BGE 87 I 388 |
65. Sentenza 9 giugno 1961 nella causa A. c. Commissione cantonale di ricorso in materia d'imposte del Cantone Ticino. |
Regeste |
Art. 89 Abs. 2, Satz 2 WStB. |
2. Die zitierte Vorschrift erlaubt jedoch nicht, eine Schuld, die der Steuerpflichtige deklariert hat, ohne den Gläubiger zu nennen, bei der Veranlagung in jeder Beziehung als nicht bestehend zu betrachten (Erw. 3). |
Sachverhalt |
A.- A., proprietario di una casa, dichiarò agli effetti della IDN VII periodo, fra altri debiti, anche quello di fr. 52 680 professato verso la Cassa di assicurazione della Federazione svizzera dei ferrovieri (CAFSF). Nella sua dichiarazione per l'VIII periodo IDN, A. confermò l'esistenza, al 10 gennaio 1955, del debito suindicato per l'ammontare di fr. 50 829. Queste due dichiarazioni vennero accettate e, nel procedimento normale, le relative tassazioni non costituirono oggetto di alcuna contestazione. |
Nel proporre la dicharazione per il IX periodo, il contribuente notificò il credito suesposto nella ridotta somma di fr. 10 000. Su richiesta dell'autorità fiscale, egli motivò la riduzione affermando, con lettera 11 maggio 1958, fra altro, di aver potuto pagare una parte di detto prestito grazie ad un nuovo mutuo concessogli da un amico, di cui non poteva rivelare il nome. L'Amministrazione cantonale delle contribuzioni considerò questa giustificazione insufficiente a dimostrare la provenienza del capitale impiegato per il parziale pagamento del debito e, in vista di un eventuale procedimento per sottrazione di imposta nel senso degli art. 129 e rel. DIN, con lettera 4 settembre 1958, invitò il contribuente a dare ulteriori indicazioni sulla consistenza del presunto nuovo prestito, segnatamente sulle garanzie fornite al creditore e sulle condizioni di pagamento degli interessi e degli ammortamenti, nonchè a produrre una dichiarazione notarile attestante la stipulazione dell'atto di mutuo. |
Il 14 settembre 1958, A. rispose confermando quanto già esposto all'Ufficio di tassazione, e cioè che il prestito gli era stato concesso da un amico che voleva restare anonimo e che non aveva richiesto una garanzia ipotecaria, facendo esclusivo affidamento sul valore della propriteà immobiliare e sull'onestà del debitore. A. si era obbligato a corrispondergli un interesse del 4% ed un ammortamento annuo minimo di fr. 1000. Il 4 ottobre 1958 produsse una dichiarazione di un notaio, il quale dichiarava di aver preso conoscenza dell'atto di mutuo e confermava le indicazioni date dal contribuente.
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Il 28 febbraio 1959, l'Amministrazione cantonale delle contribuzioni comunicava ad A. che non poteva tener conto delle prove fornite per giustificare la provenienza dei fr. 40 000 impiegati nel parziale pagamento del debito verso la CAFSF; per cui, considerando che tale somma doveva essere stata attinta al patrimonio del contribuente e visto che non era stata dichiarata per il 10 gennaio 1953 agli effetti dell'imposta, stabiliva una tassazione suppletoria ed infliggeva al contribuente le multe per sottrazione o tentativo di sottrazione d'imposta, e meglio come segue:
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VII periodo: Imposta suppletoria fr. 166,20
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multa 1,8 volte l'imposta sottratta fr. 299,15
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VIII periodo:
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Imposta suppletoria fr. 81,80
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multa 1,4 volte l'imposta sottratta fr. 114,50
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IX periodo:
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multa per tentativo di sottrazione di imposta fr. 50 -.
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B.- A. ha tempestivamente interposto al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo col quale domanda, in via principale, che la decisione della CCR sia annullata e, in via subordinata, che vengano annullate perlomeno le multe inflittegli.
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Egli conferma la versione già esposta in sede cantonale circa la provenienza dei mezzi impiegati per il parziale pagamento del prestito verso la CAFSF e dichiara che l'autorità cantonale ha trascurato, a torto, di apprezzare la documentazione prodotta. Il fatto di aver sottaciuto il nome del creditore gli impediva di chiedere la deduzione del nuovo debito agli effetti dell'imposta, ma non autorizzava l'autorità fiscale a dedurre l'inesistenza del medesimo e a concludere che il debito verso la CAFSF era stato ammortizzato con mezzi non dichiarati del debitore. Tanto meno poi si poteva infliggergli delle multe, non potendogli essere addebitata intenzionalità di sottrazione o negligenza di sorta.
