BGE 88 II 6 |
2. Sentenza 30 marzo 1962 della II Corte civile nella causa X contro Y e figli. |
Regeste |
Anfechtung der Ehelichkeit durch einen Ausländer vor einem schweizerischen Gericht. Art. 253 ff. ZGB; Art. 8 und 32 NAG. |
Sachverhalt |
A.- Le parti X e Y hanno contratto matrimonio il 31 marzo 1952 davanti all'Ufficiale di stato civile di Milano. Nel 1954, costatati i profondi attriti sorti a dipendenza dell'impotentia coeundi a sfondo neurotico del marito, cessarono la convivenza matrimoniale. Il marito si trasferì dapprima in Italia, poi, il 15 ottobre 1958, a Castaneda (Ct. Grigioni). La moglie fissò la sua residenza a Roma, indi, pure nel mese di ottobre 1958, prese dimora a Mendrisio, ove, il 5 dicembre 1958, diede alla luce dei gemelli che furono iscritti nei registri dello stato civile come figli legittimi del marito. Mediante sentenza del 27 gennaio 1959, il Tribunale del distretto della Moesa, che non aveva preso conoscenza della nascita dei figli, accolse una petizione del marito, pronunciando la nullità del matrimonio. |
Il 2 marzo 1959, X convenne la ex moglie e i figli davanti al Pretore di Mendrisio, chiedendo che i gemelli fossero dichiarati illegittimi e, conseguentemente, iscritti nei registri dello stato civile come figli naturali della convenuta.
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B.- L'attore si appellò alla Camera civile del Tribunale di appello. Y e il curatore dei minorenni convenuti si opposero, proponendo la conferma della sentenza di prima istanza.
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La Corte cantonale respinse l'appellazione. Essa fece rilevare che, in virtù dei combinati art. 8 e 32 LR, lo stato di famiglia delle persone, in particolare la questione della discendenza legittima od illegittima di stranieri residenti in Svizzera, soggiace alla legislazione ed alla giurisdizione del luogo d'origine. Che il Pretore non abbia esaminato la questione del domicilio è irrilevante, dovendosi aver riguardo solo alla cittadinanza delle parti. L'appellante ha preteso a torto che nel caso particolare Mendrisio costituisce un forum necessitatis, perchè nulla prova che l'attore non abbia potuto o non possa far giudicare in Italia la sua contestazione della paternità. Il Pretore si è espresso impropriamente dichiarando l'incompetenza del foro; in realtà trattasi di un vero e proprio difetto di giurisdizione in senso assoluto che è determinato da un interesse di ordine pubblico, che non può essere sanato da diversa disposizione delle parti e che il giudice deve rilevare in qualsiasi stadio della lite. Ne segue che il Pretore poteva - come ha fatto - pronunciarsi mediante sentenza interlocutoria. Anche la convenzione conclusa tra la Svizzera e l'Italia il 3 gennaio 1923 sul riconoscimento e l'escuzione delle decisioni giudiziarie, non deroga alle norme degli art. 8 e 32 LR, in forza delle quali il giudizio sullo stato degli stranieri è sottratto alla cognizione del giudice svizzero.
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C.- L'attore ha tempestivamente interposto al Tribunale federale un ricorso per riforma, domandando che la sentenza cantonale sia riformata e che sia dichiarata la competenza del Pretore di Mendrisio a giudicare sulla petizione.
