BGE 99 IV 127 |
25. Sentenza 18 maggio 1973 della Corte di cassazione penale nella causa Capozzi contro Procuratore pubblico della giurisdizione sottocenerina |
Regeste |
Art. 365 StGB und 273 Abs. 1 lit. b BStP. |
Art. 18 Abs. 3 StGB; Fahrlässigkeit. |
Tod eines Menschen in seiner Wohnung durch von aussen einströmendes Gas. Dem für die Unvorsichtigkeit, die zum Ausströmen des Gases geführt hat, Verantwortlichen kann Fahrlässigkeit nur vorgeworfen werden, wenn er voraussehen musste, dass die giftigen Ausströmungen sich in umliegenden Wohnungen in solchem Masse konzentrieren konnten, dass sie den Tod eines Menschen herbeiführen würden (Erw. 2). |
Sachverhalt |
A.- Nel giugno 1969, l'impresa Losinger-Vicari eseguî, nel quadro dei lavori connessi con la costruzione dello svincolo autostradale Lugano-sud, diversi sondaggi per determinare la posizione dei cavi sotterranei, segnatamente di quelli del gas, che dovevano essere sostituiti. I lavori vennero eseguiti da una squadra di operai diretta da Domenico Capozzi. |
La sera del 16 giugno 1969, si doveva ripristinare provvisoriamente lo stato anteriore del terreno per rendere possibile il transito degli autocarri in uscita da un vicino cantiere. Capozzi diresse l'operazione di riempimento; egli utilizzò il materiale proveniente dallo scavo senza tener conto che, per proteggere le tubazioni da scotimenti, occorreva avvolgerle con sabbia o altro materiale fine. Un sasso del materiale di riempimento provocava la rottura del cavo e conseguentemente un'uscita del gas che perveniva nello stabile antistante.
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Il 17 giugno 1969, Giuditta Poggiali, che abitava un appartamento di questa casa, doveva venir ricoverata d'urgenza all'ospedale, ove decedeva il 7 gennaio 1971 per avvelenamento di gas.
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B.- Il 23 febbraio 1972, il Pretore di Lugano-Distretto prosciolse Capozzi dall'accusa di omicidio colposo, ma lo riconobbe colpevole di violazione delle regole dell'arte edilizia (art. 229 cpv. 2 CP) nonchè di perturbamento colposo di pubblici servizi (art. 239 cpv. 2 CP) e lo condannò a una multa di fr. 500.--.
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Su ricorso del procuratore pubblico, la Corte cantonale di cassazione e di revisione penale ha parzialmente annullato la sentenza del Pretore e riconosciuto Capozzi colpevole oltre che per i titoli già stabiliti in prima istanza, anche di omicidio colposo, condannandolo ad una pena, condizionalmente sospesa, di 3 giorni di detenzione.
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C.- Capozzi ha interposto al Tribunale federale un ricorso per cassazione, chiedendo che, in quanto lo riconosce colpevole e lo condanna per omicidio colposo, la sentenza cantonale venga annullata e le spese nonchè le ripetibili messe a carico del Cantone Ticino.
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D.- Il Procuratore pubblico sottocenerino propone di respingere il ricorso.
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Considerando in diritto: |
1. La Corte cantonale ha esplicitamente dichiarato che il Pretore aveva stabilito, in modo per essa vincolante, l'esistenza di un nesso causale adeguato fra il comportamento di Capozzi e la morte di Giuditta Poggiali. Questo giudizio - ha aggiunto la Corte cantonale - essendo di fatto, potrebbe essere riesaminato solo nel caso che il Pretore, eccedendo nel suo potere discrezionale, avesse commesso un arbitrio; ciò che non era il caso in concreto. |
Il ricorrente persiste anche in questa sede ad affermare che il Pretore avrebbe accertato solo il nesso causale naturale fra il comportamento di Capozzi e la morte di Giuditta Poggiali; avrebbe invece omesso di stabilire l'adeguatezza di tale rapporto a conseguire l'evento dannoso. Il ricorrente nega, per il caso particolare, l'esistenza di un nesso causale adeguato, giuridicamente rilevante, e censura la Corte cantonale per aver ammesso come di fatto, e quindi per essa vincolante, una questione che sarebbe di diritto federale.
