Contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, la circostanza incontestata che l'agente di polizia non si trovasse davanti, bensì dietro a lui, non lo giustifica. Ove un impianto semaforico segni il rosso, ossia "fermata", un eventuale segnale derogatorio impartito da un agente di polizia dev'essere manifestato con assoluta chiarezza, e, come rettamente osserva la decisione impugnata, manualmente, in modo conforme
BGE 101 IV 84 (86):
all'art. 47 cpv. 1 OSS. Il ricorrente sostiene d'aver inteso il "buonasera" pronunciato dall'agente ad un suo conoscente come "bona", espressione dialettale che effettivamente può essere compresa nel senso di "va bene (`c'est bon')", e significare eventualmente, ma in circostanze ben diverse, un invito a proseguire. In realtà, una simile espressione verbale, giustamente perché pronunciata da un agente sito dietro l'interessato e quindi non in una posizione centrale, ossia non nell'area dell'intersezione limitata dall'impianto semaforico e quindi non idonea a dimostrare chiaramente il transitorio esercizio da parte dell'agente della funzione normalmente riservata al semaforo, non doveva indurre il ricorrente a proseguire senz'altro la propria marcia allorché la luce del semaforo era ancora rossa. Nelle circostanze concrete, l'espressione "bona" pronunciata da un agente a tergo del ricorrente non poteva bastare in alcun caso a sostituire il segnale di fermata manifestato dall'impianto semaforico, o un cenno d'approccio conforme all'art. 47 cpv. 1 lett. d OSS, esternato da un agente di polizia ubicato in una posizione ben visibile alle correnti del traffico affluenti all'intersezione stradale; e ciò neppure ove si volesse ammettere che il cenno d'approccio possa eccezionalmente essere sostituito da un segnale acustico. Con ragione il ricorrente neppure afferma che è prassi a Lugano sostituire nelle ore di punta la disciplina semaforica del traffico con espressioni dialettali pronunciate da un agente posto dietro il capofila di una determinata colonna di autovetture. Solamente in tal caso egli potrebbe eventualmente discolparsi, adducendo una pratica generalizzata contraria alle norme della circolazione stradale ed introdotta dalla stessa polizia. Il Tribunale cantonale amministrativo poteva quindi, senza violare alcuna disposizione del diritto federale, ritenere che il ricorrente, nel riprendere la marcia nonostante il segnale luminoso rosso, sulla semplice base di un'espressione non univoca e proveniente da tergo, abbia agito con negligenza e si sia quindi reso colpevole della infrazione contestatagli.