BGer 2A.120/2003 |
BGer 2A.120/2003 vom 10.07.2003 |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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2A.120/2003 /bom
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Sentenza del 10 luglio 2003
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II Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Wurzburger, presidente,
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Betschart e Müller,
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cancelliere Cassina.
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Parti
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A.________,
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ricorrente, patrocinata dall'avv. Rosemarie Weibel, via Pioda 12, casella postale, 6901 Lugano,
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contro
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Stato del Cantone Ticino, 6500 Bellinzona, rappresentato dal Dipartimento delle finanze e dell'economia, Sezione delle risorse umane, Residenza governativa, piazza Governo, 6501 Bellinzona,
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Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.
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Oggetto
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classe di stipendio,
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ricorso di diritto amministrativo contro la decisione
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del 18 febbraio 2003 del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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A.________ (1954) ha conseguito nel 1972 il diploma di "Maestro d'Arte" all'Istituto Statale d'Arte di Catania. Giunta in Svizzera nel 1973, ha dapprima lavorato per l'istituto di cura "B.________" di Brissago. Dal 1974 al 1986 è poi stata attiva quale educatrice presso D.________ di Sorengo. In seguito, tra il settembre 1988 e il giugno 1989 ha svolto delle supplenze, per un periodo complessivo di circa 16 settimane, presso I.________ di Gerra Piano. Tra i mesi di agosto 1993 ed aprile 1995 è poi stata assistente sociale alla C.________. Inoltre dal 20 marzo al 18 giugno 1994, dal 5 settembre 1994 al 17 giugno 1995 e dal 1° settembre 1995 al 31 agosto 1996 è ritornata a lavorare quale educatrice a tempo parziale presso I.________ di Gerra Piano, con lo statuto d'ausiliaria.
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Dal profilo della formazione, nel 1980 A.________ ha ottenuto il diploma di "éducatrice de la petite enfance" presso la sede di Bellinzona dell'Ecole d'Etudes Sociales et Pédagogiques di Losanna. Tra il 13 agosto 2001 e il 31 marzo 2002 ha poi frequentato dei corsi alla facoltà di scienze dell'educazione dell'Università di Lione.
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Con risoluzione del 4 settembre 1996 il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha nominato A.________ quale educatrice a tempo parziale (50%) presso I.________ di Gerra Piano ed ha deciso di collocarla nella 26a classe di stipendio prevista dall'art. 3 della legge ticinese sugli stipendi degli impiegati dello Stato e dei docenti, del 5 novembre 1954 (Lstip), con 10 aumenti d'anzianità.
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B.
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Il 24 dicembre 1996 il Sindacato svizzero dei servizi pubblici (SSP/ VPOD), Sezione Ticino, ha preso contatto con la Sezione del personale dello Stato del Cantone Ticino per chiedere che A.________ fosse inserita nella 28a classe di stipendio con 10 scatti d'aumento e ciò per meglio tenere conto della sua esperienza professionale. Con lettera del 17 gennaio 1997 l'autorità cantonale ha però respinto tale domanda. Il 7 novembre 2001 A.________ si è quindi rivolta all'Ufficio di conciliazione per la parità dei sessi del Cantone Ticino, lamentando una discriminazione sul piano salariale rispetto ad alcuni suoi colleghi di sesso maschile. Il 15 marzo 2002 la Presidente del suddetto Ufficio ha dichiarato fallito il tentativo di conciliazione.
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C.
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L'11 giugno 2002 A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo una petizione contro lo Stato del Cantone Ticino ai sensi dell'art. 68 della legge sull'ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti del 15 marzo 1995 (LORD), con cui ha chiesto di essere inserita, a far tempo dal 1° settembre 1996 e per il futuro, nella 28a classe di stipendio con il massimo degli scatti d'anzianità, nonché il versamento della differenza di stipendio tra la classe di stipendio 26 con 10 aumenti e la classe di stipendio 28 con 10 aumenti a partire dal 1° novembre 1997, oltre interessi al 5% dalla scadenza mensile dei singoli importi. Ha ribadito la tesi secondo cui ella sarebbe oggetto di una discriminazione salariale fondata sul sesso.