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Il 2 dicembre 1960, la CCR ha presentato le sue osservazioni chiedendo che il ricorso sia respinto. Essa fa particolarmente rilevare che il contribuente, benchè ammetta di aver effettuato il parziale pagamento del suo debito già nel dicembre 1954, nella sua dichiarazione agli effetti dell'VIII periodo, valida per il 10 gennaio 1955, ha nondimeno dichiarato il suo debito verso la CAFSF nell'ammontare di fr. 50 829, conseguendo un'abusiva deduzione di debiti. Rilevate alcune contraddizioni del contribuente, la CCR sostiene che, avendo questi sottaciuto il nome del creditore, essa è legittimata a presumere che il capitale in questione provenga da sostanza non dichiarata. Contrariamente a quanto afferma il contribuente, la relativa regola corrisponde peraltro a quella adottata nel negare ai titoli al portatore la validità di prova dell'esistenza di un debito effettivo. Gli indizi invocati dal ricorrente si fondano su circostanze contrastanti e non possono essere considerati concludenti. Il notaio nella sua attestazione si è limitato a riprodurre delle dichiarazioni di parte. Comunque, il rifiuto del ricorrente a dichiarare il nome del creditore impedisce nei confronti di questi l'apertura di un procedimento per sottrazione d'imposta. |
L'Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) propone, mediante preavviso del 15 febbraio 1961, di annullare la multa inflitta per tentata sottrazione d'imposta del IX periodo e, per il resto, di rimandare gli atti alla CCR per nuova decisione. Essa fa rilevare che l'art. 89 cpv. 2, seconda frase, DIN, sul quale è stata fondata l'impugnata decisione, pur legittimando l'autorità fiscale a rifiutare la deduzione di debiti il cui creditore non sia indicato, non autorizza a concludere che tali debiti effettivamente non esistono. In concreto, dal fatto che il debitore ha rimborsato un debito con mezzi che egli dichiara di essersi procurati da un creditore anonimo, non giustifica di dedurne che tali mezzi appartenevano allo stesso debitore.
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C.- Il 7 aprile 1961, il Giudice delegato ha fatto procedere, presso la Pretura, all'audizione testimoniale delle parti nel presunto contratto di mutuo. In tale occasione è stata prodotta la convenzione di prestito del 9 dicembre 1954. Risulta che il mutuo di fr. 40 000, di cui fr. 33 000 versati immediatamente e fr. 7000 da versare entro la fine 1954 è stato stipulato per un periodo di 10 anni, prescrive l'obbligo del debitore di versare un interesse del 4% ed un ammortamento annuo di 1000 fr. e vieta al debitore di aumentare le ipoteche sugli immobili senza autorizzazione del creditore.
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Considerando in diritto: |
1. Il risultato della suesposta deposizione testimoniale permette di considerare perlomeno come verosimile la tesi del prestito. Questa costatazione è suffragata anche dalla circostanza che il parziale rimborso del debito verso la CAFSF è stato effettuato su richiesta della creditrice. |
Comunque, la CCR non pretende che A. abbia sicuramente impiegato capitali propri effettuando il parziale rimborso del mutuo, ma afferma che il rifiuto di indicare la provenienza di detti capitali legittima l'autorità ad imporli sulla partita del contribuente. Questi potrebbe dimostrare che i relativi mezzi provengono da terzi solo indicando il nome del creditore. A sostegno della sua tesi, la CCR si riferisce alla giurisprudenza stabilita in applicazione dell'art. 89 cpv. 2, seconda frase, DIN.
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Successivamente, preso atto dell'audizione testimoniale e del preavviso dell'AFC, la CCR ha aggiunto di non essersi "trincerata unicamente ed esclusivamente dietro la circostanza che il contribuente non avrebbe voluto indicare il nome del suo finanziatore", ma è chiaro che la decisione impugnata si impernia sulla validità della suesposta presunzione e che si riferisce ad altre considerazioni in modo meramente abbondanziale.
