79. Estratto della sentenza 24 ottobre 1975 della Corte di cassazione nella causa X. c. Procuratore pubblico sopracenerino.
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Regeste
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Art. 92 Abs. 2 SVG, Führerflucht.
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Flucht im konkreten Fall bejaht (Erw. 4c).
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Sachverhalt
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BGE 101 IV 333 (333):
In un incidente della circolazione, avvenuto su una strada cantonale nel Locarnese nell'estate 1970, due motociclisti urtavano contro un'autovettura in procinto di eseguire una manovra. Feriti seriamente, i motociclisti erano sbalzati dai loro veicoli e cadevano sulla carreggiata. X, conducente dell'autovettura, introduceva quest'ultima nell'autorimessa della casa in cui passava le vacanze, prossima al luogo in cui s'era prodotto l'incidente. Rimaneva poi nelle vicinanze quale spettatore neutrale, senza preoccuparsi dei feriti. Dieci minuti dopo l'arrivo della polizia, allarmata da un terzo, si presentava ad un agente che, su indicazione di un teste, intendeva entrare nell'interno dell'autorimessa. X veniva condannato in prima e seconda istanza cantonale per inosservanza qualificata dai doveri in caso d'infortunio, ai sensi dell'art. 92 cpv. 2 LCS. La Corte di cassazione del Tribunale federale ha confermato che egli s'è reso colpevole di tale reato.
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BGE 101 IV 333 (334): Considerando in diritto:
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b) L'art. 92 cpv. 2 LCS presuppone una "fuga" del conducente che abbia ucciso o ferito una persona in un infortunio della circolazione. La dottrina ha osservato (SCHULTZ, Die Strafbestimmungen des Bundesgesetzes über den Strassenverkehr vom 19. Dezember 1958, Berna, 1964, pag. 218) che con questa espressione un poco drammatica non s'è in realtà inteso altra cosa che un allontanarsi dal luogo dell'incidente. Anche se il concetto di "fuga" suole in generale richiamare l'idea di un allontanarsi piuttosto precipitoso, l'espressione usata enfaticamente dall'art. 92 cpv. 2 LCS non può effettivamente essere considerata in questo suo stretto senso, bensì va interpretata nel contesto della normativa in cui è situata la citata disposizione. Questa intende impedire che il presumibile responsabile di un grave incidente si sottragga al suo obbligo di prestare soccorso e a quello di collaborare all'accertamento dei fatti. Ad un effettivo allontanamento fisico di una certa importanza deve quindi assimilarsi, ai fini dell'applicazione dell'art. 92 cpv. 2 LCS, qualsiasi attività volontaria, con cui il conducente implicato si sottrae, nel caso di morte o di lesioni da lui provocate ad una persona, agli obblighi sopra menzionati. È così da assimilare alla "fuga" in senso stretto non solo il caso di chi si sottrae obiettivamente ai suoi obblighi allontanandosi dal luogo dell'incidente e confondendosi tra gli avventori di un vicino esercizio pubblico (per esempio, bar, ristorante, ecc.), bensì anche quello di chi rimane praticamente sul posto dell'incidente o nelle immediate vicinanze dello stesso, ma dissimula con la sua condotta la propria qualità BGE 101 IV 333 (335):
d'implicato nell'incidente, facendo credere in particolare d'essere soltanto uno spettatore accorso successivamente. Non v'è infatti ragione di trattare con maggiore indulgenza (infliggendogli la più mite sanzione prevista dall'art. 92 cpv. 1 LCS) colui che, invece di "fuggire", nel senso di un allontanarsi precipitoso in altro luogo, intende sottrarsi alle sue responsabilità con il ricorso ad un mezzo più raffinato, e quindi spesso più efficace, quale quello di dissimulare la propria presenza fingendo di non essere il conducente responsabile, bensì un terzo qualsiasi. Anche ove altri provveda all'opera di soccorso, la riconoscibile presenza sul posto dell'incidente, o comunque la piena disponibilità ai fini dell'inchiesta, del conducente che abbia ucciso o ferito una persona è sempre necessaria, o quanto meno opportuna (essa consente, tra l'altro, di raccogliere dichiarazioni che sogliono avere, in quanto emesse immediatamente dopo l'incidente, un particolare grado di verosimiglianza, e permette altresì alla polizia ed ai suoi ausiliari d'accertare lo stato psicofisico del conducente al momento dell'incidente, ecc.). In ciò il reato di cui all'art. 92 cpv. 2 LCS assomiglia a quello commesso da chi si sottrae alla prova del sangue o a un esame sanitario completivo, ai sensi dell'art. 91 cpv. 3 LCS. Perché sia dato il reato di cui all'art. 92 cpv. 2 LCS non è necessario un dolo specifico, ossia la specifica volontà di sottrarsi agli obblighi la cui osservanza di tale norma intende garantire. Esso può quindi concretarsi con la semplice assenza volontaria ed ingiustificata del conducente (quale giustificazione entrano in linea di conto, ad esempio, la necessità urgente per il conducente di ricorrere a cure mediche per eventuali lesioni da lui stesso subite, o per un sopravvenuto stato di serio malessere (v. al proposito DTF 97 IV 226; 95 IV 152/153), di chiamare la polizia, di sottrarsi alle conseguenze di un eventuale atteggiamento minaccioso di terzi, ecc.).