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Esso fa rilevare che il Pretore, dichiarando la sua incompetenza prima di chiudere l'istruttoria, gli ha impedito di provare l'impossibilità di proporre l'azione in Italia e, quindi, di dimostrare che la Pretura di Mendrisio costituiva nel caso particolare un forum necessitatis. Ciò stante, i giudici cantonali avrebbero violato le norme federali sulle prove, segnatamente l'art. 8 CC. Secondo la legge italiana applicabile, il foro dell'azione di contestazione della paternità è quello del domicilio dei minorenni convenuti. Dal momento che ai minorenni era stato nominato un curatore e che la relativa nomina non era stata impugnata, il domicilio dei medesimi era determinato da quello del curatore. Questi essendo domiciliato a Mendrisio, il Pretore del relativo distretto era pertanto competente a pronunciarsi sulla petizione. È vero che, secondo gli art. 8 e 32 LR, sarebbe competente in principio il giudice del luogo d'origine, ma il Tribunale federale ha ammesso la possibilità di un foro necessario in applicazione dell'art. 257 cpv. 3 CC. L'ambiguo atteggiamento della ex moglie convenuta ha conseguito che, se l'impugnata sentenza fosse confermata, non essendo possibile promuovere l'azione in Italia, non esisterebbe più la possibilità di riproporla in Svizzera. Il ricorrente invoca l'art. 8 CC, la LR e le norme della citata convenzione sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie. |
Considerando in diritto: |
I tribunali cantonali, costatato che le parti hanno la cittadinanza italiana, erano pertanto tenuti a dichiarare la loro incompetenza. Essi non potevano disporre diversamente neppure fondandosi su un tacito accordo delle parti, perchè è inammissibile che in un procedimento retto almeno in parte dalla massima ufficiale, la scelta del foro sia lasciata alla discrezione delle parti. È pure evidente che l'atto amministrativo di nomina del curatore non poteva vincolare il foro giudiziario. |
La nomina di un curatore era, è vero, determinante agli effetti del domicilio legale dei convenuti minorenni, ma questa circostanza risultava irrilevante per l'applicazione del diritto svizzero ai fini della competenza giudiziaria, perchè l'art. 32 LR dispone che le norme della stessa legge, e quindi pure l'art. 8, si applicano anche agli stranieri domiciliati in Svizzera. Ciò stante, i tribunali cantonali, trascurando le prove proposte dal ricorrente per dimostrare che i convenuti avevano il domicilio in Svizzera, non hanno violato nè l'art. 8 CC, nè alcuna altra norma federale in materia di prove.
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Altrettanto infondata è la tesi del ricorrente secondo cui i Tribunali cantonali avrebbero violato tali norme, mettendolo nella impossibilità di dimostrare che in concreto ricorrevano gli estremi per far riconoscere la Pretura di Mendrisio come foro necessario in applicazione dell'art. 257 cpv. 3 CC. Al riguardo si rileva avantutto che, almeno per quanto risulta dagli atti del processo cantonale, il ricorrente non ha addotto alcuna circostanza per scusare, ai sensi della suindicata norma, il ritardo nel proporre la contestazione; non aveva d'altronde alcuna ragione per farlo, dato che, essendo nati i convenuti minorenni il 5 dicembre 1958, la petizione del 2 marzo 1959 risultava proposta nel termine stabilito dall'art. 253 CC. L'art. 257 cpv. 3 CC non è pertanto applicabile.
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2. L'asserzione del ricorrente, secondo cui il Tribunale federale avrebbe già riconosciuto il principio di un foro necessario in Svizzera quando l'azione sullo stato delle persone non sia più proponibile all'estero, è infondata. Questa tesi è stata sostenuta dall'attore nella causa conclusasi con la sentenza pubblicata nella RU 85 II 309 e segg.; il Tribunale ne prese atto, costatando che nel caso particolare la relativa questione non doveva necessariamente essere risolta (vedi pag. 309 e 312 in fondo). Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, da detta sentenza non si può però in alcun modo dedurre che l'omissione dell'azione davanti al competente foro italiano possa giustificare l'istituzione di un foro necessario in Svizzera. Comunque, in concreto, l'istituzione di un foro siffatto, urterebbe in modo evidente contro gli art. 8 e 32 LR. |
3. Il ricorrente ha genericamente invocato anche la convenzione conclusa il 3 gennaio 1933 tra la Svizzera e l'Italia circa il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie. Come già rilevato dalla Corte cantonale, questa convenzione non determina a quali condizioni i tribunali di uno Stato contraente siano competenti a giudicare su una contestazione loro sottoposta (RU 84 II 63).
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