140 III 59
Urteilskopf
140 III 59
11. Estratto della sentenza della I Corte di diritto civile nella causa A. SA e consorti contro Consiglio di Stato del Cantone Ticino (ricorso in materia di diritto pubblico)
4C_3/2013 / 4C_4/2013 del 20 novembre 2013
Regeste
Art. 360a OR; Normalarbeitsvertrag mit Mindestlohn; Lohndumping.
Ermittlung einer wiederholten missbräuchlichen Unterbietung der orts-, berufs- oder branchenüblichen Löhne (E. 10).
A. Il 16 gennaio 2013 il Consiglio di Stato del Cantone Ticino - richiamando segnatamente gli art. 360a segg. CO - ha fissato al 1° aprile 2013 l'entrata in vigore dei contratti normali di lavoro con salario minimo vincolante, circoscritti agli operai (impiegati con qualifiche basse) del settore della fabbricazione di apparecchiature elettriche e del settore della fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica. I decreti, con il testo normativo, sono stati pubblicati sul Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del Cantone Ticino del 18 gennaio 2013.
B. Le società anonime A. SA, B. SA, C. SA, D. SA, E. SA, F. SA, l'Associazione Industrie Ticinesi (AITI) e l'associazione Swissmem sono insorte davanti al Tribunale federale, con ricorsi in materia di diritto pubblico, chiedendo l'annullamento dei predetti decreti. Nella risposta il Consiglio di Stato ha contestato la legittimazione a
BGE 140 III 59 S. 60
ricorrere delle due associazioni e nel merito ha proposto di respingere i ricorsi. Le parti hanno pure proceduto a un secondo scambio di scritti.Il Tribunale federale ha respinto i ricorsi nella misura in cui erano ammissibili.
(riassunto)
Dai considerandi:
10. Le ricorrenti lamentano poi una violazione del diritto federale e della sua forza derogatoria, perché il Consiglio di Stato avrebbe imposto dei salari minimi, senza che siano dati i presupposti previsti dagli art. 359 segg. CO. Esse sostengono pure che il dumping salariale posto a giustificazione delle contestate misure si fonda su accertamenti errati, che non considerano tutte le controprestazioni percepite dai lavoratori. Asseriscono inoltre che la Commissione tripartita avrebbe semplicemente fissato in modo astratto un salario di sussistenza minimo di fr. 3'000.- mensili e che il modello ticinese non tiene conto della situazione congiunturale.
10.1 L'art. 360a CO elenca le condizioni che permettono all'autorità competente di stabilire in un contratto normale di lavoro di durata limitata salari minimi differenziati secondo le regioni, e all'occorrenza il luogo, allo scopo di combattere o impedire abusi. L'emanazione di un tale contratto normale di lavoro è sussidiaria rispetto a disposizioni sui salari minimi di un eventuale contratto collettivo di lavoro, a cui può essere conferita obbligatorietà generale. La promulgazione di un contratto normale di lavoro è quindi esclusa, se sussistono dei salari minimi confacenti in un contratto collettivo di lavoro. Dal profilo materiale un contratto normale di lavoro nel senso della norma in discussione presuppone che nell'ambito di un ramo o di una professione vengano ripetutamente e abusivamente offerti salari inferiori a quelli usuali per il luogo, la professione o il ramo (dumping salariale). L'esistenza di questa condizione dev'essere constatata dalla Commissione tripartita, che i Cantoni devono istituire per il loro territorio giusta l'art. 360b cpv. 1 CO. Formalmente l'emanazione di un contratto normale di lavoro con salari minimi esige una richiesta della Commissione tripartita.
