BGE 92 II 160 |
25. Sentenza 27 maggio 1966 della II Corte civile nella causa Gloor contro SA Al Parco, Calderari e Gerosa. |
Regeste |
Vorkaufsrecht am Grundstück einer Aktiengesellschaft, welche von einer die grosse Mehrheit der Aktien besitzenden Person beherrscht wird. |
2. Der Verkauf der Quasi-Gesamtheit der Aktien der das Grundstück zu Eigentum besitzenden Gesellschaft durch den beherrschenden Aktionär bildet grundsätzlich keinen Vorkaufsfall (Erw. 2). |
3. Die rechtliche Selbständigkeit der Gesellschaft und des Aktionärs fällt nur dann ausser Betracht, wenn es der Grundsatz von Treu und Glauben im Verkehr mit Dritten verlangt (Erw. 3). |
Sachverhalt |
A.- La società anonima Immar SA è stata costituita mediante atto notarile del 28 ottobre 1954, con un capitale di Fr. 50 000.--, diviso in 500 azioni al portatore di Fr. 100.-- ciascuna. Il suo scopo sociale è l'amministrazione di beni immobili, alberghi e mobili, il finanziamento di società immobiliari, il commercio di quote di partecipazione o di azioni di società immobiliari, e in genere ogni commercio nel campo dell'attività edilizia. |
Al momento della costituzione della società, Leo Schermann ha sottoscritto 496 azioni; le altre quattro sono state assunte da persone a lui apparentate. Il giorno stesso della sua fondazione, prima ancora che fosse iscritta nel registro di commercio, la Immar SA ha acquistato da certo Köchlin i beni immobili che questi possedeva a Maroggia, Melano e Bissone. Ancora quel giorno, essa ha venduto a Walter Gloor una parte di uno di questi beni: la vendita concerneva, più precisamente, mq 9310 della particella n. 285 di Maroggia. I contraenti, nell'atto di compravendita, si sono reciprocamente accordati un diritto di prelazione: quello a favore di Gloor portava sulla frazione della particella citata di cui la Immar SA conservava la proprietà; il diritto di prelazione a favore della venditrice aveva invece per oggetto la porzione di terreno che Gloorle aveva testè acquistato. Questi diritti di prelazione furono annotati nel registro fondiario il 29 settembre 1955.
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Gloor ha avuto conoscenza dell'avvenuta vendita delle azioni. In data 16 marzo 1957, tramite il suo patrocinatore, ha scritto alla Immar SA che Calderari e Gerosa erano praticamente divenuti proprietari degli immobili della società, e che quindi si verificava il caso di prelazione previsto a suo favore; ha invitato pertanto la Immar SA a trasmettere il contratto di vendita delle azioni, perchè il diritto potesse essere esercitato. La Immar SA ha contestato le allegazioni di Gloor, rifiutandosi quindi di produrre i documenti. Gloor si è fatto di nuovo avanti con altre lettere, ma senza successo.
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Frattanto la società aveva modificato la propria ditta sociale in "Al Parco SA", e trasferito la sua sede da Maroggia a Melano.
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Nel termine di due anni che si era riservato per il ricupero delle azioni vendute, Schermann non ha esercitato il suo diritto, per cui il trapasso delle azioni a Calderari e Gerosa è diventato definitivo.
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Con petizione del 22 agosto 1960, Walter Gloor ha convenuto davanti alla Camera civile del Tribunale di appello Leo Schermann, la SA Al Parco, Pietro Calderari e Dante Gerosa, domandando che venisse accertato l'adempimento del caso di prelazione a suo favore, e che i convenuti fossero solidalmente condannati a produrre i documenti necessari perchè egli potesse esercitare il diritto che gli spettava.
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B.- La Camera civile del Tribunale di appello ha respinto la petizione con sentenza del 26 ottobre 1965; in precedenza aveva ammesso l'eccezione d'incompetenza territoriale sollevata da Schermann, che era domiciliato a Berna, ed in seguito mantenuta, dopo il suo decesso, dagli eredi.
