57. Estratto della sentenza del 14 ottobre 1970 nella causa Bianchi e liteconsorti contro Cattaneo e liteconsorti e Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
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Regeste
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Art. 4 und 31 BV. Apothekergewerbe.
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2. Der Beschluss des Tessiner Staatsrates, der allen Apotheken von Lugano (mit Ausnahme der diensthabenden) die Schliessung am Samstagnachmittag vorschreibt und damit ihren Inhabern die Möglichkeit nimmt, wie bisher am Montagmorgen zu schliessen, beruht nicht auf hinreichenden polizeilichen Gründen, missachtet den Grundsatz der Verhältnismässigkeit und verstösst daher gegen Art. 31 BV (Erw. 3).
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Sachverhalt
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BGE 96 I 364 (365):
Riassunto della fattispecie:
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A.- Con istanza del 12 febbraio 1970, 18 farmacisti di Lugano, designandosi come "Circolo dei farmacisti" della città, chiesero al Consiglio di Stato del cantone Ticino di stabilire per tutte le farmacie di Lugano, eccettuate quelle di turno, l'obbligo di chiudere alle 12.30 del sabato. Questa domanda, fondata sull'art. 22 cpv. 2 della legge ticinese sul lavoro dell'11 novembre 1968, venne pubblicata nel foglio ufficiale cantonale del 27 marzo 1970. L'8 aprile successivo Claudio Bianchi, Übaldo Bianchi, Marco Alberga e Roberto Herklotz, tutti farmacisti proprietari di farmacie nel comune di Lugano, si opposero a tale domanda davanti al Dipartimento cantonale delle opere sociali. Il Consiglio di Stato, con decreto del 28 aprile 1970, ha però accolto l'istanza, e fissato di conseguenza, per tutte le farmacie site a Lugano, l'obbligo di rimaner chiuse il sabato dalle 12.30 in avanti, riservate talune eccezioni.
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B.- I farmacisti Claudio e Übaldo Bianchi, Marco Alberga e Roberto Herklotz impugnano questo decreto davanti al Tribunale federale mediante un tempestivo ricorso di diritto pubblico.
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BGE 96 I 364 (366):
Essi negano che l'obbligo di chiudere le farmacie di Lugano nel pomeriggio del sabato risponda a un'esigenza di salute pubblica, e ravvisano quindi nell'impugnato decreto una inammissibile limitazione della libertà del commercio e dell'industria. Concludendo, essi rimproverano all'autorità cantonale d'aver violato gli art. 31, 33 e 4 CF e chiedono di annullare l'impugnato decreto.
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Il Consiglio di Stato del cantone Ticino propone di respingere il ricorso. Eguale domanda viene formulata dal gruppo di 18 farmacisti di Lugano autori dell'istanza litigiosa, cui il Tribunale federale ha riconosciuto la qualità di "interessati" in questa procedura.
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C.- Mediante decreto del 19 giugno 1970 il Presidente della Camera di diritto pubblico del Tribunale federale ha attribuito al ricorso l'effetto sospensivo.
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Estratto dai considerandi:
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2. L'art. 31 CF, che garantisce la libertà del commercio e dell'industria, si riferisce, per costante giurisprudenza, anche alle professioni liberali, in particolare alla professione di farmacista (RU 83 I 253, 91 I 460, 93 I 521, 94 I 226). Le restrizioni che il diritto cantonale può apportare alla succitata libertà costituzionale si limitano alle misure di polizia giustificate dall'interesse pubblico e destinate in modo particolare alla salvaguardia dell'ordine, della quiete, della sicurezza, della salute e della moralità pubblici, come pure della buona fede nei rapporti commerciali. Per non violare l'art. 31 CF, tali misure di polizia debbono essere proporzionali al fine perseguito e trattare su di un piano di eguaglianza tutti coloro che esercitano la stessa professione (RU 87 I 447/448, 453; 89 I 30/31; 91 I 104 consid. 2 a; 94 I 227 consid. 2).
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Secondo la più recente giurisprudenza, le prescrizioni cantonali di polizia che ordinano la chiusura dei negozi durante un determinato lasso di tempo nel corso della settimana, al fine di offrire al personale il necessario tempo libero, son destinate a salvaguardare la salute pubblica e si conciliano quindi con l'art. 31 CF (RU 73 I 100 consid. 2, 86 I 274 consid. 1, 88 I 236, 89 I 31, 91 I 105 in alto). Questa giurisprudenza è stata criticata dalla dottrina (v. H. HUBER, ZBJV, anno 1966, vol. 102, p. 427/428; AUBERT, Traité de droit constitutionnel suisse, vol. II, n. 1897; MARTI, Handels- und Gewerbefreiheit, p. 134/135).