10.2 In base alle concordanti allegazioni delle parti i settori, che vengono sottoposti su incarico della Commissione tripartita a un controllo da parte dell'Ufficio dell'ispettorato del lavoro (UIL), sono selezionati in ragione dei seguenti quattro criteri: segnalazioni (1),
BGE 140 III 59 S. 61
rami definiti dal SECO a rischio o sotto stretta osservazione (2), presenza di un contratto con salario minimo di riferimento che è stato introdotto/rafforzato a seguito di un intervento della Commissione tripartita (3) e indicatori economici quali la dimensione del ramo economico in termini di addetti e la quota di lavoratori frontalieri nel ramo economico, eventualmente il tasso di disoccupazione del ramo (4). Una volta determinato il settore in cui intervenire, il campione di valutazione delle imprese da controllare viene stabilito, facendo capo al censimento federale aziendale, mediante sorteggio.Per verificare se sussiste un dumping salariale vengono dapprima definiti i salari di riferimento sulla base del calcolatore salariale dell'Istituto di ricerche economiche (IRE) che contiene più di 40'000 buste-paga. Tale metodo, approvato dalla Commissione tripartita, riflette il funzionamento dei calcolatori salariali esistenti a livello nazionale, poggia su una banca dati raccolta mediante la Rilevazione svizzera della struttura dei salari effettuata ogni due anni dalla Confederazione e si fonda sul salario determinante per l'AVS. I salari di riferimento sono poi confrontati con quelli corrisposti dalle imprese sorteggiate. Se il salario mensile percepito dal lavoratore è inferiore a fr. 3'000.-, è considerato un caso di abuso grave ogni salario inferiore al salario di riferimento. Se invece lo stipendio mensile ammonta ad almeno fr. 3'000.- viene applicato un margine di tolleranza del 10 % e solo le retribuzioni che sono più del 10 % inferiori al salario di riferimento costituiscono un caso di abuso grave. Nei settori privi di contratto di riferimento i casi di abuso sono considerati ripetuti, se eccedono la quota del 10 % determinata dalla Commissione tripartita. Il Consiglio di Stato indica che tale quota è stata superata nei settori oggetto dei contestati contratti normali di lavoro, poiché la frequenza di casi di abuso gravi riscontrata nel settore delle apparecchiature elettriche è del 47,3 %, mentre in quello della fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica è del 10,3 %.
10.3 Le ricorrenti sostengono che le autorità ticinesi, invece di effettuare il controllo concreto dei salari usuali nel settore, imposto dalla legge, avrebbero stabilito "un salario di sussistenza" di fr. 3'000.-; in pratica una soglia legale astratta, al disotto della quale tutti i salari sarebbero automaticamente presunti essere abusivi nonostante che siano usuali per il luogo e la professione considerati. Il salario minimo fissato in questo modo sarebbe lesivo, oltre che dell'art. 360a CO, del principio della forza derogatoria del diritto federale sancito dall'art. 49 Cost.
BGE 140 III 59 S. 62
Con questa censura, diretta contro il metodo adottato per la determinazione del dumping salariale, le ricorrenti fraintendono la funzione del limite salariale di fr. 3'000.-. Per stabilire se vi è abuso grave i salari effettivamente percepiti sono stati raffrontati con quelli che dovrebbero essere erogati secondo il calcolatore dell'IRE. Quest'ultimo termine di raffronto non è un dato astratto. Il calcolatore dell'IRE, che analizza 40'000 buste-paga, stabilisce il salario di riferimento per ogni singolo lavoratore tenendo conto delle caratteristiche individuali, dell'azienda e del posto di lavoro; indica, per riprendere la spiegazione del Consiglio di Stato, "quello che è considerato il salario usuale per un determinato lavoratore, con una determinata esperienza di lavoro, con una determinata formazione professionale in un determinato settore ed in una determinata ditta". Se il salario mensile effettivamente percepito è inferiore a fr. 3'000.- non vi è tolleranza: ogni scarto rispetto al salario di riferimento dell'IRE è considerato abuso grave. Per i salari di fr. 3'000.- e più vi è invece un margine di tolleranza del 10 %: sono da considerare gravemente abusive soltanto le retribuzioni che sono più del 10 % inferiori al salario di riferimento. Pertanto, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il metodo applicato non equivale alla fissazione di un salario minimo legale: salari inferiori a fr. 3'000.- al mese non sono considerati abusivi a condizione che siano almeno uguali al salario di riferimento del calcolatore dell'IRE.
Nella replica le ricorrenti sembrano riconoscere che la soglia di fr. 3'000.- è di rilievo soltanto per la definizione del margine di tolleranza, ma affermano che la differenziazione creerebbe una disparità di trattamento. A torto. L'azzeramento del margine di tolleranza per i salari al limite dell'esistenza non viola l'art. 360a CO né la parità di trattamento, ma costituisce un'opportuna distinzione, ritenuto che la medesima differenza percentuale di salario ha una maggiore incidenza sui redditi bassi.
10.4 Le ricorrenti lamentano, specialmente nella replica, una campionatura mirata, nella quale sono state scelte imprese di cui era noto che corrispondessero salari bassi, effettuata "in modo da ottenere il risultato ricercato". Esse esprimono però più che altro dubbi, ma non forniscono elementi per le loro ipotesi e non rendono verosimile che la selezione delle imprese non sia stata effettuata tramite sorteggio, che essa non sia statisticamente rilevante o che il rilevamento dei salari effettivamente pagati non sia rappresentativo. Le censure sono infondate, al limite dell'ammissibilità.
BGE 140 III 59 S. 63
10.5 Le ricorrenti affermano che per il calcolo dei salari effettivamente percepiti, il modello ticinese non tiene conto delle prestazioni superiori ai minimi legali elargite dai datori di lavoro per vacanze, congedi, contributi alla previdenza professionale e orario di lavoro settimanale. Lo Stato risponde che nelle inchieste sono utilizzati i dati del salario determinante per l'AVS.