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D.
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Con sentenza del 18 febbraio 2003 il Tribunale amministrativo ha respinto la petizione. Esso ha ritenuto che le differenze di trattamento salariale denunciate da A.________ dipendevano essenzialmente dal diverso statuto dei vari dipendenti presi in considerazione e in una certa misura anche dal margine di apprezzamento che l'art. 7 Lstip concede all'autorità di nomina per la determinazione del salario iniziale. In nessun caso emergeva comunque una discriminazione fondata sul sesso del dipendente.
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E.
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Il 21 marzo 2003 A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo con il quale chiede che la predetta sentenza cantonale sia annullata e che di conseguenza ella sia inserita nella classe 28 dell'ordinamento con il massimo di scatti di anzianità dal 1° settembre 1996 e per il futuro. Domanda inoltre che le sia versata la differenza di stipendio tra la classe 26 con 10 aumenti e la classe 28 con 10 aumenti, a far tempo dal 1° novembre 1997, oltre ad interessi al 5% dalla scadenza mensile dei singoli importi. Censura in sostanza la violazione dell'art. 8 cpv. 3 Cost. e degli art. 3 e 6 della legge federale sulla parità dei sessi, del 24 marzo 1996 (LPar; RS 151.1).
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Chiamato ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo ha rinunciato a formulare osservazioni, confermandosi nel giudizio impugnato. Dal canto suo il Consiglio di Stato ticinese ha chiesto che il gravame sia respinto.
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Diritto:
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1.
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Il giudizio impugnato respinge l'istanza della ricorrente volta ad ottenere il riconoscimento, in virtù dell'art. 8 cpv. 3 Cost. e dell'art. 3 LPar, di un trattamento salariale più favorevole. Esso si fonda quindi anche sulla legge sulla parità dei sessi che, nell'ambito dei rapporti d'impiego di diritto pubblico, costituisce diritto pubblico federale direttamente applicabile (art. 97 OG in relazione con l'art. 5 PA, art. 13 LPar; DTF 125 I 14 consid. 2b; 124 II 409 consid. 1d). La decisione litigiosa è stata emanata da un'autorità di ultima istanza cantonale (art. 98 lett. g OG, art. 68 LORD; sentenza del Tribunale federale del 7 settembre 1998 nella causa 2P.118/1998 consid. 1, pubblicata in RDAT I-1999, n. 8, pag. 25 segg.) e nessuna delle eccezioni secondo l'art. 99 segg. OG è adempiuta. Ne consegue che, presentato tempestivamente (art. 106 cpv. 1 OG) da una persona legittimata ad agire (art. 103 lett. a OG), il presente ricorso di diritto amministrativo risulta in linea di massima ammissibile.
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2.
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Con il rimedio esperito, la ricorrente può fare valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di ricorso di diritto pubblico (DTF 123 II 385 consid. 3, con rinvii). Quale organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. L'insorgente può inoltre censurare l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Considerato comunque che nel caso concreto la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG).
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3.
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3.1 La ricorrente fonda sostanzialmente il proprio gravame sull'asserita violazione da parte della Corte cantonale degli art. 8 cpv. 3 Cost., nonché 3 e 6 LPar. Afferma che sia quando lavorava presso D.________ di Sorengo che durante le sue supplenze presso I.________ di Gerra Piano ella era stata inserita nella classe di salario più elevata prevista per la funzione. Sostiene dunque che al momento della sua nomina avrebbe dovuto essere collocata nella 28a classe di stipendio con 10 scatti di anzianità, vale a dire nella classe massima prevista dalla legge dopo la rivalutazione avvenuta nel 1990 della funzione di educatore, così come era stato fatto per i suoi colleghi F.________ e G.________. Ne deduce di essere vittima di una disparità di trattamento basata sul sesso. Sostiene inoltre che, tenuto conto della regola probatoria prevista dall'art. 6 LPar, toccava allo Stato dimostrare l'inesistenza di una simile discriminazione, cosa questa che - a suo dire - quest'ultimo non è stato in grado di fare.
