89 II 422
Urteilskopf
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56. Estratto della sentenza 17 settembre 1963 della I Corte civile nella causa vertente fra la ditta Francesco Cinzano & Cia, S.p.A. e la ditta Campari SA
Regeste
Art. 5 UWG und 30 MSchG. Gerichtsstand für eine auf diese beiden Gesetze gestützte Klage.
1. Die Bestimmungen über den Gerichtsstand sind grundsätzlich dem kantonalen Recht vorbehalten. Dieses ist eingeschränkt durch Art. 59 BV, sowie durch allfällige staatsvertragliche Vorschriften und durch Gerichtsstandsbestimmungen des Bundesrechts.
2. Art. 5 Abs. 1 UWG. Befindet sich der Ort, an dem die unerlaubte Handlung vorgenommen worden ist, im Ausland, so ist als Gerichtsstand des Begehungsortes der schweizerische Ort zu betrachten, an welchem der Erfolg eingetreten ist.
3. Im Falle einer auf das UWG gestützten, aber mit einer andern zivilrechtlichen Streitigkeit zusammenhängenden Klage ist der Kläger nach Art. 5 Abs. 2 UWG befugt, aber nicht verpflichtet, die Klage am Gerichtsstand dieser anderen Streitigkeit anzubringen.
4. Auch der in Art. 30 MSchG für die Klagen gegen einen ausserhalb der Schweiz wohnenden Hinterleger einer Marke vorgesehene Gerichtsstand in Bern ist bloss subsidiärer Natur.
Riassunto dei fatti:
La Campari SA, Viganello, ha convenuto davanti alla Camera civile del Tribunale di appello di Lugano la Cinzano & Cia. S.p.A., Torino, asserendo che la messa in commercio in Svizzera del bitter Cinzano e del Cinzano soda, nel modo usato dalla Cinzano & Cia., costituisce atto di concorrenza sleale e di violazione dei suoi marchi. Essa ha domandato di essere legittimata ad esigere la cancellazione di alcuni marchi della Cinzano & Cia. e di far divieto alla medesima di smerciare ulteriormente detti prodotti con i colori e la presentazione propri ai prodotti Campari.
La Corte cantonale ha respinto l'eccezione di incompetenza territoriale interposta dalla convenuta. Essa ha fatto rilevare che l'azione contro il convenuto all'estero, al foro del luogo ove è stato commesso il presunto atto illecito - in concreto il Ticino - è consentita dall'art. 5 LCS. Vero è che l'attrice ha invocato anche la LM, il cui art. 30 ammette l'azione a Berna contro deponenti domiciliati all'estero di marchi iscritti in Svizzera, ma trattandosi dell'applicazione cumulativa delle due leggi, deve valere il foro stabilito dalla legge più generale che, nel caso particolare, è la LCS.
La Cinzano Torino ha tempestivamente interposto al Tribunale federale un ricorso per riforma, mediante il quale domanda che la sentenza cantonale sia annullata ed accolta l'eccezione di incompetenza.
Essa richiama le norme procedurali di cui agli art. 49 e 64 OG ed afferma che la Corte cantonale ha violato gli art.
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6 del trattato di domicilio e consolare concluso tra la Svizzera e l'Italia il 22 luglio 1868, 5 LCS e 30 LM. Le sue argomentazioni possono essere riassunte come segue.I controversi prodotti bitter Cinzano e Cinzano soda sono venduti in Svizzera dalla Cinzano di Losanna che li produce nello stabilimento della ditta Paulin Pouillot SA di Losanna. La Campari è edotta di questa circostanza già dal 1957, alla qual epoca aveva anzi trattato con la Cinzano Torino per un componimento bonale della vertenza.
La Cinzano Torino ha diritto di essere giudicata dal suo giudice naturale, vale a dire dalla giurisdizione torinese, in virtù dell'art. 6 del trattato italo svizzero del 1868 che garantisce ai cittadini italiani la reciprocità in fatto di protezione giudiziaria. Del resto, le norme della convenzione tra la Svizzera e l'Italia del 3 gennaio 1933 stabiliscono l'ineseguibilità delle sentenze emanate da tribunali incompetenti.
La Corte cantonale ha comunque erroneamente applicato le norme speciali del diritto federale. L'art. 5 LCS, il quale dispone che l'azione può essere proposta davanti al giudice del luogo ove è stato commesso l'atto, non è applicabile in concreto, perchè non è stato accertato che gli atti illeciti addotti dalla controparte siano stati compiuti nel Ticino. D'altronde, l'art. 30 LM consente in Svizzera contro persone all'estero solo l'azione davanti al foro di Berna.
La parte attrice ha presentato le sue osservazioni di risposta, proponendo che, in quanto ricevibile, il ricorso sia respinto.
