Urteilskopf
105 Ib 148
23. Sentenza della II Corte di diritto pubblico dell'11 luglio 1979 nella causa Rordorf c. Consiglio di Stato del Cantone Ticino (ricorso di diritto amministrativo)
Regeste
Schweizer Bürgerrecht:
Art. 5 Abs. 1, Art. 57 Abs. 6 BüG; Art. 1 der Übereinkunft zwischen der Schweiz und Frankreich betreffend die Nationalität der Kinder und den Militärdienst der Söhne von in der Schweiz naturalisierten Franzosen vom 23. Juli 1879.
Art. 5 Abs. 1 und Art. 57 Abs. 6 BüG finden auch Anwendung auf das Kind, dessen Mutter von Abstammung Schweizer Bürgerin ist und dessen ursprünglich französischer Vater nach der Geburt des Kindes in der Schweiz naturalisiert wurde. Die in diesen Bestimmungen enthaltene selbständige Regelung verletzt nicht Art. 1 der erwähnten Übereinkunft, welche während des zweiundzwanzigsten Altersjahres das Optionsrecht des Kindes vorsieht, wenn die französischen Eltern nach der Geburt des Kindes in der Schweiz naturalisiert wurden.
Albert Paul René Rordorf, cittadino francese, contraeva matrimonio il 22 aprile 1961 a Mendrisio con Eliana Gobbi, attinente
BGE 105 Ib 148 S. 149
di Stabio (Ticino). Essa dichiarava in tale occasione di voler conservare la cittadinanza svizzera. Dal matrimonio nascevano tre figli:
Guy Albert Paul, nato a Mendrisio l'11 febbraio 1962.
Corinne Gisèle, nata a Mendrisio il 7 marzo 1963.
Alain Daniel, nato a Mendrisio il 13 ottobre 1965.
Il 27 ottobre 1966 Albert Paul Rordorf diveniva cittadino svizzero per naturalizzazione, acquistando l'attinenza di Mendrisio. A causa della sua cittadinanza francese (rilevante ai fini dell'applicazione della Convenzione tra la Svizzera e la Francia per regolare la nazionalità e il servizio militare dei figli di Francesi naturalizzati nella Svizzera, del 23 luglio 1879, SR 0.141.134.91, chiamata in seguito: la Convenzione), i figli non venivano inclusi nella naturalizzazione del padre, potendo invece optare per la nazionalità svizzera al loro ventiduesimo anno di età. Essi rimanevano pertanto Francesi.
Alla nascita dei figli, i genitori erano domiciliati a Mendrisio. Essi vivevano con i figli sino al 19 gennaio 1967 e da allora sono domiciliati a Besazio (TI).
Il 20 Gennaio 1978, i tre figli, rappresentati dai genitori, chiedevano d'essere riconosciuti come cittadini svizzeri, in applicazione dell'art. 57 cpv. 6 della legge federale sull'acquisto e la perdita della cittadinanza svizzera, del 29 settembre 1952 (LCit).
Il 15 giugno 1978 il Dipartimento di Giustizia del Cantone Ticino respingeva la domanda e il 6 febbraio 1979 il Consiglio di Stato respingeva il gravame presentato contro tale rifiuto. Esso rilevava che, in diritto francese, i figli di Francesi naturalizzati Svizzeri rimangono Francesi. L'accoglimento della domanda sarebbe contraria all'art. 1 della Convenzione, che riserva ai figli di Francesi naturalizzati Svizzeri il diritto di opzione. L'art. 17 LCit tende anch'esso a evitare, nei limiti del possibile, la doppia cittadinanza. Dal canto suo, l'art. 57 cpv. 6 LCit si applica soltanto al figlio di padre straniero e di madre d'origine svizzera; determinante al proposito è il momento della domanda; orbene, nelle fattispecie ambedue i genitori erano a quel momento cittadini svizzeri, di guisa che la domanda dev'essere respinta.
I figli Rordorf sono insorti con ricorso di diritto amministrativo contro tale decisione, chiedendo il suo annullamento e il riconoscimento della loro cittadinanza svizzera.
Considerando in diritto:
1. Oggetto della causa è una questione meramente giuridica che il Tribunale federale esamina liberamente nell'ambito di un ricorso di diritto amministrativo (
art. 104 lett. a OG).
Poiché le norme del diritto internazionale prevalgono, di regola, su quelle del diritto interno (
DTF 99 Ib 43 seg.), è d'uopo analizzare dapprima la portata del diritto interno in materia di cittadinanza e, successivamente, la questione se esso sia compatibile con la Convenzione e con altri eventuali fonti del diritto internazionale.