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La Corte cantonale ha rilevato in sostanza che il diritto di prelazione costituito a favore di Gloor concerne un immobile di cui la società convenuta rimane ancora proprietaria. La giurisprudenza secondo cui, nel diritto fiscale, il trapasso di tutte le azioni d'una società anonima immobiliare equivale, dal punto di vista economico, alla vendita degli immobili che le appartengono, non è applicabile in concreto; nel diritto civile è determinante per l'adempimento del caso di prelazione la vendita dell'immobile, intesa nel suo significato giuridico. L'attore non può del resto invocare, nella fattispecie, la sentenza RU 85 II 474, la quale non ha affatto esteso il concetto di vendita del fondo, ma ha impedito che, mediante un abuso manifesto del diritto, il proprietario eludesse, con la costituzione di un diritto di superficie, gli obblighi derivantigli da un contratto di prelazione. |
C.- Walter Gloor impugna questa sentenza con un tempestivo ricorso per riforma al Tribunale federale. Egli domanda che la stessa venga annullata e che sia giudizialmente accertato l'adempimento del caso di prelazione costituito a suo favore. Chiede di conseguenza che i convenuti siano solidalmente condannati a produrre in giudizio, nel termine di 10 giorni dalla esecutività della sentenza, il contratto di cessione delle azioni concluso tra Schermann da una parte e Calderari e Gerosa dall'altra, nonchè tutti i documenti ad esso relativi.
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Secondo il ricorrente la nozione di vendita contenuta all'art. 681 CC non va intesa in senso restrittivo e formalistico. Nei casi in cui, come nella fattispecie, mediante la cessione delle azioni di una società immobiliare vengono trasferiti tutti i poteri del proprietario dell'immobile, si deve ritenere come adempiuto un trapasso che permetta l'esercizio del diritto di prelazione. L'assimilazione della cessione delle azioni d'una società alla vendita del fondo incorporato nelle azioni è del resto un fenomeno giuridico già riconosciuto, in particolare, dal diritto tributario e dal diritto federale sull'acquisto di fondi da parte di persone domiciliate all'estero. Nella fattispecie si deve poi ravvisare, nella cessione delle azioni della convenuta, una manovra maliziosa adottata per eludere il diritto di prelazione spettante all'attore: ora, in campo civile, vi è anche il divieto di agire manifestamente contro la buona fede. Il fatto poi che Schermann, al momento di cedere le azioni, si è impegnato a svincolare dalla società l'unico elemento non reale dei beni sociali è un altro elemento che dimostra come ai cessionari non interessasse affatto ciò che era estraneo al trapasso immobiliare. Infine, la circostanza che Schermann non vendette la totalità delle azioni, ma soltanto la quasi totalità di esse, è irrilevante: decisivo è che le azioni cedute fossero in numero tale da trasferire ai cessionari la disponibilità del fondo oggetto del diritto di prelazione.
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D.- I convenuti chiedono la reiezione integrale del ricorso.
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Considerando in diritto: |
1. La società anonima immobiliare, costituita per amministrare uno o più immobili di cui è proprietaria, per usufruirne e, in genere, per eseguire operazioni relative a questo scopo, è una istituzione creata dalla pratica e riconosciuta dal diritto; nella maggior parte dei casi essa appare sotto la forma di una società con azionista unico o dominata da una persona che possiede la grande maggioranza delle azioni (cfr. RU 85 I 96 consid. 2 e la dottrina ivi citata: SCHLAEPFER, La vente du capitalactions d'une société anonyme immobilière, tesi Ginevra 1948; FATTON, La vente de toutesles actions d'une société immobilière, tesi Losanna 1949; CARRY, La garantie en raison des défauts de la chose dans la vente de toutes les actions d'une société immobilière, in Festschrift für Guhl, 1950, p. 179 e segg.; SCHÖNLE, Die Einmann- und Strohmanngesellschaft, tesi Friburgo 1957). Nel campo del diritto civile, la società anonima da una parte, e il suo azionista unico o dominante dall'altra, sono considerati in principio come due soggetti giuridici distinti, aventi ciascuno il proprio patrimonio, nonostante la loro identità economica. La società anonima con azionista unico o dominata da un azionista che detiene la quasi totalità delle azioni conserva quindi, di massima, la sua personalità giuridica, può essere titolare di diritti e d'obblighi, e può disporre dei suoi beni (RU 81 II 459, 85 II 114 consid. 2). Si prescinde da tale indipendenza giuridica della società soltanto quando lo esiga nei confronti dei terzi il principio della buona fede negli affari (RU 71 II 274, 72 II 76, 81 II 459, 85 II 115/116). |
Nella fattispecie Schermann, possedendo ben 496 delle 500 azioni costituenti il capitale della Immar SA, dominava incontestabilmente la società, di cui era il vero padrone. Tuttavia, per le considerazioni esposte, nonostante questa identità economica Schermann e la Immar SA rimenavano, di massima, due soggetti giuridici distinti aventi ciascuno il loro patrimonio proprio, e il potere di disporne.