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BGE 96 I 364 (367):
Al riguardo, va però rilevato che i beni protetti dalle misure di polizia economica devono essere oggi intesi in senso più lato che non in precedenza. Non sono quindi solo ammissibili provvedimenti che limitano la durata di lavoro, e che si rivelano necessari per la salvaguardia della salute fisica e psichica del personale; anche il fatto di poter disporre di uno spazio di tempo libero sufficientemente ampio appare come un bene degno d'essere protetto da misure di polizia. Questo problema non ha tuttavia bisogno d'essere trattato in modo più ampio in concreto, e non è necessario prendere posizione sulle critiche formulate a proposito della citata giurisprudenza.
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3. Infatti, come provvedimento di polizia, la chiusura obbligatoria delle farmacie di Lugano il sabato pomeriggio deve rispettare il principio della proporzionalità ed essere, di conseguenza, necessaria perchè i dipendenti possano fruire del riposo loro garantito (RU 89 I 31). Ora, nel presente caso, i ricorrenti riconoscono, di massima, allo Stato il diritto di prescrivere la chiusura obbligatoria delle farmacie durante una mezza giornata nel corso della settimana: e in effetti essi tengono attualmente chiusi i loro negozi il lunedì mattina. Ciò che però contestano è il diritto del Cantone di prescrivere una chiusura uniforme di tutte le farmacie di Lugano il sabato pomeriggio: in sostanza, esigono quindi che sia mantenuta quella libertà di scelta - in concreto tra il lunedì mattina e il sabato pomeriggio - che era stata, per due altre mezze giornate della settimana, riconosciuta ai titolari delle farmacie losannesi nella già citata sentenza RU 89 I 27 e segg.
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La censura dei ricorrenti appare fondata, l'esclusione della possibilità di scelta tra le due surriferite mezze giornate non essendo giustificata da sufficienti motivi di polizia e non rispettando il principio della proporzionalità. Al pubblico la citata possibilità di scelta dei titolari delle farmacie luganesi offre senza dubbio vantaggi. Essa ha come conseguenza che il sabato pomeriggio, quando notoriamente affluiscono nella città numerosissime persone per gli acquisti, le farmacie aperte non si limiteranno a quelle di turno. Ed è d'altra parte chiaro che un servizio farmaceutico garantito soltanto da queste ultime potrebbe apparire, il sabato pomeriggio a Lugano, manifestamente insufficiente. Dal profilo del controllo di polizia, la possibilità di scelta richiesta dai ricorrenti non crea particolari difficoltà, gli orari d'apertura essendo noti e la polizia potendo facilmente controllarne l'osservanza, dal BGE 96 I 364 (368):
momento che il numero delle farmacie di Lugano non è elevato. Certo, spesso il personale preferirebbe aver libero il sabato pomeriggio anzichè il lunedì mattina. Tuttavia, questa circostanza non è tanto importante da porre i dipendenti delle farmacie in una situazione speciale rispetto al personale di tutti gli altri negozi, che il sabato pomeriggio rimangono aperti. In ogni caso, essa non costituisce un motivo di polizia sufficiente per la censurata restrizione.
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È vero che la maggioranza dei titolari delle farmacie di Lugano desiderano tener chiusi i loro negozi il sabato pomeriggio; e per impedire che rimanessero aperte le farmacie di concorrenti, essi hanno ottenuto dal Consiglio di Stato l'obbligo generale della uniforme chiusura di tutte le farmacie della città il pomeriggio del sabato. Tuttavia, questa volontà della maggioranza, ch'è ispirata da interessi non suscettibili di protezione, non costituisce un elemento atto a far imporre una deroga dell'orario di chiusura stabilito per le ore 17.00 del sabato dall'art. 21 cpv. 1 della legge cantonale sul lavoro dell'11 novembre 1968.
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Il quesito di sapere se la proroga degli orari di chiusura sino alle ore 18.30 del sabato prevista per le zone turistiche si giustifichi anche per le farmacie, conformemente all'art. 8 del regolamento cantonale di applicazione della legge sul lavoro, del 22 gennaio 1970, può rimanere aperto nell'ambito della presente procedura. In tali circostanze, si può prescindere dall'esaminare se il Consiglio di Stato abbia o meno arbitrariamente valicato i limiti della competenza concessagli dall'art. 22 cpv. 2 della legge sul lavoro.
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Nè il Consiglio di Stato nè il gruppo di 18 farmacisti che si designa come "Circolo dei farmacisti di Lugano" adducono, per il resto, nelle loro osservazioni, motivi validi per sostenere la costituzionalità del decreto governativo. Per le considerazioni esposte, questo dev'essere annullato in quanto lesivo della libertà del commercio e dell'industria, garantita dall'art. 31 CF.
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Il Tribunale federale pronuncia:
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Il ricorso è accolto e il decreto impugnato è annullato.
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