2. Ai sensi dell'
art. 57 cpv. 6 LCit, il figlio di padre straniero e di madre svizzera d'origine, che, al momento dell'entrata in vigore della legge federale del 25 giugno 1976 che modifica il Codice civile svizzero, non ha ancora compiuto il ventiduesimo anno di età e i cui genitori erano domiciliati in Svizzera al momento della nascita, può, entro un anno, proporre all'autorità competente del Cantone d'origine della madre di essere riconosciuto cittadino svizzero. Contenuta nel titolo V (Disposizioni finali e transitorie) della LCit, trattasi di una norma di diritto transitorio, che corrisponde a quella dell'
art. 5 cpv. 1 lett. a LCit, secondo cui il figlio di madre svizzera e di padre straniero uniti in matrimonio acquista dalla nascita la cittadinanza cantonale e l'attinenza comunale della madre, e con ciò la cittadinanza svizzera, se la madre è svizzera d'origine e i genitori sono domiciliati in Svizzera al momento della nascita.
a) S'impone in primo luogo di accertare in quale momento il padre del figlio richiedente debba essere cittadino straniero. Nel fondarsi sulla lettera della legge, il Consiglio di Stato ritiene che, essendo il momento determinante indicato espressamente soltanto con riferimento al domicilio dei genitori ("i cui genitori erano domiciliati in Svizzera al momento della nascita"), occorre far capo, per gli altri elementi costitutivi richiesti, al momento della domanda.
Nondimeno, il metodo dell'interpretazione "a contrario" può essere utilizzato solo se esistono serie ragioni per reputare che il legislatore abbia inteso risolvere, con il proprio silenzio, un determinato problema (
DTF 104 Ia 245); deve quindi preliminarmente essere chiarito il senso da attribuire alla norma in discussione.
Orbene, il testo dell'
art. 57 cpv. 6 LCit riprende, in sostanza, le condizioni poste dall'
art. 5 cpv. 1 lett. a LCit. Anche in quest'ultima disposizione il legislatore localizza nel tempo soltanto il domicilio dei genitori ("al momento della nascita"); appare inoltre evidente che, trattandosi di un acquisto della cittadinanza al momento della nascita che ha luogo direttamente per effetto della legge, i relativi presupposti devono essere adempiuti a quel momento. Quanto all'
art. 57 cpv. 6 LCit, il suo scopo è di conferire la cittadinanza svizzera a figli che l'avrebbero senz'altro acquistata al momento della nascita se a quel momento la legge modificata fosse stata già in vigore. Per l'applicazione della norma di diritto transitorio devesi quindi pure considerare come determinante, in linea di principio, il momento della nascita. Ci si potrebbe chiedere se tale regola sia parimenti applicabile laddove, dopo la nascita, siano venute meno le circostanze su cui si basa il vincolo con la Svizzera (così, ad esempio, nel caso di svincolo o di perdita della cittadinanza da parte della madre,
art. 42-48 LCit); tale questione può tuttavia rimanere indecisa nella fattispecie, nella quale le circostanze su cui si fonda il vincolo con la Svizzera, anziché venir meno, sono aumentate, dato che il padre dei figli richiedenti è divenuto nel frattempo svizzero per naturalizzazione.
b) Il fine dell'art. 5 cpv. 1 lett. a LCit è d'incorporare nella popolazione svizzera i figli nati da un padre straniero ma da una madre d'origine svizzera, allorché i genitori siano domiciliati in Svizzera al momento della nascita; l'adempimento di tali condizioni lascia infatti presumere in un gran numero di casi che questi figli continueranno a vivere in un ambiente svizzero e prova l'esistenza di stretti vincoli con la Svizzera.
È evidente che l'addove il padre sia divenuto svizzero dopo la nascita del figlio (senza che la cittadinanza svizzera sia stata estesa in pari tempo ai figli), i legami del figlio con la Svizzera si accrescono, dato che egli viene ad avere così una doppia ascendenza svizzera. Si giustifica quindi pienamente di far beneficiare anche tale figlio della disciplina dell'art. 57 cpv. 6 LCit.
L'applicazione dell'art. 5 cpv. 1 lett. a, come pure quella dell'
art. 57 cpv. 6 LCit, possono certamente comportare casi di doppia o plurima cittadinanza, con tutti i relativi inconvenienti. Ma detta conseguenza è stata consapevolmente accettata dal legislatore, che ha ritenuto preponderante l'interesse del figlio ad assumere la cittadinanza corrispondente tanto alla sua ascendenza materna, quanto al suo domicilio
BGE 105 Ib 148 S. 152
al momento della nascita, ovvero, verosimilmente, all'ambiente nel quale si svolgerà la sua esistenza. Questo interesse è prevalente in misura ancora maggiore quando il figlio possa richiamarsi anche ad un'ascendenza paterna svizzera, sia pure divenuta tale solo dopo la sua nascita.
3. Come lo indica il suo preambolo, la Convenzione con la Francia del 1879 ha per scopo di "regolare la situazione dei figli di Francesi naturalizzati Svizzeri, per riguardo alla nazionalità e al servizio militare". L'art. 1 stabilisce il principio: "I figliuoli di Francesi che si fanno naturalizzare Svizzeri, i quali al momento di questa naturalizzazione dei genitori sono in età minore, giunti al ventiduesimo anno d'età e durante tutto il detto anno, avranno il diritto di scegliere tra la nazionalità svizzera e la francese. Sino a che non abbiano optato per la nazionalità svizzera, essi saranno considerati come Francesi."