Giova innanzi tutto rilevare che l'intero reddito proveniente da qualsiasi attività lucrativa soggiace all'AVS e che giusta l'art. 5 LAVS il salario determinante comprende qualsiasi retribuzione del lavoro a dipendenza d'altri per un tempo determinato od indeterminato. Esso comprende inoltre le indennità di rincaro e altre indennità aggiunte al salario, le provvigioni, le gratificazioni, le prestazioni in natura, le indennità per vacanze o per giorni festivi ed altre prestazioni analoghe, nonché le mance, se queste costituiscono un elemento importante della retribuzione del lavoro. Non è pertanto ravvisabile quali componenti del salario sarebbero escluse dal salario determinante per l'AVS, ricordato in particolare che anche le prestazioni del datore di lavoro risultanti dall'assunzione del pagamento di contributi dovuti dal salariato sono sottoposte all'AVS (DTF 139 V 50 consid. 2 e 4).
Lo Stato spiega inoltre che il calcolatore salariale dell'IRE, come tutti quelli usati in Svizzera, non considera i "benefit aziendali"; se lo facessero, aggiunge, i dati non sarebbero utilizzabili. In effetti, affinché il raffronto sia possibile, occorre che il salario effettivo di un lavoratore sia definito con i medesimi parametri dei dati statistici utilizzati per stabilire i salari usuali, con i quali è confrontato (cfr. KARIN KAUFMANN, Missbräuchliche Lohnunterbietung im Rahmen derflankierenden Massnahmen, 2010, pag. 98). La Commissione tripartita, che è l'organo meglio in grado di osservare il mercato del lavoro, è di principio libera di scegliere il metodo per calcolare i salari usuali nel senso dell'art. 360a CO (PORTMANN/VON KAENEL/HALBEISEN, Ausgewählte Fragen zum Erlass eines Normalarbeitsvertrages im Sinne von Art. 360a OR, AJP 2013 pag. 1474; KAUFMANN, op. cit., pag. 97; WOLFGANG PORTMANN, in Basler Kommentar, Obligationenrecht, vol. I, 5a ed. 2011, n. 2 ad art. 360a CO; GABRIEL AUBERT, in Commentaire romand, Code des obligations, vol. I, 2a ed. 2012, n. 5 ad art. 359 CO). Posto che, come spiega il Consiglio di Stato, il metodo adottato in Ticino per determinare i salari usuali non tiene conto dei vantaggi supplementari menzionati dalle ricorrenti - fatta eccezione della durata della settimana lavorativa, alla quale è sempre
BGE 140 III 59 S. 64
rapportato il salario - se nel calcolo dei salari effettivi tali vantaggi fossero considerati ne risulterebbe un raffronto inattendibile.
10.6 Quando le ricorrenti lamentano che nel confronto dei salari non viene tenuto conto della crisi congiunturale, esse dimenticano che i dati salariali vengono rilevati e quindi aggiornati periodicamente, con frequenza biennale. In tal modo vengono registrati anche i movimenti congiunturali. È del resto evidente che il raffronto dei salari effettivamente corrisposti dalle imprese controllate in un determinato periodo va fatto con il salario rilevante per tale intervallo. Nemmeno le ricorrenti pretendono che ciò non avvenga.
10.7 Le ricorrenti censurano anche che i contratti normali di lavoro sono stati adottati senza che fosse stato dimostrato "il rischio di reazione a catena" degli abusi. Tuttavia, contrariamente a quanto esse sostengono, tale rischio non è una condizione a sé posta dal diritto federale, ma è da mettere in relazione con il requisito della frequenza degli abusi, che l'art. 360a cpv. 1 CO esprime con l'avverbio "ripetutamente" (wiederholt; répétée) (KARIN KAUFMANN, Erste Praxis zur wiederholten missbräuchlichen Lohnunterbietung, ArbR, Mitteilungen des Instituts für Schweizerisches Arbeitsrecht 2009 pag. 50; PORTMANN, in Basler Kommentar, op. cit., n. 10 ad art. 360a CO). Sotto questo profilo la censura è infondata.
Il Consiglio di Stato, dopo avere ricordato che la Commissione tripartita ticinese ha fissato nel 10 % la soglia di frequenza che delimita il caso singolo dal dumping salariale settoriale, spiega che le percentuali degli abusi gravi costatati sono il 47,3 % nel settore delle apparecchiature elettriche e il 10,3 % in quello della fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica. Le ricorrenti riprendono questi dati (riducendo al 31,7 % la percentuale degli abusi nel settore delle apparecchiature elettriche) senza tuttavia contestare né la pertinenza della soglia del 10 %, né il suo superamento nei due settori considerati. Non occorre perciò approfondire questi aspetti.