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Schermann, da parte sua, nel gennaio del 1957, ha ceduto 484 azioni della Immar SA a Calderari e Gerosa, pur riservandosi il diritto di recuperarle.
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È appoggiandosi su questa cessione e avvalendosi del diritto che la Immar SA gli aveva conferito, che Gloor reputa adempiuto nella fattispecie il caso di prelazione stabilito a suo favore. Egli ritiene infatti che, mediante la vendita delle azioni, ogni potere di disposizione sul fondo gravato è passato da Schermann a Calderari e Gerosa, per cui sussisterebbe in concreto un vero e proprio trapasso di proprietà ai sensi dell'art. 681 CC. |
Questa opinione è però infondata.
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Con riserva di stipulazioni particolari (RU 78 II 357, 85 II 481 e 574 consid. 3), l'esercizio del diritto di prelazione suppone che l'obbligato abbia concluso con un terzo un negozio giuridico tendente a trasferire mediante un atto di compravendita, cioè per mezzo di un'alienazione eseguita contro una prestazione pecuniaria, l'oggetto del diritto di prelazione, essenziale per l'alienante essendo il prezzo che riceve, ma non la persona alla quale il bene viene ceduto (RU 44 II 369 e 387 consid. 2, 70 II 151, 85 II 481 e 575 consid. 4, 89 II 446; LEEMANN, Das Sachenrecht, art. 681 n. 46; HAAB, Das Sachenrecht, art. 681/82 n. 32; MEIER-HAYOZ, Vom Vorkaufsrecht, ZBJV 92 (1956) p. 334, e Der Vorkaufsfall, ZBGR 45 (1964) p. 270: in quest'ultimo studio l'autore esprime l'opinione che, trattandosi del caso di prelazione, il termine di "vendita" non dev'essere inteso in senso tecnico-giuridico, e che la controprestazione non deve necessariamente consistere in denaro; anche secondo MEIER-HAYOZ l'atto di alienazione deve però essere concluso dall'obbligato e portare sul bene che costituiscel'oggetto deldiritto di prelazione).
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In concreto le parti contraenti che hanno costituito il diritto di prelazione sono la società Immar SA (la cui ditta sociale è divenuta in seguito Al Parco SA) da una parte, e Walter Gloor dall'altra; l'oggetto del diritto di prelazione è un immobile appartenente alla società e iscritto a suo nome nel registro fondiario. Sulla scorta della giurisprudenza citata, il caso di prelazione non può quindi adempiersi che attraverso un atto di alienazione (vendita o atto assimilato ad una vendita, secondo le circostanze; v., in particolare, RU 85 II 481 e segg.) concluso dalla società, che è la parte obbligata, con un terzo, e avente per oggetto il fondo gravato dal diritto di prelazione.
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Questi presupposti non sono però adempiuti nella fattispecie. Da una parte, la Immar SA non ha affatto venduto l'immobile gravato dal diritto litigioso, immobile di cui essa è ancora proprietaria. La cessione di 484 azioni della società, effettuata da Schermann a favore di Calderari e Gerosa, non ha d'altra parte toccato la proprietà della particella n. 285, oggetto del diritto di prelazione. La società e Schermann essendo due soggetti giuridici distinti, ciascuno poteva disporre dei propri beni; ma nel medesimo tempo l'uno non avrebbe potuto, coi suoi atti, obbligare l'altra, nè tanto meno modificarne i rispettivi rapporti di proprietà. |
Certo, dal punto di vista economico, con la vendita delle azioni Schermann ha cessato di dominare la società, di cui Calderari e Gerosa sono diventati i nuovi padroni. L'identità economica tra la società e il suo azionista dominante o i suoi nuovi azionisti che posseggono la grande maggioranza delle azioni non permette però, contrariamente all'opinione dell'attore, di considerare come adempiuto il caso di prelazione. La società mantiene infatti la sua completa indipendenza giuridica anche nei confronti degli azionisti dominanti, rimane titolare di diritti e di obblighi, e possiede un suo patrimonio, con attività e passività proprie. Essa è proprietaria del fondo gravato daldirittolitigioso, e lo rimane anche se 484 azioni hanno cambiato proprietario.