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3.2 La legge federale sulla parità dei sessi concretizza il diritto costituzionale del divieto di discriminazione, direttamente applicabile in virtù dell'art. 8 cpv. 3 Cost. (e già sancito dal previgente art. 4 cpv. 2 vCost.). In particolare, la terza frase dell'art. 8 cpv. 3 Cost. prevede che uomo e donna abbiano diritto ad un salario uguale per un lavoro di uguale valore: a questo proposito la legge sulla parità dei sessi non è più concreta della Costituzione e, dal profilo materiale, non contiene nulla che non sia già racchiuso nella norma costituzionale stessa (DTF 126 II 217 consid. 4a; 125 I 14 consid. 2b; 124 II 436 consid. 4 non pubblicato). Costituisce salario ai sensi dell'art. 8 cpv. 3 terza frase Cost. non soltanto la retribuzione salariale in senso stretto bensì ogni compenso per il lavoro fornito (DTF 126 II 217 consid. 8a; 109 Ib 81 consid. 4c). Secondo la dottrina, il salario comprende anche i compensi in natura, le provvigioni e le gratificazioni (Jörg Paul Müller, Grundrechte in der Schweiz, 3a ed., Berna 1999, pag. 465). La prestazione deve tuttavia avere una stretta relazione con il lavoro (DTF 126 II 217 consid. 8a e rinvii).
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Gli art. 8 cpv. 3 terza frase Cost. e 3 cpv. 1 LPar vietano ogni discriminazione diretta e indiretta di uomini e donne nei rapporti di lavoro a causa del sesso (DTF 126 II 217 consid. 4b; 125 I 71 consid. 2a; 125 II 385 consid. 3a). Una discriminazione è diretta allorquando si fonda esplicitamente sul sesso o su di un criterio applicabile a soltanto uno dei due sessi, senza alcuna giustificazione oggettiva (cfr. Elisabeth Freivogel, in: Margrith Bigler-Eggenberger/Claudia Kaufmann [a cura di], Kommentar zum Gleichstellungsgesetz, Basilea 1997, n. 125 ad art. 3). Vi è invece una discriminazione indiretta quando una regolamentazione formalmente neutra da questo punto di vista sfavorisce maggiormente o in misura preponderante gli appartenenti a un sesso rispetto a quelli dell'altro, senza che vi siano fondati motivi (DTF 125 I 71 consid. 2a; 125 II 385 consid. 3b, 530 consid. 2a, 541 consid. 2a; 124 II 409 consid. 7; Elisabeth Freivogel, in: Margrith Bigler-Eggenberger/ Claudia Kaufmann [a cura di], op. cit., n. 128 ad art. 3).
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Giusta l'art. 6 LPar, vi è da presumere l'esistenza di una discriminazione fondata sul sesso, se la persona che fa valere una simile circostanza la rende verosimile. In questi casi tocca al datore di lavoro dimostrare il contrario (DTF 127 III 207 consid. 3b con riferimenti). Questa disposizione costituisce un alleggerimento del principio generale stabilito dall'art. 8 CC secondo cui chi vuole dedurre un suo diritto da una circostanza di fatto da lui asserita, deve fornirne la prova (Sabine Steiger-Sackman, in: Margrith Bigler-Eggenberger/Claudia Kaufmann [a cura di], op. cit., n. 42 ad art. 6). Secondo costante giurisprudenza del Tribunale federale, detta presunzione nasce già a partire dal momento in cui è dimostrato che impiegati di sesso opposto, pur occupando all'interno della stessa struttura di lavoro una posizione simile con mansioni comparabili, beneficiano di un trattamento salariale diverso (DTF 127 III 207 consid. 3b; 125 III 368 consid. 4; 125 II 541 consid. 6a e 6b; 125 I 71 consid. 4a). L'esistenza o l'assenza di discriminazione, che dipende da questioni tanto di fatto che di diritto, non può essere provata in modo assoluto. Nella misura in cui una discriminazione è stata resa verosimile, l'art. 6 LPar impone al datore di lavoro di spiegare da un lato i fatti sui quali egli basa la sua politica salariale e dall'altro le ragioni che giustificano le differenze ritenute discriminatorie (DTF 125 II 541 consid. 6c; 125 III 368 consid. 4).