Considerando in diritto:
4. Le disposizioni sul foro appartengono alla procedura giudiziaria e all'amministrazione della giustizia, per cui sono, di massima, riservate ai cantoni (art. 64 cpv. 3 CF; cfr. GULDENER, Schw. Zivilprozessrecht p. 742 e seg.). In questo campo le competenze cantonali sono limitate dall'art. 59 CF che, per obbligazioni personali di persone
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domiciliate in Svizzera, prescrive il foro del domicilio, nonchè da eventuali norme di trattati internazionali e dalle disposizioni stabilenti un foro di diritto federale. Inoltre, in determinati casi, le parti hanno la possibilità di stabilire un foro convenzionale.La ricorrente ha accennato a corrispondenze intercorse direttamente fra l'attrice e la Cinzano Losanna, ma non ha addotto alcun preciso dato di fatto che possa comunque far concludere ad una rinuncia della Campari a convenire la Cinzano Torino. Peraltro, al riguardo, la convenuta non ha formulato una precisa contestazione.
Essa ha anche accennato alla "garanzia del giudice naturale al luogo del proprio domicilio", ma non ha espressamente invocato l'art. 59 CF, ed a giusta ragione, perchè detta garanzia costituzionale si estende solo agli stranieri che - contrariamente a quanto risulta nel caso particolare - sono domiciliati in Svizzera.
Ne consegue che le contestazioni ammissibili, regolarmente proposte in questa sede, sono soltanto quelle fondate sulla violazione del trattato italo svizzero di domicilio e consolare e sulle speciali norme della LCS e della LM. Il ricorso può pertanto essere accolto soltanto se è dimostrata una violazione di una imperativa disposizione delle leggi e del trattato anzidetti. L'eventuale violazione di una norma di diritto cantonale non è proponibile in sede di ricorso per riforma (art. 43 cpv. 1 OG).
a) L'art. 6 del trattato concluso il 22 luglio 1868 tra la Svizzera e l'Italia dispone in sostanza che i cittadini di ognuno dei due paesi contraenti godono nell'altro della stessa protezione giudiziaria concessa ai cittadini nazionali. La Corte cantonale, giudicando che la convenuta, essendo domiciliata all'estero, poteva, in virtù dell'art. 5 LCS, essere chiamata in causa nel Ticino, non ha certamente violato detta norma. Come ha giustamente rilevato l'attrice, non v'è ragione per far concludere che, se si fosse trattato di una ditta svizzera domiciliata in Italia, la Corte cantonale avrebbe agito diversamente.
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D'altronde, trattandosi di una sentenza da eseguire in Svizzera, la convenzione tra la Svizzera e l'Italia circa il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie, che la ricorrente riferisce all'art. 6 dell'anzidetto trattato, non può evidentemente avere alcuna pertinenza con il caso in esame.
b) L'art. 5 cpv. 1 LCS dispone che, se il convenuto non ha domicilio nella Svizzera, l'azione può essere proposta al giudice del luogo dove l'atto è stato commesso.
L'attrice afferma che gli asseriti atti illeciti sono stati compiuti in Italia e più precisamente presso la ditta Cinzano Torino. È tuttavia indiscusso che, in applicazione analogica dell'art. 346 CP, se il luogo ove l'atto illecito è stato compiuto si trova all'estero, si considera come foro del luogo ove tale atto è stato commesso quello del posto in Svizzera in cui l'evento si è verificato (Vedi messaggio del CF nel FF 1942, pag. 454; RU 68 IV 54; VON BÜREN, Kommentar zum UWG n. 6 all'art. 5).
In concreto è pacifico che i controversi prodotti sono stati messi in vendita anche nel Ticino. Non vi può quindi essere dubbio che, se fosse stata fondata esclusivamente sulla LCS, l'azione contro la Cinzano Torino avrebbe po-tuto essere promossa a Lugano anche in virtù del diritto federale.
Sennonchè, l'art. 5 cpv. 2 LCS stabilisce espressamente che l'azione fondata su concorrenza sleale ma connessa, come nel caso particolare, con un'altra causa civile, fra altro anche con una causa in materia di marchi, "può parimente" essere proposta al tribunale cantonale cui spetta di decidere come istanza unica l'altra causa. L'espressione "può parimente" toglie a questa disposizione ogni carattere imperativo e le dà, rispetto al precedente capoverso, soltanto il valore di una facoltà di deroga. L'azione fondata sulla LCS, ma connessa con altra causa civile, può pertanto essere proposta sia al foro dell'altra causa (poco importa se il medesimo è di diritto federale o di diritto cantonale), sia a quello altrimenti stabilito in
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applicazione della LCS stessa. L'unica conclusione di diritto federale che può essere dedotta dall'art. 5 cpv. 2 è quindi quella del riconoscimento all'attore della facoltà di proporre l'azione congiuntamente ad altra causa civile connessa; e ciò anche in deroga al foro stabilito nella LCS.D'altronde, e contrariamente a quanto sostenuto nella dottrina (VON BÜREN o.c. n. 8 all'art. 5), non vi è motivo di ammettere che l'art. 5 cpv. 2 concerna unicamente la competenza ratione materiae. Il termine della relativa marginale, "foro", "for", "Gerichtsstand", è infatti generalmente inteso a comprendere anche la competenza territoriale (cfr. GULDENER, Schw. Zivilprozessrecht p. 75 e seg.).