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c) Nella fattispecie la Corte cantonale ha accertato in modo vincolante per la Corte di cassazione che il ricorrente, subito dopo l'incidente, si era ritirato dapprima nell'autorimessa, in cui faceva entrare la propria autovettura, rimanendo poi nei pressi dell'autorimessa medesima, senza preoccuparsi dei due feriti, ed annunciandosi all'agente di polizia soltanto dopo una decina di minuti, quando questi era già riuscito, in base alle informazioni di un terzo, a ricostruire la dinamica dell'incidente, sino a quel momento inspiegabile.
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BGE 101 IV 333 (336):
Gli argomenti svolti al proposito dal ricorrente non sono fondati. Non è di gran rilevanza sapere se egli avesse realmente voluto occultare - come ritenuto dai giudici cantonali - la propria macchina nell'autorimessa: la sistemazione della vettura nell'autorimessa non s'imponeva in nessuna guisa; ben avrebbe potuto invero il veicolo rimanere in prossimità del luogo dell'incidente, sul ciglio della strada o sulla passerella, in modo da favorire gli accertamenti della polizia. La menomazione fisica del ricorrente non gli impediva certamente di rimanere, anziché sul fondo privato, in immediata vicinanza del luogo dell'incidente, sia pure al riparo dalla circolazione. La sua attitudine nei confronti dell'agente di polizia che a lui s'era poi approssimato e a cui egli chiedeva, secondo quanto accertato dal Pretore, che cosa cercasse nel garage, corrobora la supposizione che egli intendesse, in quanto possibile, mascherare la sua parte di protagonista dell'incidente. Pur potendosi convenire che l'attitudine osservata dal ricorrente in quel frangente non rispecchia verosimilmente il modo con cui suole agire nella vita quotidiana e in circostanze diverse da quelle in cui s'è prodotto l'incidente, la sua reazione incongrua, dovuta probabilmente ad uno stato di panico, fonte di atti inconsulti anche se effettuati con un'apparente lucidità, non può essere in alcuna guisa giustificata. Neppure lo stesso ricorrente ha affermato nel suo gravame d'essersi trovato transitoriamente in uno stato tale da escludere o da scemare considerevolmente, ai sensi degli art. 10 e 11 CP, la sua responsabilità penale. Egli è quindi stato a ragione considerato come pienamente responsabile della sua reazione gravemente lesiva degli obblighi che gli incombevano. Tenuto conto delle circostanze concrete, si è in presenza di un caso grave di violazione dell'art. 92 cpv. 2 LCS. Abbondanzialmente può rilevarsi che una condanna per il menzionato reato si giustificherebbe anche se si dovesse richiedere per la nozione di "fuga" il presupposto di un allontanamento fisico del conducente, e non si dovesse considerare sufficiente il fatto che si fosse intenzionalmente confuso tra la folla presente sul luogo dell'incidente. È invero pacifico che il ricorrente si trovava, al momento in cui fu interpellato dalla polizia, su un fondo privato, ossia in un luogo diverso, seppur vicino, da quello dell'incidente. In quanto riferito alla condanna ai sensi dell'art. 92 cpv. 2 LCS, il gravame è quindi infondato.
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