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4.
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4.1 Nel caso di specie, la questione di sapere se la ricorrente sia stata in grado di rendere verosimile l'esistenza di una discriminazione fondata sul sesso può restare in linea di principio aperta, in quanto, anche qualora si volesse prendere in considerazione una simile ipotesi, si dovrebbe comunque ammettere che il datore di lavoro ha saputo con i suoi argomenti dimostrare che dal profilo salariale A.________ non ha subito alcun pregiudizio imputabile al fatto che è una donna.
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4.2 Innanzitutto occorre premettere che, così come spiegato anche dal Consiglio di Stato nelle sue osservazioni, in Ticino esistono tre diversi tipi di rapporto d'impiego all'interno dell'Amministrazione cantonale: la nomina (art. 7 e segg. LORD), l'incarico a tempo determinato (art. 15 e segg. LORD) e il contratto per il personale ausiliario (art. 2 cpv. 2 LORD).
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I primi due rapporti sono costituiti mediante risoluzione del Consiglio di Stato (art. 2 cpv. 1 lett. a LORD) e il salario soggiace alle regole previste dalla legge ticinese sugli stipendi degli impiegati dello Stato e dei docenti del 5 novembre 1954 (Lstip). Per la fissazione dello stipendio iniziale dei dipendenti nominati o incaricati fa stato il regolamento cantonale concernente le funzioni e le classificazioni dei dipendenti dello Stato, come pure l'art. 7 Lstip che conferisce all'autorità di nomina un certo margine di apprezzamento per poter adeguatamente tenere conto, tra l'altro, dell'esperienza e della preparazione speciale del singolo. L'art. 10 Lstip attribuisce al Consiglio di Stato il compito di elaborare delle regole per la promozione nei casi di funzioni per le quali sono previste classi alternative di stipendio. Con risoluzione del 12 febbraio 1982 il Governo ticinese ha previsto per le funzioni sociali il passaggio dalla classe alternativa di stipendio inferiore a quella superiore di regola dopo due anni. Il sistema è quindi stato confermato il 23 dicembre 1987, mentre che con risoluzione del 22 gennaio 1991 l'esecutivo cantonale ha modificato il regime portando a 4 anni il lasso di tempo necessario per poter ambire al passaggio nella classe alternativa superiore.
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Il rapporto d'impiego del personale ausiliario si basa invece su di un contratto ai sensi degli art. 319 e segg. CO ed è retto dalle norme del regolamento ticinese sul personale ausiliario del 3 aprile 1990 nonché a titolo sussidiario dalle disposizioni del Codice delle obbligazioni. Ne deriva che, come sottolineato pure dal Consiglio di Stato, agli ausiliari non torna applicabile la legge sugli stipendi. Pertanto essi non seguono la medesima carriera salariale prevista per il personale nominato e incaricato.