In quanto ha ammesso la sua competenza, la Corte ticinese non può pertanto aver violato la LCS.
c) Resta così solo da esaminare se, in concreto, al riconoscimento del foro di Lugano si oppongano le norme della LM.
Questa legge non istituisce un foro particolare per le azioni fondate sulla violazione dei marchi; al riguardo si applicano in genere le norme stabilite dal diritto processuale dei cantoni con la limitazione, nell'ambito intercantonale, della garanzia del giudice naturale stabilita all'art. 59 CF (cfr. DAVID: Markenschutzgesetz n. 4 a all'art. 29; RO 71 II 346).
La LM, come la LCS, fa eccezione a questa regola (art. 30) per il caso che il deponente di un marchio sia domiciliato all'estero e non abbia espressamente eletto uno speciale domicilio in Svizzera; nel qual caso l'azione "può" essere proposta davanti al tribunale del circondario in cui ha sede l'ufficio incaricato del registro, vale a dire a Berna, sede dell'Ufficio federale della proprietà intellettuale a cui incombe la tenuta a giorno dei registri nazionale e internazionale.
In una perizia prodotta dalla convenuta si considera questo foro come esclusivo per ogni azione diretta contro un deponente non domiciliato in Svizzera. Ma la relativa tesi urta contro il testo della legge, la quale, stabilendo che
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l'attore "può" proporre l'azione a Berna, non gli impone un foro unico, ma gli conferisce una facoltà in deroga alla regola generale. Non v'è ragione di interpretare una siffatta facoltà come un obbligo. Peraltro, le considerazioni di ordine materiale esposte nella perizia di parte non possono essere condivise. L'eventualità di contraddizioni fra i giudicati di diversi tribunali cantonali, non giustifica le apprensioni ivi esposte, perchè è insita nel nostro ordinamento federativo. Anche in questa, come nelle altre materie di diritto civile, l'unità nell'applicazione della legge federale può essere garantita, non da una prima istanza unica, ma dalla possibilità di interporre ricorso per riforma. La relativa garanzia è anzi resa più intensa nel campo della LM dalla norma speciale che dà alle parti la possibilità di valersi di tale ricorso qualunque sia il valore litigioso (art. 29 cpv. 2). Le sentenze cantonali citate nella perizia (SJZ 4, 438; ZBJV 70, 45) non sanciscono l'esclusività del foro di Berna, ma soltanto la possibilità di proporre a quel foro, congiuntamente all'azione di cancellazione, quelle di divieto d'uso del marchio e di risarcimento dei danni.Vi sono poi altre ragioni, condivise anche nella dottrina (DAVID o.c. n. 5 all'art. 30) e di ben altra rilevanza pratica, che inducono a interpretare il foro dell'art. 30 LM come facoltativo. Infatti, non si comprenderebbe perchè, essendo costrette ad adire il foro di Berna, le parti dovrebbero essere private della possibilità, data dal nostro ordinamento trilingue, di eventualmente valersi della propria lingua presso il giudice competente per disposizione cantonale. Infine, non si vede perchè l'attore, al quale è riconosciuto il diritto di proporre cumulativamente le azioni fondate sulla LCS e sulla LM (art. 5 cpv. 2 LCS; RU 73 II 118), dovrebbe adire il foro di Berna anche quando la asserita violazione della LM dovesse essere di portata minore a quelle della LCS.
In realtà, la ratio dell'art. 30 LM può essere solo quella di istituire un foro meramente sussidiario, dal quale il leso abbia comunque la possibilità di ottenere una sentenza
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valida per l'autorità amministrativa federale incaricata della tenuta a giorno dei registri. Non vi è tuttavia alcun motivo di riconoscere al foro di Berna una esclusività rispetto agli altri fori cantonali (cfr. DAVID o.c. n. 2 all'art. 30; W. STAUFFER, SJZ vol. 28, 299; RU 55 II 275).
5. Nel caso particolare, la Corte cantonale non ha precisato di essersi fondata sulle norme del diritto processuale cantonale. È nondimeno sufficiente costatare che la stessa, riconoscendo la sua competenza come foro del luogo in cui gli asseriti atti illeciti sono stati commessi (foro previsto anche all'art. 5 cpv. 1 LCS), non può aver violato il diritto federale.
Il Tribunale federale pronuncia:
Il ricorso è respinto.
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