BGer 2A.459/2005 |
BGer 2A.459/2005 vom 10.01.2006 |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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2A.459/2005 /biz
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Sentenza del 10 gennaio 2006
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II Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Merkli, presidente,
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Wurzburger e Müller,
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cancelliere Bianchi.
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Parti
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A.A.________,
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ricorrente, patrocinato dall'avv. Luisa De Palatis Keller,
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contro
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
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Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
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Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
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Palazzo di Giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
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Oggetto
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permesso di dimora,
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ricorso di diritto amministrativo contro la decisione
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del 15 giugno 2005 del Tribunale amministrativo
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del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Il tunisino A.A.________ (1969), residente a Campione d'Italia e divorziato da una cittadina italiana dal 14 giugno 2001, si è risposato il 4 luglio 2002 a Novazzano con B.A.________ (1970), di nazionalità elvetica. Per vivere con la nuova consorte in Svizzera gli è stato rilasciato un permesso di dimora annuale, in seguito rinnovato fino al 3 luglio 2004. Su richiesta della moglie, allora in attesa di un figlio, il 30 settembre 2003 il Pretore di Mendrisio-Nord ha autorizzato i coniugi a vivere separati ed ha ordinato al marito di lasciare l'abitazione coniugale. Il 7 novembre seguente egli ha dato seguito all'ingiunzione.
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B.
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Il 1° aprile 2004 è nato il figlio C.A.________. Il 28 agosto seguente il padre, interrogato dalla polizia cantonale, ha dichiarato di non averlo mai visto a causa del comportamento ostruzionistico della moglie ed ha confermato di continuare a vivere da solo. Su sua istanza del 20 ottobre 2004, il Pretore gli ha riconosciuto il più ampio diritto di visita, poi definito, con decreti del 25 e del 30 novembre successivi, in ragione di due ore ogni fine settimana presso e sotto la sorveglianza di un istituto specializzato. Egli è stato altresì astretto al versamento di un contributo alimentare di fr. 200.-- al mese.
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C.
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Ritenendo che con il fallimento del matrimonio l'autorizzazione concessa aveva perso il suo senso d'essere e che il diritto di visita poteva comunque venir esercitato grazie a soggiorni turistici, con decisione del 28 febbraio 2005 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Canton Ticino ha negato a A.A.________ il rinnovo del permesso di dimora. L'11 marzo 2005 il padre ha incontrato per la prima volta il figlio. Il 19 aprile seguente il Consiglio di Stato ha confermato la risoluzione dipartimentale, respingendo il ricorso dell'interessato. Impugnata anch'essa, la pronuncia governativa è stata a sua volta confermata dal Tribunale cantonale amministrativo con sentenza del 15 giugno 2005.
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D.
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Il 19 luglio 2005 A.A.________ ha interposto un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale, con cui chiede l'annullamento del giudizio cantonale e il rinvio degli atti all'autorità competente affinché rinnovi il permesso di dimora o quantomeno verifichi in modo più approfondito il suo legame con il figlio. Domanda inoltre la concessione dell'assistenza giudiziaria. Censura la violazione dell'art. 7 cpv. 1 della legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS; RS 142.20) e dell'art. 8 della Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101).
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Chiamati ad esprimersi, il Tribunale amministrativo si riconferma nella motivazione e nelle conclusioni della propria sentenza mentre il Consiglio di Stato e l'Ufficio federale della migrazione propongono di respingere il ricorso.
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E.
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Con decreto presidenziale del 30 agosto 2005 è stata accolta l'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo contenuta nel gravame.
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Diritto:
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1.
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1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di un permesso di dimora o di domicilio, salvo laddove un diritto all'ottenimento di un simile permesso si fonda su una disposizione del diritto federale o su un trattato internazionale (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG e art. 4 LDDS; DTF 130 II 388 consid. 1.1, 281 consid. 2.1).
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1.2 Secondo l'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, il coniuge straniero di un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Il rifiuto del rinnovo del permesso sollecitato dal ricorrente, sposato con una cittadina svizzera dal 4 luglio 2002, può quindi essere sottoposto al Tribunale federale mediante ricorso di diritto amministrativo. Sapere se questo diritto sussista ancora o sia invece decaduto in virtù delle eccezioni o delle restrizioni che discendono dall'art. 7 cpv. 1 terza frase e cpv. 2 LDDS nonché dall'abuso di diritto, è per contro un problema di merito, non di ammissibilità del gravame (DTF 128 II 145 consid. 1.1.2; 126 II 265 consid. 1b; 124 II 289 consid. 2b).
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Tempestivo e presentato dal destinatario della decisione impugnata, il ricorso è pertanto ammissibile dal profilo dell'art. 7 LDDS.
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2.