La Convenzione è pertanto destinata soltanto a disciplinare gli effetti che la naturalizzazione svizzera di genitori francesi ha, sotto il profilo della cittadinanza, per i figli minori.
b) Ne segue che la Svizzera non rispetterebbe l'obbligo assunto internazionalmente ove le autorità svizzere accordassero unilateralmente con una propria decisione la cittadinanza svizzera ai figli minori di Francesi naturalizzati Svizzeri.
Per converso, la Convenzione non impedisce alla Svizzera di attribuire la propria cittadinanza per il solo effetto della legge, secondo criteri di sua scelta (per esempio, "jure sanguinis" o "jure soli"), anche se ne derivino casi di doppia o plurima cittadinanza. Con ragione, quindi, il Dipartimento non contesta che la Svizzera possa, in applicazione dell'art. 5 cpv. 1 lett. a LCit, conferire la propria cittadinanza ai figli di genitori coniugati, di cui il padre sia francese e la madre svizzera di origine, senza che ciò implichi una violazione della Convenzione.
Orbene, l'art. 57 cpv. 6 LCit, quale norma di diritto transitorio, attua lo stesso principio. In modo generale, esso è altresì applicabile nelle relazioni con la Francia, il che non è contestato.
In caso di matrimonio misto tra un cittadino francese e una cittadina svizzera, allorquando il figlio abbia acquistato la cittadinanza svizzera in virtù dell'art. 5 cpv. 1 lett. a oppure dell'
art. 57 cpv. 6 LCit, una naturalizzazione svizzera ulteriore del padre non comporterà alcun effetto
BGE 105 Ib 148 S. 153
sulla cittadinanza del figlio e la Convenzione non sarà (quanto meno direttamente) applicabile. Non può essere diversa la soluzione laddove la naturalizzazione svizzera del padre sia intervenuta prima che i figli avessero la possibilità di chiedere il riconoscimento della loro cittadinanza svizzera in base alla norma transitoria dell'
art. 57 cpv. 6 LCit.
Sia nell'ipotesi regolata dall'art. 5 cpv. 1 lett. a, sia in quella regolata dall'art. 57 cpv. 6 LCit, la causa giuridica dell'acquisto della cittadinanza svizzera non è d'altronde data da una naturalizzazione, bensì da un acquisto della cittadinanza svizzera fondata esclusivamente sulla filiazione materna e dal domicilio al momento della nascita.
Ne discende chiaramente che l'applicazione da parte della Svizzera dell'art. 57 cpv. 6 LCit a figli di madre svizzera e di padre francese al momento della nascita, ma naturalizzato svizzero in un'epoca successiva, non viola la lettera né lo spirito della Convenzione.
4. Il Dipartimento ha invocato a favore della propria tesi la risoluzione (77) 13 concernente la nazionalità dei figli nati nel matrimonio, adottata il 27 maggio 1977 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa. Contrariamente a ciò che è il caso per una convenzione ratificata, la risoluzione non ha effetti obbligatori; essa contiene soltanto raccomandazioni all'intenzione dei legislatori nazionali. Il giudice può quindi prenderle in considerazione solo se si trova in presenza di una lacuna della legge o di una disposizione poco chiara di quest'ultima che gli incombe d'interpretare.
Per le ragioni sopra esposte, la legge non è, per quanto attiene alla questione di cui trattasi, lacunosa né poco chiara.
La risoluzione invocata raccomanda, in sostanza, agli Stati membri, da un lato, di accordare ai figli nati nel matrimonio la cittadinanza sia del padre che della madre o quanto meno la possibilità di acquistarla, e, dall'altro, di prevedere norme che consentano, per esempio mediante un'opzione, di evitare il cumulo di più cittadinanze. Modificando la propria legge sulla cittadinanza, la Svizzera ha precisamente attuato il primo di questi due postulati. Il secondo è realizzato, nelle relazioni tra la Svizzera e la Francia, mediante la Convenzione, per ciò che riguarda la soluzione del problema risultante dallo "jus sanguinis" francese del figlio e dalla naturalizzazione svizzera dei suoi genitori. Per converso, la
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Convenzione non risolve il problema risultante dal concorso della cittadinanza francese acquistata alla nascita "jure sanguinis" a causa della cittadinanza del padre, e della cittadinanza svizzera acquistata anch'essa con riferimento alla nascita in ragione della cittadinanza della madre. Il secondo postulato della risoluzione del Consiglio d'Europa potrebbe essere attuato dalla Svizzera soltanto in via legislativa; all'amministrazione e al giudice non è consentito di applicare la Convenzione ad un'ipotesi non prevista nella stessa.
Il Tribunale federale pronuncia:
Il ricorso è accolto, la decisione impugnata è annullata, ed è riconosciuta la cittadinanza svizzera dei ricorrenti, con l'attinenza della madre.