15. Sentenza del 29 agosto 1957 nella causa Ganss.
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Regeste
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Art. 116 BV.
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Es ist ausschliesslich Sache der Kantone, zu bestimmen, welche Sprachen im Verkehr mit ihren Organen gebraucht werden dürfen.
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Sachverhalt
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BGE 83 III 56 (56):
A.- In data 3 giugno 1957 il creditore Ganss, a Basilea, presentava all'autorità ticinese di vigilanza contro l'operato dell'Ufficio esecuzione e fallimenti di Locarno un reclamo redatto in lingua tedesca. Diffidato dall'Ufficio, Ganss provvedeva all'insinuazione di un terzo esemplare del reclamo, ma non alla richiesta traduzione in lingua italiana. Fondandosi sull'art. 6 della ordinanza cantonale BGE 83 III 56 (57):
11 ottobre 1946 per la procedura di reclamo in tema di esecuzione e fallimenti, secondo cui i reclami prodotti in lingua non italiana sono stralciati dagli atti ove l'interessato non provveda a tradurli, l'Autorità ticinese di vigilanza decideva, il 18 giugno 1957, di non entrare nel merito.
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Lo stesso giorno il creditore presentava un nuovo reclamo, con il quale chiedeva l'esame nel merito del suo primo gravame. L'Autorità cantonale di vigilanza respingeva pure questo reclamo. Con riferimento alla giurisprudenza del Tribunale federale essa considerò che soltanto il diritto processuale cantonale era determinante per stabilire in quale lingua debbano essere redatti i reclami giusta gli art. 17 e segg. LEF.
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B.- Ganss ha interposto in tempo utile un ricorso al Tribunale federale chiedendo che l'Autorità cantonale sia invitata a entrare nel merito del reclamo. A sostegno delle sue conclusioni egli espone in sostanza quanto segue: il diritto federale è manifestamente violato; tutte le lingue nazionali ed ufficiali devono essere considerate alla stessa stregua, nè possono, in questo campo, essere applicate disposizioni cantonali processuali. Al confederato, il quale non parli la lingua del Cantone ove chiede giustizia, deve perciò essere consentito di fare capo ai rimedi giuridici degli art. 17 e segg. LEF in ognuna della tre lingue ufficiali.
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Considerando in diritto
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Il riconoscimento delle quattro lingue nazionali e delle tre lingue ufficiali sancito all'art. 116 della Constituzione federale vale solo nei rapporti con le autorità federali. Davanti a queste autorità ogni cittadino può far uso di una qualsiasi delle tre lingue ufficiali. La norma costituzionale non ha invece per effetto di garantire l'eguaglianza di tali lingue anche nei rapporti con le Autorità cantonali. Spetta esclusivamente ai Cantoni di stabilire quali lingue possono essere usate nelle relazioni con i loro organi.
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Così stando le cose, l'art. 6 dell'ordinanza ticinese per BGE 83 III 56 (58):
la procedura di reclamo in tema di esecuzioni e fallimenti, secondo cui i reclami devono essere redatti in lingua italiana o per lo meno corredati da traduzione italiana, non viola affatto il diritto federale.
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Su questo punto, non si giustifica una conclusione diversa per il motivo che il reclamo è previsto dagli art. 17 e segg. LEF. Se si fa astrazione delle poche disposizioni contenute negli art. 75-77 OG, il disciplinamento della procedura di reclamo davanti alle Autorità cantonali di vigilanza è lasciato ai Cantoni. Il diritto processuale cantonale può dunque prescrivere, tra l'altro, l'uso esclusivo della lingua ufficiale del Cantone per la stesura dei reclami e comminare, se tale condizione non è rispettata, lo stralcio dagli atti.
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La dichiarazione di irricevibilità pronunciata dalla autorità ticinese di vigilanza in seguito alla mancata produzione di una traduzione in lingua italiana del reclamo non è pertanto contraria al diritto federale (RU 26 I 504, 39 I 133 e numerose altre sentenze successive).
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La Camera di esecuzione e dei fallimenti pronuncia:
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