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2.1 Oltre alla violazione del diritto federale (art. 104 lett. a OG), che comprende anche i trattati internazionali (DTF 130 II 337 consid. 1.3; 126 II 506 consid. 1b), con il ricorso di diritto amministrativo può venir censurato l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti rilevanti (art. 104 lett. b OG). Quando, come in concreto, la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola tuttavia il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati appurati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG). In casi di questo genere, la possibilità di allegare fatti nuovi o di prevalersi di nuovi mezzi di prova risulta alquanto ristretta. In particolare, non è di norma possibile tener conto di cambiamenti dello stato di fatto prodottisi dopo la pronuncia del giudizio impugnato, né di fatti che le parti avrebbero potuto far valere già dinanzi all'istanza precedente (DTF 130 II 493 consid. 2, 149 consid. 1.2; 128 II 145 consid. 1.2.1).
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2.2 Ai fini del giudizio non è di conseguenza possibile tener conto degli scritti prodotti di propria iniziativa dal ricorrente il 19 ottobre 2005, allestiti qualche giorno prima e relativi allo svolgimento degli incontri con il figlio presso l'istituto designato a tale scopo. In effetti dette prove si riferiscono a circostanze di fatto posteriori a quelle esistenti al momento della sentenza cantonale. Esse sono peraltro state prodotte dopo la scadenza del termine di ricorso, senza che il Tribunale federale abbia autorizzato la presentazione di una replica (cfr. DTF 109 Ib 246 consid. 3c; Alfred Kölz/Isabelle Häner, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2a ed., Zurigo 1998, n. 944).
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3.
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Il ricorrente contesta innanzitutto le deduzioni della Corte cantonale in relazione al suo legame con la moglie ed al presunto abuso di diritto in cui incorrerebbe richiamandosi all'art. 7 LDDS.
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3.1 Vi è abuso di diritto laddove un determinato istituto giuridico viene invocato per realizzare degli interessi che il medesimo istituto non si prefigge di tutelare (DTF 131 I 185 consid. 3.2.4, 166 consid. 6.1; 131 II 265 consid. 4.2). Con riferimento all'art. 7 LDDS, ciò è il caso allorquando il coniuge straniero di un cittadino svizzero si richiama ad un matrimonio che sussiste solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno: un simile scopo non risulta in effetti tra quelli tutelati dalla norma in questione (DTF 131 II 265 consid. 4.2; 130 II 113 consid. 4.2; 128 II 145 consid. 2.2). Tali estremi risultano adempiuti se concreti indizi inducono a ritenere che i coniugi non sono (più) intenzionati a condurre una vita comune. Irrilevanti sono peraltro i motivi che conducono alla disunione (DTF 130 II 113 consid. 4.2; 128 II 145 consid. 2; 127 II 49 consid. 5a).
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3.2 In concreto, la relazione tra i coniugi A.________, sposatisi il 4 luglio 2002, è stata assai breve. Il rapporto matrimoniale è infatti stato vissuto in maniera effettiva per una durata addirittura inferiore al periodo di convivenza domestica di soli sedici mesi seguito alle nozze ed interrotto il 7 novembre 2003. Lo attesta l'istanza chiedente l'autorizzazione a vivere separati inoltrata dalla moglie alla Pretura nel mese di settembre dello stesso anno. La rottura appare inoltre profonda ed insanabile. Già l'argomentazione del ricorrente, secondo cui avrebbe lasciato l'abitazione coniugale a causa dei timori della moglie di non riuscire a portare a termine la gravidanza proprio per la sua presenza, evidenzia in modo eloquente la gravità del dissidio. Difatti nemmeno dopo la nascita del figlio, nonostante il tempo trascorso, vi sono stati segnali di rappacificazione o di possibile ripresa della vita in comune. Indipendentemente dal mancato inoltro di una domanda di divorzio, inammissibile a titolo unilaterale prima di una separazione di almeno due anni (cfr. art. 114 CC) e comunque non decisivo dal profilo della polizia degli stranieri (cfr. DTF 128 II 145 consid. 2.2; sentenza 2A.233/2002 del 17 ottobre 2002, in: RDAT I-2003 n. 50, consid. 4.1.2), le intenzioni della moglie appaiono inequivocabili. Del resto, al di là dei generici propositi che esprime, l'insorgente stesso non rende minimamente verosimile di essersi adoperato in maniera concreta per ricomporre il connubio.
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3.3 In queste circostanze la Corte cantonale non ha pertanto violato il diritto federale nel ritenere che il richiamo al matrimonio integri un abuso dei diritti derivanti dall'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, in quanto il legame esiste ormai solo sulla carta.
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4.
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Il ricorrente lamenta in secondo luogo la violazione dell'art. 8 CEDU, che garantisce il rispetto della vita privata e familiare, sostenendo che il diniego del permesso si ripercuoterebbe in maniera importante sui suoi rapporti con il figlio.
