribuente, ma è fatta valere - in forma di diritto di regresso - nei confronti del beneficiario della prestazione imponibile cui l'imposta stessa non è stata previamente addossata. Un'interpretazione più restrittiva dell'art. 47 LIP, che vorrebbe limitare la possibilità di chiedere garanzie unicamente per salvaguardare l'adempimento dell'obbligazione fiscale, escludendo invece l'esercizio dei diritti di regresso sarebbe infatti contraria alla ratio legis della norma e s'avvererebbe poi ancor meno accettabile se si pensa che la cennata richiesta tende a garantire una pretesa inerente all'imposta sottratta che compete pacificamente alla Confederazione giusta gli art. 46 cpv. 1 LIP e/o 12 DPA. |
b) Per quanto concerne le condizioni poste dall'art. 47 cpv. 1 lett. a, b e c, giova poi costatare che le stesse sono incontestabilmente alternative: l'adempimento dell'una autorizza quindi l'AFC ad "esigere garanzie per le imposte, gli interessi e le spese, anche se non siano ancora determinati con decisione passata in giudicato, né scaduti".
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Nel concreto caso, il ricorrente non ha domicilio in Svizzera, bensì a Busto Arsizio in Italia: a non averne dubbi, la sua situazione è quindi retta dall'art. 47 cpv. 1 lett. b LIP.
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Ai fini del giudizio, l'avvenuta cessione di diritti e crediti è tuttavia ininfluente; in effetti, l'imposta preventiva dovuta sugli interessi bonificati o corrisposti prima della cennata cessione deve comunque esser pagata dai beneficiari di codesti interessi, ovvero dai cedenti già titolari dei conti in rassegna, e non dalla cessionaria cui i diritti su tali conti sono stati ceduti soltanto in seguito. È pacifico, quindi, che la cessione fiduciaria operata dal ricorrente e da altri clienti della Banca B. a favore della E. AG non può neppure influire sull'obbligo di prestare garanzie "per le imposte, gli interessi e le spese" sancito dall'art. 47 cpv. 1 LIP. |
Il Tribunale federale pronuncia:
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