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In realtà, non vi è dubbio che, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, la questione di stabilire l'adeguatezza del nesso causale è di diritto (RU 91 IV 156 consid. 2 e citazioni). Tuttavia, il ricorso per cassazione essendo ammissibile solo contro le decisioni di ultima istanza cantonale (art. 268 PPF), il giudizio del Pretore non può essere esaminato. In questa sede, il Tribunale federale può giudicare soltanto se il diritto federale è stato correttamente applicato alla fattispecie, cos1 come risulta dalla decisione dell'ultima istanza cantonale. Non gli spetta per contro di esprimersi sulla portata del giudizio di prima istanza (RU 73 IV 210 consid. 1, sentenza inedita 27 febbraio 1970 su ricorso Castella, consid. 3 b). La questione di stabilire se, in concreto, il Pretore ha accertato solo il nesso causale naturale oppure anche l'adeguatezza di tale nesso non è pertanto compito del Tribunale federale.
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D'altronde, secondo la giurisprudenza, il problema di stabilire se, in sede cantonale, una questione è di fatto o di diritto, concerne la legge processuale cantonale. Ciò stante, l'interpretazione data dal giudice cantonale alle relative norme non potrebbe costituire oggetto di ricorso per cassazione a questa sede neppure se fosse in contrasto con quella espressa dal Tribunale federale in applicazione delle analoghe disposizioni della PPF (RU 94 IV 145). Nel caso particolare, la Corte cantonale, dichiarando che il Pretore ha determinato in modo vincolante il nesso causale adeguato e che essa, dovendo giudicare solo su questioni di diritto, non è competente a riesaminare in proposito il giudizio di prima istanza, si è espressa nel senso che la questione dell'adeguatezza del nesso causale doveva essere considerata come di fatto. A tale riguardo essa ha però applicato il diritto processuale cantonale, per cui la sua decisione è vincolante anche in questa sede. La contestazione nel senso che la Corte cantonale ha illegalmente limitato il suo potere di cognizione avrebbe, al massimo, potuto costituire oggetto di ricorso di diritto pubblico. Su questo punto il ricorso per cassazione è comunque irricevibile. |
Secondo la Corte cantonale, una siffatta imprevidenza presuppone due omissioni: l'una di carattere oggettivo, l'altra di natura soggettiva. La ricorrenza della prima dovrebbe essere ravvisata nel fatto che Capozzi, pur essendo a conoscenza delle modalità e della tecnica da seguire per l'esecuzione dei lavori di cui si tratta, non si è preoccupato di impedire che dei sassi venissero a diretto contatto con il cavo del gas; Capozzi si sarebbe reso colpevole della seconda omissione tralasciando di usare delle precauzioni imposte dalla sua situazione personale. Ognuno - continua la Corte cantonale - conosce le conseguenze letali che possono derivare da una perdita di gas; a maggior ragione doveva conoscerle Capozzi, il quale sapeva di doverle evitare, avvolgendo il cavo con sabbia o altro materiale fine.
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Non prendendo tali precauzioni, egli doveva contare con una fuga di gas e, conseguentemente, con la morte di una persona per avvelenamento. La prevedibilità di un decesso sarebbe insita nella prevedibilità della messa in pericolo della vita e dell'integrità corporale di una persona. Poco importerebbe invece - conclude la Corte cantonale - che l'accusato non abbia potuto prevedere il succedersi degli avvenimenti cosi come in realtà si sono svolti; sarebbe sufficiente che egli abbia potuto prevedere la morte di un uomo a seguito del suo comportamento negligente.
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Il ricorrente impugna questa argomentazione come contraria al diritto federale. Egli fa segnatamente valere che, data la sua situazione personale, non era in condizioni di prevedere le conseguenze mortali del suo comportamento. Nella sua qualità di caposquadra non aveva nessuna mansione di ordine tecnico e, benchè avesse una certa esperienza, le sue cognizioni erano rimaste quelle di un comune muratore. Non era pertanto in condizione di tener conto dell'anormale espansione del gas, di cui neppure il perito, con 33 anni di esperienza, ha potuto dare una logica spiegazione. In realtà, egli sarebbe stato convinto che attualmente, com'è opinione comune, il gas illuminante non costituisce più alcun pericolo per la vita delle persone. Se ne sarebbe convinto costatando che gli operai, impiegati da diverse settimane sul posto fra le continue esalazioni di gas, non ne avevano subito alcun danno e che i suoi superiori non se n'erano preoccupati. |
a) L'opinione della Corte cantonale, secondo cui l'imprevidenza colpevole a'sensi dell'art. 18 cpv. 3 CP presuppone due omissioni, non può essere condivisa. E'sufficiente l'unica omissione di un atto, oggettivamente richiesto dalle circostanze e soggettivamente (personalmente) esigibile dall'accusato (RU 88 IV 103/4).