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3. Soltanto quando lo esiga il principio della buona fede nei rapporti con i terzi, si deve far astrazione dalla indipendenza giuridica della società e dell'azionista dominante, e si potrà ammettere che, conformemente alla realtà economica, ci sia identità tra queste due persone (RU 71 II 274, 72 II 76, 81 II 459, 85 II 115/116). Questo non è però il caso nella fattispecie. Il ricorrente ha stipulato il contratto in questione con una società anonima, di guisa che il caso di prelazione non poteva adempiersi che mediante un atto di alienazione della società, avente per oggetto il fondo di sua proprietà gravato dal diritto litigioso. Stipulando simile contratto con una società anonima, Gloor doveva prospettarsi l'eventualità di una cessione totale o parziale delle azioni, e doveva sapere che nè l'una nè l'altra gli avrebbero permesso l'esercizio del diritto di prelazione. Se, ciononostante, egli voleva impedire che, mediante la cessione della totalità o della grande maggioranza delle azioni, il potere economico sull'immobile, attraverso la società, passasse ad un terzo, e se intendeva perciò assicurarsi l'acquisizione di questo potere in caso di trapasso delle azioni, egli aveva certo i mezzi adatti per farlo. Avrebbe, ad esempio, potuto includere nel contratto costitutivo del diritto di prelazione una clausola che, ai fini dell'esercizio di tale diritto, parificasse alla vendita del l'immobile la cessione della totalità o della quasi totalità delle azioni che lo incorporavano (cfr. MEIER-HAYOZ, Vom Vorkaufsrecht, ZBJV 92 (1956) p. 334). Egli avrebbe anche potuto farsi accordare un diritto di prelazione sulle azioni medesime (cfr., in particolare, JÄGGI, Ungelöste Fragen des Aktienrechtes, La société anonyme suisse, 31 (1958/59) p. 68 e segg.); per garantire questo diritto di prelazione, egli poteva ottenere che le azioni fossero deposte presso un terzo. |
Le circostanze della cessione delle 484 azioni da Schermann a Calderari e Gerosa non permettono, d'altra parte, di dedurre che il cedente abbia voluto eludere, in un modo contrario alla buona fede, il diritto di prelazione accordato a Gloor su un immobile di proprietà della Immar SA Secondo gli accertamenti vincolanti della Corte cantonale, Schermann ha venduto le 484 azioni perchè aveva bisogno di denaro; egli si era comunque riservato, quando ha concluso la vendita, il diritto di recuperarle entro il termine di due anni. Schermann aveva quindi l'intenzione di riprendere le azioni cedute, e non cercava pertanto di trasferire irrevocabilmente agli acquirenti, attraverso la società, il potere economico sull'immobile sociale gravato dal diritto di prelazione in favore dell'attore. Per giudicare il comportamento di Schermann al momento della vendita delle azioni, non importa se egli non ha più tardi fatto uso del diritto che si era riservato di recuperarle; ciò di cui va tenuto conto è il fatto che Schermann si era riservato il diritto di ricupero.
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Il ricorrente rimprovera infine alla giurisdizione cantonale di non aver considerato, per una svista manifesta, che Schermann, al momento di vendere le azioni, si è impegnato di liberare la Immar SA dall'albergo Eldorado, vale a dire ha svincolato dalla società l'unico elemento non reale dei suoi beni. Questa circostanza, sebbene risulti dalla testimonianza non contestata resa dal patrocinatore del ricorrente, non è però decisiva nella fattispecie. Si può quindi tralasciare di esaminare la questione di sapere se è in seguito ad una svista manifesta che la Corte cantonale non ha esplicitamente accertato questo fatto nel giudizio impugnato. |
Il Tribunale federale pronuncia:
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