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4.3 Ora, si deve convenire con i giudici cantonali che i colleghi di lavoro sui quali la ricorrente fonda il proprio confronto si trovavano al momento della loro nomina in una posizione assai differente da quella in cui versava quest'ultima, soprattutto per quel che concerne il genere di rapporto di impiego che essi intrattenevano con lo Stato. In effetti, sia F.________ che G.________, prima di essere nominati, erano già alle dipendenze dell'ente pubblico con lo statuto di incaricati, il primo dal 1987 e il secondo dal 1989: per entrambi il Consiglio di Stato ha dunque dovuto tenere conto della loro anzianità di servizio. Fatto questo che ha senza dubbio influito sulla loro classificazione salariale. Sino al 1991 essi hanno inoltre beneficiato di una regolamentazione che prevedeva l'avanzamento di classe ogni due anni, ciò che in concreto ha fatto sì che essi fossero nominati con il massimo del salario. Per contro la ricorrente, nel periodo immediatamente precedente alla sua nomina, aveva lavorato per l'Amministrazione cantonale quale semplice ausiliaria: per questo motivo, allorquando si è trattato di stabilire il suo salario iniziale, il Consiglio di Stato ticinese non ha potuto prendere in considerazione nessuna anzianità di servizio. Questo fatto basta da solo a spiegare la sua diversa retribuzione rispetto ai suddetti colleghi. Tale differenza non può essere affatto ritenuta discriminatoria dal profilo della legge sulla parità dei sessi.
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Si deve in effetti considerare che quello dell'anzianità di servizio è di regola un criterio oggettivo e pertinente, che permette di differenziare, entro certi limiti, la retribuzione dei dipendenti. Certo, in determinate circostanze, la sua applicazione può dar luogo a delle forme di discriminazione indiretta nei confronti delle dipendenti di sesso femminile: ad esempio, in caso di interruzione della carriera professionale per motivi familiari - situazione questa che è abbastanza diffusa tra le donne - il criterio dell'anzianità di servizio può rivelarsi penalizzante per quest'ultime (DTF 125 III 368 consid. 5; 124 II 409 consid. 9d). Sennonché, nella fattispecie in esame la ricorrente, pur accennando ad una passata cessazione del lavoro causa maternità, non sostiene di essere stata svantaggiata da questa circostanza. A giusta ragione. In effetti se al momento della nomina ella non poteva vantare la medesima anzianità di servizio dei suoi colleghi F.________ e G.________, ciò era dovuto esclusivamente al suo statuto giuridico di ausiliaria.
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D'altronde anche da un esame più generale delle condizioni salariali riservate ai colleghi - donne e uomini - dell'insorgente non emergono elementi in grado di confermare le tesi avanzate da quest'ultima nel suo gravame. Le differenze di stipendio rilevate dai giudici cantonali sono in effetti sostanzialmente riconducibili al differente stato di servizio dei vari dipendenti attivi presso I.________ di Gerra Piano e rientrano nel margine di apprezzamento che l'art. 7 Lstip riserva al datore di lavoro. L'assenza di una politica discriminatoria da parte dello Stato nei confronti del personale femminile attivo presso I.________ è oltretutto dimostrata anche dalle condizioni salariali d'ingaggio particolarmente favorevoli che lo Stato ha potuto garantire ad alcune colleghe della ricorrente, allorquando le circostanze glielo permettevano. Si pensi in particolare al caso della collega dell'insorgente H.________, la quale dopo essere stata incaricata nel 1994 è stata nominata nel 1995 nella classe 28 con 10 scatti di anzianità, usufruendo in questo modo del medesimo trattamento che era stato riservato in precedenza ad alcuni dipendenti di sesso maschile.
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4.4 Per tutti questi motivi, si deve concludere che le disuguaglianze messe in risalto dalla ricorrente appaiono libere da considerazioni non pertinenti o da pregiudizi legati al sesso del dipendente, per cui le stesse non possono essere considerate lesive dell'art. 3 LPar e dell'art. 8 cpv. 3 Cost.
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5.
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Stante tutto quanto precede, il ricorso dev'essere respinto. Secondo l'art. 13 cpv. 5 LPar, in caso di rapporti di lavoro di diritto pubblico, la procedura è gratuita, fatta eccezione per i casi di ricorso temerario. Di conseguenza nel presente caso non si preleva tassa di giustizia, non essendo data quest'ultima evenienza. Inoltre non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Il ricorso è respinto.
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2.
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Non si preleva tassa di giustizia.
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3.
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Comunicazione alla patrocinatrice della ricorrente, al Tribunale amministrativo e allo Stato del Cantone Ticino.
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Losanna, 10 luglio 2003
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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