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b) L'adempimento dell'elemento oggettivo non può comunque essere fondato sulle considerazioni esposte dalla Corte cantonale a proposito delle conoscenze personali di Capozzi. Queste considerazioni non attengono allo elemento oggettivo, bensi a quello soggettivo. L'esame della ricorrenza del primo è stato omesso dalla Corte cantonale, il cui giudizio non adempie cosi le esigenze legali. A questo riguardo occorreva valutare le circostanze che hanno provocato l'infortunio. L'esecuzione di sondaggi attorno ai vecchi cavi esigeva certamente di prendere ogni precauzione per impedire uscite di gas, che potevano risultare pericolose per la salute e la vita delle persone transitanti o abitanti nel quartiere. È ben vero che anche l'esistenza di gas illuminante non velenoso è ora notoria, ma è noto pure che un siffatto gas non è ancora utilizzato in ogni luogo; per cui, non risultando dalla fattispecie che tale fosse il caso a Lugano, nulla autorizzava gli esecutori dei sondaggi a omettere le dovute precauzioni. Come fatto rilevare dalla Corte cantonale, riempiendo le fosse, sia pure solo in via provvisoria, si doveva evitare che dei corpi solidi venissero a contatto con il vecchio condotto, provocandone lesioni e conseguentemente uscite di gas. Il lavoro di riempimento venne nondimeno eseguito utilizzando materiale sassoso e trasgredendo cosi le dovute precauzioni.
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c) Tuttavia, l'art. 18 cpv. 3 CP è applicabile in concreto solo se ne è adempiuto anche l'elemento soggettivo, vale a dire se Capozzi date le sue condizioni personali, poteva, usando la dovuta diligenza, rendersi conto che la sua omissione avrebbe potuto provocare la morte di una persona. La relativa questione è di diritto e soggiace pertanto al libero esame di questa sede (RU 97 IV 93 consid. 5). |
La sentenza impugnata difetta di qualsiasi indicazione sulla preparazione e le esperienze professionali dell'accusato, nonchè sulle sue cognizioni tecniche. La qualifica di capo di una squadra di manovali non costituisce al riguardo sufficiente indizio. La Corte cantonale non si è d'altronde espressa sull'effetto che puó aver esercitato su Capozzi il fatto che dal vecchio cavo dovevano già precedentemente essersi verificate delle perdite di gas e che, ciò nonostante, non ne erano risultate conseguenze dannose, per cui nè l'autorità nè i responsabili dell'impresa se n'erano preoccupati nè avevano preso in proposito particolari misure prudenziali. È' ben vero che - come esposto nella sentenza impugnata - per ammettere la colpevolezza dell'accusato è sufficiente stabilire la prevedibilità da parte del medesimo delle conseguenze mortali del suo comportamento negligente, indipendentemente dal fatto che egli non abbia potuto prevederne l'esatto svolgimento (RU 79 IV 170/171). Tuttavia, qualora l'accusato - che non è specialista del ramo - non abbia potuto prevedere che le esalazioni venefiche causate dalla sua negligenza avrebbero potuto concentrarsi negli appartamenti vicini in misura tale da provocare la morte di una persona, potrebbe essere punibile per omicidio colposo solo se la conseguenza letale avesse potuto essere conseguita anche da esalazioni all'aperto. Ciò stante, il giudizio penale sul comportamento negligente di Capozzi può essere pronunciato solo determinando sia quella condizione soggettiva, sia questa circostanza oggettiva, nonchè ogni altra che risulti rilevante. La sentenza impugnata difetta dei dati relativi, onde deve essere cassata. La Corte cantonale dovrà riesaminare complessivamente il problema della colpa, assumendo i dati indispensabili suesposti, eventualmente mediante perizia.
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Il Tribunale federale pronuncia:
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