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4.1 Il cittadino straniero che non ha la custodia dei figli può già di per sé vivere soltanto in misura limitata le relazioni con la prole, ossia unicamente nel quadro dell'esercizio del diritto di visita riconosciutogli. A questo scopo non è indispensabile che egli viva stabilmente nello stesso paese del figlio e che disponga pertanto di un'autorizzazione di soggiorno in detto stato. Di principio il diritto di visita non implica quindi un diritto di presenza costante in Svizzera per il genitore straniero di un figlio che vi risiede in maniera regolare e durevole; le esigenze dell'art. 8 CEDU risultano rispettate già se il diritto di visita può venir esercitato nell'ambito di soggiorni di breve durata, adattandone se del caso le modalità (durata e frequenza). Un diritto all'ottenimento di un permesso di dimora può semmai sussistere solo se i rapporti con i figli sono particolarmente intensi dal profilo economico ed affettivo, se questi rapporti non potrebbero venir mantenuti a causa della distanza del paese d'origine del genitore e se il comportamento di quest'ultimo in Svizzera è stato irreprensibile (sentenza 2A.563/2002 del 23 maggio 2003, riass. in: FamPra.ch 2003 pag. 633, consid. 2.2; sentenza 2A.516/1999 del 16 febbraio 2000, riass. in: AJP 2000 pag. 879, consid. 3b; da ultimo: sentenza 2A.423/2005 del 25 ottobre 2005, consid. 4.3). Soltanto a queste condizioni l'interesse pubblico ad una politica restrittiva in materia di soggiorno degli stranieri e d'immigrazione non risulta prevalente (DTF 120 Ib 1 consid. 3c; sentenza 2A.116/2001 del 28 giugno 2001, riass. in: FamPra.ch 2002 pag. 112, consid. 3a).
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4.2 Nel caso di specie, il ricorrente non ha mai vissuto assieme al figlio, nato il 1° aprile 2004 ed affidato alle cure e alla custodia della madre. Egli esercita soltanto un limitato diritto di visita, riconosciutogli nella misura di due ore ogni fine settimana, sotto sorveglianza presso un istituto. Tale prerogativa è stata formalmente rivendicata dopo quasi sette mesi dalla nascita e dopo che l'insorgente è stato interrogato dalle autorità di polizia degli stranieri in relazione al rinnovo del proprio permesso di dimora. Dell'asserita esistenza di precedenti sollecitazioni informali, per regolamentare i rapporti personali con il figlio senza adire le vie legali, agli atti non vi è alcuna prova. Del resto, anche dopo i decreti pretorili del 26 ottobre e del 25 e 30 novembre 2004 con cui sono state sancite l'esistenza e le condizioni d'esercizio del diritto di visita, il ricorrente non si è pienamente adoperato per far rispettare tale diritto. Soltanto il 1° marzo 2005 si è infatti rivolto al Pretore per denunciare il rifiuto della madre di fargli incontrare il figlio, che ha infine visto per la prima volta l'11 marzo seguente, dopo quasi un anno dalla nascita e soprattutto pochi giorni dopo la decisione dipartimentale del 28 febbraio 2005 con cui gli è stato negato, in prima istanza, il rinnovo del permesso di dimora. Dal profilo economico, l'insorgente non ha concretamente provveduto al mantenimento del figlio, fin dalla nascita e di sua spontanea iniziativa. Con decisione giudiziaria è poi stato astretto al pagamento di un contributo alimentare, proporzionato alle sue modeste condizioni economiche, di fr. 200.-- mensili a far tempo dal 1° novembre 2004.
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4.3 Nelle descritte circostanze, poco importa che le difficoltà nell'instaurare e nel gestire la relazione genitoriale siano in una certa misura riconducibili ad un atteggiamento ostruzionistico della madre. In effetti, il legame del ricorrente con il figlio non può in ogni caso venir considerato come particolarmente intenso, nel senso inteso dalla giurisprudenza. Egli stesso non ha invero dimostrato un grande interesse per il figlio, né sotto l'aspetto affettivo, né sotto quello economico, né in altro modo. Benché il comportamento tenuto in Svizzera non abbia dato adito a particolari rimproveri dal profilo penale o della polizia degli stranieri, egli non può dunque pretendere il rinnovo della propria autorizzazione di soggiorno. Anche ammettendo che non possa riottenere una simile autorizzazione in Italia, dove ha già risieduto per diversi anni, nemmeno gli innegabili, ma comunque non insormontabili inconvenienti che comporterebbe per l'esercizio del diritto di visita l'eventuale rientro in Tunisia permettono di ritenere prevalente l'interesse privato a rimanere stabilmente in Svizzera.
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4.4 Confermando il diniego del permesso di dimora al ricorrente, la sentenza impugnata non appare pertanto lesiva nemmeno delle garanzie sancite dall'art. 8 CEDU.
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5.
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5.1 Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso va di conseguenza respinto.
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5.2 Dal momento che il gravame era sin dall'inizio privo di possibilità di esito favorevole, la domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio deve essere parimenti respinta (art. 152 OG). Per la stessa ragione, il giudizio cantonale va confermato anche su questo punto. Le spese processuali, il cui importo tiene comunque conto della situazione finanziaria del ricorrente, vanno poste a carico di quest'ultimo, secondo soccombenza (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Il ricorso è respinto.
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2.
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La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è respinta.
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3.
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La tassa di giustizia di fr. 500.-- è posta a carico del ricorrente.
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4.
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Comunicazione alla patrocinatrice del ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale della migrazione.
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Losanna, 10 gennaio 2006
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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