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La giurisprudenza ne ha dedotto che il contribuente, il quale trasgredisce il suo dovere di indicare il nome del creditore, perde il diritto di esigere la deduzione del suo debito e dei relativi interessi dai suoi fattori imponibili. In tal senso, il Tribunale federale si è già espresso in applicazione dell'art. 56 cpv. 2 DCF concernente il sacrificio per la difesa nazionale, statuendo che l'autorità fiscale può validamente rifiutare la deduzione di un debito, qualora il contribuente non dichiari il nome del creditore (RU 68 I 196). Anche in applicazione dell'art. 17 DSN II, che faceva richiamo all'art. 89 DIN, è stato statuito che il contribuente il quale non soddisfa al suesposto suo obbligo legale, non può lagnarsi se non è messo al beneficio della deduzione dei debiti (Arch. 18, 26). Il relativo principio è stato ribadito anche nei confronti del contribuente che detiene un valore per conto di un terzo (proprietà fiduciaria), di cui si rifiuta di indicare il nome. Il detentore deve pagare l'imposta su questo valore come se si trattasse di sua proprietà (Arch. 24, 481). Infine, la giurisprudenza ha precisato che, qualora il contribuente non indichi il nome del suo creditore, il debito deve essere considerato come inesistente (Arch. 23, 175). |
Nella sua dichiarazione al 10 gennaio 1955, valida agli effetti dell'VIII periodo, A. ha esposto in fr. 50 829 il suo debito verso la CAFSF, senza pertanto tener conto che nel dicembre 1954 egli aveva rimborsato fr. 40 000 di detto prestito. Ciò facendo, per questa somma, egli ha abusivamente ottenuto una deduzione di debiti che non avrebbe conseguito se avesse correttamente fatto rilevare il parziale rimborso di detto prestito. Il fatto che, contemporaneamente egli abbia eventualmente contratto un nuovo mutuo della ugual somma è irrilevante, perchè in applicazione dei principi suesposti questo nuovo prestito, essendo stato ottenuto da un anonimo, non avrebbe potuto essere dedotto.
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Ciò stante, l'autorità fiscale era legittimata, fondandosi sull'art. 129 DIN, ad esigere, come ha fatto, dal contribuente un'imposta suppletoria sui fattori abusivamente sottratti all'imponibile dell'VIII periodo ed inoltre ad infliggergli una multa proporzionale.
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Per quanto concerne la tassazione suppletoria e la multa dell'VIII periodo, il ricorso deve pertanto essere respinto.
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La tassazione suppletoria per il VII periodo, non concerne come quella dell'VIII periodo l'abusivo conseguimento della deducibilità di un debito, ma l'accertamento del capitale di fr. 40 000, impiegato dal contribuente alla fine del 1954 per il parziale pagamento del debito verso la CAFSF. L'autorità di tassazione, imponendo questo capitale per il VII periodo, ha ritenuto che il medesimo appartenesse al contribuente già alla data determinante del 10 gennaio 1953. Ma non ha effettuato un vero accertamento e non ha tenuto alcun conto della giustificazione addotta dal contribuente, secondo cui il pagamento sarebbe stato effettuato mediante il ricavo di un nuovo prestito concessogli da un anonimo creditore. A questo riguardo, essa ha dichiarato che tale prestito doveva essere presunto come inesistente. Ora una siffatta presunzione non può essere dedotta nè dall'art. 89, nè da altra disposizione in concreto applicabile. La giurisprudenza ha infatti precisato che, l'inammissibilità della deduzione di un debito verso un anonimo a'sensi dell'art. 89 cpv. 2 DIN, fondata sulla costatazione che non è possibile di accertarne con sicurezza l'esistenza, non consente di escludere che il debito esista realmente (Arch. 29, 83 consid. 1). |
In realtà, la CCR si è fondata unicamente sulla presunzione suesposta. Su questo punto, la sua decisione è pertanto erronea.
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Ci si potrebbe tuttavia chiedere se - come pretende la CCR nella sua lettera del 19 gennaio 1961 - altri elementi permettano di stabilire che il contribuente abbia disposto in proprio del capitale di fr. 40 000 già il 10 gennaio 1953. A tale conclusione si oppongono le risultanze dell'istruttoria che hanno reso sufficientemente verosimile l'ipotesi del prestito conseguito da un anonimo. Ma anche se tale ipotesi dovesse considerarsi non provata, non si potrebbe tuttavia ammettere che gli elementi addotti dall'autorità fiscale siano sufficienti a far concludere che il contribuente era proprietario del capitale in questione alla data del 10 gennaio 1953.
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Ciò stante e vista la posizione assunta dalla CCR con lettera 19 maggio 1961 al Giudice delegato, non v'è ragione di accogliere la proposta dell'AFC tendente a rimandare gli atti all'autorità cantonale per nuovo giudizio, ma si giustifica di annullare puramente e semplicemente la tassazione suppletoria concernente il VII periodo e naturalmente anche la relativa muta.
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4. È pacifico che, per il IX periodo, A. ha correttamente dichiarato i suoi debiti, senza tener conto dell'asserito prestito di fr. 40 000 verso un creditore anonimo e che non è stato fatto carico al contribuente di altri tentativi di sottrazione d'imposta. Per quanto concerne questo periodo il provvedimento impugnato deve pertanto fondarsi su un errore. Del resto, anche la CCR, nella sua lettera del 19 maggio 1961, ha ammesso che la multa a questo proposito inflitta doveva considerarsi infondata e come non dovuta. L'impugnata decisione deve perciò essere annullata anche su questo punto. |